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Autore: PrincipessaLes    29/12/2013    3 recensioni
Vi è mai capitato di pensare che siete nati nel posto sbagliato, nel tempo sbagliato…nel mondo sbagliato? Se l’avete pensato almeno una volta, potete capire benissimo come si sente Celeste. Vi siete mai sentiti fuori posto, come se foste intrappolati nella vita di qualcun altro, che non si adatta per niente a voi? Se almeno una volta vi siete sentiti così, sapete benissimo come si sente Sandro.
Appartengono a due mondi opposti, Celeste e Sandro, ma non sanno quanto in realtà si somigliano. Entrambi hanno un chiodo fisso, una meta da raggiungere: la libertà. Per Celeste, libertà da un ruolo che sente terribilmente lontano da sé e per cui lei sarà sempre inadatta, da tutte quelle regole che soffocano sempre più il suo spirito ribelle. Per Sandro, libertà dai luoghi comuni che fatica sempre più a sopportare e che lo rendono un’eccezione alla regola, da quella mentalità ristretta che porta gli altri ragazzi a considerarlo debole e strano.
La libertà: un sogno da rincorrere , un obbiettivo da raggiungere , un motivo per cui lottare. Lottare per la libertà, non solo per la propria, perchè sentirsi sbagilati è un buon motivo per lottare per un mondo più giusto.
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Una musica allegra e briosa si diffuse nell’aria e diverse coppie occuparono la pista. Erano soprattutto ragazzi e ragazze, i giovani del paesino, che quella sera si stavano certamente divertendo molto.
Loro possono ballare con chi vogliono, fare quello che vogliono, pensò Celeste, io invece posso solo starmene qui in un angolo a guardarli e immaginare come potrebbe essere divertente essere una di loro. Loro sono solo dei poveri contadini, che si guadagnano il pane ogni giorno con fatica, montanari senza arte né parte, che a dieci anni devono già cominciare a lavorare per poter vivere. Io per loro sono la “signorina Celeste”, quella che arriva ogni tanto dalla città e qui ci sta solo per le vacanze, quella che, probabilmente, molte di queste ragazze invidiano perché indossa bei vestiti e vive in una grande casa elegante, piena di tutte le comodità che loro possono solo immaginare.
Mi invidiano, ma non sanno niente di me. Non lo sanno, loro, che cederei volentieri tutti questi privilegi per potermi divertire come fanno loro ora, per poter festeggiare così per un sera, anche solo per qualche ora. Se una di loro potesse per magia essere portata al posto mio, vivere la mia vita anche solo per un giorno, forse non mi invidierebbe più così tanto. Non possono nemmeno  immaginare che covo di serpi sia il mondo dei ricchi. Tutte quelle regole rigide, quelle antiquate convenzioni che sono obbligata a sopportare, tutta la falsità che mi circonda, in un mondo in cui tutti sono abituati a fingere... Sarei più contenta di vivere in una catapecchia cadente e vestirmi di stracci, ma poter essere libera come loro, invece il destino mi ha fatta nascere in un mondo che non potrà mai accettarmi e a cui io non riuscirò mai ad adattarmi completamente.
Era tutto più facile quando lei era piccola, quando suo padre non era ancora stato contagiato completamente dalle idee rigide e retrograde di quegli uomini che pian piano stavano plasmando il Paese a loro immagine e somiglianza. Ora ne era addirittura inebriato, ubriaco di quel potere che certe conoscenze gli permettevano di acquistare…un potere che lo faceva diventare ogni giorno più freddo e distaccato, sempre più fermo nella sua convinzione che fosse giusto comandare la moglie e i figli con il pugno di ferro, imporre senza condizioni le proprie regole in famiglia, così come gli uomini che lui tanto ammirava avevano intenzione di fare in tutto lo Stato.
Celeste e Marzio, il suo fratello minore, ne soffrivano molto, perché nessuno dei due corrispondeva all’immagine di ciò che avrebbe dovuto essere secondo le idee che il padre seguiva. Lui si era imposto di cambiarli radicalmente, trasformarli nei figli ideali e questo obbiettivo era tanto importante per lui da convincerlo che il fine giustificasse qualsiasi mezzo. Quelli che aveva sempre considerato i suoi figli adorati, il suo orgoglio, all’improvviso erano apparsi ai suoi occhi come una completa delusione, il segno vivente del fallimento dei suoi metodi educativi…fallimento che lui era determinato a superare, correggendo con fermezza quelli che considerava i loro errori per trasformarli a qualsiasi prezzo in quello che i suoi nuovi ideali volevano che fossero. Quante lacrime aveva versato Celeste, durante quei confronti con il padre. Poi, quando si era trovata ad asciugare le lacrime del fratello, quel dolore si era trasformato in rabbia. Quando sentiva il rumore sordo degli schiaffi e vedeva il fratello correre fuori dalla stanza per fiondarsi tra le sue braccia, con il viso pesto e gli occhi rossi di pianto, Celeste stringeva i pugni fino a sentire le unghie che le incidevano i palmi. In quei momenti, era fermamente convinta di odiare il padre…lo odiava eppure lui rimaneva sempre suo padre e lei non avrebbe mai potuto smettere di volergli bene e proprio per questo soffriva ancora di più.
Nessuno era a conoscenza di questo, se non sua madre, Lavinia, la sua più cara amica del collegio, e Lorenzo, a cui era legata come a un fratello.
Lorenzo…pensare a lui riportò Celeste alla realtà. Proprio lui si era offerto di accompagnarla alla festa, per permetterle d distrarsi un po’ e respirare dell’aria fresca. Aveva promesso ai genitori di Celeste che si sarebbe preso cura di lei, che non l’avrebbe mai persa di vista…ma, appena si era trovato nel bel mezzo della festa, le aveva indicato un gruppetto di ragazze con le quali era convinto che lei potesse andare d’accordo, consigliandole di provare a parlare con loro, dopodiché si era lanciato alla ricerca di una ragazza che da giorni continuava a nominare, per invitarla a ballare. Celeste non gliene faceva una colpa, in fondo era giusto così, era suo diritto divertirsi. La promessa che aveva fatto ai suoi genitori era solo una formalità, lui sapeva benissimo che Celeste era perfettamente in grado di cavarsela da sola, in fin dei conti aveva già tredici anni, quasi quattordici ormai, non era più una bambina. E poi, le piaceva anche starsene lì in un angolo a guardare e lasciare che i pensieri prendessero il loro corso, per immaginare come sarebbe stato essere al posto di quelle ragazze che ballavano e ridevano spensierate.
I balli vivaci e briosi di quei ragazzi erano così diversi da quelle danze antiquate e rigide che Celeste aveva dovuto imparare fin da piccola, per non sfigurare alle eleganti feste a cui i suoi genitori venivano invitati. Renzo una volta le aveva detto che, in realtà, i balli che lei aveva imparato erano più o meno gli stessi che si ballavano nelle feste di paese, come quella a cui lei stava assistendo. L’unica differenza era il motivo che spingeva le persone a ballare. Nelle feste di paese, il ballo era una pura e semplice espressione delle gioia di vivere delle persone.
Già, pensò Celeste, i poveri ballano solo per il gusto di farlo, perché per loro è una cosa piacevole. Loro non devono imparare tutte quelle stupide regole per poter ballare. Non ne hanno bisogno, in fondo. A loro non interessa che il ballo sia un’espressione di eleganza e raffinatezza e neanche che possa servire come dimostrazione della loro perfetta educazione borghese, così fine e ricercata. Questo succede solo nelle NOSTRE feste…
Apparire, solo ed unicamente apparire…in fondo è solo questo che conta nel mondo dei ricchi. E così, anche il ballo è solo uno strumento per raggiungere questo scopo, per permettere alle eleganti fanciulle e ai raffinati giovanotti della “buona società” per farsi ammirare da tutti e apparire ancora più belli e brillanti agli occhi del ragazzo  o della ragazza che i genitori trovano il più adatto o la più adatta a noi. Anche per questo Celeste odiava quei balli, ma soprattutto non li poteva sopportare perché detestava con tutto il cuore qualsiasi forma di ostentazione la “buona società” potesse considerare utile e necessaria per una ragazza come lei.
Le sarebbe piaciuto poter ballare come facevano quei ragazzi e quelle ragazze…anche un solo ballo le sarebbe bastato per essere felice. Ma non poteva permetterselo, quello NON era il suo mondo e lei poteva solo osservarlo da spettatrice, esattamente come accadeva alle ragazze che lei ora invidiava così tanto e che, a loro volta, sospiravano per entrare a far parte del SUO mondo, perché non sapevano cosa si nascondesse in realtà sotto la patina lucida della ricchezza e dell’eleganza.
Ma non è tutto oro quel che luccica. Questo era quello che Celeste avrebbe voluto dire a tutte le ragazze del paesino, che guardavano al mondo dei ricchi come a un paradiso, fatto solo di lusso e privilegi, in cui feste e abiti eleganti erano il pane quotidiano…un pane amaro per chi, come Celeste, odiava le convenzioni  e la falsità che in quel mondo regnavano sovrane.
La ricchezza rovina le persone, questa era l’unica cosa di cui Celeste fosse completamente sicura: i nobili si credevano superiori agli altri e disprezzavano chi non aveva un titolo, gli “altri”, cioè i borghesi arricchiti, come il padre di Celeste, invidiavano i nobili perché avrebbero voluto raggiungere posizioni importanti come le loro e per ottenerle erano disposti a qualsiasi compromesso. Inseguivano il potere con ogni mezzo possibile e dimenticavano ogni scrupolo di coscienza pur di raggiungere il loro obbiettivo. Questo Celeste aveva potuto sperimentarlo di persona, vedendo la trasformazione di suo padre, a cui lei e la madre avevano assistito impotenti e disgustate. Crescendo, Celeste aveva capito che, avvicinandosi ai palazzi del potere, suo padre aveva imboccato una strada senza uscita e questa consapevolezza le provocava ogni volta un brivido.
Quante volte aveva desiderato di avere dei poteri magici che le permettessero di riavvolgere il nastro, far andare il tempo a ritroso, per arrestarlo a quel tempo felice che avevano vissuto prima che il padre si avventurasse lungo quella via oscura. Quanto bene avrebbe portato una tale possibilità alla loro famiglia…ma era un desiderio impossibile da realizzare, Celeste lo sapeva fin troppo bene.
Lo sapeva da sempre: nessuno può reinventare il passato, gli eventi non possono essere cancellati e riscritti a proprio piacimento. Tutti vorrebbero poter scegliere il proprio destino, ma non tutti possono farlo, perché a volte, anzi fin troppo spesso, è il destino che sceglie per noi.
 
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“Scommetto che anche tua sorella si è trovata un  cavaliere in quattro e quattr’otto e ha fatto in fretta a dimenticarsi di te.”
Una voce cordiale e affabile distrasse Sandro dai suoi pensieri. Il ragazzo sorrise, vedendo chi gli aveva parlato. Tra tutti i ragazzi più grandi, Francesco era l’unico con cui lui riusciva sempre a parlare in tutta tranquillità, senza sentirsi fuori posto, come spesso gli accadeva con gli altri.
“Francesco! Ma come, tu non balli? E poi, cosa vuol dire ANCHE mia sorella? Non mi vorrai dire che Angiolina si è trovata un cavaliere così in fretta… E sì che mi sembrava che anche lei avesse imparato da Giulietta, che caccia via chiunque prova a invitarla…”
Francesco scoppiò a ridere di cuore. Il comportamento scostante di Giulietta era diventato ormai proverbiale in tutto il circondario. Era indubbiamente una delle ragazze più belle della zona, parecchi ragazzi avevano provato a farle la corte…e tutti avevano dovuto subire le sue rispostacce. Aveva un carattere molto forte, Giulietta, era una ragazza decisamente fuori dal comune. E lo sapevano bene i corteggiatori più insistenti o i più audaci, quelli che si erano allontanati dalla porta della sua casa con il viso segnato dal suo “marchio di fabbrica”, ossia quei formidabili schiaffi che rifilava in risposta ai complimenti più spinti o alle richieste ripetute troppo spesso. Un solo ragazzo non aveva mai dovuto affrontare  la sua collera: Francesco. Lui e Giulietta erano legati da una forte amicizia fin da quando erano bambini e Francesco diceva sempre che non sarebbe mai riuscito a considerarla in modo diverso da quello. Ed era proprio per questo motivo che Giulietta accettava sempre la sua compagnia.
“Ma magari avesse imparato da lei, mia cugina…così stavolta ci pensava su due volte prima di accettare tutta contenta  l’invito del primo bauscia che viene a chiedere un ballo. Spero solo di averci visto male, perché se quello là è veramente chi penso io…stasera quando torniamo a casa non voglio pensare a come va a finire. ”
Sandro era perplesso. Non aveva mai sentito Francesco parlare così della cugina. L’ultima frase esprimeva una forte preoccupazione, ma il resto del discorso faceva pensare che fosse anche lievemente in collera con lei…e questo non era per niente normale. Era molto legato ad Angiolina e tendeva a perdonarle qualsiasi cosa o, addirittura a fingere di non aver visto nulla quando le faceva qualcosa di sbagliato. Ora, invece, sembrava che avesse visto fiin troppo…
“In che senso non vuoi pensare come va a finire? Ma che cos’ha fatto di così tanto sbagliato, alla fin della fiera?”
Francesco scosse la testa.
“Se ha sbagliato lei, io non lo so di sicuro…spero proprio di essermi sbagliato io, a questo punto. Ma se non è così, poveraccia lei. Cioè, intendiamoci, io non voglio mica fare niente né dire niente a nessuno…ma suo padre è qui comunque. E, se lui la vede, dopo a casa gliela fa lui la festa…com’è vero Dio, la mette a posto per bene. E, se devo essere sincero, non posso neanche dargli torto. Voglio dire, non è che  basta che uno viene una sera a una festa in paese per decidere che è uno di noi. Insomma, se stai con i signori e la pensi come loro, cosa puoi pensare di averci a che fare con noi? ”
Bastò quell’ultima frase perché Sandro capisse cos’era successo. Era chiaro, ora: Angiolina aveva sicuramente accettato l’invito del ragazzo che abitava in quella grande casa antica vicino al bosco, insieme a quei  ricchi signori che venivano in paese solo in villeggiatura. A nessuno in paese piacevano i “signori”, o meglio, nessuno poteva soffrire i modi sgarbati del padrone della villa.
Sua moglie, la signora Costanza, era una persona deliziosa. Pur essendo ricca, e, molto probabilmente, di origine nobile, non disprezzava la gente come loro. Trattava tutti con gentilezza e rispetto, perché lei pensava che tutte le persone fossero uguali tra loro. E insegnava queste cose anche ai suoi figli, o, perlomeno, cercava di farlo, quando il marito non poteva sentirla.
Sì, la “signora” era proprio una brava persona, ma lo stesso non si poteva dire di suo marito. Arrogante e superbo, quell’uomo si era convinto di essere chissà quale personaggio importante e per questo pensava di poter sempre comandare su tutto e su tutti. Si credeva un padre eterno, anche se in realtà era solo il figlio di uno come loro, un povero montanaro che se n’era andato dal paese per non fare la fame e in città era riuscito a far fortuna, nessuno sapeva come, ma molto probabilmente con metodi non particolarmente puliti.
Quell’uomo, però , al contrario del padre, non si era accontentato dei soldi, ma aveva cercato di ottenere molto di più. Si era avvicinato velocemente e pericolosamente ai centri del potere e questo l’aveva reso freddo e sprezzante. Il contatto con la “buona società” l’aveva  spinto a vergognarsi delle proprie umili origini, a rinnegare il passato di povertà del padre. Quando tornava in paese in villeggiatura, si comportava come un gran signore, ostentando in ogni modo la sua ricchezza e i suoi privilegi, per sottolineare in ogni modo la differenza che ora si era stabilita tra  lui e quelli che un tempo erano stati i compaesani di suo padre.
Naturalmente, evitava per quanto possibile di mettere piede in paese, tra quelle persone che ormai considerava inferiori a lui. Avrebbe anche voluto che tutti i membri della sua famiglia prendessero il suo esempio…ma su questo fronte non riusciva proprio ad imporsi. 
La moglie si recava spesso nella chiesetta del paese a pregare e, durante il tragitto, non disdegnava di fermarsi in compagnia della persone che incontrava. A molti di loro era capitato che la signora li fermasse per chiedere come andassero le cose in paese e se ci fosse qualcuno che aveva bisogno del suo aiuto. Tutti volevano bene alla signora Costanza, quasi quanto detestavano suo marito. Quell’anno non si era mai vista per le viuzze del paese: si diceva che fosse gravemente malata. Tutte le donne del paese pregavano per lei, perché non si poteva che augurare ogni bene possibile ad una persona come lei.
Ma la signora non era l’unica abitante della villa che si facesse vedere spesso in paese. C’era anche un ragazzo, un parente del padrone della villa, figlio di un suo cugino, che viveva con loro da qualche anno. Anche lui si vedeva girare per il paese spesso, come la signora, ma lui non era così ben accetto.
Non era superbo e arrogante come il ricco parente, ma ne condivideva molte idee e convinzioni. Soprattutto, condivideva quei principi che in paese non piacevano a nessuno.
Queste idee erano ormai condivise da molti in tutta Italia e, quando avevano cominciato a diffondersi, diversi in quelle zone avevano annunciato che sarebbero arrivati tempi duri.
I contadini della pianura avevano fin da subito aderito entusiasticamente a quelle idee, esaltati dalla prospettiva della ridistribuzione delle terre.  Ma loro erano montanari, che da generazioni potevano possedere solo quei piccoli fazzoletti di terra che la loro tenacia strappava alle colline. Quelle promesse per loro erano solo parole vuote, perché sapevano che nulla avrebbe mai potuto cambiare la loro situazione. Per secoli la loro gente era sempre rimasta fuori da tutti i meccanismi della storia. L’isolamento dei loro paesini li escludeva da ogni cambiamento e questo aveva reso tutti molto fatalisti: erano fermamente convinti che in quelle zone fuori dal mondo nulla potesse cambiare. Ed era proprio il loro proverbiale pessimismo che nel tempo aveva costituito la principale difesa per loro contro gli inganni delle false promesse di novità fatte da chi deteneva il potere. Grazie a questo loro atteggiamento sospettoso, avevano ben presto capito che, dietro alla maschera della vicinanza al popolo, quei discorsi pomposi e pieni di promesse, servivano solo a nascondere il vero volto di un uomo senza scrupoli, che bramava il potere in modo morboso ed era destinato, se nessuno l’avesse fermato, a diventare un terribile dittatore.
Quell’uomo diceva di voler riportare l’Italia all’età dell’oro, ricostruendo ciò che era stato il passato glorioso di un popolo fiero, nobile e coraggioso. La verità però era ben diversa: quei discorsi servivano solo ad incantare la gente per convincere tutti che le idee che lui proclamava fossero le uniche giuste. E questo lo rendeva una minaccia per lo Stato su cui lui voleva assumere il comando, perché nessun uomo può essere più pericoloso di colui che pensa di essere l’unico ad avere la verità in tasca.
 
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Celeste si sentiva pervasa da un’incredibile energia, come se la musica le fosse entrata nel sangue e ora scorresse insieme ad esso lungo tutto il suo corpo. In vita sua, non le era mai capitato di avere una così grande voglia di ballare…ma non poteva fare nulla. Sicuramente, nessuno sarebbe mai arrivato lì ad invitarla. E, anche se fosse successo, lei non avrebbe mai potuto permettersi di accettare l’invito. Renzo non era rigido e inflessibile come suo padre…ma, di sicuro, non sarebbe stato per niente felice di scoprire che lei aveva approfittato a quel modo della sua distrazione. Quante volte le aveva ripetuto, prima che arrivassero alla festa, di non dare troppa confidenza a chiunque le rivolgesse la parola... figurarsi se avrebbe potuto permettersi addirittura di accettare un invito del genere.
Oh, al diavolo Renzo e le sue raccomandazioni, pensò Celeste irritata. In fin dei conti, è stato lui ad abbandonarmi in quattro e quattr’otto…un ballo con la ragazza a cui aveva messo gli occhi addosso per lui è sicuramente più importante che rispettare gli impegni presi con i miei genitori. Se anche gli facessi un piccolo dispetto, non farei nulla d male, anzi se lo sarebbe pienamente meritato. E poi, lui non si è minimamente preoccupato di non dare confidenza, quindi poso permettermi di lasciar perdere anch’io queste convenzioni.
 In fondo, siamo nella stessa situazione, io e Renzo. E io ne ho fin sopra i capelli di questa storia che lui può fare tutto quello che gli pare solo perché è un ragazzo, mentre io, che ho avuto la disgrazia di nascere femmina, non posso fare niente di diverso da quello che mi ordinano o che si aspettano da me. Insomma, che male c’è se mi diverto un po’ anch’io per una volta? Non farei poi niente di così sconveniente, in fin dei conti…
Ma, in fondo, non aveva senso porsi questi problemi: nessuno l’avrebbe mai invitata. Nessuno avrebbe potuto mai fare caso a quella ragazzina che se ne stava in disparte, tutta sola, in un angolo lontano dagli occhi dei più. Del resto, quella era l’unica cosa saggia che lei potesse fare: andare in mezzo alla gente avrebbe significato permettere a chiunque di riconoscerla. E questo avrebbe avuto una sola conseguenza immediata: la fine delle sue speranze di passare una serata tranquilla e serena.  Poter stare finalmente da sola, in pace, lontano da ogni preoccupazione e pensiero negativo, fuori dall’atmosfera cupa e opprimente che ormai regnava sovrana in casa sua…questo era tutto ciò che Celeste desiderava. Per questo era stata così felice di accettare la proposta di Renzo, entusiasta all’idea di passare una sera fuori  di casa.
Celeste si guardò intorno, curiosa di scoprire altre cose interessanti di quella festa, tanto diversa da ogni festa a cui avesse partecipato fino ad allora. Improvvisamente, incrociò lo sguardo di un ragazzo. Doveva avere all’incirca la sua età, se ne stava lì poco lontano da lei, solo come lei. A prima vista, non aveva niente di particolare, che lo distinguesse da tutti gli altri ragazzi che aveva visto quella sera… Non aveva nulla di particolare, ma a Celeste dava l’impressione di essere diverso dagli altri, anche se non sapeva spiegarsene il perchè.
Il ragazzo le rivolse un sorriso strano e Celeste fu certa di essere stata riconosciuta. Ecco, ora sono rovinata, si ritrovò a pensare. Ora tutti sapranno che “la signorina Celeste” è qui. È decisamente arrivato il momento di andare a cercare Renzo e ricordargli che sarebbe ora di tornare a casa…tanto ormai per me è finita la pace. Ma è mai possibile, si chiese con irritazione, che io non riesca mai a starmene in pace e tranquilla per più di qualche minuto? In qualsiasi posto mi trovi, prima o poi deve esserci qualcosa o qualcuno che rovina le mie speranze di tranquillità. Insomma, tutto questo è profondamente ingiusto, cos’avrò mai fatto di così male per meritarmelo?
Avrebbe tanto voluto potersene restare in pace per una sera. E invece, sembrava che anche quello gli dovesse essere impedito. In fondo, l’aveva capito ormai da tempo che la tranquillità non era assolutamente scritta nel su destino. Ormai, aveva sempre un motivo per sentirsi nervosa o più spesso indignata, triste o persino delusa, preoccupata, se non addirittura in ansia. Insomma, lei non era proprio nata per poter restare serena troppo a lungo e di questo doveva imparare a farsi una ragione.
 
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Le voci stranamente concitate dei bambini facevano pensare che qualcosa non stesse andando per il verso giusto. Avevano improvvisamente interrotto i loro giochi per discutere di qualcosa che dovevano ritenere particolarmente importante. Nessuno, a parte loro, aveva ancora capito di cosa si trattasse. Almeno non fino a quando non si sentì una voce che copriva le altre. Richetto, uno dei maschietti più vivaci, alzò la voce per imporre la sua idea.
“Ma quella è una strega, ve lo dico io. Insomma, ma l’avete vista o no come guarda la gente? Avete visto la sua faccia..non sembra per niente buona...  ”
Una strega…Sandro avvertì una sensazione che non considerava per niente buona. Non riusciva a capire di chi stessero parlando, ma quei discorsi non gli piacevano per niente, non gli erano mai piaciuti. Su questi argomenti, lui aveva sempre avuto le idee chiare…idee che, anche in questo caso, non coincidevano quasi per niente con quelle della maggior parte della gente del paese. Fin da quando aveva cominciato a capire un po’ di più, aveva smesso di credere a tutte quelle storie. Erano solo vecchie e insensate superstizioni, fantasiose fiabe a cui solo i bambini avrebbero dovuto credere. Invece, purtroppo, molte, troppe persone  adulte, soprattutto tra la gente semplice come loro, davano ancora credito a quelle vecchie credenze. Credenze che, ormai, erano tra le cose che lo innervosivano di più. Avrebbe tanto voluto riuscire a convincere tutti gli altri che quelle erano solo un mucchio di bugie senza senso. Pensando a quello che aveva imparato, Sandro non riusciva a sopportare l’idea di quell’incredibile numero di persone assolutamente innocenti, soprattutto donne e ragazze, a cui simili stupidaggini nel corso dei secoli avevano rovinato la vita, quando non l’avevano addirittura tolta.
Provava dolore e rabbia al pensiero di tutte quelle povere vittime innocenti, uccise dai pregiudizi e dall’ignoranza.  Forse perché quella mentalità che le aveva condannate era la stessa che costringeva lui a stare sempre ai margini, perché lui non era come gli altri ragazzi, troppo timido e debole per avere una qualsiasi parte nelle loro attività che servivano solo a dimostrare quanto fossero forti, capaci di resistere alla fatica o comunque migliori degli altri in una qualsiasi attività puramente fisica. Le cose erano sempre andate così e così sarebbero rimaste per sempre, perché niente cambiava mai da quelle parti…e meno di tutto potevano cambiare quelle abitudini e quelle convinzioni vecchie di secoli.
Eppure, Sandro non smetteva mai di stupirsi di quanto ancora delle stupide superstizioni potessero far presa sulla gente. Proprio non riusciva a non considerare assurdo il fatto che fossero ancora così tante le persone che si lasciavano confondere da quelle insensate credenze, nonostante tutto quello che oramai stava succedendo nel mondo. Erano tante le novità che si scoprivano o venivano inventate continuamente, il mondo cambiava in fretta…
Certo, loro erano persone semplici, che non potevano conoscere i segreti della scienza e delle invenzioni, di quelle novità nel loro paesino non arrivava che una timida eco.  Ma il fatto che loro fossero solo semplici montanari, che la maggior parte di loro sapesse a malapena leggere e scrivere, non significava che dovessero credere a qualsiasi vecchia fantasia, tanto più a quelle che le persone sagge avevano smentito oramai da secoli.
Purtroppo per lui, la maggior parte dei suoi compaesani non capiva il motivo di queste sue preoccupazioni. Pensavano tutti che lui facesse quei discorsi solo per sbandierare ai quattro venti il fatto che ne sapeva di più di loro, per mostrarsi superiore agli altri solo perché poteva studiare di più. Il piccolo scienziato, così lo chiamavano i ragazzi più grandi, inchinandosi beffardamente davanti a lui e definendosi onorati che in paese ci fosse un personaggio importante come lui. Poi, quando lui proseguiva dritto fingendo di non aver sentito le loro provocazioni, gli strappavano lo zaino dalla spalla e gettavano nella polvere i suoi libri.  Sandro si sentiva straniero tra le persone che conosceva. Non sapevano quanto si sbagliassero su di lui. No, lui non si considerava migliore di nessun altro…del resto, come avrebbe potuto farlo, quando aveva passato l’infanzia convinto di essere in qualche modo inferiore agli altri, lui, quel bimbo mingherlino ed esile che sembrava capace solo di perdere qualsiasi gioco e qualsiasi sfida? Non era migliore degli altri, ma era sicuro di non essere come gli altri, anche se non avrebbe saputo spiegarne il vero motivo, nemmeno a se stesso.
Seguendo gli sguardi dei bambini, vide una ragazza, apparentemente una sconosciuta. Era lei l’oggetto dei loro discorsi. Nello stesso momento, anche lei si voltò. Sandro non l’aveva mai vista prima…sembrava così spaesata. Ma, forse, aveva solo bisogno di compagnia. Non poté fare a meno di sorriderle.
 
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Improvvisamente, Celeste trasalì, sentendo che qualcuno le picchiettava gentilmente sulla spalla. Chi accidenti era? Allora l’aveva veramente riconosciuta… Ora qualcuno era sicuramente venuto a chiederle cosa ci facesse lì, proprio lei, la signorina, che non si muoveva mai dalla sua grande e bella casa. Si voltò allarmata, per vedere di chi si trattasse.
“Ehi, ciao! Hai voglia di chiacchierare un po’? Sai, mi stavo chiedendo se sono io che non son più buono a riconoscere la gente o magari sei proprio tu che sei nuova di qui. Cioè, ecco, non mi sembrava di averti vista propri mai prima, ma è così strano… In fin dei conti, quando mai da queste parti ti capita di trovare qualcuno sconosciuto completamente? Nei nostri paesi si finisce per conoscere più o meno tutti, in un modo o nell’altro.”
Era quel ragazzo, quello che prima le aveva sorriso. Sembrava che non l’avesse riconosciuta. O forse stava solo fingendo, magari si aspettava che lei ammettesse tutto. No, sembrava sincero. E se veramente non l’aveva riconosciuta? In quel caso, chiacchierare un po’ con lui non poteva certo essere un male, pensò Celeste incuriosita. Ma doveva inventarsi in fretta qualcosa, una storia credibile, se non voleva che quel ragazzo capisse che lei a quella festa era assolutamente fuori posto. Non poteva assolutamente permettersi che qualcuno anche solo immaginasse chi era lei veramente. Non poteva farlo, se voleva restarsene in pace ancora per un po’.
“Io…hai ragione, io non sono di qui. Sai, io, cioè la mia famiglia, noi viaggiamo molto…”
Celeste si sentiva imbarazzata. Non era abituata a raccontare bugie, non aveva la minima idea di cosa dire. Il ragazzo sorrise, poi la interruppe di colpo.
“Ma allora non mi sbagliavo. Non ti ho vista proprio mai da queste parti. Dimmi un po’, ma da dov’è che salti fuori tu? Voglio dire,da queste parti, tutti conoscono tutti e non è facile trovare qualcuno che non hai proprio mai visto. E poi, una ragazza così tutta sola…sai, è proprio una cosa strana... Oh, scusami se ti ho interrotta. Però, mi sembra che non sei molto contenta di spiegarmi tutto…Se non vuoi, parliamo di altro.”
Chissà cos’ha capito, chissà cosa pensa di me, si chiese Celeste. Quel ragazzo aveva percepito il suo imbarazzo e sembrava sentirsi in colpa, anche se lei non sapeva spiegarsi perché. Ma, in fin dei conti, questo non era nemmeno un male. Quella sera poteva essere un’altra persona e a quel ragazzo non interessava nemmeno chi fosse… Sembrava così gentile, una persona con cui sarebbe stato piacevole parlare per un po’. Celeste si sentiva stranamente leggera. Andare a quella festa era stata una bellissima idea.
 
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Sandro sorrise alla risposta della ragazza. Allora aveva indovinato. Non era di quelle parti, questo era sicuro…chissà da dove veniva, però. Non sembrava così contenta d parlarne, quindi, forse era meglio lasciar perdere. Forse la sua famiglia era un di quelle famiglie che ogni tanto si vedevano passare a volte nelle loro zone. Alcune restavano nei paesini per un certo tempo, poi si spostavano di nuovo, altre erano solo di passaggio. Sembravano tutti brave persone, eppure si comportavano come ladri in fuga, soprattutto gli uomini. A volte, alcuni di loro, parlando con gli uomini del paese, scoprivano di avere idee simili, soprattutto riguardo ad argomenti piuttosto delicati. Allora poteva capitare che quegli uomini si lanciassero in discorsi appassionati e coinvolgenti, anche se piuttosto complicati. Quando succedeva, le loro mogli provvedevano a zittirli, allarmate e  sconcertate dal loro atteggiamento. Loro cercavano di tranquillizzarle affermando che, in fondo, non c’era nulla di male, che lì nessuno poteva scoprirli, che in quei paesini erano al sicuro. Le donne non ne erano convinte e mettevano fine ai loro discorsi con frasi lapidarie, come “Quelli ti sentono anche se stai in capo al mondo.”, “Questi discorsi sono pericolosi ovunque.” Alcune, addirittura, lanciavano ai mariti sguardi severi, mormorando “Ma tu ai tuoi figli non ci pensi proprio?” Nessuno sapeva spiegarsi il perchè di quei comportamenti, nessuno sapeva dire chi fossero quelle persone. Ma era chiaro a tutti che scappavano, probabilmente dovevano scappare proprio a causa di ciò che dicevano e pensavano. Non era difficile immaginare perché passassero tutti dai loro paesini: erano a un soffio dal confine, la Svizzera era il luogo sicuro verso cui si dirigevano, dove nessuno sarebbe andato a cercarli per punirli delle loro idee. Sì, forse quella ragazza faceva parte di una di quelle famiglie, forse era per quello che sembrava così restia a parlare di sé. Ma , in fondo, pensò Sandro, chi sono io per doverlo sapere, che diritto ho di impicciarmi della sua vita. Se non vuole parlarne, avrà i suoi motivi. Sarà meglio parlare di qualcosa d’altro, qualcosa che per lei non è un problema.
“Sei…sei molto gentile. Io…ecco, è una storia complicata.  In realtà, non dovrei nemmeno essere qui, non so se posso… Sembrano tutti così contenti qui, e anch’io sono contenta di essere venuta a questa festa, mi sembra tutto così bello, ma mi sento anche fuori posto.”
Quella voce esitante, quelle parole così incerte…sembrava quasi che, nel momento steso in cui finiva di pronunciarle, volesse cancellarle, che si pentisse di tutto ciò che diceva. Sì, decisamente quella ragazza aveva qualcosa da nascondere, ma, forse, non era così importante, non per lui, non quella sera. Comunque, pensò Sandro, non mi interessa proprio per niente di scoprirlo. Mi va benissimo anche solo chiacchierare un po’ con lei, perché mi dispiace che se ne stia lì tutta sola…e poi, sembra anche simpatica, magari, se rimane un po’ di tempo da queste parti, possiamo anche diventare amici.
 
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“Sei molto gentile, sai…in effetti, preferirei evitare di parlare di me…forse te lo spiegherò, ma un’altra volta…”
Fargli credere che avrebbero potuto incontrarsi di nuovo, magari in giro per il paese,e chiacchierare liberamente era il modo migliore per mettere a tacere qualsiasi dubbio su di lei. Quel ragazzo non doveva avere nessun sospetto, doveva pensare che lei fosse una di loro, che non avesse nulla di diverso dalle altre persone che partecipavano alla festa. Se fosse riuscito a convincerlo di questo, sarebbe stata completamente al sicuro. Chissà, forse, se fosse stata capace di inventarsi un’identità convincente, avrebbe potuto approfittarne anche in futuro, magari in quei momenti in cui suo padre era talmente immerso nei suoi documenti da dimenticarsi del resto del mondo. Sarebbe stato divertente: scappare in paese, fingersi un’altra persona, provare a vivere un po’ in un altro mondo senza che nessuno ne sapesse niente…sicuramente sarebbe stata un’avventura interessante.
“Un’altra volta..se  lo vorrai. Ma adesso dimmi un po’: perchè te ne stavi lì da sola? Anche se sei nuova, non ti preoccupare, noi accogliamo sempre chi passa di qui, anche se non si sa chi è e perché viene qui . Anche perché, ultimamente, ne arrivano tanti così Però, di solito, restano solo per poco…”
Ecco, perfetto, chissà per chi mi avrà scambiata, pensò Celeste. Sembra che parli di persone che vengono qui per nascondersi, per scappare, ma chissà chi sono. Probabilmente, erano quegli uomini contro cui il padre di Celeste inveiva spesso, quelli che definiva spesso nemici dello Stato. Celeste non era sicura di sapere perché li considerasse così malvagi, ma sembrava che ciò dipendesse dalle loro idee, che erano molto diverse da quelle di chi comandava. Le sembrava una cosa così stupida: in fondo, è normale che ognuno abbai le proprie idee, ma questo non significa che l’altro è un nemico da eliminare. Comunque, chissà cos’avrebbe pensato suo padre  a sapere che qualcuno l’aveva scambiata per la figlia di uno di quegli uomini. Non gli avrebbe fatto per niente piacere, questo era sicuro. Ma non gli avrebbe fatto piacere nemmeno sapere quello che stava facendo in quel momento. Infatti, non l’avrebbe mai saputo. Perché ormai era chiaro: tutti i momenti migliori dovevano rimanere segreti,  lui non doveva saperne nulla, perché a lui non faceva piacere che lei si divertisse.
 
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“Io…io non so come spiegarlo, ma mi sento un po’ fuori posto, qui. Sai, non sono abituata a queste feste…cioè, non è che non abbia mai partecipato a una festa, ma qui è tutto diverso…”
Chissà da dove arriva, dev’essere una di città, pensò Sandro. Se si sente fuori posto, è normale che non vuole stare in mezzo agli altri. E chi può capirla meglio di me, che ci sono abituato da sempre, anche se sono sempre stato qui?
“Se sei appena arrivata, è normale, penso. Ti serve solo un po’ di tempo per abituarti. Però, ho come l’impressione che non ti dispiacerebbe per niente ballare un po’…”
“Effettivamente, mi piacerebbe molto ballare, ma…non conosco nessuno e mi vergogno. E poi, non posso andare io a chiedere a qualcuno di farmi ballare…di solito, una ragazza può solo aspettare di essere invitata…”
Allora era quello il problema… Certo, finchè se ne stava in un angolo tutta sola, nessuno avrebbe mai potuto invitarla. Però, non era giusto che se ne stesse lì tutta sola,a  guardare gli altri e basta. Anche se era timida, sembrava che con lui si trovasse bene. Anche a e non dispiacerebbe ballare, pensò Sandro, solo che gli altri sono tutti più coraggiosi di me e io non torvo mai nessuna ragazza da invitare. Sembra così contenta che qualcuno si sia accorto di lei, allora se vuole ballare…ho fatto trenta, posso fare anche trentuno.
“Forse in città le cose stanno così…perché  tu arrivi dalla città, l’ho capito, sai… Per questo ti senti fuori posto, non sei abituata a queste feste, non sai come funzionano le cose qui. Comunque, non c’è bisogno di andare sulla pista a ballare, se ti vergogni così tanto, in fondo, solo gli adulti danno importanza a queste cose... E poi, chi l’ha detto che non si può ballare anche da qualche altra parte… I bambini ballano dove gli pare, perché non possiamo farlo anche noi? Se a te va bene, naturalmente…”
Il sorriso della ragazza fu un risposta sufficiente. Sì, le andava bene, su questo non c’erano dubbi.
 
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Sembrava impossibile, ma, in un certo senso quel ragazzo l’aveva invitata a ballare. Quella era la cosa più strana che potesse capitarle. O forse, non era così strana, se veramente lui non l’aveva riconosciuta. Se solo avesse saputo chi era lei veramente… se l’avesse saputo, probabilmente, non si sarebbe nemmeno avvicinato. Anche se volevano bene a sua madre, perché era sempre gentile con loro, quelle persone non vedevano di buon occhio le persone come lei. Da secoli, la questi poveri montanari detestano quelli come mio padre, pensò Celeste, e forse non ne hanno tutti i torti, visto come si comportano con loro. Se solo potessero sapere che la signorina sarebbe immensamente felice di poter essere come loro…
“Intendi dire che vuoi ballare con me? Voglio dire, qui, così da soli? Ecco, io non intendo…Non m dispiace per niente, anzi… Mi piacerebbe molto, non ho niente in contrario, ma è così strano…”
Il ragazzo non disse nulla. Le rivolse uno sguardo interrogativo, come per chiederle cosa volesse fare. Perché no, pensò Celeste, non c’è niente di male, in fondo.
“Va bene, penso che potremmo…possiamo provare a ballare anche qui.’”
Celeste si sentiva  incredibilmente serena, quasi felice. Nulla procedeva secondo i suoi piani, ma di questo non poteva certo lamentarsi. Anzi,  quella serata aveva preso una piega inaspettatamente interessante.
 
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Ma cosa mi è saltato in mente di invitare a ballare una che nemmeno conosco? Non ho mai avuto il coraggio nemmeno di provare a invitare una qualsiasi ragazza che conosco bene, pensò Sandro, e adesso sto per ballare con una che non ho mai visto prima. Però, lei sembra felice…forse ho fatto una cosa buona. Mi sento così stupido a stare qui così, ma si capisce che lei ha bisogno di compagnia, di un amico, di qualcuno con cui stare. Mi mette tristezza, a vederla così sola, così triste. Mi sembra preoccupata, spaventata, chissà cosa le fa paura… Non riesce nemmeno a sorridere: sorride solo con la bocca, ma negli occhi c’è un’ombra strana, come quando una nuvola passa davanti al sole e lo copre per un attimo…solo che la sua nuvola non si sposta mai.
“Sai, prima non mi piaceva ballare…voglio dire, nelle feste a cui sono abituata, il ballo non è una cosa divertente. Ma in queste feste sembra che si divertano tutti, è così bello.”
Le feste a cui era abituata…chissà di che feste parla, sicuramente devono essere molto diverse da questa. Però sembra che lei preferisca questo tipo di feste, sembra che le altre non le piacessero, chissà come mai on le piacevano, pensò Sandro.
“Cosa sta succedendo qui?”
Una voce maschile piuttosto irritata li colpì improvvisa come un pugno. Ben presto la voce ebbe anche un volto, quello di un ragazzo alto ed elegante che afferrò la ragazza per il polso, separandoli a forza. Sandro lo riconobbe subito: era il ragazzo che viveva alla villa, quello contro cui era diretta la rabbia di Francesco. Chissà cosa ci fa qui e che cosa vuole da lei, pensò Sandro, comunque, i suoi modi non mi piacciono per niente…e nemmeno a lei, credo.
 
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“Renzo! Non, non è come pensi, noi…io non sto facendo niente di male, sai. Noi stavamo parlando e poi…sai lui è stato così gentile.”
Celeste non sapeva più cosa dire. Renzo era arrivato all’improvviso, prima che lei potesse accorgersene. Chissà cosa aveva pensato di quello che aveva visto, di lei…di sicuro, era molto arrabbiato.
“Lasciami, Renzo, per cortesia. Ti spiego tutto subito, tutto quello che vuoi, ma lasciami subito andare, mi stai facendo male, sai…”
Renzo la guardò negli occhi. Celeste non l’aveva mai visto così: era arrabbiato con lei, anzi peggio, era infuriato.
“Non che non ti lascio, Celeste. Altrimenti chissà cos’altro combini… Non ti si può lasciare sola un momento che già i metti in certe situazioni… Giuro che non ti porto più alle feste, anzi non ti porto più da nessuna parte. E tuo padre non ne saprà niente solo perché ci andrei di mezzo anch’io e non sarebbe giusto perché non ne ho colpa. Ma, quant’è vero Dio, questa non la passi liscia. Ma ti rendi conto di quello che hai fatto? Mi avevi promesso che…”
Celeste si liberò con uno strattone dalla stretta di Renzo. Cercò con lo sguardo il ragazzo, che nel frattempo era rimasto lì fermo, a guardare la scena con aria sconvolta. Sicuramente, non aveva capito nulla di quello che stava succedendo. Ma, pensandoci bene, nemmeno lei capiva molto. Certo, forse non aveva rispettato pienamente la promessa che gli aveva fatto, ma Renzo aveva avuto una reazione decisamente esagerata. Chissà, forse stare troppo a contatto con mio padre gli ha fatto male, pensò Celeste, spero proprio che non diventi come lui.
 
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Sandro sussultò. Celeste, il ragazzo l’aveva chiamata Celeste. Ora capisco tutto, pensò il ragazzo, capisco perché era così strana. No, lei non c’entra niente con quelle persone che ogni tanto passano di qui. Lei è la signorina Celeste…ma cosa accidenti ci faceva qui e perché so è messa a chiacchierare con me? Si è addirittura messa a ballare con me, è tutto talmente strano…
“E tu cosa ci fai ancora qui? L’hai avuto il tuo momento di gloria e ora potrai andare in giro a vantartene con i tuoi amici. Sarai soddisfatto di te stesso, immagino…ma adesso vattene. Cos’hai da guardare? Queste sono faccende che non ti riguardano…o forse sì, visto che ci si dentro anche tu. Dimmi un po’, cosa ti è passato per la testa quando hai pensato di invitarla a ballare?”
Sandro stava per rispondere, ma la ragazza, la signorina, lo precedette.
“Smettila con questa storia, Renzo, ti stai sbagliando. Lui non ne sapeva niente, non aveva nemmeno capito chi ero. Da questo punto di vista, è veramente solo colpa mia, sai, lui non c’entra niente. Lascialo in pace, per carità, non ha fatto niente di male, anzi, pensò che non stia capendo nulla di quello che sta succedendo. Insomma, lui voleva solo essere gentile, di sicuro non ha fatto niente di male…ma neanch’io ho fatto niente di sbagliato, insomma tu sei andato a ballare, perché non potevo farlo anch’io?”
Sandro era sempre più stupito Era veramente decisa a difenderlo e a prendersi tutte le colpe. E sembrava anche convinta che non ci fosse stato niente di sbagliato nell’accettare il suo invito, anche se lei era la signorina e lui solo un povero montanaro. Se era veramente la signorina, era molto diversa da quello che la gente del paese aveva sempre immaginato di lei…e sicuramente anche da quello che suo padre voleva che lei fosse. Ma questo non era per niente un male, anzi, per come la vedeva lui, era solo un punto a suo favore.


Angolo dell'autrice

Innanzitutto, saluto tutti i lettori curiosi/coraggiosi che sono arrivati fino a qui e hanno avuto la pazienza di seguire i pensieri contorti dei protagonisti. Spero che vi sia piaciuto e spero anche di riuscire ad aggiornare la storia al più presto.
Potrebbe sembrare che questo prologo non c'entri molto con la trama...in effetti, è un po' staccato dalla storia vera e prorpria. Mi spiego meglio: i protagonisti rimarranno sempre gli stessi, ma la storia vera e propria sarà ambientata circa tre anni più tardi del prologo e i due protagonisti avranno percorsi piuttosto diversificati, anche se questo non significa che non si ritroveranno più...
Se avete dubbi, domande, perplessità o quant'altro, chiedete pure, sono ben felice di chiarie qualsiasi punto non vi risulti chiaro(perdonate il gioco di parole, ma non ho trovato un modo migliore per dirlo).
Vi ringrazio per l'attenzione e spero vi sia piaciuto. Buona serata a tutti e arrivederci al prossimo capitolo(speriamo non troppo tardi, impegni vari permettendo...),

SandyBlack (in attesa che accettino il mio nuovo nickname)
  
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