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Autore: Lady_F    29/12/2013    2 recensioni
"Si voltò di nuovo. Ecco di nuovo il profilo del corpo dell'altro ragazzo che respirava piano. Le sue spalle si rilassarono. Nemmeno si era accorto che erano rimaste tese per tutto quel tempo. Un secondo. Okay, aveva proprio bisogno di una doccia. E di scacciare tutti quei ridicoli pensieri. Come l'idea che Harwood gli trasmettesse sicurezza."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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NdA: è lunghissima, lo so, ma non ho avuto la forza di dividerla in due capitoli, ma l'ho divisa in due parti. Per il resto, alla fine :) buona lettura!

 


A VERY THADASTIAN CHRISTMAS PARTY

 

Parte I

Era solo.
Solo.
Solo.
Completamente solo.
Attorno a lui c'era solo bianco, e dentro di sé non sentiva che solitudine.
In quel momento, pieno d'angoscia, si svegliò.
Tastò con le mani le morbide coperte sopra di lui, prima che concentrarsi sulla sua angoscia.
Come cazzo poteva essere che proprio lui avesse paura di restare completamente solo?
Ma prima che l'angoscia che gli attanagliava lo stomaco fino a pochi istanti prima potesse tornare, lo sentì.
Un debole respirare che proveniva dal letto appoggiato alla parete opposta. Per qualche minuto non fece altro che ascoltare quel respiro in silenzio.
Non era solo.
Be', non fisicamente, perlomeno.
Le figure si facevano più nitide man mano che il tempo passava e che i suoi occhi si abituavano al buio. Finché non si ritrovò a fissare i contorni del ragazzo nell'altro letto.
Alt.
Stop.
Chiuse gli occhi. Sebastan Smythe non poteva aver paura di restare solo. Lui odiava tutti.
Sostanzialmente era essere soli.
Deglutì piano.
Perché era tutto così fottutamente complicato nella sua testa?
Okay.
Doveva schiarirsi le idee.
Si ripeté nella mente il suo nome, dove si trovava e cosa studiava.
Bene.
Chi è quello nel letto di fronte?
Harwood.
E chi è Harwood?
Uno di quelli che mi porto a letto?
D'altra parte era così da ormai due mesi.
Per Sebastian era stato quasi ovvio puntare ad Harwood. Tutto sommato era carino. Okay, forse più che carino. Aveva un bel didietro. Era il suo compagno di stanza. E quando credeva di non essere visto non gli staccava gli occhi di dosso.
In realtà per le prima settimane aveva creduto che sarebbe stato più complicato a convincerlo a infilarsi tra le sue lenzuola, ma successe più in fretta delle sue aspettative, dopo meno di un mese dall'inizio della scuola.
Poco contava che quella volta Harwood fosse mezzo ubriaco. Tanto poi era tornato nel suo letto una seconda volta. E qualche notte dopo una terza. E una quarta.
E ormai aveva perso il conto.
Non si stancavano mai, perché ogni volta sembrava cambiare una cosa. Una volta il sesso era animalesco, l'altra talmente veloce che a entrambi sembrava di esserselo solo immaginati, talvolta si perdevano assaporando i rispettivi corpi.
Niente rapporto esclusivo, comunque.
D'altra parte lo Scandals non si spostava, e quel bar era la seconda casa di Sebastian. Difficile che ci andasse senza portarsi dietro una preda o finire a scopare nel bagno o in una casa sconosciuta.
Thad in realtà non andava a letto con nessun altro. Anche perché non si era propriamente dichiarato.
Non ne parlavano nemmeno.
Il rituale era: uno finiva nel letto dell'altro, facevano sesso e poi l'ospite se ne tornava nel suo letto in silenzio. Finito lì.
Ma a Sebastian di certo non importava il parlarne. I fatti c'erano. Il sesso c'era. Chiusa la questione.
E poi Harwood era insopportabile.
Spesso.
Talvolta.
Più che altro quando parlava.
Alcuni avrebbero detto: ogni volta che un suono esce dalla sua bocca. Sebastian fece un mezzo sogghigno. No, di certo lui non poteva dirlo così.
Okay. Ora i pensieri erano al loro posto.
E anche Harwood.
No. Perché cazzo aveva detto Harwood?
Ovviamente era al suo posto. Il suo posto era il suo letto. Oppure sotto o sopra di lui.
Nel momento in cui gli voltò le spalle tornò a tormentarlo il pensiero dell'essere completamente solo.
Forse avrebbe fatto bene ad alzarsi e andare in bagno a fare una doccia fredda. Ghiacciata. E a scordarsi tutta quella storia.
Si voltò di nuovo.
Ecco di nuovo il profilo del corpo dell'altro ragazzo che respirava piano.
Le sue spalle si rilassarono.
Nemmeno si era accorto che erano rimaste tese per tutto quel tempo.
Un secondo.
Okay, aveva proprio bisogno di una doccia.
E di scacciare tutti quei ridicoli pensieri.
Come l'idea che Harwood gli trasmettesse sicurezza.


Spense la sveglia con un borbottio.
Aprì gli occhi. Una leggera luce filtrava dalla finestra.
Mentre guardava l'ora (e realizzava che la sveglia era suonata venti minuti prima del solito, chi l'aveva spostata?) si fece forza, pensando che ormai mancavano pochi giorni alle vacanze natalizie.
Thad amava il Natale. Amava l'atmosfera natalizia. E amava la neve.
Non che fosse nevicato. Non che ci fossero molte possibilità che iniziasse a nevicare. Ma la neve era nella sua mente un simbolo del Natale, e questo bastava.
L'atmosfera natalizia della Dalton poi, gli piaceva particolarmente. Niente di esagerato, ma era presente.
Nell'albero di Natale nell'atrio, nelle luci appese all'ingresso, negli addobbi che i ragazzi appendevano attorno e sulle porte delle loro camere.
E nei canti natalizi che gli altri Warblers e lui intonavano. Talvolta durante gli incontri pomeridiani, altre volte si poteva sentire un paio di loro che
canticchiava per i corridoi, e qualche volta i canti natalizi erano solo nella sua testa.
Poco importava.
L'unica nota stonata di quell'anno era che non sarebbe tornato a casa per Natale. Suo padre e le sue due sorelle sarebbero partiti per raggiungere il resto della famiglia, ma lui aveva pressato per restare.
Già, perché era il suo ultimo anno alla Dalton.
Il suo ultimo anno con i Warblers.
E dato che molti di loro avrebbero passato il Natale lì aveva deciso di rimanere anche lui.
Pensando al Natale si ricordò della festa.
Non l'aveva mai dimenticata, per la verità, semplicemente l'aveva relegata in un angolino della sua testa.
Organizzata dai Warblers e esclusivamente per i Warblers.
E le loro ragazze. O i loro ragazzi.
Fece un rapido conto.
Mancavano quattro giorni all'inizio delle vacanze, quindi cinque alla festa.
Forse era il momento di trovare qualcuno che l'accompagnasse.
Anche perché doveva ammettere di esseri stancato di seguire sempre come un cagnolino Nick e Jeff (principalmente ora che si erano finalmente decisi a dichiararsi e a mettersi assieme, urrà!). Fatto stava che ora erano eccessivamente caramellosi tra di loro.
Non che a Thad non piacesse la “caramellosità”, anzi, aveva un animo piuttosto romantico, ma semplicemente i cosiddetti Niff gli mostravano ciò che lui non aveva.
E a proposito di ciò che lui non aveva, sapeva benissimo con chi sarebbe voluto andare alla festa.
E si sentiva anche piuttosto stupido a desiderarlo.
Cioè, per quanto Sebastian potesse scopare bene di sicuro nessuno avrebbe detto che era il suo tipo.
Effettivamente alcuni nemmeno immaginavano che lui non voleva una ragazza, ma un ragazzo. Colpa sua.
Troppo poco coraggio.
Ma i Warblers lo sapevano. E a lui bastava.
In realtà non sapeva bene quando era iniziata questa cosa con il suo compagno di stanza. Non la cosa del sesso, ben inteso.
E all'inizio per lui era stato solo sesso.
Per esattamente tre settimane e due giorni (okay, okay, si sentiva stupido a contare pure i giorni, ma non poteva farne a meno) lo era stato, poi un mattino si era svegliato e puf! aveva capito di provare qualcosa di più per quello stronzo di Smythe.
Non sapeva nemmeno perché mai Sebastian gli piacesse.
Ed era anche piuttosto scomodo, ammise arrossendo, perché negli ultimi tempi, quando lo facevano doveva trattenersi dall'urlare il suo nome.
Ecco, lo aveva ammesso a se stesso.
Ora doveva semplicemente trovare un modo per convincere Sebastian ad accompagnarlo a quella festa.
E in quel momento si accorse imprecando di aver perso tutto l'anticipo che aveva guadagnato con la sveglia spostata.


La giornata passò velocemente per entrambi.
Per Sebastian perché era immerso nei suoi ragionamenti su un piano per distruggere la festa di Natale dei Warblers (non certo perché li odiasse, ma perché odiava le feste di Natale. Di qualunque tipo. Non odiava il Natale. Odiava le feste di Natale e basta).
Per Thad perché passò la mattinata architettando piani su come invitare Sebastian alla festa senza essere esplicito su ciò che sentiva, e passò gran
parte del pomeriggio ad aiutare prima un Jeff disperato a cercare qualcosa da regalare a Nick, e un Nick fin troppo esaltato a eliminare gran parte dei regali sulla cosiddetta “lista natalizia per J<3” cioè cinquantatré idee per il regalo per Jeff, ognuna più azzeccata dell'altra. E per quanto Nick volesse comprarglieli tutti era comunque economicamente impossibile (anche perché quei cofanetti del Doctor Who costavano in un modo esagerato e si era ripromesso di non attingere ai soldi dei genitori almeno per il regalo per Jeff. Doveva essere qualcosa di totalmente suo).
Mentre attraversava i corridoi della Dalton per raggiungere la sua stanza Thad pensava al consiglio di Nick (che poi era stato lo stesso di Jeff), cioè di chiederglielo subito così da trovare qualcun altro nel caso avesse ricevuto un “no” come risposta (cosa che effettivamente ritenevano tutti e tre probabile, dato che stavano parlando di Sebastian Smythe).
Ebbene sì. Thad non era riuscito a fare a meno di parlare a Nick di quella cosa tra lui e il francese, così dopo nemmeno due settimane dall'inizio della storia anche Jeff lo sapeva. D'altronde Thad non poteva certo aspettarsi che Nick non lo dicesse al suo ragazzo.
L'unica cosa che i Niff non sapevano era che Thad avrebbe aggiunto una piccola parte alla richiesta di accompagnarlo alla festa. E forse sarebbe stata proprio quella a dargli qualche possibilità.
Si fermò qualche istante davanti alla porta. Guardò l'ora. Sebastian doveva essere già in camera.
Chiuse gli occhi qualche istante ed entrò.
Non fece in tempo a spiccicar parola che già due labbra si impadronirono fameliche delle sue, mentre la porta di chiudeva alle sue spalle.
Il corpo di Sebastian lo spinse contro il legno, mentre con una mano chiudeva a chiave e con le labbra seguiva il profilo della sua mascella.
Thad fece per parlare e chiedergli di fermarsi, ma l'altro raggiunse con la bocca quel punto dietro le orecchie che lo faceva impazzire e dalle sua labbra non uscì altro che un gemito soffocato, mentre Sebastian raggiungeva il suo collo.
Thad sentiva le mani dell'altro stringergli i fianchi, per poi scivolare sotto la sua camicia a sfiorargli il ventre.
Qualunque altro pensiero all'infuori di ciò che lui e Sebastian stavano facendo (e stavano per fare) svanì dalla sua mente e cominciò a slacciare i bottoni della camicia dell'altro, mentre questi gli sfilava il blazer, senza smettere di tormentargli il collo.
Sebastian praticamente gli strappò la camicia di dosso e la gettò senza tante cerimonie dietro di sé, per poi trascinarlo fino al letto.


Thad si svegliò mezzo indolenzito. Doveva ammettere che a volte quella specie di lato animalesco di Sebastian era piuttosto eccitante, ma gli aveva anche impedito di fare o anche solo pensare a qualcosa diverso dai loro corpi nudi premuti tra di loro.
E quindi gli aveva fatto completamente scordare della festa di Natale.
Aprì un occhio e sospirò di sollievo vedendo che Sebastian dormiva ancora. Per un istante aveva temuto che si fosse già svegliato e se ne fosse andato, senza dargli una seconda opportunità di parlargli.
Si era ripetuto nella mente tutto il discorso come minimo duecento volte. Era più o meno psicologicamente pronto a un rifiuto.
La sveglia dell'altro suonò come minimo cinque volte prima che questi si degnasse di spegnerla e andare in bagno senza nemmeno una parola.
Thad si alzò e tirò fuori dall'armadio la sua divisa, senza poter fare a meno di notare che il lato occupato dagli abiti del francese era più ordinato del solito, segno che Sebastian il giorno precedente era preoccupato o agitato. Oppure aveva riflettuto su qualcosa.
Ormai sapeva che per reagire a quelle tre sensazioni l'altro si metteva a mettere in ordine qualunque cosa. Strano a dirsi, ma era così.
Raccolse la sua camicia ancora a terra e la lanciò sul letto, ripromettendosi di metterla a lavare alla prima occasione.
Quando Sebastian uscì dal bagno decise di aspettare di essere vestito per parlargli, quindi prese il suo posto.
Prima di tornare nella stanza si lavò il viso con l'acqua gelida per diciassette volte. «Non essere stupido, dalla sua risposta mica dipende la tua vita» si ripeté altrettante volte.
Sebastian si stava sistemando il ciuffo quando Thad cominciò: «Senti Sebastian...» si fermò qualche istante, sorbendosi un'occhiata scocciata da parte dell'altro. «Sai no che tra poco ci sarà la festa di Natale» che frase stupida Harwood! È ovvio che lo sa. Lo sguardo che Sebastian gli rivolse era del tipo “che cazzo vuole questo ora?” e Thad non poté impedirsi di arrossire. «...e mi chiedevo se ti andava di venirci insieme a me, sai come» amici, avrebbe dovuto dire, ma loro non erano amici. «be', sai, per non andarci da soli».
Sebastian non lo guardò nemmeno, mentre gli diceva: «Io odio le feste di Natale, Harwood».
Okay, era il momento della sua arma segreta. Anche se effettivamente ora che ci ripensava come arma segreta faceva abbastanza schifo. «Ma se mi accompagni per un giorno farò qualunque cosa tu voglia». Non poteva sentirsi più ridicolo di quel momento. Per non restare fermo come un cretino si slacciò e riallacciò il blazer per due volte.
Sebastian smise di modellarsi il ciuffo, soddisfatto del risultato, e lo fissò freddamente per qualche istante. «Con un giorno intendi 24 ore di fila?» domandò infine.


I giorni successivi passarono in un lampo.
Almeno per Thad, che per quanto ci provasse non riusciva a smettere di sorridere come un ebete troppo a lungo pensando a quel «se non trovo niente di meglio da fare, cosa molto probabile, ci vengo», e dato che a quanto pareva negli ultimi tempi le probabilità avevano deciso di mantenere un profilo piuttosto basso era certo che quella frase equivalesse a un «sì».
Quando l'aveva detto a Nick e Jeff il primo era rimasto talmente stupito che il secondo gli aveva dovuto sussurrare all'orecchio come aveva esattamente intenzione di tappargli la bocca spalancata per lo stupore per fargliela chiudere.
Dopodiché si erano messi a discutere su come si sarebbe dovuto vestire. E non lo avevano nemmeno incluso nella discussione. Così semplicemente approvò la loro proposta (jeans scuri e una camicia bianca. Si chiese come avevano fatto a impiegare mezzora a decidere un abbinamento così scontato), ma bocciò la cravatta.
Forse era troppo semplice quell'abbinamento. Forse avrebbe dovuto trovare una camicia con una qualche fantasia. Il pensare agli abiti gli fece tornare alla mente Kurt Hummel e come lui e i Niff non desiderassero altro che Blaine si decidesse a capire che era perfetto per lui e a come si erano trattenuti a stento dal saltellare per la sala del consiglio quando aveva detto che voleva cantare il duetto delle nazionali con lui. Si ritrovò anche a riconoscere che Blaine non gli stava più simpatico quanto un tempo. E tentò di autoconvincersi che non era perché era risaputo che Sebastian avesse un debole per l'ex Warbler. O meglio, che voleva infilarsi nelle sue mutande.

 

I giorni passarono e il pomeriggio che precedeva la tanto aspettata (da altri) festa, Sebastian si ritrovò nella sua camera senza nulla da fare.
Appoggiò il telefono al comodino (lui se ne stava comodamente sdraiato sul suo letto) e guardò la tv, dalla quale Harwood stava guardando un film.
«Oh mio Dio, Harwood» disse rendendosi conto di quale film stava vedendo tanto attentamente, «sapevo che eri gay, ma non credevo fino a questo punto. Love Actually» sputò quasi disgustato.
Harwood si voltò verso di lui senza sembrare vederlo davvero. «Lo guardavo ogni 23 dicembre con mia madre» borbottò.
Ops. Si disse Sebastian. Tasto dolente. Sapevano tutti (senza mai parlarne) che la madre di Harwood era morta un anno e mezzo prima che il figlio iniziasse a frequentare la Dalton. Non gli disse niente, d'altra parte era sicuro che se avesse aperto bocca avrebbe detto qualche cazzata, e per quanto gli altri potessero essere convinti che lui fosse cattivo non lo era così tanto.
Comunque, non avendo niente di meglio da fare (nel senso che stranamente non aveva voglia di andare a caccia di prede e sparire con una di loro e non presentarsi alla festa per godersi la compagnia di questa), si mise anche lui a guardare il film, sebbene si sentisse come una di quelle ragazzine che si strafogano di cioccolato davanti a film ancora più melensi di ciò che stanno mangiando.
Harwood doveva proprio essere romantico se aveva forza di sorbirsi quella roba ogni anno. Oppure doveva avere qualche serio problema mentale. Cioè, va bene la memoria eccetera eccetera, ma Love Actually ogni ventitré dicembre era una tortura.
Quando Liam Neeson si scontrò con la Schiffer quasi ridacchiò, pensando all'esibizione di Uptown Girl di qualche mese prima. E quindi al suo primo incontro con Anderson.
Anderson.
Anderson.
Dovette ripeterselo nella mente per due volte prima di rendersene conto. Il nome di Anderson non gli faceva più quell'effetto di “prepara le tue stupende chiappe perché saranno mie”.
Mentre con metà neuroni stava seguendo il film, con l'altra metà cercava di capire perché non gli facesse più quell'effetto.
Quando Harwood spense la televisione e lo schermo nero vibrò davanti ai suoi occhi non era ancora arrivato a una risposta. Non che fosse poi fondamentale averla, si disse scrollando le spalle.
Forse però doveva preoccuparsi. Sebastian Smythe che rinunciava ad un culo come quello di Anderson? Nah. Impossibile.
Ma ultimamente molte cose impossibili si rivelavano possibili.
Guardò l'ora sul telefono. Mancavano quarantacinque minuti all'ora x. Aka alla più pallosa festa di Natale del secolo.
Ma come cazzo gli era venuto in mente di dire a Harwood che l'avrebbe accompagnato? Si voltò e lo vide intento a cercare qualcosa nell'armadio.
24 ore a sua completa disposizione.
Sogghignò.
Sì, poteva valerne la pena.
Anche se così si era visto costretto a dire addio al suo piano per sabotare la festa. Che in realtà non aveva nemmeno preparato, essendo stranamente a corto di idee. Quarantacinque minuti erano più che sufficienti per scegliere come vestirsi per andare a una festa a cui non voleva nemmeno andare, no?
Si stiracchiò e sbirciò gli abiti che Harwood aveva messo sul suo letto.
Sentiva il rumore della doccia provenire dal bagno. Seriamente si lavava prima di una stupida festa? A lui bastava la doccia che aveva fatto la sera prima.
Aprì l'armadio.
Non doveva essere poi così difficile scegliere. Su un lato c'erano un mucchio di camice bianche (grande fantasia, Harwood, davvero) che utilizzava per la divisa.
I cosiddetti “abiti da caccia”, ovvero quelli che di solito utilizzava per lo Scandals stavano in mezzo e ben nascosti (e ben pochi) gli abiti che solitamente utilizzava quando andava a trovare la sua famiglia.
Mentre tirava fuori i vestiti da indossare si chiese chi fosse stato il cretino che aveva deciso di mettere un unico armadio gigante al posto di due armadi un po' più piccoli.
Nessuno di intelligente, sicuramente.
Mentre ragionava su quello l'occhio gli cadde sul lato di Harwood, e in particolare su una scatola non molto alta e larga poco meno di due spanne, chiusa con un fiocco a fantasia natalizia.
Ascoltò un istante che la doccia fosse ancora in funzione e slacciò il fiocco.
Interessante.


Thad si strofinò con un asciugamano i capelli.
A differenza di ciò che Sebastian poteva pensare non si era fatto una doccia per via della festa. Ogni volta che si ritrovava a pensare troppo a sua madre ne aveva semplicemente bisogno. Dell'acqua che gli cadeva sul viso. Del poter stare in pace con se stesso.
E poi con le ultime gocce d'acqua scivolava via anche la tristezza del ricordo della madre.
Sospirò un'ultima volta e uscì dal bagno, pronto a vestirsi.
Non guardò nemmeno ciò che Sebastian indossava, accorgendosi subito della scatola che aveva fra le mani. «Qualcuno ti ha dato il permesso di frugare nella mia roba?» domandò, leggermente scocciato.
«Sì» sorrise l'altro, «Io» e per sottolinearlo si indicò. «E devo dire che sono stato bravo a darmi il permesso. Carini i papillons».
«Per niente. Me li ha regalati mio padre per lo scorso Natale.» soliti dettagli irrilevanti che si pentiva di dire subito dopo che gli erano usciti dalla bocca.
Strappò la scatola dalle grinfie di Sebastian e la richiuse, non senza aver prima lanciato uno sguardo al contenuto.
Quando il Natale precedente aveva aperto quel pacchetto era rimasto basito. Suo padre non indossava papillons. Suo nonno neppure. Lui nemmeno. Nessuno della sua famiglia li indossava. Aveva passato gran parte della sera a chiedersi perché mai a suo padre fosse venuto in mente di comprarglieli.
Poi la sera successiva, quando ne aveva indossato uno per fargli piacere, gli aveva detto che sua madre aveva sempre avuto un debole per gli uomini con un papillon.
Restava però che erano orrendi. Uno rosso a fantasie bianche e uno bianco a fantasie rosse.
Sebastian si alzò e gli prese la scatola dalle mani. «Non sono così orribili. E ti assicuro che ho ascoltato qualcuno degli altri mentre parlavano di come vestirsi stasera e saranno come minimo dieci volte più eleganti di te e di me.» aprì la scatola e gli passò quello rosso: «Quindi fammi un favore, Harwood, dato che io ti accompagno. Mettitelo, da bravo».
Thad sbuffò e tentò di protestare. Ma Sebastian gli stava sorridendo. E non uno dei soliti ghigni. Porca miseria. Be', non avrebbe di certo potuto dire di no a uno Smythe sorridente, quindi si limitò a lanciargli un'occhiataccia mentre prendeva il fiocco.
Si concentrò talmente tanto per riuscire a sistemarlo che si accorse che il francese aveva indossato l'altro solo quando ebbe finito.
Gli avrebbe volentieri chiesto se l'avesse messo per prenderlo per il culo, ma si trattenne (come si era imposto di trattenersi dal parlare più del necessario), mica che a Sebastian saltasse il nervo e gli venisse in mente di lasciare perdere la festa e andare a fare altro. Con uno come Smythe non si sapeva mai.
Stava per togliersi quell'orrore quando bussarono alla porta. Erano Nick e Jeff, che appena ebbero libera entrata nella stanza presero Thad a braccetto e lo trascinarono per un paio di corridoi, mentre Sebastian sorrideva divertito.
Lo lasciarono solo quando arrivarono in vista dell'entrata e videro Wes entrare in quel momento, accompagnato dalla sua ragazza.
Si trattennero a mala pena dal corrergli incontro (non avrebbe apprezzato), aumentando semplicemente il passo e lasciando Thad indietro, che si ritrovò a camminare di fianco a Sebastian.
Il suo compagno di stanza sembrava sul punto di dire qualcosa quando raggiunsero gli altri e Wes strinse Thad in un abbraccio, per poi stringere la mano di Sebastian, che gli venne presentato in quel momento.
Quando gli dissero il suo nome guardò con la coda dell'occhio i Niff che annuirono. Il sorriso dell'ex Warbler si fece più sforzato. La sua fama doveva precederlo.
Dopo che si furono chiesti a vicenda come andava e che Jeff e Nick ebbero informato Wes delle ultime novità questi sussurrò qualcosa a Sandy, la sua ragazza, e si avviarono verso la sala adibita alla festa.
Quasi non si accorse che lui e Sebastian erano finiti agli angoli opposti del gruppo.


L'aula canto, cioè la sede della festa, era quasi irriconoscibile, ricoperta di addobbi natalizi. Quando era entrato Wes non era riuscito a trattenere una smorfia contrariata.
Attorno alle finestre vi erano luci colorate alternate da festoni d'oro, ai lati del tavolo c'erano due abeti coperti da palline di vetro rosso e blu (in perfetto stile Dalton), la tovaglia era rossa e oro e dove non c'erano piatti e bevande era coperto da neve finta.
Alle pareti erano attaccati quegli appiccichini stupidi, alcuni a forma di Babbo Natale, altri a forma di abete, altri ancora a forma di fiocchi di neve. Stupidi, ma carini.
Thad dondolava su se stesso in un angolo della sala, a ritmo con la musica natalizia che fuoriusciva dallo stereo. Di tanto in tanto veniva stoppata e gruppi di Warblers iniziavano a cantare.
Si sentiva piuttosto depresso. Anche perché in un'ora Sebastian gli aveva fatto compagnia sì e no dieci minuti.
Bello no?
Proprio nel momento in cui aveva deciso di cercare Nick e Jeff per un po' di compagnia Sebastian decise di tornare da lui.
«Vuoi qualcosa da bere?» gli domandò solamente.
No, voglio sapere cosa cazzo hai fatto per tutta la sera. «Sì, grazie.»
Il francese sorrise appena e sparì di nuovo.
Forse sarebbe dovuto sparire anche lui nel frattempo. Ma la verità era che non voleva ammettere di tenere così tanto a Sebastian. Fare finta di niente era di certo un'opzione migliore di andarsene incazzato o cercarlo e seguirlo ovunque.
Sì, stava facendo bene. Senza dubbio.
Pochi minuti dopo Sebastian ritornò, porgendogli un bicchiere di plastica mezzo pieno di quello che doveva essere un liquore. «Sono diventato astemio.» gli disse. La prima (e unica) volta in cui si era ubriacato era finito a letto proprio con Sebastian, e già solo il fatto che si era preso una bella sbandata per lui stava a testimoniare che l'alcol faceva male. Anche dopo settimane.
«Ed eri anche etero. Bevi e non lamentarti Harwood.» In realtà non c'entrava granché come battuta, ma dopo un paio di bicchieri di vodka una parte del suo cervello ogni tanto perdeva colpi e gli faceva dire frasi sconnesse.
Be', tanto valeva provare.
E realizzò che non era niente male.
Quando vuotò il bicchiere chiese a Sebastian di portargliene un altro, ma lui scosse la testa. «No. Ora vieni a ballare.»
Ballare?
Sebastian Smythe gli aveva appena chiesto (più o meno) di ballare? L'alcol doveva fare il suo effetto e causargli allucinazioni.
Vedendolo immobile, il bicchiere ancora in mano, il francese sbuffò, gli sfilò il cilindro di plastica dalle dita e vi mise al suo posto la sua mano, mentre con l'altra gli stringeva dolcemente il fianco, trascinandolo verso il centro della stanza, nello spazio che fungeva da pista da ballo.
Passarono di fianco a Wes, con Sandy appoggiata alla spalla, di fianco a Nick e a Jeff, e quando passarono Nick tirò uno gomitata all'altro, ma quando cominciarono a dondolare a ritmo di musica per Thad restarono solo lui e Sebastian.
Alzò appena il viso, in modo da guardare il volto dell'altro (ma perché era così basso? O era Sebastian a essere altissimo?) e per qualche istante si perse nei suoi occhi verdi.
Sebastian gli sorrise, e lui non riuscì a impedirsi di rispondere al suo sorriso.
La musica si fermò troppo presto.
Il francese si fermò, ma non si allontanò di un passo da Thad.
Alzò gli occhi e sorrise soddisfatto.
Thad ebbe appena il tempo di seguire il suo sguardo e vedere un ramo di vischio, prima di sentire le labbra morbide dell'altro sulle sue.
Gli ci volle qualche istante prima che si rendesse conto di ciò che stava succedendo.
Sebastian lo stava baciando.
In mezzo a una stanza piena di Warblers.
Dolcemente.
Appena realizzò queste tre cose rispose al bacio, intrecciando le mani dietro al collo dell'altro.
È strano come ci si rende conto di alcune cose solo dopo averle provate centinaia di volte. Non si era mai accorto di quanto quelle labbra fossero calde, di quanto fossero morbide, di quanto potessero dargli un senso di appartenenza.
Quando si staccarono Thad non capì più bene niente. Era certo che parte dei Warblers sorridessero, che alcuni applaudissero ed era praticamente sicuro di aver visto Jeff dare dei soldi a Nick, che sorrideva soddisfatto.
Ma non gli interessava.
L'unica persona di cui si interessava era Sebastian, che in quel momento si voltò e si allontanò velocemente da lui, dalla stanza e dalla festa.

 

 

Parte II


Non poteva crederci. L'aveva fatto davvero. Aveva davvero baciato Harwood.
Cosa cazzo aveva in testa?
Si impose di calmarsi e si sedette su un gradino.
Cosa fare?
Tornare là dentro e baciare di nuovo Harwood.
Tornare là dentro e mandare a fanculo Harwood.
Andare in camera e lavarsi con dell'acqua gelida per schiarirsi le idee (no, non funzionava).
Andare in camera, mettersi a letto e sperare di addormentarsi al più presto.
Andare in camera, mettersi a letto, prendere una bottiglia di liquore dalle sue scorte segrete e ubriacarsi.
Andare in camera e aspettare il ritorno di Harwood per portarselo a letto per l'ennesima volta.
Cercare di capire cosa cazzo gli stava succedendo.
Rivalutò per un istante tutte le opzioni.
Porca troia. Non aveva nemmeno preso in considerazione l'idea di andarsene e cercare qualcun altro da portarsi a letto.
«Sebastian Smythe» si disse a bassa voce «tu hai un problema.»
E si trascinò fino al suo letto.
Sdraiato sotto le coperte si disse che poteva benissimo fare finta che non fosse successo niente.
Sì, con un'intera sala piena di Warblers che l'aveva visto. Sicuro.
Forse era arrivato il momento di smettere di mentirsi.
Sospirò.
Quando Harwood tornò era ancora sveglio. Finse di stare dormendo. Lo sentì spogliarsi e lo vide spalancare la finestra e lanciare all'esterno il suo papillon.
Poi lo sentì andare in bagno e aprire l'acqua della doccia.
Così era a quota tre in un solo giorno.
Decise davvero cosa fare solo quando fu sicuro di sentire Harwood prendere a pugni qualcosa nel bagno.

 

Sebastian si svegliò preso il mattino successivo. Harwood dormiva un sonno pesante, suppose provocato dall'alcol.
In realtà arrivò a questa supposizione solo dopo essere andato silenziosamente in bagno a vestirsi e aver trovato a terra la camicia del suo compagno di stanza sporca di liquore.
Tornò nella stanza da letto senza fare il minimo rumore, e lasciando la luce spenta uscì nel corridoio.
Mentre camminava lentamente decise di essere uno stupido e che se avrebbe fatto veramente ciò che era nelle sue intenzioni il mondo doveva proprio aver iniziato a girare al contrario.
Si voltò verso la porta e cominciò a bussare.
Gli aprì Nick, che indossava i pantaloni del pigiama e una maglia verde acido al contrario.
«Che cazzo vuoi a quest'ora, Smythe?»


Sbadigliò e si voltò nel letto. La testa gli pulsava. Mugugnò qualcosa. Ecco un altro motivo per cui era diventato astemio.
Niente mal di testa post-sbornia.
Niente pensieri confusi.
Niente memoria che va e viene.
Gli ci vollero alcuni minuti per ricordarsi di ciò che era successo la sera precedente.
Sebastian l'aveva baciato.
Se n'era andato.
Lui aveva resistito all'impulso che gli diceva di seguirlo.
Aveva cominciato a bere.
Vuoto di memoria.
E si era ritrovato nella doccia.
Quando parlò, la voce di Sebastian quasi lo stordì: «Sono esattamente le otto e cinquantadue. Potrai smettere di fare ciò che ti ordinerò esattamente tra ventiquattro ore. Quindi alzati, vestiti e vammi a prendere un caffè. Corretto. Comunque buongiorno.»
Alt.
Doveva essere un incubo.
Non poteva passare la vigilia a fare quello che voleva Smythe!
«Sto aspettando» esclamò l'altro.
Thad aprì sospirando gli occhi e si alzò senza fretta. Non sentiva nemmeno la forza di lamentarsi, e quando incrociò gli occhi verdi dell'altro gli passò anche la voglia di farlo, quindi fece come gli era stato detto.
Prima di tornare in camera con il caffè per Sebastian ne bevve uno, seduto a un tavolo.
Non era certo di potersi aspettare che Sebastian gli parlasse del bacio.
Non di sua iniziativa.
O forse ne avrebbe parlato. In fondo non significava niente. Per Sebastian.
Per Thad qualcosa significava. Non aveva mai considerato quelli che si scambiava con Sebastian “baci” (nel vero senso del termine), perché solitamente non erano altro che il preludio di altro. E se seguiva questo ragionamento quello della sera precedente era stato il suo primo vero bacio (almeno con un ragazzo).
Cerco di filarsela prima dell'arrivo dei Niff, ma ci mise un istante di troppo, così si trovo bloccato al tavolo con loro, il caffè per Sebastian che cominciava già a raffreddarsi.
Disse loro immediatamente della stronzaggine di Sebastian che l'aveva costretto a fargli da cameriere (o meglio, schiavo) proprio il 24 dicembre, premettendo ciò che in precedenza non li aveva detto (cioè dello “scambio equo”: festa-schiavo).
«Cos'altro ti aspettavi da Smythe, Thad? È fatto così.» disse con un sorrisetto triste Jeff.
«Sii positivo, almeno non è il 25. Magari si stancherà di sfruttarti nel giro di qualche ora.» in realtà l'ultima frase la disse con il tono meno convinto che potesse avere. «Ti vendicherai.»
Certo, come no. Niente di più semplice di vendicarsi del ragazzo di cui si è innamorati.
Si trattennero a parlare per qualche minuto ancora (in realtà Thad disse ancora più o meno quattro parole, mentre i Niff proponevano le vendette più strampalate), poi Thad si alzò e tornò in camera.


Durante il resto della mattinata Sebastian lo costrinse a:
lavare a mano la sua camicia;
spazzare la stanza, mentre lui si godeva la scena sorseggiando il suo caffè (il secondo);
spolverare i libri che c'erano sullo scaffale;
sistemare i suoi spartiti (impresa quasi impossibile, dato che metà delle canzoni sembravano essere sparite e poi le ritrovava nei posti più disparati: tra le scarpe, sotto le assi del letto, un foglio era persino in una bottiglia di shampoo vuota);
fare e disfare il suo letto come minimo sei volte, lamentandosi ogni volta: la prima perché gli angoli non erano fatti bene, la seconda perché un lenzuolo gli sembrava storto, la terza perché il cuscino andava sotto alle coperte, non sopra, la quarta perché decise che era il momento di cambiare lenzuola, la quinta perché il nuovo lenzuolo aveva un colore che non gli piaceva, e a quel punto Thad perse il conto.
Straordinariamente per pranzo lo lasciò libero di fare ciò che più gli piaceva, ma prima che uscisse dalla stanza lo bloccò con il commento: «Ti sta bene quella felpa, Harwood» che lasciò il diretto interessato parecchio confuso.


«Io devo andare a fare delle commissioni. Intanto puoi sistemare la mia parte di armadio.»
Detto questo Sebastian uscì dalla stanza e lo abbandonò per gran parte del pomeriggio.
Thad sospirò. Chissà cosa sarebbe andato a fare. Commissioni. Sì, come no. Già le immaginava le “commissioni”: con un culo da favola.
Mentre poggiava la mano sul pomello dell'armadio si disse che se diventava geloso era fottuto.
Punto primo: Sebastian andava di continuo con ragazzi che non erano lui.
Punto secondo: conoscendosi non sarebbe mai riuscito a nascondere la sua gelosia e Sebastian avrebbe capito.
Guardò gli abiti piegati e in ordine.
Il francese doveva essersi scordato di aver messo lui stesso tutti in ordine qualche giorno prima.
Meglio per lui.
Niente tirannia fino al suo ritorno.
Ora aveva due possibilità: restare tutto il pomeriggio a letto sospirando e sbavando pensando a Sebastian o andare da Nick e Jeff.
La seconda era certo più invitante.
Bussò alla porta della stanza degli amici.
«Sì?» urlò Jeff, senza aprire.
Thad urlò di rimando che era lui.
A quel punto li sentì parlottare e degli strani rumori (come di mobili o comunque oggetti pesanti spostati) provenire dalla stanza.
Dopo poco più di due minuti il biondo gli sorrideva, chiedendogli cosa volesse.
Doveva avere interrotto qualcosa, perché notò che Nick era scomparso in bagno e che le lenzuola di uno dei letti erano a terra, mentre l'altro era leggermente spostato verso il centro della stanza.
«Oh, ehm, niente di importante. Vi lascio alle vostre... cose.» sorrise quasi ridacchiando. «Ciao Nick!» E filò via come una saetta.
Bella roba.
Si preannunciava proprio una bella vigilia.


«Harwood» sibilò Sebastian.
«Eh?» si riscosse dallo stato semi catatonico in cui si era trovato (e assicurava a se stesso che non vi si era ritrovato perché Sebastian era appena uscito dalla doccia e indossava solo un asciugamano).
L'altro alzò gli occhi al cielo. «Ti ho detto di prendere la giacca che usciamo.»
«Dove andiamo?»
«Cazzi miei.»
Ecco, lo sapeva. Lo avrebbe portato allo Scandals. Bravo, Harwood, proprio bravo. Bella l'idea della schiavitù forzata.
«Sei praticamente nudo, ho tutto il tempo che voglio per prendere una giacca mentre tu ti prepari.»
«Chi ti dice che non verrò svestito così?» sogghignò l'altro.
Thad arrossì, pensando a Sebastian che se ne andava in giro per la città così conciato.
No, okay, in realtà stava pensando a cosa avrebbe fatto a Sebastian se se ne fosse andato in giro per la città così conciato.
«Mettiti i jeans di ieri sera invece di quella tuta, almeno occuperai il tempo mentre io mi vesto.»


Meno di quindici minuti dopo era seduto al posto del passeggero nella macchina di Sebastian.
Questi prese la direzione di Lima.
Oddio, per quanto avesse sperato il contrario, i suoi sospetti stavano diventando realtà.
Ma quando parcheggiarono qualche minuto dopo si stupì: non era il parcheggio dello Scandals, ma del Lima Bean.
«Be'?» domandò Sebastian turbato, guardando la sua espressione di stupore. «Non posso nemmeno portarti a bere un caffè?»
Non parlarono molto, mentre bevevano.
Non avevano molto da dirsi.
Era strano, per Thad, essere lì con lui. Come fossero amici.
«Perché mi hai portato qua?» gli domandò alla fine, facendosi coraggio.
Sebastian posò il suo bicchiere lentamente. «In realtà non era qua che dovevo portarti. Prendila come una pausa prima di giungere a destinazione.»
La verità?
Lo stupore che aveva provato vedendo il Lima Bean non fu nemmeno paragonabile a quello che provò quando si ritrovò in una pasticceria al posto che allo Scandals.
«Per farmi perdonare di starti sfruttando proprio oggi che è la vigilia. Quindi scegli un dolce.»
Per farmi perdonare.
Niente filmini mentali niente filmini mentali niente filmini mentali.
Puntò immediatamente a una piccola torta coperta di cioccolato, con sopra disegnati dei fiocchi di neve con glassa di diversi colori.
E avrebbe pagato per rivedere la smorfia che Sebastian fece quando gliela indicò.
Quando salirono di nuovo in macchina, Thad con il prezioso vassoio in mano, imprecò. «Cazzo, sta per iniziare il cenone.»
Già, i Warblers avevano organizzato una mega cena per festeggiare.
E Thad ne avrebbe perso l'inizio.
Per colpa di chi? Sebastian, ovviamente.
Magari avrebbero aspettato che fossero arrivati anche loro due per iniziare.
La seconda volta che formulò in testa quel pensiero quasi cominciò a ridere istericamente: no, non gli avrebbero mai aspettati. Non quando si parlava di cibo.
«Senti» gli disse Sebastian mentre parcheggiava. «Prima di correre al cenone potremmo portare il dolce in camera? Non vorrei che finisse nelle mani sbagliate...»
Stava per dirgli di portarlo lui, poi realizzò due cose: uno: aveva promesso di fare qualunque cosa gli avesse chiesto; due: glielo aveva chiesto quasi gentilmente.
E poi quegli occhi...
Mormorò quello che doveva essere un assenso e scese dalla macchina.


Ovviamente Sebastian non trovava la sua chiave.
In pratica doveva fare una cosa per tutta la giornata (tranne guidare ma era stata una sua libera scelta), aprire quella stramaledettissima porta, ma no, non poteva, perché aveva perso (o dimenticato) la sua chiave!
Thad gli mollò il vassoio e aprì con la sua, spazientito.
«Ma cosa...» fu tutto ciò che riuscì a dire quando vide i muri decorati da festoni natalizi rossi, oro e blu.
E quando abbassò lo sguardo perse del tutto l'uso della parola.
C'era una qualche sostanza allucinogena nel caffè che ora faceva il suo effetto o a terra c'era una tovaglia, dei piatti, dei bicchieri e una bottiglia? Per non parlare del vaso pieno di margherite in mezzo al tavolo improvvisato. Le margherite erano i suoi fiori preferiti.
Poi realizzò: qualcuno doveva avere sbagliato stanza.
E l'unica persona che poteva essere così cretina da sbagliare stanza poteva solo essere Nick, dato che l'anno precedente era lui a dividere la stanza (quella stessa stanza) con Thad. Magari era ubriaco e aveva creduto che fosse la stanza che condivideva con Jeff.
«Buon Natale, Harwood» gli sussurrò Sebastian nell'orecchio, mentre lo spingeva all'interno della stanza.
Perché Sebastian non sembrava minimamente sorpreso e aveva chiuso la porta dietro di loro?
«Cosa... cosa vuol dire tutto questo?» domandò, ritrovando improvvisamente l'uso della parola.
L'altro alzò gli occhi al cielo: «Perché non ti siedi e mangiamo e basta?»

Non aveva nemmeno toccato il vino. Non dopo l'esperienza della sera precedente. Era stato tutto buonissimo. E ora stava fissando insistentemente Sebastian.
«Be'?» domandò lui, mentre torturava l'oliva che aveva nel piatto con uno stuzzicadenti.
«Be'? Seriamente? Potrei avere una spiegazione per tutto questo ora?»
«Una spiegazione? Grazie Harwood, bella roba. Io organizzo una cena romantica e tu mi chiedi una spiegazione?»
Un momento. Sebastian aveva davvero detto quella parola con la “r”?
Okay. Forse la cena romantica avrebbe dovuto raddolcire lo spirito di Thad. Ma senza dubbio non aveva fatto effetto. «Una cena romantica, Sebastian? Che c'entra una cena romantica con noi? Noi scopiamo e basta.»
Sebastian abbandonò l'oliva al suo destino. «Noi scopiamo e basta» ripeté piano.
«Perché?» domandò alla fine, semplicemente.
«Perché» sembrò tentare di trovare le parole. «Perché... Mio Dio, se odio spiegare le cose a parole» esclamò. Lo vide mettersi in ginocchio e allungarsi verso di lui.
La sua mano gli sfiorò piano la mascella, e le sue labbra catturarono quelle di Thad.
E anche questo bacio, come quello sotto il vischio, non c'entrava niente con lo “scopare e basta”.
«Che vadano tutti a farsi fottere», disse Sebastian quando si separò dalle labbra di Thad, «L'ho fatto perché, maledizione, credo di poter... provare, sai, qualcosa» pausa «per» storse il viso, come se quelle parole qualcuno gliele stesse tirando fuori con una pinza, «te.»
L'aveva detto.
Thad Hartwood sentiva il cuore battergli così forte nel petto che temette potesse prendere e andarsene per conto suo.
Sbatté le palpebre lentamente.
Sebastian sembrava voler evitare il suo sguardo, preferendo guardare attentamente l'oliva.
Dato che Thad non sembrava avere la minima intenzione di dire qualcosa, in realtà non ci riusciva, domandò: «Mangiamo il dolce?»
«Sebastian?» lo chiamò Thad, mentre l'altro si era alzato a prendere il vassoio che aveva posato sul letto.
«Mmh?» mormorò lui, voltandosi.
Thad si alzò e gli si mise davanti. Gli ci volle qualche istante prima di avere il coraggio di sussurrargli sulle labbra: «Ti amo», per poi catturare quelle stesse labbra fra le sue.

 

* * *

 

Lo osservò mentre si svegliava.
Prima fece un smorfia, suppose dovuta all'alcol. Poi sorrise.
Non aveva mai notato quanto quel sorriso fosse adorabile.
Adorabile, Smythe? Non ho intenzione di trasformarmi in una copia di Faccia-da-Checca.
La parola “adorabile” non doveva nemmeno esistere nel suo dizionario.
Chissà a cosa stava pensando.
Magari stesse sorridendo in quel modo pensando a lui!
Oh mio Dio, Sebastian Smythe. Che cazzo ti sta succedendo? Tu non pensi queste cose e basta.
Al che, per evitare che quegli assurdi pensieri lo torturassero oltre proclamò: «Sono esattamente le otto e cinquantadue. Potrai smettere di fare ciò che ti ordinerò esattamente tra ventiquattro ore. Quindi alzati, vestiti e vammi a prendere un caffè. Corretto. Comunque buongiorno.»
Aspettò che Thad, Harwood, si corresse, fosse uscito dalla stanza per scalciare via le coperte, rivelando di essere completamente vestito, scarpe comprese. Prese al volo il suo giubbotto e spalancò la finestra.
Rabbrividì e si calò a terra. Meno male che le mura della Dalton erano piene di sporgenze e la loro, sua, stanza era al primo piano.
Okay.
Ora doveva solo trovare ciò che cercava.
E mentre perlustrava la parte di cortile davanti alla finestra si sentì un cretino. Forse lo era. Oh, eccolo là.
Raccolse il papillon rosso e gli tolse la terra che vi era rimasta attaccata, per poi infilarselo in tasca.
Guardò l'ora.
Merda.
Aveva perso circa diciassette minuti per recuperarlo, e le mura della Dalton gli sembrarono improvvisamente molto più ripidi di quanto si aspettasse.
Be', se era riuscito a scendere doveva per forza anche riuscire a salire.
Mentre scivolava per quella che sembrava la centesima volta ringraziò di aver chiesto a Duval e Barbie di trattenere Harwood il più possibile al bar.
Non seppe bene come, ma ci riuscì.
Fece appena in tempo a togliersi la giacca e fingere di stare uscendo dal bagno in quel momento prima che Harwood rientrasse. E successivamente non gli fece nemmeno notare che il caffè si era ormai raffreddato.
Be', non se ne lamentò, ma meno di un'ora dopo gliene chiese un altro.


Dopo averlo costretto per tutta la mattinata a fare tutto ciò che gli veniva in mente, decise che sarebbe stato quasi crudele costringerlo a non mangiare con gli altri Warblers.
Mio Dio, Sebastian. Stai davvero pensando di essere troppo crudele?
Tutta colpa di Harwood. Tutta colpa del suo maledettissimo fondoschiena, dei suoi maledettissimi occhi, della sua maledettissima espressione e della sua maledettissima felpa. Cavolo, se gli stava bene quella felpa. E non riuscì a trattenersi dal dirglielo.
Per poi dirsi: «Ma che cazzo fai, Smythe, sembri Duval o Barbie.» e fece una smorfia al solo pensiero.
Come richiamati dal suo pensiero i due bussarono in quel momento alla porta e Sebastian diede loro la chiave della stanza, sibilando che se l'avessero usata in modo improprio avrebbe fatto sparire tutte le scorte di tinta di Sterling.


Più le ore passavano, più gli sembrava di essere stupido a fare una cosa del genere.
Avanti, non era per niente il suo stile.
Non sapeva nemmeno quale fosse il suo stile. Non per quel genere di cose.
Disse a Harwood di sistemare la sua parte di armadio mentre lui andava via consapevole che era già in ordine. Perlomeno poteva fare quel cazzo che gli
pareva e basta.
Lui prese l'auto e cominciò a viaggiare, senza una meta precisa.
Aveva solo bisogno di non pensare a niente.
Non che fosse una cosa semplice.
Anche perché un certo paio di occhi marroni sembravano essere ovunque, e lui non faceva che vederli ovunque.
Tornò alla Dalton di umore peggiore di quello con cui era partito.
Harwood non c'era, ma fortunatamente aveva lasciato la porta aperta. Probabilmente era andato da Duval e Sterling.
Rientrò quando lui era già sotto la doccia, cercando di trovare un modo per portarlo lontano dalla stanza senza fargli sospettare niente, per permettere a nasone e a capelli tinti di preparare tutto.
Prese la boccetta di shampoo. Cazzo. Era finito.
Tanto valeva fregare un po' di quello di Harwood. Non poteva certo lasciare il suo ciuffo senza shampoo.
Quello shampoo aveva un profumo esageratamente dolce. Tanto che si ritrovò a fare una smorfia.
Ma ormai se l'era già messo sui capelli.
E per di più gli aveva anche dato un'idea su dove portare Harwood.


Stava ripensando alla faccia di Harwood quando aveva aperto la porta della stanza.
Era valsa la pena di organizzare tutto quello solo per vedere la sua faccia.
Non sapeva bene se mangiare quell'ultima oliva o meno. Ma che aveva Harwood da fissarlo così? «Be'?» domandò.
«Be'? Seriamente? Potrei avere una spiegazione per tutto questo ora?»
Come? Era veramente così stupido? A quanto pareva Harwood aveva un cervello più piccolo di ciò che aveva pensato. «Una spiegazione? Grazie Harwood, bella roba. Io organizzo una cena romantica e tu mi chiedi una spiegazione?»
“Romantica”? Quell'aggettivo era totalmente agli antipodi rispetto a quelli che di solito usava. In realtà non avrebbe nemmeno dovuto conoscerlo.
A quanto pare non sortì l'effetto che aveva sperato, perché Harwood lo guardò gelido: «Una cena romantica, Sebastian? Che c'entra una cena romantica con noi? Noi scopiamo e basta.»
Dovette ripeterlo una volta, per realizzare che l'aveva detto. «Noi scopiamo e basta». Era davvero ciò che pensava? Porca troia, si era immaginato tutti quegli sguardi che Harwood gli lanciava quando credeva di non essere visto?
«Perché?»
Oh avanti. Era una delle domande più facili del mondo. Perché. E se si era davvero immaginato tutto stava per fare una figura di merda colossale. E probabilmente entro il giorno successivo tutti gli Warblers avrebbero riso di lui.
O peggio, tutta la Dalton.
Al diavolo. Tanto ormai si era già sputtanato. «Perché» cazzo, non trovava le parole. «Perché... Mio Dio, se odio spiegare le cose a parole» e poi c'era di meglio delle parole. Si allungò verso di lui e lo baciò.
Lo baciò come l'aveva baciato la sera prima. Sentì le labbra dell'altro fremere, prima che rispondesse al bacio.
Gli parve durare un'eternità. E quando si allontanò da lui ritornò a pensare a tutti quelli con cui avrebbe potuto prenderlo per i fondelli. «Che vadano tutti a farsi fottere» esclamò, ora deciso a dire ciò che pensava verbalmente. «L'ho fatto perché, maledizione, credo di poter... provare, sai, qualcosa» sospirò «per» okay, questa parola, così semplice, così breve, sembrava non aver intenzione di essere pronunciata da lui, «te».
Perché non parlava?
Perché se ne stava immobile, le labbra leggermente aperte, così invitanti?
Perché cazzo non gli diceva che provava anche lui qualcosa?
Be', non poteva restare tutta la sera a fissare quell'oliva, nella speranza che Harwood parlasse. Bene. Aveva speso dei soldi per quella torta, non l'avrebbe abbandonata sul letto. «Mangiamo il dolce?» Fu una domanda piuttosto retorica, perché lo andò a prendere.
Quando Harwood lo chiamò rabbrividì. Okay. Il momento della verità. Ye.
«Mmh?»
Harwood lo raggiunse e si fermò a meno di un centimetro dal suo viso. Poteva sentire il suo respiro caldo sul mento (eh già, Harwood era basso).
Stava per voltarsi, dato che sembrava essere tornato a essere muto, ma questo si alzò sulle punte e gli sussurrò: «Ti amo» sulle labbra, per poi baciarlo.
Mentre le mani di Harwood gli strinsero il collo gli cinse la vita con le sue.
Be', di certo non era da lui mantenere un bacio a lungo così casto. Non ci mise molto ad approfondirlo, e per la verità Harwood non sembrava così contrariato.
Quando sentì le mani dell'ispanico scivolare da dietro al suo collo ai bottoni della sua camicia gli ridacchiò sulle labbra, prima di riprendere a baciarlo.
D'altra parte era stato lui a dire che loro “scopavano e basta”. E di certo non sarebbe stato lui a contraddirlo. Al massimo poteva cambiare la prima parola. O la seconda.
Fece scivolare la camicia a terra, per poi sfilare la felpa dell'altro, seguita immediatamente dalla maglia che portava sotto.
Quando si strinse di più a lui e cominciò a lasciargli baci sul collo le loro pelli a contatto sembravano quasi inviargli piccole scariche elettriche.
Thad si scostò appena e cominciò a baciargli l'orecchio. Non riuscì a trattenere un gemito.
Mio Dio, se amava quando gli baciavano l'orecchio.
«Thad...» gracchiò mentre l'altro gli leccava piano il lobo. Lo sentì sorridere contro la sua pelle, mandando una scarica elettrica direttamente al ventre. L'aveva chiamato col suo nome, non Harwood.
Fece scivolare le sue mani fino alla base della schiena dell'altro. Al passaggio della sua mano i muscoli dell'altro si irrigidivano.
Fece scivolare una mano sull'orlo dei jeans che cominciavano a stare sempre più stretti all'altro e slacciò il primo bottone.
Thad mugolò la sua approvazione e tornò alle labbra di Sebastian.
Sebastian lo fece arretrare, finché Thad non si sedette sul letto. Allungò una mano e spostò il vassoio con la torta a terra, mentre con l'altra faceva stendere l'altro.
Gli scivolò sopra e gli lasciò un bacio sulla bocca, per poi passare al mento e al collo.
Quando Thad gemette sentì una nuova scarica di adrenalina in corpo.
Mentre continuava a torturargli collo e petto con baci e morsi gli sfilò i jeans (impresa per niente semplice, dato che erano a dir poco strettissimi).
A quel punto anche Thad si diede da fare per togliergli quelli che indossava lui. Gli scalciò giù dal letto e riprese da dove aveva interrotto, ovvero la clavicola di Thad.


Quella fu la prima notte in cui non fecero sesso, ma fecero l'amore.


Thad si svegliò quando fuori era ancora buio.
Sentiva il corpo caldo di Sebastian contro il suo. Sorrise, nel sentire il suo respiro contro il collo.
Restò ancora qualche istante a bearsi di quella vicinanza, poi scostò appena le coperte e si mise seduto.
Stava per alzarsi per tornare al suo letto, quando sentì la mano dell'altro che gli stringeva il polso.
Con la voce ancora impastata dal sonno Sebastian mormorò: «Che fai, Harwood?»
«Torno nel mio letto.» rispose con ovvietà.
Sebastian restò zitto per qualche minuto, continuando a stringergli il polso. Quando, scocciato dalla situazione, Thad tentò di nuovo di alzarsi l'altro bisbigliò: «Puoi anche restare qua se ti va. Sei più comodo del mio cuscino.»
Thad sorrise, leggendo fra le righe (anche forse più di ciò che Sebastian aveva inteso), e tornò sotto le coperte.
Sebastian gli si fece più vicino e lo cinse con un braccio, appoggiando la testa fra la spalla e il collo dell'ispanico.
Così fu anche la prima notte in cui dormirono insieme.


Nell'aria c'erano dei rumori strani.
Thad sentiva ancora Sebastian contro di sé.
Ancora uno di quei rumori.
Perché sembrava tanto un flash di macchina fotografica?
Sbadigliò e aprì gli occhi.
Oh. Ecco perché assomigliavano ai flash di una macchina fotografica.
Erano i flash di una macchina fotografica.
Mentre Jeff continuava a fare foto ai due Nick se la rideva in silenzio.
Thad li fulminò con lo sguardo, tentando di non svegliare il ragazzo che ancora dormiva al suo fianco.
Troppo tardi.
Con un mormorio indistinto Sebastian aprì gli occhi e gli sorrise.
Lui cercò di comunicargli con lo sguardo di voltarsi, ma il sonno ebbe la meglio su Sebastian che lo baciò.
«Ehm, Seb...» mormorò dopo qualche istante, «forse sarebbe meglio se...»
Ma a quel punto Nick non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.
Se gli sguardi si sarebbero potuti trasformare in fulmini Jeff e Nick non sarebbero stati altro che due mucchietti di cenere sul pavimento.
«Voi, brutti luridi bastardi, se...» esclamò Sebastian facendo per alzarsi.
I Niff corsero via ridendo e chiudendo la porta dietro di sé, mentre Thad ringraziava perché Sebastian non si era alzato davvero, dato che era totalmente e irreparabilmente nudo.
Si aspettava di trovarlo totalmente arrabbiato, invece quando lo guardò stava ridacchiando.
«Seb, cosa...» disse, totalmente sperduto. «Quei due ora hanno delle foto piuttosto compromettenti di noi due e potrebbero, potrebbero...»
«Potrebbero farle vedere a chiunque. A me non interessa. E poi non sono così compromettenti: oserei dire che è normalissimo che due ragazzi che stanno insieme dormano insieme, no?»
Thad si beò in quelle parole, e improvvisamente nemmeno a lui parve tanto preoccupante il fatto che quei due avessero quelle foto. «Quindi, noi due... stiamo insieme?»
«Cosa ho appena detto, Harwood?» lo guardò per mezzo secondo con aria critica, poi tornò a sorridere a lo baciò. «Ti amo, Thad Harwood.»

 

 

 

NdA

Finito lo strazio!
Innanzitutto vi ringrazio per aver letto questa roba e vi comunico che vi siete appena sciroppati qualcosa come 9000 parole (secondo il programma che mio padre ha installato su questo computer, che non è word).
Secondo i miei programmi doveva essere più o meno corta la metà, ma quando ho iniziato Thad e Sebastian hanno deciso di distruggere tutto il mio lavoro e decidere loro cosa fare. Vi basti sapere che nei miei programmi iniziali tutto questo aspetto più psicologico doveva essere solo di sfondo, e invece si è mangiato pagine e pagine.
È strano, ma ora che ho finito di scriverla non vorrei più separarmene, vorrei riprendere da quelle ultime virgolette chiuse e continuare a scrivere scrivere scrivere.
Meglio di no, per qualunque pazzo sia arrivato fin qua. Non volete certo sorbirvi altre 9000 parole, no?
Un mega grazie a Gleeky_00 che mi ha consigliato il titolo, facendo io schifo in questo frangente.
Okay, lo so che vi sto rompendo le palle con queste note, ma adoro troppo scriverle.
In ogni caso potete anche smettere di leggerle qua e basta (in questo caso, grazie per aver letto questa roba che mi ostino a chiamare fanfiction).
Come immagino avrete immaginato o messo l'OOC tra gli avvertimenti perché per quanto mi sia sforzata credo che Sebastian sia partito verso lidi molto lontani dal suo carattere (almeno nella seconda parte, nella prima parte mi sono sforzata di più); anche se io personalmente credo che in fondo in fondo ci sia mooolto romanticismo in lui, ma non so se tutti siano d'accordo.
Se trovate qualche orrore grammaticale scusatemi e fatemelo sapere, così lo correggo.
Chiudo che se no resto qua a scrivere fino a domani...
Un enorme grazie a chiunque abbia letto tutto questo (vi mando tanti orsetti arcobaleno da mangiare), e a chi lascia anche un recensione (positiva o negativa che sia) cercherò di fare anche avere un unicorno personale.
-M
p.s. Vi lascio con tre battute che avrei voluto inserire ma per cui non ho trovato spazio:
«Preferisci “facciamo l'amore e basta” o “scopiamo e ci amiamo”?» (magari questa ve la siete immaginata in un modo diverso, o forse ve ne siete fregati altamente, ma amen)

«Il cenone con gli Warblers!»
«Li ho avvertiti che non ci saresti andato. non sono così cretino, Thadduccio»

  
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