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Autore: Madotsuki    30/12/2013    1 recensioni
Estratto:
"Vreestburg era un piccolo villaggio, con i suoi pochi abitanti e il suo amato e rispettato Re Hamato Yoshi.
Hamato Yoshi era un uomo di buon cuore e dall'animo puro. Ogni sua decisione si rivelava sempre quella giusta e, ovviamente, tutti gli abitanti erano felici di ciò; felici di poter vivere in pace e armonia in quel modesto villaggio, ma ahimé, isolato dal mondo."
Genere: Avventura, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato
Note: AU | Avvertimenti: Furry
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Vreestburg era una piccolo villaggio, con i suoi pochi abitanti e il suo amato e rispettato Re Hamato Yoshi.

Hamato Yoshi era un uomo di buon cuore e dall'animo puro. Ogni sua decisione si rivelava sempre quella giusta e, ovviamente, tutti gli abitanti erano felici di ciò; felici di poter vivere in pace e armonia in quel modesto villaggio, ma ahimé, isolato dal mondo.

 

Al fianco del Re, vi era anche Oroku Saki, fedelissimo consigliere e Comandante dell'esercito reale. Avevano già vinto innumerevoli battaglie grazie alla sua astuzia, nulla togliendo al suo immancabile coraggio e alla sua destrezza nei movimenti, la quale gli aveva salvato la pellaccia in moltissime occasioni.

 

Invece, attraversando gli alti alberi di quercia e passando accanto ad un lungo e grande torrente, si poteva benissimo vedere una piccola casetta in mezzo al verde, e, accanto a questa, una stalla; dentro la quale vi erano moltissimi cavalli di moltissime razze.

“Ancora uno...”

Si sentì nitrire forte, infatti un cavallo non voleva saperne... non voleva saperne di farsi spazzolare.

“Su, andiamo, Fulmine! Sta buono!”

Il cavallo non insistette molto e per fortuna si lasciò spazzolare, pulire gli zoccoli e sistemare la sella in groppa senza opporre resistenza.

“Ce l'ho fatta!”

 

“Ottimo lavoro, figliolo”. Disse un'anziana voce, avvicinandosi, a quanto pare, al proprio figlio.

“Grazie...” Il figlio gli rispose timidamente, guardando il pavimento e torturandosi le mani con agitazione.

Il padre comunque, conoscendo l'eccessiva timidezza del figlio, gli disse: “Michelangelo, figlio mio, ho bisogno del tuo aiuto...”

Il ragazzo, una tartaruga di soli 16 anni di nome Michelangelo, sbatté i grandi occhi azzurri, non capendo assolutamente dove voleva andare a parare il padre.

“Ho bisogno che tu vada a comprare un paio di cose per me, dato che presto i Soldati del Re partiranno per una nuova missione, sai... per scontrarsi contro i -Ribelli-... Quindi verranno sicuramente a fare rifornimento di cavalli da noi”.

Michelangelo poteva ben capire il suo ormai vecchio padre, un topo; aveva sofferto molto quando ancora era solo un cucciolo, quando era cominciata questa differenza tra “mutanti” e “umani”.

Non si sapeva come i mutanti fossero finiti su quel pianeta e non si sapeva se erano davvero loro gli -invasori-, visto che ormai uomini e mutanti abitavano assieme da più di mezzo secolo. Però, la cosa certa era che i mutanti venivano trattati come delle pezze dagli umani, che si credevano i più forti... mentre i mutanti erano sotto schiavitù da quest'ultimi.

 

“Va bene, padre. Lascia fare a me!” Esclamò Michelangelo, abbozzando un dolce sorriso.

 

* * *

 

Camminando lungo il torrente che portava verso il bosco, la tartaruga si fermò un attimo, per poter respirare così l'aria fresca che la natura gli stava donando.

A Michelangelo piaceva la natura. Forse era l'unica cosa che lo faceva sentire -vivo- e non un -mostro-, come lo avevano sempre schernito gli umani.

La tartaruga si sedette su un sasso e con i piedi toccò l'acqua gelida del torrente, che gli procurò un piccolo brivido sulla schiena.

Ad un certo punto sentì qualcosa strusciarsi dolcemente sulla sua gamba destra, il ragazzo abbassò lo sguardo e vide un tenero e piccolo gattino dal pelo rosso che gli faceva le fusa.

“Oh, piccolino... ti sei perso?” Disse, chinandosi con la schiena per poterlo poggiare successivamente sulle gambe. “Mmh, non sembri avere una casa... vorrà dire che ti porterò con me!” e tutto contento iniziò ad accarezzargli piano la testolina “Ti chiamerò Klunk!” Fu il primo nome che gli venne in mente, e tra l'altro sembrava fatto apposta per lui!

 

“Meglio che mi sbrighi... Altrimenti non riuscirò a comprare assolutamente nulla!”

Detto questo poggiò il gattino dentro al medio cesto che s'era portato dietro, prendendolo successivamente con entrambe le mani e correndo a più non posso verso il villaggio.

 

* * *

 

Alla fiera del villaggio c'era davvero una gran folla e infatti Michelangelo soffriva tantissimo, stare insieme ad altre persone gli faceva venire un'ansia pazzesca, a causa del suo essere così timido.

“Attento dove vai”, disse uno “Potrei dirti la stessa cosa, idiota!” rispose un secondo; e così andavano avanti per ore le scazzottate che la gente era solita fare quasi ogni giorno...

Perché, probabilmente, a loro piaceva attaccarbriga.


Michelangelo fece finta di niente e, tenendo il cesto con una mano, cercava di nascondersi le labbra con il foulard arancione che portava al collo.

“Mmh...” Mormorò “Meaow...” rispose il gattino all'interno del cesto.

 

Il ragazzo rise fievole, continuando a camminare, ma con distrazione...

Si sentì un forte botto, e il cesto cadde in terra, facendo sobbalzare così il piccolo gatto al suo interno, il quale si mise accanto a Michalengelo, che era caduto con il sedere per terra.

“Che botta...” strizzò gli occhi, massaggiandosi il punto dolorante “M-mi scusi...!” Esclamò, alzando lo guardo...

 

“Non devi scusarti, Sweetheart. E' stata colpa mia, a volte ho la testa fra le nuvole”.

A parlare fu un'altra tartaruga, proprio come lui; ma la sua corporatura era visibilmente più grande e robusta, a differenza di quella mingherlina e asciutta di Michelangelo.

Portava una specie di uniforme blu, ma non sembrava un soldato dell'esercito; però l'ipotesi era errata a prescindere: i Soldati del Re erano tutti umani.

 

La cosa che colpì di più Michelangelo fu il sorriso raggiante del forestiero, e quel sorriso gli fece mancare il respiro, il cuore sembrava avesse iniziato una spericolata corsa contro il tempo.

Sembrava un allocco; era rimasto lì, imbambolato a fissarlo, boccheggiante e con gli occhi sgranati.

 

Il forestiero ridacchiò.

Michelangelo invece avrebbe tanto voluto scomparire sotto terra, come fanno gli struzzi.

Sì, avrebbe tanto voluto essere uno struzzo.

 

Il giovane ragazzo venne aiutato a rialzarsi.

E Michelangelo all'improvviso sentì gli occhi dell'altro puntati nei suoi: quel comportamento così diretto l'aveva scosso e imbarazzato davvero tanto, e questo sembrava divertire lo sconosciuto.

Michelangelo si chinò nuovamente per recuperare ciò che gli era caduto dal cesto, compreso il piccolo gattino che sistemò subito comodamente dentro ad esso, e frettolosamente; infatti alcune cose gli sfuggirono di mano.
L'altro scosse il capo, emettendo un piccolo risolino e chinandosi, prendendo una mela ch'era caduta dal cesto e porgendola al ragazzo.
“Leonardo”.

Michelangelo girò il capo e sbarrò gli occhi, sbattendoli subito dopo, entrando così in confusione.

“Il mio nome è Leonardo”. Aveva ripetuto.

La tartaruga minuta s'alzò, e così fece l'altra “Il mio è... Michelangelo”.

“Piacere di fare la tua conoscenza, Michelangelo...”

Michelangelo afferrò la mela e sfiorò per una frazione di secondo la mano del forestiero. Rimase immobile senza dire una sola parola. Intanto Leonardo s'era girato e l'aveva salutato con quella stessa mano, alzata, dileguandosi fra la folla.

 

Quando finalmente Mick tornò in sé -non tanto-, continuò le sue compere... pensando però all'incontro appena fatto.

 

Leonardo...

 

 

 

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