Fanfic su artisti musicali > VIXX
Ricorda la storia  |      
Autore: Love_My_Spotless_Mind    29/12/2013    0 recensioni
Dopo la fine del suo primo amore, Hakyeon capisce che deve andare avanti e trovare il coraggio di amare di nuovo.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hongbin, Leo, N
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Era arrivato l’inverno ed il mio primo amore era appena volato via. L’unico ragazzo che avessi mai amato, aveva deciso di lasciarmi, dopo due anni felici. Erano cambiate tante cose da quando ci eravamo messi insieme, è vero, ma i miei sentimenti, nonostante tutto, erano rimasti immutati nel tempo. Scoprire che per lui non era stato lo stesso, mi ferì molto.
HongBin aveva insistito per accompagnarmi a casa dopo scuola, ad un certo punto del tragitto mi aveva chiesto di passare per il parco e mi aveva fatto sedere su una panchina sulla quale ci sedevamo spesso. Aveva scelto le parole con cura, cercando il modo di non ferirmi. Io lo avevo ascoltato in silenzio, senza replicare, ma quando aveva cercato di abbracciarmi mi ero rifiutato. HongBin, allora, dopo avermi guardato a lungo con i suoi soliti occhi profondi, come se volesse tenermi ben impresso nella memoria, era andato via.
Ero restato ad aspettarlo, seduto su quella panchina, per quasi tre ore, senza nemmeno tornare a  casa per la cena, ma lui non era più tornato. HongBin non provò più a cercarmi e mi lasciò così, senza aggiungere altro al suo discorso. Delle parole che mi aveva detto non ricordavo quasi più nulla. In fondo sapevo che di vero c’era poco. Aveva cercato di parlare senza ferirmi, quindi aveva per forza omesso gran parte della verità.
I mesi successivi a questo avvenimento furono difficili da sopportare. “Tutto aveva perso improvvisamente di colore”. Quest’espressione l’avevo letta diverse volte nei libri e credo fosse un semplice modo comune per descrivere una sensazione così difficile da spiegare, soltanto vivendola compresi che quell’espressione era esattamente quella giusta. Anche i ricordi di quei giorni sembrano grigi e silenziosi, come un vecchio film in bianco e nero. Il mio cuore si era appesantito di un dolore profondo che non riuscivo a mandar via. Anche quando ridevo mi sentivo come se piangessi, nulla riusciva a risollevarmi.
La mia vita aveva iniziato a scorrere indipendentemente dalla mia volontà ed io mi ero ritrovato trascinato dal suo flusso continuo. Non esistevano più amicizie di cui mi importasse né attività che riuscissero a distogliermi dai miei pensieri.
Ogni mattina, percorrendo la strada verso scuola, i ricordi dei giorni felici mi accompagnavano, camminando al mio fianco. Riuscivo a vedere solamente il passato, senza far più caso al presente. Pensare che quei ricordi così belli potessero restare per sempre mi rincuorava, in fondo. Anche se la nostra relazione si era sgretolata in modo così veloce, nessuno avrebbe mai potuto cancellare ciò che era stato. Questi pensieri erano con me ogni giorno ,riempiendomi di malinconia.
HongBin non sarebbe più tornato. Me ne accorsi una mattina, mentre stavo andando a scuola con il pullman. Sollevai lo sguardo e notai che il posto di fronte al mio era vuoto. Quel vuoto mi fece una strana impressione. Nulla più di quella visione mi face comprendere come mi sentissi. La persona che amavo non era altro che un posto vuoto in un autobus, un qualcuno che aveva deciso di scendere alla fermata precedente alla mia. Per un po’ era stato felice di fare la strada insieme, ma poi, chissà perché, aveva deciso di scendere e proseguire a piedi. Ora procedevamo a due velocità differenti e, magari, anche le destinazioni erano cambiate.
In quei giorni non parlai mai con nessuno, nemmeno a scuola. Cercai di rendermi trasparente agli occhi degli altri. Più che di parlare, non avevo più alcuna voglia di ascoltare le persone. Quel che mi avrebbero detto erano soltanto delle stupide bugie. Avrei dimenticato presto le loro parole o, magari, mi avrebbero angosciato ancor di più, non valeva la pena ascoltarli.
I miei compagni di classe sembravano di non riconoscermi più. Per loro fu difficile capire che lo spigliato e simpatico Hakyeon era andato via, almeno per un po’. Tutti mi chiedevano cosa avessi ed io non rispondevo, sapevo che tutti già conoscevano cosa fosse accaduto ma volevano semplicemente altre informazioni per arricchire i propri pettegolezzi. Li sentivo raccontare storie assurde sul mio conto, ad esempio che HongBin mi aveva lasciato perché lo aveva tradito con so nemmeno chi. Sarebbe stato inutile smentirli, se avessi detto qualcosa sulla faccenda avrebbero voluto sapere sempre di più. Non mi restava che aspettare che il loro interesse sul mio conto affievolisse.   
Era una mattina di dicembre ed avevo deciso di saltare la lezione. Ero restato seduto in caffetteria a bere cioccolata calda e mangiare biscotti, incurante delle conseguenze. Seduto in un angolo, osservavo il corridoio e gli studenti ed i professori che correvano da una classe all’altra. Sembrava che tutte le persone avessero voglia di fare, tranne me. Io ero lì seduto, mentre gli altri si impegnavano a combinare qualcosa.
Prima non avrei mai saltato una lezione per passare il mio tempo in modo così deprimente ed inutile, ma ora, non avevo altre alternative. Non volevo assolutamente partecipare ai gruppi di studio individuali, ai dibattiti o ai laboratori. Volevo semplicemente bere in pace della cioccolata calda e spiare la vita delle altre persone.
All’ora dell’intervallo la caffetteria si riempì di ragazzi e tutti i tavolini furono occupati. Restavo soltanto io da solo. Un ragazzo si avvicinò e scostò la sedia di fronte a me.
-È libero? – chiese.
Io annuii.
Lui, dopo una breve esitazione, si accomodò. Aveva comprato un panino con del pollo e maionese, uno spuntino decisamente poco leggero. Il ragazzo era magro e più alto di me di quasi una decina di centimetri. Lo guardai distrattamente, senza rimanerne troppo colpito.
Doveva avere la mia stessa età, non so esattamente da cosa lo dedussi, ma doveva essere così. Conoscevo  molte persone a scuola, ma lui non lo avevo mai visto, il che mi parve strano. Ripassai nella mente tutte le classi del mio piano ma il suo viso non mi sovvenne. Ad un certo punto sembrò accorgersi dei miei sguardi insistenti, ma non disse nulla.
Mi alzai e comprai altri biscotti. Quando tornai al tavolo vidi che il ragazzo stava dicendo ad altri studenti che il mio posto era occupato e che non potevano sedersi. Appena lo raggiunsi i ragazzi se ne andarono.
-Sembrano degli avvoltoi! – si lamentò.
-Volevano il mio posto? –
-Si, hanno fatto talmente tante storie! –
Tornai a sedermi ed aprii la bustina di biscotti. Si sollevò un odore delizioso di cioccolato e mandorle. Chiudendo gli occhi potevo immaginare la loro forma perfettamente tonda, lo spessore, le scaglie di cioccolato.
-Grazie per avermi tenuto il posto. Vuoi un biscotto? –
Lui guardò la bustina.
-Non credevo vendessero biscotti qui. –
 -In realtà è una cosa speciale, che fanno soltanto per me. –
La cuoca era un’amica di mia madre ed una mattina mi aveva visto piangere fuori dalla scuola a causa di HongBin. Da allora, ogni mattina, preparava dei biscotti soltanto per me.
Prese un biscotto e lo addentò perplesso.
-Delizioso! – esclamò.
Era strano scambiare qualche parola con una persona dopo così tanto tempo. Mi sembrava di non esserci già più abituato. Magari riuscivo a dire soltanto cose sbagliate.
Suonò la campanella ed il ragazzo si alzò di scatto. Afferrò la giacca e lo zaino e se lo mise in spalla.
-Devo andare – disse.
Corse fuori come una furia, poi, qualche secondo dopo, rientrò e mi venne vicino.
-Ah, il mio nome è Leo. –
-Hakyeon – risposi.
Poi scomparve di nuovo.
Nei giorni successivi mi capitò spesso di pensare a Leo. Parlare con lui mi aveva fatto sentire meglio per qualche minuto. Probabilmente avrei dovuto ricominciare a sostenere dei rapporti sociali ma non ne avevo il coraggio. Se qualcuno mi avesse raccontato di sé, dei suoi problemi, io mi sarei ritrovato in mezzo ad altri pensieri angosciosi e non ne avevo affatto bisogno.
Avrei voluto che qualcuno mi facesse dimenticare tutto quello che sentivo. Era un’impresa difficile, magari impossibile, per questo nessuno ci avrebbe mai provato.
Rincontrai Leo per caso, una domenica mattina. Stavo camminando per il parco, ascoltando della musica. Inizialmente non lo riconobbi nemmeno, era sdraiato sull’erba e stava osservando il cielo come se fosse la cosa più interessante del mondo. Pensai che non era il caso di disturbarlo, probabilmente nemmeno si ricordava di me. Avrei fatto una figuraccia se lo avessi salutato e lui non mi avesse riconosciuto.
Dopo averci pensato per qualche minuto mi decisi. Parlare con lui era stato piacevole, quello poteva essere il primo passo per tornare ad essere una persona socievole.
-È occupato? – chiesi avvicinandomi.
Lui mi guardò. Questa volta il suo viso mi colpì molto. Non avevo mai visto un ragazzo con la pelle così perfetta, con la carnagione così delicata.
Sembrò pensarci un po’ prima di riconoscermi.
-Ah, Hakyeon, accomodati pure. –
Si ricordava il mio nome, che strano.
Mi sdraiai al suo fianco sull’erba. Lui aveva ripreso ad osservare il cielo ed anch’io lo feci.  
Era una giornata serena, dove l’azzurro si estendeva ovunque come un velo sottile. Delle piccole nuvolette tonde galleggiavano nell’aria ed era uno spettacolo guardarle spostarsi e cambiare lentamente forma. Alcune si allungavano, altre si stringevano e si allontanavano proseguendo senza guardare indietro.
Mi domandai se le nuvole, che sembravano così felici ed incuranti del mondo, ci stessero guardando. Chissà come apparivamo loro e cosa stavano pensando sul nostro conto.
Mi rilassai così tanto da riuscire a pensare solamente al cielo e alle nuvole. Mi sentii svuotato da tante preoccupazioni e tormenti.
Per essere una giornata invernale, l’aria era tiepida ed il cielo sembrava primaverile. Un tempo simile era come un regalo inaspettato. Alcuni giorni prima aveva piovuto molto forte, per questa motivazione l’erba era ancora umida e fresca.
-Ti stai annoiando? – mi chiese Leo dopo quasi dieci minuti.
-No, no, mi sto rilassando. –
Lui sorrise.
-Si, rilassa anche me questo tempo. –
La sua voce era di tonalità bassa e parlava in modo lento e tranquillo. Mi piaceva il suo modo di parlare, non mi sentivo giudicato.
Le sue gambe erano davvero lunghe, le osservai attentamente. I jeans le avvolgevano perfettamente, come se fossero stati creati apposta per le sue gambe. Guardai i miei pantaloni e notai le grosse pieghe e compresi che esistono persone che sanno vestirsi in maniera impeccabile ed altre no.
Iniziammo a parlare casualmente di tante cose, prima della forma delle nuvole, poi dei biscotti che gli avevo offerto, poi delle lezioni.
In ogni discorso riuscii a parlare senza preoccuparmi troppo di cosa dicessi, era tanto che non mi capitava. Ero sempre stato molto attento a quel che dicevo, misuravo sempre molto attentamente le parole, solamente con HongBin mi era capitato di parlare senza pensarci troppo su. Ed ora accadeva nuovamente con lui. Fu una strana sensazione, qualcosa di caldo e dolce. Un po’ di nostalgia tramontò  nel mio cuore e mi fermò il respiro.
Senza nemmeno accorgermene ero rimasto in silenzio.
-Sembra che tu stia pensando a qualcosa di molto importante. –
-Si, in effetti è così. –
“Mi starà forse leggendo nel pensiero?” pensai confuso.
-Si vede. –
-Da cosa? –
Lui si sollevò, mettendosi seduto. Potevo osservare la sua schiena e le spalle ampie.
-Quando le persone pensano a cose importanti la luce nei loro occhi cambia decisamente. –
-Non ci ho mai fatto caso. – ammisi.
Iniziò a giocherellare con l’erba, staccandone qualche filo e facendolo scorrere tra le dita.
“Questo ragazzo deve conoscere molte cose sulle persone.” Pensai sorpreso. Io delle persone non comprendevo assolutamente niente, non ero riuscito a comprendere nemmeno l’unico ragazzo che avevo amato.
Mi sarei sentito rincuorato se lui fosse riuscito ad ascoltare davvero i miei pensieri . Non avrei più dovuto sopportare il peso delle mie preoccupazioni da solo. Non conoscevo assolutamente nulla di lui, se non il suo nome, ma avrei tanto desiderato che mi aiutasse a sorreggere il mio grosso carico di preoccupazioni.
In quel momento gli squillò il telefono. Lo tolse dalla tasca e lo osservò.
-Devo andare. – disse incupendosi leggermente.
Si alzò e mi guardò dall’alto. Non avevo mai osservato qualcuno restando sdraiato a terra, o probabilmente, non lo facevo da talmente tanto da non ricordarmene.
Restai ad osservarlo mentre correva via, senza nemmeno salutarlo. Appena se ne andò mi sentii improvvisamente triste. Avrei voluto che Leo fosse restato ancora qualche minuto a parlare con me, mi avrebbe fatto sentire meglio.
Appena mezz’ora dopo il cielo si riempì di grosse nuvole cariche di pioggia e dovetti fare in fretta a tornare a casa. Mentre ero sdraiato sul mio letto mi domandai quando l’avrei rincontrato, avevo un terribile bisogno di parlare con lui, lo sentivo.
Trascorse altro tempo. I miei voti a scuola peggioravano ogni giorno di più. Di studiare non mi importava più nulla, la mia mente era sempre altrove e di quel che dicevano i libri, di guerre, pestilenze o accordi di pace, non riuscivo ad interessarmi.
Se avessi continuato in quel modo i miei voti sarebbero stati quelli più bassi della classe.
-HongBin sei contento? – domandai alla sua fotografia sul mio comodino – È per colpa tua se sta accadendo tutto questo! Solo tua! Se tu tornassi tutto andrebbe per il verso giusto. Cosa ti costa amarmi almeno un po’?  Ti è così difficile? Perché per me non lo è? Perché io ti amo così tanto? Non sono mai riuscito a non amarti, a mettere un freno ai miei sentimenti. Perché per te non è lo stesso? –
A tutte le mie domande non riuscivo a trovare una risposta. Se HongBin fosse entrato in quel momento nella mia stanza, io lo avrei abbracciato e gli avrei perdonato ogni cosa. Non riuscivo a smettere di aspettarlo.
Erano iniziate le vacanze di natale e la scuola era chiusa per qualche giorno. Stavo camminando per le bancarelle del mercatino, in cerca di un regalo per mia madre, quando Leo mi chiamò. Mi venne vicino e mi invitò a bere qualcosa insieme.
Mi portò in una caffetteria al centro. Era un luogo tranquillo, con pochi tavolini e la luce soffusa. Ordinammo una cioccolata calda ed un bubble tea. Mentre aspettavamo che ciò che avevamo ordinato fosse pronto, guardai le vetrine sistemate per natale. Tutta la città era piena di rosso e dorato, era una visione piacevole.
-Scusami se sono scappato così, l’altra volta. – si scusò togliendosi il cappotto.
-Figurati. – gli sorrisi – Hai sempre molto da fare tu, non è vero? –
Si sfilò anche la sciarpa, lasciando scoperto il collo sottile.
-Diciamo che la mia fidanzata è molto ossessiva… -
-Ohh hai una fidanzata! Da quanto state insieme? –
Sistemò la sciarpa ed il cappotto sul retro della sedia, stando ben attento che non cadesse.
-Non da molto, in realtà. –
Compresi da come rispondeva che non adorava parlare di quell’argomento. Non ne conoscevo il motivo, ma sembrava molto strano. Tutte le persone innamorate che avevo conosciuto nella mia vita, avevano sempre adorato parlare del proprio fidanzato o fidanzata.
Arrivarono la mia cioccolata e la sua bubble tea. Bevendone il primo sorso scoprii che non era buona come speravo. Non c’è cosa peggiore di un cibo che delude le proprie aspettative. Anche questa volta ci fermammo a lungo a parlare di vari argomenti. Parlavamo di tutto quello che ci veniva in mente e, appena il discorso si era esaurito, ne iniziavamo un altro.
Era stata una vera fortuna averlo incontrato. Se avessi continuato ad allenarmi, a distanza di poco tempo sarei nuovamente riuscito a parlare con le altre persone come facevo prima. Leo era il mio metodo di riabilitazione.
Non utilizzava molte parole, le sue risposte erano per lo più coincise ed essenziali. Ma questa sua particolarità mi piaceva. Io avevo sempre utilizzato frasi lunghissime per spiegarmi, lui riusciva ad essere chiaro con molte meno parole di me. Era senza ombra di dubbio un pregio.
Scoprii che Leo era molto bravo a scuola, ma che non aveva molti amici.
-Sembra che alle persone non piaccia molto. – mi spiegò.
“Le persone non capiscono proprio nulla.” Pensai mentre continuavamo a parlare. Se avessi avuto un compagno di classe come lui, il mio rapporto con le altre persone sarebbe stato certamente diverso. Era stata una sfortuna che non fossimo stati assegnati alla stessa classe, in fondo mi dispiaceva.
Io e Leo ci incontrammo anche il giorno dopo. Avevo comprato per lui un pensierino di natale, un piccolo campanello dorato che avevo visto su una bancarella che mi era piaciuta molto.
Ci incontrammo in un ristorante di cibo tradizionale. Anche lui mi aveva portato un pensierino per natale. Mi diede un pacchetto rosso, chiuso con un grosso fiocco nero. Appena lo aprii trovai un piccolo prisma di vetro.
-Serve per creare gli arcobaleni. – mi disse.
Era un pensiero originale, di cui rimasi molto colpito.
Ordinammo vari piatti e mangiammo tanto, senza mai smettere di parlare.
-Domani sarà natale, farai qualcosa di speciale? – mi chiese divorando la sua porzione di kimchi.
-Nulla di particolare, starò con la mia famiglia. E tu? Uscirai con la tua ragazza, immagino. –
-Si, è probabile. –
Ogni piatto era più buono dell’altro, veniva voglia di assaggiare tutto il menù. Leo ordinò quattro bottiglie di soju e le bevemmo tutte d’un fiato.
Dopo aver bevuto ero decisamente più spigliato.
-Sembra che non ti faccia piacere parlare della tua ragazza. –
-In effetti è così. –
-Come mai? –
Bevve un altro bicchiere, barcollò un pochino prima di posare la bottiglia sul tavolo.
-Posso dirti un segreto? –
L’alcol doveva aver fatto effetto anche sulla sua riservatezza.
-Si, dimmi pure. –
-Ecco, lei non mi piace affatto. –
La sua frase mi colpì davvero. Restai qualche minuto in silenzio a guardarlo bere. Perché mai si stava ubriacando assieme ad uno sconosciuto?
Una volta mi era capitato di leggere una certa teoria che sosteneva che quando le persone si ubriacano insieme a qualcuno è perché hanno fiducia di lui. Se quella teoria aveva ragione dovevo esserne lusingato. Forse Leo iniziava a vedermi come un amico.
-Perché ci stai insieme, allora? –
Mi guardò dritto negli occhi. Mi accorsi che fosse la prima volta che accadeva. Non ci eravamo mai guardati così a lungo. Il suo sguardo non mi era famigliare, eppure, avevo voglia di continuare a guardarlo.
-Vuoi che ti dica la verità? –
-Si –
Bevve un altro sorso. Il suo corpo non reggeva quasi più.
-Non lo so nemmeno io. –
Quando la serata terminò io ero più ubriaco ci lui. Aveva bevuto decisamente più lui, ma io non ero abituato all’alcol e mi bastava qualche bicchiere per non riuscire a reggermi più in piedi. Mi aiutò a tornare a casa, sorreggendomi, per evitare che cadessi.
Per strada non disse niente, fu molto attento a non farmi cadere e a non stringermi troppo forte per non farmi male.
-Dove abiti? – mi chiese appena usciti dal centro.
Gli dissi il mio indirizzo e lui mi aiutò a raggiungerlo a piedi.
Mi lasciò davanti al portone di casa.
-Ora ti lascio qui. Non far vedere ai tuoi genitori che sei così ubriaco. Dì che sei stanco e va in camera a dormire, capito? –
Non ricordo nemmeno se annuii o meno.
Lui suonò il campanello  e si nascose dietro il muretto in fondo al viale. La porta si aprì, salutai mia madre e salii in camera, accesi le luci e mi affacciai alla finestra, solo in quel momento, dopo avermi salutato con la mano ed avermi sorriso, se ne andò.
 Trascorsi il natale a casa con la mia famiglia, cucinando e mangiando tutto il tempo. Quando tornai in camera dopo la cena, vidi che Leo mi aveva scritto un messaggio.
“Non domandarmi dove ho preso il tuo numero perché è un segreto” scriveva “come stai? Ti sei ripreso?”
Gli telefonai per ringraziarlo della sua gentilezza, ma mi rispose la sua fidanzata. Aveva una voce giovane, doveva avere qualche anno in meno di noi. Mi spiegò che Leo era andato a comprare da bere.
-Va bene, digli che lo ringrazio per il messaggio e che sto bene. –
-Certo. –
Sapevo che la sua ragazza non gli avrebbe detto che avevo chiamato, ma non era colpa mia. Mi sarebbe piaciuto se fosse stato lui a rispondermi, ma non era accaduto.
Attesi fino a notte fonda che HongBin mi mandasse gli auguri, come era solito fare, ma i suoi auguri non arrivarono. Mi addormentai pensando a lui e a quanto mi mancassero i suoi messaggi e le sue attenzioni.
-Tanti auguri amore mio – bisbigliai, chiudendo gli occhi.
 
In quei giorni io e Leo uscimmo spesso insieme. Ci incontrammo la maggior parte delle volte per caso e finimmo sempre con il prendere qualcosa insieme da qualche parte. L’atmosfera rilassata delle vacanze natalizie era lo sfondo perfetto per la nostra amicizia appena nata. Mi spiegò che a natale la sua ragazza era voluta andare ad un concerto e che lui si era annoiato a morte ma aveva preferito non dirle niente.
-Ti saresti divertito di più a prendere un caffè insieme a me? – gli domandai scherzando.
Lui mi guardò serissimo.
-Si, in effetti si. –
Iniziammo a camminare lungo il corso e a guardare le vetrine dei negozi. Ci fermammo di fronte ad una vetrina di strumenti musicali. Lui iniziò a spiegarmi la differenza tra i diversi modelli di chitarra esposti. Riusciva a riconoscerne il legno e lo spessore semplicemente guardandoli. Per me che non ne sapevo nulla di strumenti musicali, fu interessante ascoltarlo.
L’argomento lo interessava davvero molto.
Continuammo a camminare incontrammo altre diverse vetrine. Poi iniziò a scendere dal cielo qualche fiocco di neve. Si era fatta sera e poche persone erano rimaste ad occupare le strade.
-Ora sai della mia deprimente storia d’amore, puoi raccontarmi la motivazione che ti rende così malinconico, se vuoi. –
-Non saprei da dove iniziare… -
-Inizia e basta. –
Non avevo mai parlato a nessuno della mia storia con HongBin, farlo con lui sarebbe stato un punto di svolta.
-Ero al secondo anno quando mi innamorai di un ragazzo che conoscevo da poco. Ci eravamo incontrati grazie ad amici comuni ed eravamo andati un paio di volte al cinema insieme. – raccontai – Mi era simpatico e con lui riuscivo a rilassarmi, ad essere pienamente me stesso. Non mi preoccupavo di cosa pensasse di me, sapevo che potevano essere solo pensieri positivi. Per la prima volta nella mia vita ero sicuro di me, del mio modo di essere, di parlare, di pensare. –
Lui mi ascoltò attentamente.
-Quando mi baciò per la prima volta mi venne la febbre. Ero soltanto un ragazzino e non credevo che questo tipo di cose potesse essere così…bello.  Da quel momento in poi tutto fu come una specie di sogno. Lo amavo davvero, sai? Ed anche lui amava me, ne sono certo. Riusciva a farmi sentire così forte e felice, non so come spiegarlo a parole ma era così. –
-Dev’essere stato bello –
-Si, lo è stato. Ma poi è finito tutto. Tutto quello che lentamente avevamo costruito è finto, distrutto, spazzato via come un castello di carte. Lui non ha nemmeno cercato di rimediare, mi ha semplicemente comunicato che non mi amava più, non come avrebbe dovuto. –
-Cosa avrebbe dovuto fare? –
Mi strinsi nel cappotto. Una follata di vento stava soffiando proprio verso di noi.
-Avrebbe dovuto amarmi ancora per un po’ –
-Non saresti mai riuscito a lasciarlo andare, se ti avesse amato ancora per un po’ o se avesse finto. –
-Probabilmente è vero, ma sarebbe stato così male? –
Leo continuò a camminare, senza rispondermi. In effetti, ogni risposta sarebbe stata superflua.
 A capodanno non ci incontrammo. Lui era uscito con la sua fidanzata ed io ero restato a casa da solo, dicendo ai miei genitori che sarei uscito per andare ad una festa.
Passai la serata a bere ed ascoltare musica. Preso da troppa enfasi piansi anche. Da quando avevo raccontato di HongBin a Leo mi sentivo strano. Non avevo più un segreto, qualcosa che conoscessi soltanto io e per la quale soffrissi solamente io. Era stato un bene parlargliene, doveva capire che poteva fidarsi di me.
Mi addormentai prima della mezzanotte e mi svegliai  quando era già l’anno nuovo.
Qualche giorno dopo ricominciò la scuola ed io e Leo iniziammo ad incontrarci anche al mattino. Finalmente iniziavo a star meglio. Anche lui notò che ero più spigliato ed allegro.
-Sembra che tornare a scuola sia stato un toccasana per il tuo umore. – scherzò lui.
 -Oh si, non sai nemmeno quanto. – risi io.
Gennaio finì ed arrivò il mese degli innamorati. In quel periodo a scuola ero molto impegnato ed io e Leo ci eravamo sentiti soltanto qualche volta per telefono. I miei voti stavano migliorando, il che mi dava una certa soddisfazione.
Entrai nella squadra di baseball per distrarmi un po’ ed il mio fisico ne giovò parecchio. Stavo crescendo a vista d’occhio ed ogni giorno potevo notare un nuovo cambiamento. Se la mia trasformazione fosse proseguita a quella velocità, presto le persone che mi conoscevano prima non mi avrebbero più riconosciuto.
Mi sentivo come un bruco che cercava di aprire il suo resistente bozzolo. Appena sarebbe arrivato il momento, avrei rivisto la luce del sole e la mia metamorfosi sarebbe arrivata al suo compimento. Non sapevo quale sarebbe stato il risultato finale della mia trasformazione, ma il fatto che stesse accadendo mi emozionava moltissimo.
Una domenica mattina decisi di andare a trovare Leo. Era parecchio che non ci vedevamo e sentivo il bisogno di fare una chiacchierata con lui. Arrivai di fronte a casa sua e gli telefonai. Dopo una decina di squilli non ancora si decideva a rispondere.
Pensai che fosse stato un errore aver fatto tutta quella strada senza nemmeno avvertirlo. Ero sul punto di andar via, quando la porta si aprì.
La sua casa era spaziosa ed ordinata, abitava da solo già da un paio d’anni e non sembrava cavarsela affatto male. Entrai nell'ingresso, mi tolsi le scarpe ed il cappotto e li riposi nell’armadietto.
-Scusami se sono venuto così all’improvviso. – dissi salendo le scale.
Leo si era sdraiato sul divano del salotto e stava fumando una sigaretta. Non disse nulla, continuò a guardarmi, prima assorbendo un po’ di fumo e poi buttandolo fuori con la bocca.
-Sei venuto nel momento giusto. –
Mi inginocchiai a terra, di fronte a lui. Il pavimento era tutto di legno e la casa era particolarmente calda.
- È forse successo qualcosa? – chiesi preoccupato.
-Nulla di grave, in fondo. –
Spense la sigaretta nel posacenere e si inginocchiò anche lui a terra.
-Io e la mia fidanzata ci siamo lasciati. – disse, senza aggiungere nient’altro.
L’espressione del suo viso era decisamente strana, non sembrava sorpreso o troppo dispiaciuto. In effetti, era una espressione completamente diversa da quella che avevo io il giorno in cui HongBin mi lasciò.
-Non sembri molto sorpreso. –
-Non lo sono affatto, in effetti. Sapevo che sarebbe accaduto molto presto, non potevo pretendere troppo da lei. Ma è strano, non credi? –
Accese un’alta sigaretta e se la mise tra le labbra.
-Io non fumo nemmeno! Mi fa schifo il fumo, ma oggi mi è venuta una voglia pazzesca. Ne avrò accese talmente tante che non mi sento nemmeno più i polmoni. –
Non avevo mai sentito di nessuno che per amore di qualcuno si intossicava di sigarette.
-Credo che questo sia un tipo di reazione. –
-Una strana reazione che preferirei non avere. In questo momento vorrei che non me ne importasse assolutamente nulla. Ed invece sono arrabbiato. Non so neanche io il perché! Non sono mai voluto stare con quella ragazza e solo il pensiero di passare altro tempo con lei mi fa salire l’angoscia, ma non riesco a non essere arrabbiato. –
Sorrisi. Leo era davvero una persona strana.
Anche lui mi sorrise e ridemmo entrambi.
Nella sua cucina preparai del brodo di alghe e delle verdure saltate. Mangiammo insieme seduti sul pavimento.
-Adesso sei libero, quindi? –
-Esattamente. –
-Molte persone saranno felici di saperlo, per te non sarà difficile trovare una degna sostituta. –
Leo bevve il brodo con foga, come se non mangiasse da giorni interi.
-Sinceramente non mi interessa. –
Avevo detto la tipica frase che si dice a qualcuno quando viene lasciato. Me l’avevano detta tante volte, ma io di degni sostituti non ne avevo mai incontrati.
-È perché sei innamorato di qualcuno? –
Leo tossì imbarazzato.
-Insomma, siamo amici, ormai. Puoi raccontarmi questo tipo di cose. Sono molto riservato quando qualcuno mi fa una confidenza, te lo assicuro. –
Leo ci pensò molto prima di rispondermi. Poi accese la radio e scelse della musica rilassata, da ascoltare a basso volume.
-Non so se sia il caso di parlartene. –
-Perché? –
-Bhe… non so se le farebbe piacere se te lo dicessi… -
-Allora c’è questa “lei”? ne sei innamorato? –
-Mi piace molto. –
Provai ad immaginare che tipo di ragazza fosse. Doveva essere innanzitutto molto bella, magari con dei bei capelli ed un portamento elegante. La ragazza perfetta per Leo, così com’era disegnata nella mia mente, era molto simile ad una modella o ad un’attrice. Probabilmente non esistevano ragazze così belle al mondo.
-Ma ti prego di non chiedermi altro, appena ci saranno delle novità te ne parlerò io. –
-Va bene, come vuoi tu. Ma sappi che prima o poi vorrò vederla! Sono curioso. –
Il giorno di San Valentino incontrai HongBin con il suo nuovo fidanzato. Era un ragazzo di qualche anno in meno di noi, ma era quasi più alto di me. Ci incontrammo per caso mentre tornavo da scuola. HongBin mi riconobbe e si avvicinò per salutarmi.
Aveva cambiato pettinatura ed anche il suo modo di vestire era più curato. Restai colpito dal cambiamento. Mi parve di trovarmi di fronte ad uno sconosciuto. Io e HongBin avevamo trascorso molti mesi lontani ed era stato un periodo davvero duro per me. Anche se lui credeva che fosse bastato essere sincero per lasciarci senza rancori, per me non era stato così. Il semplice fatto che avesse deciso di non far più parte della mia vita mi faceva infuriare.
Avrei voluto gridargli in faccia :”Ehi, stupido! Ma ti rendi conto che hai rovinato tutto?” ma non dissi niente. Continuai a parlargli ostentando tranquillità ed allegria.
 -Lui è Hyuk. – disse presentandomi il ragazzo al suo fianco.
Lui, visibilmente imbarazzato, mi salutò con un inchino. Era senza dubbio un ragazzo molto carino.
HongBin mi parlò con la sua solita gentilezza, esibendo il suo meraviglioso sorriso. Più lo guardavo più sentivo che una parte di me si era definitivamente allontanata da lui. Ogni parola che diceva sembrava che i miei ricordi diventassero sempre più trasparenti.
La persona che lo aveva amato con tutto il suo cuore era diversa da me, ora. Mi bastò parlarci per così poco per comprenderlo.
Quando HongBin e Hyuk mi salutarono mi sentii svuotato. Continuai a camminare per la città fino a notte fonda, quando decisi di chiedere a Leo se poteva ospitarmi per la notte.
Lui mi preparò un futon ed un thè caldo. Mi fece sdraiare con la testa sulle sue gambe. Lasciò che piangessi quanto volessi senza chiedermi assolutamente nulla. Aspettò che mi addormentassi e restò seduto in salotto insieme a me tutta la notte.
Il mattino seguente mi feci la doccia nel suo bagno e mi prestò i suoi vestiti puliti. Aveva le gambe decisamente più lunghe delle mie ed i suoi pantaloni mi andavano leggermente stretti. Indossava solo abiti firmati e costosi, dai tessuti particolarmente ricercati.
Uscimmo insieme di casa quando era ancora notte ed andammo a fare colazione insieme.
Dopo quel giorno iniziammo ad incontrarci quasi tutti i giorni dopo scuola. Quando gli raccontai di essere stato così male perché avevo incontrato HongBin ed il suo nuovo fidanzato, lui si preoccupò molto.
-Quel ragazzo deve ancora avere una forte influenza su di te. –
-No, non credo che sia più così. La ferita si sta rimarginando, ormai. Non sono neanche più sicuro di ricordare come fosse condividere la vita con lui. Pian piano i ricordi si affievoliranno ed io vivrò in pace. –
-Spero per te che questo momento arrivi presto. –
Leo era diventato il mio migliore amico, l’unica persona con cui adorassi trascorrere del tempo e di cui mi interessasse il parere. Finalmente riuscivo a fidarmi completamente di lui, ad aprirmi almeno un po’. Se non l’avessi incontrato non so cosa avrei fatto. La mia vita avrebbe perso molto senso e significato, ne ero certo. Di questo, però, preferii non parlargliene. Se avesse saputo quanto era diventato importante per me, si sarebbe sentito caricato di un peso troppo grande che non volevo affatto addossargli.
Se avesse conosciuto la grandezza del vuoto che mi portavo dentro avrebbe avuto paura di esserne risucchiato. Se avesse saputo che i miei sentimenti erano così pesanti da sopportare, avrebbe avuto paura del loro peso e mi avrebbe abbandonato. Non poteva accadere. Non potevo permettermi di perderlo.
Dovevo resistere e fargli credere di sentirmi meglio e lasciarmi guarire dalla sua compagnia. Questa era la mia unica volontà, in fondo.
Nessuno mi aveva mai scombussolato così come era stato capace di fare il mio primo amore. Probabilmente ero una persona troppo debole per resistere agli spintoni della vita, o semplicemente, avevo il costante bisogno di farmi sorreggere da qualcuno.
Avrei voluto stringere forte Leo ed implorargli di non farmi cadere. Se mi fossi fatto male un’altra volta, non sarei più riuscito a mettermi in sesto.
Le parole non sarebbero bastate a spiegare tutto questo a Leo e non sarei riuscito a spiegarmi in modo adatto. Non riuscivo mai a dire le cose come avrei dovuto, era un mio grande limite. Non potevo rischiare di lasciare allo scoperto questi pensieri, dovevo imparare ad essere forte grazie a lui.
-Hakyeon, devo parlarti di qualcosa di molto importante… - mi spiegò una sera lasciandomi entrare in casa sua.
Ci inginocchiammo a terra e lui mi prese le mani, stringendomele. Era la prima volta che faceva una cosa del genere, ne rimasi colpito. Le sue mani erano calde e grandi. Adoravo i ragazzi con le mani grandi, mi davano la sensazione di poter stringere la mia vita tra le loro mani.
-So quello che stai passando e, magari io non posso capire come ti senti perché non ho mai amato nessuno tanto quanto hai fatto tu, ma… -
La sua voce tremava leggermente ed ascoltarla era come sentire il rumore del vento.
-Se io ti chiedessi di aprirmi il tuo cuore, tu mi lasceresti entrare? –
Chiusi gli occhi e respirai lentamente.
-E la ragazza che ti piace? –
-Ma come, Hakyeon, non capisci? Quella ragazza sei tu, mi piaci tu. –
Mi alzai. Mi tremavano le gambe e non riuscivo a reggermi in piedi.
Senza neanche sapere la motivazione iniziai a piangere.
Leo restò inginocchiato a terra a guardarmi. Non mi aveva mai guardato in quel modo, forse non me ne ero mai accorto.
Afferrai le scarpe ed il cappotto e, senza nemmeno indossarlo, uscii fuori di casa sua. Le strade erano piene di neve ed alcuni fiocchi sottili continuavano a scendere dal cielo. Camminai senza nemmeno accorgermi di non aver allacciato le scarpe e, barcollando, raggiunsi la fermata dell’autobus. Mi lasciai cadere sulla panchina. Il ferro era talmente freddo da congelarmi le mani.
Leo mi raggiunse. Sentii il rumore dei suoi passi che calpestavano la neve.
-Aspetta Hakyeon, fa freddo qui, rientriamo a casa, per favore. –
Non avevo voglia di rientrare né di parlare, mi sentivo confuso e pieno di pensieri.
“Quanto male posso avergli fatto pensando ad HongBin per tutto questo tempo?” pensai sentendo la mente completamente offuscata. Sembrava che mi girasse la testa, non riuscivo a capire come mi sentivo.
Leo mi strinse un braccio e mi guardò dritto negli occhi. Il suo sguardo era caldo come le sue mani.
-Hakyeon, mi dispiace. Ti prego, rientriamo. – mi pregò ancora.
Anche lui era uscito senza coprirsi e stava tremando come una foglia. Una piccola foglia trascinata da un vento impetuoso.
-Per cosa ti dispiace? –
-Per quello che ti ho detto, scusami. Rientriamo, per favore. –
L’autobus arrivò di fronte alla fermata, arrestandosi facendo un gran rumore, non avevo neanche il biglietto.
-Io…devo andare… - balbettai confuso.
Salii e mi accomodai ad un posto. Non ricordo nemmeno quanto piansi lungo il tragitto, mi sentivo un pessimo amico.
Leo mi telefonò quella sera ma io non gli risposi. Quella notte non riuscii nemmeno ad addormentarmi. Era come se il mio letto fosse il più scomodo del mondo. Non riuscivo a pensare ad altro che a lui, ai momenti che avevamo passato insieme e ai bei discorsi che avevamo fatto.
Leo si era innamorato di me. Perché io?
Lui era una persona stupenda, la migliore che avessi mai incontrato nella mia vita. Avrei voluto chiedergli di innamorarsi di qualcuno di migliore, senza tutti questi problemi. Di qualcuno che riuscisse ad amare senza avere paura. Io, per il momento, non ci riuscivo.
Mi sentivo come se fossi destinato ad avere sempre paura di amare. Avrei voluto alleggerirmi almeno un po’ e lasciarmi andare. Era da tanto che mettevo un freno tra me ed il mondo. Avrei voluto scivolare in caduta libera senza preoccuparmi più di nulla.
Quando finalmente gli risposi al telefono la sua voce mi sembrò davvero stanca.
-Senti Hakyeon, per quello che ti ho detto… dimenticati di tutto, non importa. Davvero, non dicevo sul serio. Ho parlato senza pensarci nemmeno, te lo giuro. Non voglio che tu stia male per quella cosa, sono uno stupido, ti chiedo di perdonarmi. –
 Dopo la sua telefonata mi salì la febbre, come mi accadeva sempre quando mi agitavo troppo per qualche ragione. Passarono tre gironi, prima che lei passasse a trovarmi a casa. Lo lasciai entrare nella mia stanza e gli offrii qualcosa da bere. Inizialmente nessuno dei due sapeva cosa dire. Non avrei voluto che Leo mi desse così poco tempo per pensare. Se avessi avuto qualche giorno in più avrei potuto pensare un bel discorso, qualcosa di giusto da dire. Mi sentivo talmente agitato da non riuscire a pensare.
Osservò il prisma che mi aveva regalato, lo avevo lasciato sulla mia scrivania. Lo strinse tra le mani ed accese la lampada. Lasciò che la luce filtrasse sulla sua superficie ed un piccolo arcobaleno si proiettò sul pavimento. Io e lui restammo in silenzio a guardarlo. Non avevo mai visto un arcobaleno così bello ed era proprio lì, dentro la mia stanza. Era nato dal piccolo prisma che stringeva fra le dita.
-È incredibile che la natura abbia creato cose del genere. – dissi con lo sguardo rivolto verso la piccola meraviglia – Da una giornata di pioggia può nascere qualcosa del genere, così piena di colori e vita. Sarebbe bello se i momenti brutti fossero come delle giornate di pioggia e che le persone che amiamo fossero come un arcobaleno. Sarebbe tutto più semplice, non credi?–
Lui sollevò lo sguardo e mi guardò.
I suoi occhi iniziavano a farmi uno strano effetto.
Spense la lampada e l’arcobaleno scomparve. Dalla finestra provenivano dei tuoni.
-Vorrei che dimenticassi definitivamente quello che ti ho detto qualche giorno fa. – disse tutto d’un fiato.
Io annuii.
-Probabilmente non sarei dovuto venire a disturbarti qui ma…avevo bisogno di essere sicuro che non ci pensassi più. –
-Solo alle cose poco importanti non ci si pensa, Leo. –
-Ed anche quello che ti ho detto non è importante –
Leo si alzò ed aprì la porta.
Gli afferrai un braccio e lo strinsi forte. Stavo toccando lui, soltanto lui.
-Si che è importante Leo, è importantissimo. –
Si voltò e mi guardò. Non potevo più evitare il suo sguardo, dovevo accoglierlo in pieno nel mio. Senza nemmeno accorgermene, avevo iniziato a tremare.
Leo accarezzò il mio viso. Stavo tremando sempre più forte.
-Sei sicuro di volerti fidare di me? Sei sicuro di voler lasciar morire quello che provi per lui?–
Mentre annuivo una lacrima mi rigò la guancia.
Sorrise timidamente, senza credere che avessi accettato.
Chiusi gli occhi e Leo mi baciò. Fu un bacio lungo e lento, che assaporai come se fosse un sogno, come se potessero non venirne altri.
Appena Leo si divise mi diede un altro piccolo bacio.
Stavo tremando così tanto che mi abbracciò. Mi strinse forte a sé e mi impedì di cadere.
Quello che sentivo nel mio cuore era confuso e rumoroso. Non ricordavo che fosse così innamorarsi di qualcuno. Era come se il ghiaccio attorno al mio cuore iniziasse a sciogliersi.
-Voglio fidarmi di te – dissi continuando a tremare come un bambino.
Leo mi strinse più forte ed aspettò che mi calmassi. Non sarei mai riuscito a dirgli a parole quanto gli fossi grato.           
 
Grazie per aver letto la mia Fanfiction =w= è la prima che pubblico nella sezione Vixx e ne seguiranno altre!! Non siate timidi con i commenti e dite tutto quello che pensate. Alla prossima Fic <3
-Autrice

 
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > VIXX / Vai alla pagina dell'autore: Love_My_Spotless_Mind