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Autore: thisnamemustbeuntaken    29/12/2013    3 recensioni
"Perché l’amore supera ogni barriera, ti fa piangere, sorridere, cantare e ballare. E anche se un amore finisce tutti noi dovremmo avere la forza di ritentare e di buttarci di nuovo. Anche a costo di soffrire ancora una volta. E, dio, Harry, mi sento così stupido adesso. Non l’avrei mai detto, ma mi sono innamorato di te come uno sciocco e la cosa buffa è che lo rifarei infinite volte, ti direi mille volte quanto ti amo solo per vederti arrossire come stai facendo ora. Ti amo Harry. E si, se te lo stai chiedendo, io potrei stare senza di te, potrei anche riuscire a vivere nella tua assenza, ma non voglio. Non voglio vivere senza di te.”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Louis sa che ore sono da circa sei ore. Questo perché l’ultima persona che avrebbe dovuto essere nel letto con lui ha dormito con il gomito sul suo sterno ed ha il quadrante dell’orologio praticamente stampato in faccia. Sposta quel braccio odioso e non si sorprende di essere improvvisamente invaso da capelli. Il problema è che non sono quei morbidi ricci color cioccolato, no. Quelli sono lunghi, sul castano, e sanno talmente tanto di fragola che a Louis viene da vomitare. Vuole sentire odore di cocco e miele mischiato all’odore di sesso, vorrebbe affogare in quell’odore ma l’unica cosa che riesce a percepire è quel nauseabondo profumo da quattro soldi. Si guarda intorno, i loro vestiti sono sparsi per tutta la stanza d’albergo. Si alza a sedere e cerca di ricordare qualcosa.
Harry.
Harry ubriaco.
E allora perché si trovava nel letto con Eleanor? O forse era Tina…
Le sposta leggermente una ciocca di capelli dal viso per scoprirlo. Un naso non proprio perfetto spunta fuori dalla massa di capelli.
Eleanor.
Non capisce. Butta di getto la testa sul cuscino e continua a ricordare.
Harry.
Harry che dice di amarlo.
 Harry che lo bacia.
 Harry che lo bacia e poi se ne va via piangendo.
Ed è qui che finalmente Louis capisce qualcosa.
Lui ed Harry hanno un rapporto un po’ speciale. Non sono dei semplici migliori amici. Quando tornano a casa dopo un concerto si svestono e si guardano fino a farsi diventare gli occhi secchi, come se fossero l’unica cosa a colori in quel mondo grigio e buio che non capirebbe mai quello che provano l’uno per l’altro. E forse non lo sanno neanche loro. Hanno iniziato e non riescono più a smettere. Ne hanno bisogno, hanno bisogno uno dell’altro come un girasole ha bisogno della sua stella infuocata per trovare la sua strada. Louis ha bisogno di Harry. Sempre. In ogni momento. Ogni volta che lo guarda negli occhi è un’emozione nuova che lo spaventa. Per lui Harry è fondamentale come l’acqua, come l’aria, come il sole. E forse non glielo dimostra, ma Harry non ha bisogno di eclatanti dichiarazioni, almeno questo è quello che pensa Louis.
Si alza finalmente dal letto. I ricordi lo investono come un camion in corsa che si schianta contro di lui a tutta velocità.
“Io ti amo Lou, davvero tanto!” Harry era completamente andato, si strusciava vogliosamente contro di lui.
“Harry, sei ubriaco, non lo dici per davvero...” Louis sghignazzava contro il suo fianco e nascondeva il viso nell’incavo del collo del riccio.
“No Louis, io ti amo sul serio.-improvvisamente il più piccolo si fece serio e si scostò da lui per guardarlo negli occhi-  Ti ho amato dalla prima volta che ti ho visto nel bagno di xFactor, dalla prima volta che mi hai rivolto la parola. E non ho mai smesso, neanche per un secondo, di amarti con tutto me stesso. Perché guardarti dormire tranquillo vicino a me dopo che abbiamo fatto l’amore mi scalda il cuore. E, davvero, se non fossi così ubriaco potrei farti capire meglio quanto ti amo, ma per adesso dirtelo è tutto ciò che posso fare…” e lo guardava con quegli occhi pieni di gioia, pieni di vita, che Louis si sentì male. Si sentì uno schifo perché stava per spezzargli il cuore e far soffrire il suo piccolo riccio era l’ultima cosa che voleva fare.
“Io non so cosa dire Haz, ti voglio bene, non potrei vivere senza di te, ma non ti amo!” dicendo questo Louis notò delle lacrime negli occhi di Harry. I suoi occhi in quel momento parvero scintillare. Ma non era uno scintillio di felicità o malizia, no. Era solo tristezza. Louis sentì una morsa all’altezza dello stomaco a quella vista. Si sentì morire e si pentì di aver detto una cosa del genere un attimo dopo averla pronunciata.  Il riccio si lasciò scappare una sola lacrima che cadde lenta sulla sua guancia che era diventata porpora a causa del nervosismo.
“Allora concedimi almeno un bacio d’addio...” Harry si avvicinò a lui cauto, un mesto sorriso sul viso, e posò le labbra sulle sue.
Louis pianse. Quel contatto era stato tanto perfetto quanto breve, perché non fece neanche in tempo ad assaporare quelle labbra così dolci che il più piccolo si era già allontanato. Lo guardò andarsene con le spalle ricurve e scosse da singhiozzi che Louis probabilmente non scorderà mai. Erano sordi, acuti, tentava di prendere più aria possibile per poi cacciarla fuori di botto scosso da uno spasmo. E Louis non mosse un dito. Non fece nulla per alleviargli quel dolore. Semplicemente si accasciò contro il muro del locale ancora in lacrime.
Non gli interessa ricordare come è finito a letto con Eleanor. L’unica cosa che gli interessa è sapere dov’è il riccio.
Si riveste in fretta e furia, non si spreca neanche a lasciarle un biglietto perché è talmente nauseato da quest’olezzo di fragola che vuole uscire da questa stanza il più in fretta possibile.
Corre per le scale, non aspetta neanche l’ascensore. Arriva davanti alla macchina e scopre che le chiavi le ha lasciate sul comodino di Eleanor e di tornare lì dentro proprio non gli va. Allora corre anche per la strada, fa lo slalom tra le macchine, rischia anche di essere messo sotto, e dopo dieci minuti di corsa sostenuta arriva davanti a casa loro. La sua macchina non c’è. Louis entra nel panico. Non ha le chiavi di casa perciò inizia a suonare al campanello. Suona una ventina di volte poi si arrende.
“Louis, le chiavi di riserva sono dentro il vaso a sinistra fuori dalla porta, ricordatelo okay?” disse Harry mentre usciva di casa dopo aver fatto sesso con lui per la quarta volta quel giorno.
“Okay, mamma!” Louis rise per la sua stessa affermazione salutandolo dolcemente con la mano.
Altri ricordi, Louis sente freddo. Anche se ha corso per tre isolati, anche se è settembre, anche se ha la felpa, Louis sta congelando.
Si volta verso il vaso e ci fruga dentro, gioisce quando la sua pelle viene a contatto col freddo metallo delle chiavi di riserva.
Apre la porta e un’ondata di profumo lo investe, avvolgendolo, facendogli sentire di nuovo caldo. Miele, cocco e... Sesso.
Dio, gli è mancato il suo profumo.
“Harry!” Lo chiama, inizia a girare come un pazzo per tutte le stanze, cercando di capire cosa c’è che non va.
Entra nella loro stanza e lo scopre. L’armadio è stato lasciato aperto, forse per la fretta. Louis non corre più ora. Ha già capito cosa è successo e la forza di scattare in avanti proprio non ce l’ha. Perciò si avvicina lentamente, sperando di sbagliarsi, sperando di trovare ancora tutte le magliette del riccio piegate in modo impeccabile accanto alle sue che invece sono sempre gettate alla rinfusa. Invece non le trova. Così come non trova i suoi pantaloni, le sue scarpe, il suo spazzolino ed il suo diario. Non c’è più niente di Harry in quella casa. Poi Louis la trova, quella felpa. Jack Wills dice la scritta bianca sullo sfondo viola.
“BOOOO!” Louis si sentì chiamare nel bel mezzo della strada. Si girò e lo vide. Quel sedicenne tutto capelli e occhi verdi che gli stava tanto simpatico e che forse gli piaceva più del dovuto. Lo vide avvicinarsi con le mani dietro la schiena ed un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
“Dimmi Pumpckin!” Disse allora divertito dalla felicità dell’altro. Improvvisamente lo vide piegarsi su di un ginocchio e tirare fuori da dietro la schiena una rosa, di plastica.
“Mi vuoi sposare?” Disse il ricciolino ridendo come un pazzo.
“Potrei mai dirti di no?” E Louis scoppiò a ridere perché Harry era bello e pazzo ma non credeva se ne rendesse conto.
Louis si infila la felpa. Gli sta bene perché lui ed Harry avevano la stessa corporatura un tempo mentre adesso il più piccolo è diventato un gigante e Louis adora nascondersi nel suo petto.
Si stende sul loro letto, annusa il suo cuscino. Il suo cuore batte talmente forte da non riuscire neanche a respirare. Non sa cosa deve fare. Piange, si dispera, urla. Stringe le mani a pugno talmente forte da sentire le unghie conficcarsi nella propria carne. Non pensava potesse fare così male.
Ha sempre dato per scontato che quello che c’era tra loro due fosse solo sesso. Ora però capisce che non è così. Perché mai nessuno lo ha fatto sentire come fa lui, nessuno gli fa battere il cuore in quel modo. Louis non può vivere senza di Harry. Ripensa a tutte le volte che hanno fatto sesso, tutti i gemiti, tutti i baci, tutte le carezze. Ricorda la delicatezza del più piccolo, le sue mani gradi sui suoi fianchi quasi a volerlo stringere in una morsa mortale. Ricorda quelle stesse mani spostarsi sui suoi capelli e, preso dal momento, quasi le sente ancora, mentre gli tirano dolcemente alcune ciocche. Louis ricorda i suoi occhi, verdi come le pareti di quella stanza che aveva fatto dipingere apposta di quel colore, forse anche di più, ricorda di come si chiudevano lentamente mentre affondava piano in lui, mentre lo faceva suo. E ricorda le parole sussurrate nell’orecchio, per paura di essere sentiti dal resto del mondo.
Urla di nuovo. Lo fa perché è stato talmente stupido da lasciare andare l’unica persona al mondo che lo abbia mai amato in questo modo. Ma, di nuovo, non si alza. Non fa nulla. Rimane lì come un automa e si addormenta tra le lenzuola che sanno di loro.
 
 
Dall’altra parte della città un ragazzo riccio se ne sta seduto a gambe incrociate su una poltrona con una tazza di te in mano che ormai sarà freddo visto che è in quella posizione da due ore buone. Fissa il soffitto, completamente svuotato da ogni tipo di emozione. Sente dolore fisico, ovunque. E’ come se qualcuno lo stesse prendendo a calci ripetutamente su ogni parte del suo corpo. Vorrebbe piangere, ma non lo fa, probabilmente ha finito le lacrime. Si sente uno stupido, non avrebbe dovuto dirglielo, avrebbe dovuto continuare a fingere che farsi scopare dal suo migliore amico fosse giusto e che a lui non facesse male neanche un po’. La verità però è che Harry è saturo. E’ pieno d’odio per se stesso e pieno di amore per Louis e la cosa lo sta facendo impazzire. Avrebbe voluto essersi innamorato di una ragazza, sarebbe stato tutto più facile, più normale. Ma no, lui ha dovuto incasinare tutto, allontanando per sempre Louis dalla sua vita.
Gira distrattamente il cucchiaino mentre osserva quello che lo circonda con finto interesse, quasi a convincere un eventuale persona della sua ripresa.
Poi la vede. E’ rimasta lì, luccicante abbastanza da potergli risaltare agli occhi.
“Harry, tesoro, cos’hai fatto?!” Louis lo guardava terrorizzato mentre, con le mani piene di sangue cercava in tutti i modi di coprirsi il petto e le braccia. Infilandosi la maglietta bianca rese tutta quella situazione più reale. Il sangue penetrava attraverso il tessuto, tracciando la scritta che aveva impresso sul suo petto.
Useless.
“Harry, ti prego, di qualcosa!” Louis ora aveva le lacrime agli occhi, si era avvicinato a lui tremando. Avrebbe voluto prendersi il suo dolore, cacciare via la sofferenza da quegli occhi che mai sarebbero dovuti essere tanto spenti.
“Lou, va via!” Iniziò ad urlargli contro, contorcendosi dal dolore ogni qual volta che il tessuto della maglia veniva a contatto con la pelle lesionata.
“Harry, Haz, amore mio, vieni qui…” Louis lo prese tra le sue braccia, delicatamente, come un bambino appena nato.
“Perché lo hai fatto?” Tremò tra le sue braccia.
“Perché volevo farmi male.” Louis non disse più nulla, lo tenne stretto a se fino all’alba. Durante la notte si ritrovò a piangere di gioia nel sentire il suo cuore battere contro il suo orecchio, non aveva mai sentito una canzone dolce come quella. Non lo avrebbe più fatto, per lui, perché deluderlo era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare.
E’ tutto un susseguirsi di ricordi, immagini che al povero Harry fanno solo male. Si trova nella loro vecchia casa, quella dei tempi di xFactor. Ha detto a tutti di averla venduta ma la realtà è che non ne aveva avuto il coraggio. E’dentro quella stanza che è iniziato tutto, Harry riesce ancora a sentire la risata dell’altro riecheggiare negli angoli bui di quella camera. Si alza, lento, perché ha passato un giorno intero seduto su quella stramaledetta poltrona. Raggiunge la scatolina di metallo ed il suo cuore inizia a battere fortissimo, lo sente in gola, premergli contro le corde vocali, togliendogli probabilmente l’uso della parola. La tira fuori, trema. La fredda consistenza del metallo gli è mancata più di quanto avrebbe dovuto. Non ha bisogno di guardare, conosce i suoi polsi e le sue braccia a memoria. Perciò chiude gli occhi, autoconvincendosi che così sarà meno reale.
Il primo taglio lo colpisce come uno schiaffo in faccia.
Sente di nuovo l’aria nei suoi polmoni, riesce a respirare. Allora continua senza fermarsi mai, perché sentirsi vivo gli era mancato. Si sente pieno, completo.
E mentre il sangue sgorga dalle sue vene, l’unica cosa a cui riesce a pensare è a quel “non ti amo!” che Louis gli aveva sbattuto in faccia. Così il dolore torna a tormentarlo, costringendolo ad andare più a fondo, perché un paio di tagli ormai non bastano, non bastano più.
Allora, come se fosse un geometra, prende le misure e cerca la vena. La trova poco dopo, nascosta dal sangue che continuava ad uscire.
Ne basterebbe uno solo e tutto potrebbe finire. Niente più dolore, niente sofferenze, niente Louis, niente di niente.
Non si sentirebbe più un errore, uno scherzo della natura. Si è messo in ridicolo, avrebbe dovuto saperlo che Louis non lo avrebbe mai amato, perché fa schifo, perché è sbagliato.
Preme forte, non abbastanza per lacerare ma abbastanza per fargli capire la potenza con cui dovrà farlo.
Sbaglia, taglia troppo in alto rispetto alla vena. Si incazza come una bestia, se prima era solo molto, molto triste e depresso, adesso è incazzato. E’ talmente idiota che non riesce nemmeno ad uccidersi.
Inizia a scoccare colpi senza un vero obbiettivo.
Non vuole sentire dolore questa volta. In quel momento, con gli occhi pieni di lacrime amare, i ricci smorti e privi di luce, in ginocchio davanti ad un letto che lo aveva visto diventare la persona più felice del mondo, con le mani piene del suo stesso sangue e la vista appannata, Harry vuole morire.
 
 
 
 
 
Questa storia non finirà bene. Le storie d’amore in generale non finiscono bene. L’amore fa schifo. L’amore ti porta ad annullare te stesso per amare completamente una persona che la maggior parte delle volte di te se ne frega bellamente. L’amore fa schifo perche ti fa stare male. L’amore del “e vissero tutti felici e contenti” non esiste. Fa schifo, lo so, ma questo è l’amore. L’amore è stare male per una persona perché non la si può vedere, l’amore è gelosia, l’amore fa male, dovrebbe essere inserito tra le malattie incurabili.
Harry morirà. Se lo sente ormai, mentre è stesso sul pavimento di quella maledetta stanza.
Un consiglio spassionato? Non innamoratevi. Perché Louis si è innamorato di Harry senza neanche accorgersene e guardate a cosa ha portato tutto questo.
E’ vero, l’amore ti toglie il respiro, ma non in modo positivo. Amare una persona che non ti ricambia è come bussare per ore ed ore alla porta di una casa abbandonata.
Non innamoratevi perché
Guardami, parlami, baciami, amami.
Saranno le uniche cose che riuscirete a pensare.
Guardami, perché non riesco a fare a meno dei tuoi occhi.
Parlami, perché la tua voce è perfetta ed è la migliore delle ninna nanne.
Baciami, perché vorrei poter capire cosa vuol dire sentirsi amati per una volta nella vita.
E amami, perché io ti amo da impazzire, e sapere che non ricambi mi distrugge l’anima.
Questo è l’amore. Dolore, sofferenza, pianti, cuscini pieni di lacrime, urla bloccate in gola, morte.
L’amore non è vita, la vita è un'altra cosa.
L’amore è morte.
È questo che Harry pensa prima di chiudere gli occhi, per sempre.
 
 
Louis corre, di nuovo. Corre perché la voce di Zayn gli riecheggia ancora nella testa.
Non può averlo fatto di nuovo, non per colpa sua.
Corre a perdi fiato, pensando che se Harry non dovesse farcela, il fiato vorrebbe perderlo davvero.
Capisce di essere innamorato di lui quando, una volta entrato nella sala d’aspetto dell’ospedale, Louis si sente perso. Perché è in quel momento che Harry ci sarebbe stato per lui, lo avrebbe abbracciato, stringendolo a se, facendogli nascondere la faccia nel suo petto e gli avrebbe sussurrato parole di conforto.
Adesso quella voce non c’è, non c’è nessuno a consolarlo. Zayn lo guarda con astio, Liam è vicino a lui, cercando di non sciogliersi in lacrime, e tenta di calmarlo. Niall sembra un pulcino, è rannicchiato in un angolo e singhiozza ad alta voce.
Louis è ancora in piedi, col sudore sulle tempie che si mischia alle lacrime che piano piano iniziano a bagnargli il viso.
Lo ama.
Ama i suoi occhi, la sua bocca, il suo naso, i suoi capelli, persino i suoi brufoli.
Ed ora lo sta perdendo perché è stato uno stupido.
Perché non essendosi mai innamorato non sapeva cosa volesse dire l’amore. Ora lo sa e avrebbe voluto capirlo prima.
Si da dello stupido perché tutti avrebbero capito che se il cuore ti si ferma appena lo vedi, il sangue inizia a scorrere più velocemente e ti senti come se potessi volare allora è amore, quello vero. Avrebbe dovuto capirlo dal modo in cui sorrideva anche solo a nominare il suo nome. Quando si baciavano, quando si donavano l’uno all’altro in una tacita promessa di appartenenza che faceva sentire Louis parte di qualcosa. Qualcosa di bello, come Harry. Quando il suo riccio lo toccava e lui tremava, perché era troppo da sopportare, troppo per lui ed il suo povero cuore.
Louis si siede ed aspetta, una, due, tre ore. Le passa a pensare a come sarebbe la vita senza di lui. A come sarebbe svegliarsi la mattina e non averlo accanto, tutto sorridente, che gli dà il buongiorno baciandolo e che gli porta la colazione a letto. A come sarebbe farsi la doccia senza che lui gli stia addosso come una sanguisuga pronta a succhiare tutta la sua linfa vitale, ( e non solo). A come sarebbe non poter più percepire la morbidezza della sua pelle sotto i polpastrelli. A come sarebbe non poter più sentire la sua voce cantargli ninna nanne dolcissime per farlo addormentare.
Poi se ne va. Perché è stanco, perché rendersi conto di amare qualcuno è bello, ma rendersene conto troppo tardi è devastante.
Vuole tornare a casa perciò esce da quella sala d’aspetto sotto lo sguardo incredulo di tutti. Ma stavolta non corre. Cammina per le strade di Londra prendendo a calci i sassolini sulla strada. Ogni tanto si accascia su una panchina a piangere, si sente mancare il respiro, gli tremano le mani.
Questa volta non rimarrà fermo, no.
Questa volta affronterà l’amore, gli andrà davanti, lo guarderà dritto negli occhi e lo farà entrare nel suo cuore una volta per tutte.
Louis è terrorizzato. Per la prima volta nella sua vita non sa se correre o camminare. Vuole vedere Harry, vuole baciarlo di nuovo, vuole infilare le mani nei suoi capelli e non lasciarlo mai andare.
Torna a casa, questa volta prenderà la macchina. La radio si accende in automatico e la sua voce lo investe.
Don’t let me go, cause I’m tired of sleeping alone…
Louis ricomincia a piangere, mai avrebbe pensato che avrebbe amato cosi tanto una persona.
La sua voce gli rimbomba nella testa mentre sale le scale dell’ospedale a due a due, rischiando di cadere e rompersi l’osso del collo.
Urla all’infermiera che gli dice di aspettare, manda tutti a quel paese, piange e si dispera.
Poi, finalmente, un medico gli si avvicina. Louis è paralizzato dalla paura di perdere ciò che probabilmente è la cosa più importante della sua vita. 
“Lei è il sig. Tomlinson presumo...” Il medico avrà avuto una quarantina d’anni, ha profonde occhiaie sotto gli occhi, spenti dalle lunghe giornate di lavoro.
Louis non risponde neanche, annuisce impercettibilmente e continua a fissare il medico negli occhi in cerca di una qualche risposta alla sua muta domanda.
“Lo sa che il suo amico è arrivato qui in condizioni gravissime vero?” vorrebbe prenderlo a pugni. No che non lo sa, è rimasto in quella fottuta sala di aspetto per oltre tre ore senza nessuna notizia.
“Se fossimo arrivati due minuti più tardi non avremmo potuto salvarlo...” Louis smette di pensare a come angolare il pugno sul viso del dottore non appena sente la parola “salvato”.
“Quindi starà bene?” Louis trema di gioia, come un bambino davanti ad un negozio di dolci.
“Si, credo proprio che si riprenderà...” detto questo il medico si allontana tutto soddisfatto, con un lieve sorriso sulle labbra e l’espressione di chi si sente fiero di se stesso.
Louis non fa in tempo a girarsi verso la camera dove presumibilmente sarebbe dovuto stare Harry che l’infermiera che era appena uscita lo ferma per un braccio.
“Sig. Tomlinson, mi dispiace, ma il paziente ha chiesto espressamente di non farla entrare.” Dice con una faccia davvero dispiaciuta e si allontana lentamente.
Louis vorrebbe prendersi a pugni da solo. Non riesce a credere che non voglia vederlo più. Lui lo ama, glielo ha detto appena la sera prima, non può avere già cambiato idea!
Perciò si siede fuori da quella camera, la numero 069. E Louis, come un bambino tontolone, sghignazza per l’ironia di quella situazione.
Dopo una mezz’ora si stanca di stare seduto su quelle stupide sedie di plastica e decide di andare a cercare i ragazzi. Si alza di scatto, determinato a chiedere scusa a tutti, quando un rumore proveniente dalla stanza di Harry gli fa cambiare idea. Sente un gemito di dolore e, totalmente nel panico, spalanca la porta della camera.
Harry era girato su un fianco, dando le spalle alla porta che si era appena spalancata. Louis inspira il suo odore che, a causa di tutte le ore che aveva aspettato chiuso la dentro, si era impossessato dell’aria.
Cocco, miele e... Amore.
“Harry” Louis sussurra il suo nome per paura di romperlo più di quanto non abbia già fatto.
“Cosa ci fai tu qui?” Il riccio rimane fermo nella sua posizione, non si gira neanche a guardare la persona che ha pronunciato il suo nome perché quella voce la riconoscerebbe tra mille.
“Ho sentito dei lamenti, volevo vedere se stavi bene...” Louis abbassa lo sguardo e lo fissa sulla mattonella bianca e spoglia dell’ospedale.
“Oh, improvvisamente ti interessa!” Ed Harry fa l’ennesima cazzata della sua vita. Si gira verso il liscio e lo guarda.
Come punto da quell’affermazione Louis alza lo sguardo e si sorprende nell’incontrare quello di Harry che lo guarda con gli occhi stanchi e cerchiati.
“Mi è sempre interessato sapere come stai Harry, e lo sai anche tu. Mi dispiace per quello che ho detto, mi sono accorto di non pensarlo davvero. Piccolo, io non mi ero mai innamorato prima, non sapevo come riconoscere l’amore. Ma adesso lo so, perché Amore è quando la mattina, aspettando che ti svegli, mi perdo nei tuoi lineamenti. Amore è quando ti preparo la colazione anche se so che tu non la mangerai perché sono negato in cucina. Amore è quando ho voglia di baciarti in ogni istante della giornata, quando vorrei prenderti la mano, quando non riesco a fare a meno di cercarti in mezzo alla gente. Amore è quando ti faccio mio, quando quella sensazione di calore si impossessa di me e non se ne va finché tu sei nei paraggi. Amore è quando sorrido spontaneamente appena ti vedo, quando vorrei intrappolarti tra le mie gambe come un koala e mai lasciarti andare. Sono stato cieco, avevo l’amore della mia vita davanti e non me ne sono neanche reso conto.” Louis è in lacrime adesso, inginocchiato davanti al lettino sul quale Harry lo guarda con l’emozione negli occhi.
“Louis, non so cosa dire...”Harry è completamente perso, troppe emozioni gli vorticano in testa. Il suo cuore non accenna a rallentare e, come per rendere partecipe anche Louis del suo smarrimento, la macchina accanto a lui inizia ad accelerare il ritmo del costante “bip” che aveva accompagnato tutta la conversazione.
“Dimmi che mi ami ancora, che mi vuoi ancora con te, che non ho rovinato tutto. Dimmi questo e sarò la persona più felice di questo mondo.” Louis parla col fiatone, come se stesse correndo la maratona di New York, mentre le lacrime continuano a scorrergli sul viso.
“Io, non lo so, dammi tempo, okay? Non credo che riuscirò ad amarti come prima…” Harry legge la delusione negli occhi del maggiore. E’ ovvio che lo ama ancora, ma fa troppo male, è troppo spezzato anche per ammetterlo a se stesso. Non credeva sarebbe finita così. Non credeva sarebbe sopravvissuto, non aveva pensato a cosa sarebbe successo se fosse rimasto in vita. Louis si alza da terra e si allontana piano piano.
“Mi dispiace Lou, io...” Harry lascia cadere quella frase a metà perché Louis lo zittisce con un semplice gesto della mano.
“Non fa niente Haz, io dovrei andare... Rimettiti!” Detto questo Louis corre via dalla stanza senza lasciare il tempo ad Harry di rispondere.
Louis si sente stupido. Si è messo in ridicolo davanti a lui, piangendo come una ragazzina e pregandolo di non lasciarlo. Se ne va in giro per l’ospedale, cercando i suoi amici. Non riesce a trovarli e, guardando l’ora, ipotizza che siano tornati a casa per darsi una rinfrescata. Vorrebbe sotterrarsi per la vergogna. Harry l’ha rifiutato e tutto per colpa sua. Perché è lui che non si è accorto in tempo dei suoi sentimenti, è sempre lui la causa del malessere del riccio. E’ lui, che non vorrebbe mai vederlo soffrire, quello a fargli più male di tutti, quello che lo ha distrutto, che lo ha portato a tentare il suicidio. Perciò, dopo aver pianto un altro po’, decide che lui non fa bene ad Harry, che lo lascerà andare, perché lo ha fatto soffrire già abbastanza. Per una volta nella sua vita non si comporterà come uno sporco egoista e lo lascerà vivere, cosa che non ha fatto in tutto questo tempo, marchiandolo con la sua bocca, i suoi denti, le sue unghie e le sue mani. Gli darà l’opportunità di ricominciare, di trovare qualcuno che sia consapevole del proprio amore e che sappia riconoscerlo. Che sappia trattarlo come un persona come Harry deve essere trattata, come si trattano i bambini, puoi stringerli tra le tue braccia, ma non troppo o piangeranno perché faresti loro del male. E Louis è pronto a soffrire, a guardare il suo riccio ridere con qualcun altro, tenersi per mano con qualcun altro, amare qualcun altro. Perché lo ama, lo fa da sempre probabilmente, ed è pronto a mettere la felicità e la salute di Harry davanti alla sua. Perché Amare vuol dire anche questo, amare significa sacrificio. E Louis  sacrificherebbe la sua vita per Harry, lo farebbe senza rimpianti.
Continua a girare per l’ospedale, sbirciando dentro i reparti in cerca di qualcosa da fare per distrarsi, per alleviare il dolore. Ad un tratto si ferma, forse stanco di continuare a girare come un pazzo. L’ospedale è pieno zeppo di parenti a causa dell’orario di visite, ma una stanza è vuota, c’è solo una triste e sconsolata vecchietta con lo sguardo perso nel vuoto. A Louis fa talmente tanta pena che si avvicina al vetro e bussa delicatamente. La vecchietta quasi inondata da una nuova linfa vitale sposta lo sguardo su di lui e, con un sorriso a trentadue denti, lo saluta con la manina rugosa e lo invita ad entrare.
“Giovanotto, che ci fai in giro dentro questo reparto così desolato?” A Louis piace la voce della signora, è dolce, assurdamente melodica, e lo fa sentire a casa.
“Ho perso la persona che amo, non mi resta molto da fare...” Louis prende la sedia e l’avvicina al lettino della signora.
“Oh, mi dispiace tesoro! Com’è successo? Scommetto che è stato per un incidente stradale, vanno come dei metti dentro questa città!” La vecchietta parla velocemente, gesticolando ampiamente con le mani e spalancando gli occhi. Louis ridacchia come se non avesse mai visto nulla di più divertente in vita sua. La vecchietta lo guarda stranita per un secondo prima di porgergli la mano.
“Comunque piacere, mi chiamo Abbey.” La sua stretta è decisa e sorprende Louis.
“Piacere mio, io sono Louis! Comunque no, la persona che amo non è morta. Cioè, era quasi morta, si voleva togliere la vita, ma i medici sono riusciti a salvarlo. Mi ha rifiutato, fa ancora più male.” Louis capisce improvvisamente di aver parlato al maschile. Lo ha fatto solo una volta ma ad Abbey sembra sia bastato, visto che si porta velocemente una mano a coprire la bocca che si era spalancata per lo stupore.
“Oh, quindi è un ragazzo? Non ti preoccupare honey, sarò anche vecchia ma non sono chiusa mentalmente!” Gli sorride dolcemente prima di prendergli la mano e stringerla forte  tra le sue.
“E dimmi, com’è? E’ bello?” A Louis sembra una bambina. Ha stampata negli occhi la curiosità, sorride e saltella su e giù sul posto, per quanto la vecchiaia glielo permetta.
“E’ bellissimo signora... Ha degli occhi fantastici, cambiano colore a seconda del tempo, quando fa caldo sono verde smeraldo, talmente brillanti che potrebbero anche abbagliarti. Quando fa freddo o piove, invece, diventano un misto tra azzurro e grigio, come il ghiaccio. Ci passerei le ore a guardarci dentro. E, dio, le sue labbra. Sono rosse come due tizzoni ardenti, piene e morbide come cuscini. Baciarle è fantastico. E che dire dei suoi capelli? Sono perfetti. Ricci, color cioccolato e anch’essi morbidi, non può immaginare cosa voglia dire infilarci le mani dentro, solo il quel modo riesco a rilassarmi. E’ molto più alto di me ma non mi dispiace per niente. Quando mi abbraccia riesco a sentire il suo cuore battermi contro l’orecchio e forse ho capito troppo tardi che quel cuore batte, o almeno batteva, solo per me. Adesso lui non mi vuole più, gli ho fatto troppo male.” Abbey lo ha ascoltato attentamente, guardandolo abbassare lo sguardo mentre lo descriveva, a causa del rossore sulle sue guancie.
“Come si chiama?” Louis alza di nuovo lo sguardo e “Harry, si chiama Harry. In realtà il suo vero nome è Harold, ma lui lo odia e non mi permette mai di chiamarlo così. Lo faccio solo quando voglio farlo arrabbiare perché la sua faccia distorta da una smorfia d’ira è comunque bellissima, forse anche di più...”
“Si vede proprio che lo ami con tutto te stesso ragazzo, perché mai avrebbe dovuto rifiutarti? Sei un ragazzo così bello!” Di nuovo le guance di Louis si colorano di rosso e distoglie lo sguardo.
“Perché, sign-“ viene interrotto dalla voce femminile di Abbey.
“Chiamami Abbey, ormai ti conosco!” e Louis ride per un attimo.
“Okay, Abbey... Mi ha rifiutato perché io non mi sono reso conto di amarlo. E mentre lui mi confessava il suo amore, l’unica cosa che ho saputo dirgli è “Mi dispiace, ma non ti amo” quando invece lui è la prima persona di cui mi sono innamorato...” Louis smette di parlare per un attimo perché quel sentimento è troppo forte e si sente come se stesse per scoppiare.
“Ma ho deciso che lo lascerò andare, gli permetterò di vivere la sua vita. E’ per colpa mia che si trova qui, non credo che esista una specie di colla speciale per riattaccare i pezzi del suo cuore che ho rotto inesorabilmente.” Gli scappa una lacrima, scende lenta sulla sua guancia, bruciando la pelle al suo passaggio.
“Mi dispiace ragazzo mio, ma hai torto.” Louis alza lo sguardo stranito da quell’affermazione.
“ Getti la spugna così? Hai intenzione di lasciarlo andare, anche dopo che hai capito di amarlo, anche dopo quello che ha fatto per causa tua? Devi essere totalmente pazzo! Vai e riprenditelo, non fare il codardo.” Abbey gli sorride dolcemente e lo spinge verso la porta con la mano.
“Okay, ma, cosa potrei mai dirgli? Gli ho fatto capire che lo amo ma mi ha detto che ha bisogno di tempo e che non crede che riuscirà ad amarmi come prima!” Louis si ferma davanti alla porta di Abbey e si gira a guardarla con il panico negli occhi.
“Diglielo, digli che lo ami, diglielo con la stessa faccia sognante con il quale me lo hai descritto. Non potrà rifiutarti di nuovo!” Louis torna indietro, scocca un bacio sulla guancia ad Abbey e corre via urlando un “Tornerò a trovarti!” lasciando la vecchietta sorridente dentro quella camera triste e spoglia.
 
Harry non sa più cosa pensare. Non vuole ferire Louis, è l’ultima cosa che vorrebbe fare. Il problema è che ora ha paura, paura che Louis gli abbia detto di amarlo solo per pietà, solo perché è talmente ridotto male da far pena a chiunque. Non riuscirebbe a sopportare anche questo, cadrebbe in mille pezzi alla prossima delusione.
“Ma in fondo cos’è l’amore?” Harry si ritrova a pensare e neanche si accorge che una persona è entrata nella sua stanza e lo guarda come se fosse una delle sette meraviglie.
“L’amore?”- inizia a parlare Louis, appoggiato sullo stipite della porta, facendo girare Harry e spaventandolo a morte- “La parola amore ha moltissimi significati e moltissime forme. Probabilmente è una delle parole più abusate al mondo. Comunemente l’amore è un sentimento che si prova verso qualcuno o qualcosa. Dovrebbe essere considerato come il sentimento più bello in assoluto, anche se molte volte è considerato il più brutto. Forse perché è quello che più ci fa soffrire. Quello che ci mette in dubbio come persone. Ci fa chiedere cose come: “ Cos’ho io di sbagliato? Cosa c’è che non va in me? ” e ci fa sentire così male, così annullati, così inutili, così niente che ognuno di noi vorrebbe non aver mai provato l’amore. L’amore non fa parte della mente, ma del cuore. Non può essere controllato. Non può essere manovrato. Non può essere altro se non amore. L’amore ha moltissime forme. C’è amore e amore a questo mondo. L’amore per la famiglia, l’amore per la patria, l’amore per il prossimo, l’amore per l’ambiente, l’amore per gli animali, l’amore per gli amici. Anche se, comunemente, quando si parla di amore, ognuno di noi pensa a quel lui che si vorrebbe avere accanto a se o a quel lui che, quando si è veramente fortunati, si ha già vicino. Dell’amore si parla già dall’antichità, attraverso le poesie, i sonetti, le opere degli artisti. Basti pensare all’Orlando e Beatrice, a Marco Antonio e Cleopatra, a Romeo e Giulietta. Anche al giorno d’oggi si parla di amore, che viene espresso in moltissime forme. Attraverso canzoni, parole e note che si intrecciano e creano qualcosa di straordinario che può sconvolgere completamente l’animo di qualcuno che soffre, per un amore troppo grande, non corrisposto, tradito, sofferto, complicato o irraggiungibile. Attraverso film, attraverso sms, attraverso una scritta sul muro fatta da un giovane ragazzo per la propria amata. Se ci pensi per un attimo l’amore fa parte di tutte le nostre giornate, continuamente. Ma cos’è che rende speciale l’amore? Forse poterlo guardare negli occhi e non aver bisogno di altro. Forse amare chi hai sempre amato, anche dopo averlo perso. Forse aprire un cassetto dopo anni e ritrovarsi tra le mani la sua fotografia e sentire il cuore impazzire, come se tutto quel tempo trascorso senza lui non fosse mai passato. E allora capisci che l’amore vero non finisce mai. Forse rende speciale l’amore quella sensazione che ci fa sentire bene quando apriamo gli occhi al mattino e troviamo il suo buongiorno sul telefonino. Sapere di essere il suo primo pensiero la mattina. Forse a rendere speciale l’amore è capire che non hai sofferto inutilmente quando, dopo tante lacrime, lui è di nuovo accanto a te. Forse l’unica verità è che nessuno può davvero esprimere a parole cos’è che rende speciale l’amore. Perché l’amore è pazzia. Amore è dire: "per te farei di tutto!”. Amore è fare davvero tutto per stare con lui per parlare con lui per guardarlo negli occhi anche solo per un secondo. Amore è morire al solo pensiero che un altro possa stare al posto tuo. Amore è quella sensazione che ti fa stare in pace con il mondo intero, quel pensare che, anche se crollasse il mondo in quel momento in cui tu stai con lui, non te ne importerebbe niente perché è lui il tuo mondo. Quando si è innamorati si vede. Sembra quasi di camminare ad un palmo dal terreno. Si vede il mondo tutto rosa e fiori. Ma poi, come in tutte le cose, specie in questa forse, c’è il risvolto della medaglia.
Un amore che finisce. Forse senza un vero e proprio motivo, ma che comunque finisce e se è stato veramente importante ci lascia dentro un senso di rabbia ed impotenza. Ritrovarsi senza quella persona che per tanto tempo è stata il nostro punto di riferimento, ci da un senso di grande solitudine. Ci fa sentire improvvisamente niente. Forse per un po’ crediamo addirittura di odiare quella persona che abbiamo tanto amato. E vorremmo bruciare attimi e ricordi felici, vorremmo affogare nel nostro dolore, ci sentiamo come se quel dolore fosse soltanto nostro. E non abbiamo più fame, sete o freddo. Non abbiamo più voglia di continuare a vivere, a lottare. Quello che ci rendeva forti, quello che ci faceva sentire sicuri e invincibili se n’è andato. Ci ha lasciate con un “non ti amo più” o peggio, senza alcuna spiegazione. E mentre gli altri continuano a vivere, noi ci chiediamo che senso ha avuto tutto questo, ci chiediamo: "di che è la colpa? ". Ma forse dovremmo chiederci se è davvero giusto parlare di colpe. I sentimenti cambiano. Maturano nel tempo e poi si manifestano di botto sconvolgendoci. E ci sembra che tutto sia cambiato troppo in fretta ma sembra a noi che soffriamo. Purtroppo in quei momenti non riusciamo a comprendere che il cambiamento dei sentimenti fa parte del corso della vita. E tutto ciò va accettato ringraziando quella persona che c’è stata accanto per tutto quello che ci ha donato e non odiandola per il male che ci ha provocato lasciandoci. Una volta qualcuno mi disse "Non puoi odiare qualcuno solo perché non ricambia il tuo amore perché tutto questo passerà, tutto passa ci vuole solo un po’ di tempo.” E invece non è vero che il tempo cancella le cose perché esso le nasconde soltanto. Delle cose che non sono più come prima ma che noi vorremmo tornassero indietro. L’amore è un emozione e le emozioni per essere definite tali, restano indelebili. Solo quelli che non ci sono passati credono che una storia possa essere dimenticata con facilità. Ma non è cosi se quella storia è stata importante. Perché ogni gesto, ogni oggetto, ogni canzone, ogni parola, ti ricordano quanto ti manca e quanto vorresti non averlo mai perso. Ma come è dolce soffrire di quella tristezza. Romantica nostalgia di un amore passato e finito. Eppure ancora così vivo. Soffrire e non voler smettere. Soffrire e non voler dimenticare nulla. Nulla di quegli attimi insieme. Dalle parole più fragili ai sorrisi più nascosti. Nulla. Nemmeno i suoi sguardi. Uno dei miei scrittori preferiti dice che " L’amore nella nostra vita non è previsto da contratto, non c’è tassa ne tangente ne alcuna assicurazione che te lo può garantire. L’amore è quel regalo che qualcuno ti fa a sorpresa quando meno te lo aspetti..e non c’è niente di più vero ". Perché l’amore supera ogni barriera, ti fa piangere, sorridere, cantare e ballare. E anche se un amore finisce tutti noi dovremmo avere la forza di ritentare e di buttarci di nuovo. Anche a costo di soffrire ancora una volta. E, dio, Harry, mi sento così stupido adesso. Non l’avrei mai detto, ma mi sono innamorato di te come uno sciocco e la cosa buffa è che lo rifarei infinite volte, ti direi mille volte quanto ti amo solo per vederti arrossire come stai facendo ora. Ti amo Harry. E si, se te lo stai chiedendo, io potrei stare senza di te, potrei anche riuscire a vivere nella tua assenza, ma non voglio. Non voglio vivere senza di te.”  Louis nel frattempo si è avvicinato al lettino e, con le lacrime agli occhi, gli ha preso la mano.
“Louis, è la seconda volta in un giorno che mi lasci senza parole.” Harry non se lo aspettava, non se lo aspettava davvero. Il “bip” del macchinario sembra impazzito ed il povero riccio sente l’aria venirgli a mancare.
“L’unica cosa che devi dire è “Ti amo anche io”, è l’unica cosa di cui ho bisogno.” Louis lo guarda negli occhi, ci scava dentro e, se possibile, si innamora anche di più.
“Lou, dio Lou, ti amo così tanto” dicendo questo, a dispetto di quello che Louis si aspetta, Harry scoppia a piangere e chiude gli occhi con forza, singhiozzando proprio come quella sera.
“Se mi ami perché piangi in questo modo?” il maggiore è così confuso che gli inizia a girare la testa.
“Piango perché quello che mi hai detto è bellissimo e vorrei averlo pensato io, vorrei avertelo detto io.” Harry finalmente apre gli occhi e fa giusto in tempo a mettere a fuoco il mare che erano gli occhi di Louis che si ritrova le sue labbra stampate sulle proprie.
Allora chiude gli occhi e non pensa più a niente. L’amore della sua vita è li accanto a lui che lo sta baciando e gli ha appena fatto un discorso bellissimo, non ha più niente a cui pensare se non a come riuscire a respirare di nuovo senza dover staccare le labbra dalle sue.
 


*Hey, read me!*
Heeeeeey, non posso credere di essere di nuovo qui, per un periodo ho pensato di non riuscire a concludere questa storia a causa di svariate situazioni.
Invece, TA Dà!, ce l'ho fatta!
Scusate per la lunghezza del discorso di Lou e della Os in generale ma, ripeto, è stata scritta in più tempi e non mi sono resa conto di quanto avessi scritto.
Comunque spero vi piaccia, mi farebbe molto piacere se mi lasciaste un commento per farmi capire se ne è valsa la pena o meno...
Just, ti prego, non piangere <3
Baci.
-M.

 
  
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