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Autore: Thiana    29/12/2013    0 recensioni
Quando finisce una storia si soffre, generalmente. E cosa succede quando le due persone coinvolte si rincontrano, quando le ferite sembrano essere finalmente guarite?
L'incontro di Anita e Matteo, nel tardo pomeriggio di un giorno di vacanza, sarà qualcosa di inaspettato per entrambi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Anita aveva sempre amato girare per le vie del centro di Milano dopo il tramonto durante le feste natalizie.
Il freddo avrebbe potuto paralizzare tutti, invece sembrava invogliare le persone ad uscire per prendere una cioccolata calda, per abbracciarsi e tenersi al caldo, o semplicemente per starsene con il naso all'insù a guardare le luci decorative.
Alcuni si tenevano per mano, come se potessero perdersi nella folla; altri se ne stavano vicini a fumare, ridere e scherzare, probabilmente festeggiando qualche giorno di vacanza; altri, invece, si rintanavano al chiuso -bar, cioccolaterie, cinema e negozi- per starsene al caldo.
Salutò la sua amica, che la strinse in un abbraccio, baciandole la guancia, e la guardò andarsene in fretta, diretta altrove.
Caterina, la sua amica, era sempre stata così: energica, sempre di fretta, sempre con un sorriso sulle labbra.
Praticamente l'opposto di Anita, che prendeva sempre tutto con calma, che restava dieci minuti a guardare e fotografare un fiore per poi far tardi ovunque: scuola, lavoro, appuntamenti.
Non che ne avesse molti, di appuntamenti. Da quando si era lasciata con Matteo, l'estate dello stesso anno, si era limitata a frequentare gli amici di sempre, facendo vedere che non era una di quelle che, lasciate da un ragazzo, si chiudono in casa e aveva continuato la sua vita -eliminando però qualsiasi situazione romantica.
Per un po' aveva evitato anche le commedie romantiche perché, se trovi il tuo ragazzo a letto con un'altra, la notte del tuo compleanno, vedere in televisione donne che dopo tante peripezie trovano l'uomo perfetto, ti fa un po' rodere.
E così aveva eliminato gli uomini, le commedie romantiche e anche il caffè -ma solo perché le faceva male allo stomaco.
In giornate come quelle, Anita proprio non aveva voglia di tornarsene a casa, dalla sua gatta e dalla sua coinquilina per sentirle dire, ancora, di quanto fosse salutare quella nuova dieta o di come fosse eccezionale quella o quell'altra cosa orientale che sistemava i chacra -o era il karma?
Così restò lì, nel mezzo di una via di Milano ad osservare le persone, le luci. Le sembrava quasi di poter percepire quel senso di magia che c'era nell'aria.
Un fiocco di neve le cadde sulla punta del naso, come in quei film che aveva evitato -e continuava a evitare. Al contrario, però, quando abbassò lo sguardo non vide il ragazzo di cui si sarebbe innamorata, come succedeva in quelle commedie.
Vide il ragazzo che aveva amato, che le aveva spezzato il cuore, e che ora sembrava odiare più di quanto fosse possibile.
Non le piaceva che qualcosa di negativo si mettesse in mezzo ai suoi momenti di pace, quando osservava le luci e le persone.
Si congelò, e non per il freddo, giusto il momento di ricordare l'esatta sfumatura degli occhi di Matteo quando c'era la neve e poi si girò, camminando verso la sua cioccolateria preferita quasi come se scappasse da qualcuno.
Quando entrò arrischiò a guardarsi alle spalle, e tirò un sospiro di sollievo quando vide che non l'aveva seguita, e la strada dietro di sé era sgombra. Si sedette ed ordinò un tè nero al caramello.
La cosa che più amava di quel posto era che inizialmente era nato come una cioccolateria in cui c'erano sempre figli di papà ma, poco a poco, si era trasformata in una specie di rifugio per chi voleva passare degli attimi di tranquillità. Uomini e donne con libri in mano, giovani coppie che si sussurravano all'orecchio cose sdolcinate, animi solitari che cercavano qualcosa.
Lei l'aveva scoperto per caso, quando, arrivata a Milano, cercava la casa che avrebbe dovuto condividere e invece si era persa.
Salutò una delle cameriere e avvolse le mani intorno alla tazza di tè e guardò i biscotti che le avevano portato insieme alla bevanda.
Ecco cos'altro amava: non portavano piccole tazze di tè insipido e basta. Arrivavano al tavolo sempre grandi tazze stracolme di delizie sotto forma di bevande, tazze grandi come quelle che Anita teneva a casa, con cui faceva colazione. E, quasi come decorazione, biscottini di tutti i tipi da stuzzicare durante la permanenza.
Il campanello sopra la porta tintinnò e, per la prima volta, Anita sperò che non fosse qualcuno che conosceva. Non la sua coinquilina, non la sua migliore amica, non altri amici che magari l'avevano riconosciuta dalla vetrata.
Nessuno di loro, però, le disse «Sapevo che ti avrei trovata qui.»
Senza essere stato invitato Matteo si sedette sulla sedia dalla parte opposta del tavolino rotondo, togliendosi i guanti. «Prima, quando ci siamo... incontrati, credevo avessi visto un fantasma.»
«Forse è così.» Rispose lei, guardando il liquido ambrato nella ceramica a fiorellini che teneva in mano. Tenendo lo sguardo fisso verso il basso poteva vedere solo le sue mani.
Mani delicate ma forti al tempo stesso, mani da pianista che non sapevano suonare una nota, però. Le venne da sorridere quando ricordò quella volta che era riuscita a convincere Matteo a provare a suonare il pianoforte. Due ore di smorfie, risate e spartiti lanciati dalla finestra. Non era riuscito a suonare nulla, nonostante sapesse leggere le note, ed erano finiti a fare l'amore sotto il pianoforte, ridacchiando ancora della pessima prestazione musicale di Matteo.
Anita aveva sempre amato quelle mani, sì. Delicate ma forti.
Dimenticandosi quasi di voler evitare il suo sguardo, alzò gli occhi. Quelli di Matteo erano grandi e grigi, un po' infossati sotto le sopracciglia folte e, adesso, aggrottate.
«Mi stai guardando come quando mi aiutavi a studiare e non capivo.» Mormorò lui, piegando un po' la testa.
Anita esitò. Cosa voleva sentirsi dire? Che le era sembrato di vedere un fantasma? Che le era sembrato di poter sentire il suo cuore frantumarsi ancora una volta, nonostante tutto l'amore che aveva provato ora era, in qualche modo, passato? Che, nel momento in cui l'aveva visto, stava sperando di poter trovare la pace e la felicità?
Se era un segno divino, sicuramente Dio aveva un gran bel senso dell'umorismo.
Abbassò ancora lo sguardo, conoscendo abbastanza bene il ragazzo da sapere che, nonostante dovesse aspettare per una risposta, non se ne sarebbe andato.
L'ultimo loro incontro era stato pieno di lacrime e accuse e rimpianti ma ciò che era mancato erano state le scuse, le spiegazioni.
«Sai, per tanto tempo mi sono chiesta 'perché lei?'. Ma solo da poco ho iniziato a chiedermi solo 'Perché?'. Mi sono concentrata così tanto su di lei che... ho dimenticato di te, di me, di... noi.» Alzò ancora gli occhi, scrutando il viso del ragazzo. Sguardo sinceramente dispiaciuto, labbra strette, spalle contratte. «Perché, Matteo? Perché?»
Poté scorgere una smorfia di dolore sul suo viso e capì di non odiarlo. Odiava quello che le aveva fatto. Odiava averlo scoperto cogliendoli sul fatto. Odiava che fosse proprio la sua ex ragazza. Odiava non essere stata lei. Odiava aver sentito il suo cuore andare in mille pezzi, lasciando un lastricato di pezzetti di cuore ai piedi di Matteo.
«Perché sono stato uno stupido a non pensare a te. A non pensare proprio.» Scosse la testa, quasi sfuggendo dal suo sguardo. «Perché sono sempre stato una testa calda che non pensa e, proprio nel momento in cui dovevo pensare di più, ho lasciato che fosse altro a guidarmi. Io... mi credi se ti dico che mi sono spaventato per come stavano andando le cose e, penso, ho cercato di rovinare tutto?»
Lo disse in modo tanto onesto che Anita non poté far nulla se non credergli.
Alle spalle di Matteo, scoppiettava un fuoco che scaldava tutto il locale, alimentato da ciocchi di legno aromatizzati che profumavano l'aria di Natale, belle cose e sogni. Anita aveva sempre pensato che, se avessero fatto un profumo con quegli aromi, lo avrebbe di certo indossato.
Prese un sorso di tè, guardando il ragazzo davanti a lei oltre il bordo dei ceramica. Occhi stranamente grigi in un viso acceso di colore, contornato da peluria scura.
«Ero arrabbiata con te» disse, anche se voleva dire 'Mi hai spezzato il cuore' e 'Sono stata mesi a non voler uscire di casa perché anche respirare era troppo doloso' e ancora 'Mi sei mancato più di quanto credevo fosse possibile', ma disse: Ero arrabbiata con te.
«Lo ero anche io.» Il tono della voce di Matteo la fece sentire in colpa. Aveva demonizzato il ragazzo che le stava davanti, in quei mesi passati. L'aveva additato come il male, come qualcuno che si era divertito facendola soffrire, come la causa di tutto. Non aveva mai pensato che, nonostante avesse sbagliato, potesse essere dura anche per lui. «Per giorni volevo venire da te, e spiegarti, e dirti come stavano le cose, e dirti che ero spaventato.»
«E allora perché non l'hai fatto?»
«L'ho fatto.»
«No.»
«Sì. L'ho fatto. Sono venuto da te. Sono arrivato fino alla porta e poi... Non ce l'ho fatta.»
«Beh, è un peccato.»
«Mi dispiace, Anita.»
«Immagino che non sapessi cosa dire, se avessi aperto.»
«No, non hai capito. Mi dispiace per quello che ho fatto.»
«Andare a letto con lei.» Dire il suo nome era ancora troppo difficile.
«No, averti ferita.»
Questo, Anita non se l'era aspettato. E lei, che conosceva davvero bene Matteo, quel giorno era stata sorpresa diverse volte.
Mentre girava il cucchiaino nella tazza, ricordò tutti i momenti in cui era stata felice con lui. Quando erano stati in vacanza insieme, in Calabria, e avevano affittato un piccolo appartamento; quando lui le aveva regalato una rosa, portandogliela in classe; quando si erano rotolati sulla sabbia solo per giocare, ritrovandosela poi ovunque: quando lui le aveva detto di amarla e l'aveva stretta forte, quasi come se lei fosse la sua ancora; quando lui, sotto sedativi per un'operazione, le aveva detto di aver scoperto che Tolkien era suo nonno, e lui era un mezzo hobbit. Momenti che solo ora riesce di nuovo ad assaporare bene.
«La prossima settimana è il tuo compleanno.»
Lui annuì, cercando di capire cose centrasse in tutto quello.
«Ti avevo comprato una maglietta del Signore Degli Anelli, sai?»
In fondo all'armadio di Anita, il pacchetto regalo veniva sempre guardato, preso in mano e poi ributtato dov'era, con l'incertezza se buttarlo o lasciarlo marcire nel fondo del mobile.
Senza voler pensare troppo a quello che stava facendo, Anita si alzò, lasciando una banconota sul tavolino.
«Se ti va di farmi compagnia per la strada di casa, magari potrei dartela. L'avevo comprata per te, e poi è troppo grande per me.»
Con un sorriso mesto Matteo si alzò, seguendola fuori dal locale.
Di certo non è un nuovo inizio per un'altra storia d'amore, ma chissà, pensarono entrambi, potrebbe essere l'inizio per mantenere un rapporto troppo bello per essere davvero gettato via.
E come era stato per tanti anni, con Matteo alla destra di Anita, camminarono verso casa della ragazza, guardando le vetrine e parlando della gente che affollava le strade. Una sola cosa era diversa rispetto tutte le volte precedenti, i due ragazzi che avevano camminato fianco a fianco questa volta non si tenevano per mano.

 

 

 

 

 

 

Le vacanze natalizie mi hanno un po' ispirata, e l'assenza di internet mi ha decisamente aiutata! Se vi va, fatemi sapere cosa ve ne pare...

   
 
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