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Autore: DorotheaBrooke    29/12/2013    6 recensioni
Gli ultimi momenti di Cassandra prima di essere assassinata da Clitemnestra. Una mia libera interpretazione.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 « Τί μακρ τλήμων ες νηκόους πέτρας,
εἰς κῦμα κωφόν, εἰς νάπας δασπλήτιδας
βαύζω, κενὸν ψάλλουσα μάστακος πρότον;
πίστιν γὰρ ἡμῶν Λεψιεὺς ἐνόσφισε,
ψευδηγόροις φήμαισιν ἐγχρίσας ἔπη,
καὶ θεσφάτων πρόμαντιν ἀψευδῆ φρόνιν,
λέκτρων στερηθεὶς ὧν ἐκάλχαινεν τυχεῖν.
»
« Ma perché abbaio
da tanto tempo ai sassi che non sentono,
facendo risuonare un vuoto strepito, infelice che sono, e all'onda muta,
alle valli selvose spaventevoli?
Il dio di Lepsia
escluso dal torvo desiderio del mio letto,
mi privò di credito
e infuse bugiardo suono alle parole mie
e alla preveggente veridica sapienza dei responsi. »
                                                                               

Io, Cassandra, urlerò ora inascoltata, invano lancerò il mio grido di avvertimento alle generazioni future, perché il tempo è poco e rapido è il passo della morte nel tristo palazzo. Dimora dannata, in cui le maledizioni sono le nenie degli infanti, abitazione devastata, dove albergano fantasmi che infiammano di vendetta i volti dei giovani. Così fu da quando l’infame pasto si consumò nella casa degli Atridi. Se le Erinni smetteranno un giorno di perseguitare i figli questa stirpe, solo tu, vergine Atena, lo puoi dire. Ahi, come duro è morire lontano dalla patria! E ancora più duro è morire inascoltata! Perché in quest’ora fatale il profetico dono non mi abbandona? Già si avvicina il momento in cui io non sarò più e ancora i miei occhi devono sopportare la vista di sciagure, di tutte le sciagure che sconvolgeranno questa terra, così infinitamente più grande di quanto i miei padri crederono. Sì, le dirò tutte le sciagure che vedono i miei occhi, ma tu, regina, donna dalla maschia volontà, che con lesto piede ti avvicini, non comprenderai, non vorrai ascoltare, perché il dio ha sputato sulla mia bocca, rendendomi per sempre inascoltata, condannandomi per sempre alla solitudine. Le mie parole veritiere le urlerò comunque al vento e a lui racconterò le mie visioni.  Mai più albergherà la pace tra gli Achei, poiché fecero scempio della mia casa, ma sempre si combatteranno gli uni con gli altri, solo l’odio verso l’Oriente li unirà. Giungerà Filippo per sottometterli e troppo tardi saranno tra loro stipulati patti d’alleanza, suo figlio, tiranno che nell’ebbrezza ucciderà il suo amico più caro, tutti li dominerà.  Da sette colli popolati da pastori sorgerà un popolo che arriverà ove nessun altro ha mai potuto. Solo il deserto sarà la sua pace e invano il valoroso Calgaco esorterà i suoi a lottare contro questi che né l’Oriente, né l’Occidente mai sazierà e che combatteranno, se il nemico sarà ricco, perché avidi, se povero, perché ambiziosi. Ciò fino a che il caos non giungerà dalle terre dei leoni. E tu, genere umano, t’illuderai di poterti sollevare dalla miseria e dalle aberrazioni dello stato naturale, crederai di poterti imporre leggi, sempre l’istinto ti ricorderà la condizione da cui provieni e in cui sarai sempre sull’orlo di ricadere. Con favole popolate da orchi e da case di marzapane nasconderai gli orrori del cannibalismo cui ti spingerà la fame. Con fiabe su bambine dalle mantelle rosse cercherai di avvertire le fanciulle delle insidie del sesso, ma molte cadranno nelle fauci dei lupi. Con storie occulterai le tue più immani tragedie, cosicché la memoria sia addolcita dal falso ricordo di uno zoppo che si salvò e in modo che il motivo per cui non si ode più musica per la strada di Hameln solo il pifferaio potrebbe raccontarlo. Invano cercherai le ragioni delle tue pene, perché troppo limitate sono le fragili menti degli uomini e troppo è il dolore che la vita arreca loro. E cercherai conforto nella natura che non potrà ascoltarti perché la violenza è la sua unica lingua e invano Rousseau incolperà la società del terremoto. Amerai e odierai te stesso e i tuoi simili, vi ucciderete così tante volte e in modi così orribili che se sorgeranno mai parole in grado di descriverli, neanche il mio occhio può scorgerlo. E tu, Clitemnestra, deridimi pure mentre alzi su di me la tua ascia assassina, allo stesso modo ti deriderà Elettra quando Oreste ti trafiggerà per vendicare il paterno sangue versato oggi. Ahimè! Tutte queste cose vedono i miei occhi e nessuno può ascoltare le mie parole. Mi abbandoneranno le sciagure la cui vista mi tormenta, quando mi abbandonerà il respiro? O per l’eternità vedrò le luci del futuro? Calerà il buio, quando calerà il silenzio?
 
  
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