Anime & Manga > Alice Academy/Gakuen Alice
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Autore: Strawbana    30/12/2013    1 recensioni
E' la mia prima "prova" su questo fandom. Sarà una raccolta di oneshot sulla mia pair preferita di GA, molto poco calcolata, la KokoxSumire, altrimenti detta KoMire nel fandom inglese -ed adotterò anch'io questo modo di chiamarla-.
Le OS non hanno un filo in particolare che le lega, oltre al fatto che sono basate su delle citazioni che mi ispirano particolarmente e due prompt, e neanche un genere preciso. Alcune shot potrebbero contenere o essere direttamente basate su spoiler per chi non legge il manga o è indietro, ma li segnalerò man mano.
Enjoy~
#2. “I want pizza. And you.”
straw part of the duo~
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kokoro Yome, Sumire Shouda
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Title: Between fast-foods and wishes
Genre: Humor/Romance
Words: 1.051
Notes: Non ho molto da dire oltre che questa shot è mezza-AU, cioè hanno frequentato la Gakuen Alice ma fanno una vita normale, in pratica è ambientato dopo il diploma. Questa shot è lasciata "a metà" volutamente, perché più in là ne farò un seguito, ma con un'ambientazione diversa. Insomma, vedrete-- Ah, una cosa che non ho specificato prima, perché dimentico sempre tutto: i titoli dei capitoli non sono proprio titoli, contengono soltanto i prompt che mi vengono dati per fare queste robe (?).
Enjoy~
 
 

I want pizza. And you.
—Anonymous
 

Kokoro Yome si chiedeva ancora perché doveva lavorare in un fast-food. Non che non gli piacesse o lo trovasse rivoltante, ma al limite avrebbe voluto lavorare in una pizzeria, magari come addetto alle consegne.
Invece no, ogni giorno era costretto a stare dietro un bancone e parlare con persone. Persone, capito? Troppe persone. Insomma, non era abituato. Alla Gakuen Alice si potevano contare… quanti, 200 studenti? E inoltre non era fatto per lui, troppe cose da ricordare ed ordini che sparivano dalla sua mente una volta arrivato sul retro per consegnarli. Proprio per quello chiese al dirigente di aggiungere i taccuini.
 
Oh, sì, poi c’erano quegli studenti che pensavano che appena usciti dall’accademia sarebbero stati raccomandati ad un lavoro che si sarebbe adattato perfettamente al loro Alice.
 
Balle.
 
Chi meglio di lui poteva dirlo? Insomma, a cosa ti serve leggere il pensiero in un fast-food? Per prevedere le ordinazioni? La sua testa sarebbe scoppiata! E poteva ringraziare che la carne arrivava già macellata o avrebbe dovuto pagare uno psicologo per colpa dei traumi che gli avrebbero procurato le urla di terrore dei poveri animaletti.
 
“Giovanotto? Mi ascolti!?” No, quello non era il miglior momento per pensare alla propria vita. “Ehm, mi perdoni signora, cosa desidera?” Cercò di tirare fuori un sorriso convincente, ma era sicuro gli fosse uscita più una smorfia da stupratore seriale.
“Vorrei una pizza.”
… Ok, quello non era previsto. Durante i suoi lunghissimi quattro mesi, una settimana e 5 giorni di lavoro nessuno aveva mai ordinato qualcosa che non c’era nel menù!
“Mi scusi, ma noi non facciamo pizze, è un fast-food—” Venne zittito dall’espressione ostile della -vecchia- signora, che alzò un dito indicando la pizzeria che si poteva chiaramente vedere dalla grande vetrata. Per tutta risposta alzò un sopracciglio, non capendo cosa volesse intendere. Forse si vergognava e voleva essere accompagnata? O voleva che le comprasse una pizza al posto suo? Nah, probabilmente era un genio spuntato da qualche parte che avrebbe esaudito il suo desiderio di lavorare in pizzeria. Precisamente quella pizzeria.
“Una signorina mi ha detto di venire qui perché loro al momento sono fuori servizio.”
Oh.
“Ma noi non facciamo pizze qui, magari le interessa altro? Un panino?” In quel momento la sua modalità era al 100% settata su ‘professionale/languido/scandisci-bene-le-parole’. Chissà, magari era davvero un genio o un Dio o un unicorno senza corno e voleva testare la sua generosità e bontà verso il prossimo.
“No, voglio una pizza.” La signora sembrava pensarci su, passava con lo sguardo dalla pizzeria di fronte, a lui, al bancone e di nuovo alla pizzeria per poi tornare a lui e avvicinarsi, mettendo una mano nella borsa. “Facciamo una cosa, ragazzino.”
“… Signora, mi dispiace, le giuro che sono minorenne e mia madre non è in casa— …scusa sbagliata.”
La signora tirò fuori una manciata di soldi e glieli mise davanti, ignorando le cose senza senso che stava confabulando. “Visto che fai parte del personale di questo posto, magari puoi rimediarmene una dalla pizzeria di fronte. Questi sono i soldi, puoi tenerti il resto. Anche se ti licenziano posso rimediarti un posto io da qualche parte.”
Sebbene la proposta fosse allettante, non riusciva a capire bene tutta quell’ossessione per la pizza. Insomma, può darsi che a certe persone non vadano a genio le salse, ma se hai fame puoi anche mangiarle, non ti corrodono lo stomaco o cose del genere. Anche un cavolo di konbini non le avrebbe rovinato la vita!
Ma in realtà non gli importava, probabilmente avrebbe avuto la risposta a tutto dopo averle portato la pizza.
 


Tutto quello era assurdo. Come poteva sperare di ottenere una pizza se i forni erano rotti!? I forni. Quelli per cuocere le pizze. Doveva portargliela cruda? O cuocerla sull’asfalto?
Era davanti all’entrata a fare avanti e indietro sul marciapiede fermandosi ogni tanto a fissare il cartellone, e cominciò a chiedersi perché esattamente era ancora lì, a pensare. E perché avesse accettato, cavolo! Insomma, era nel personale, sì, ma di un fast-food. Un fottuto fast-food davanti alla fottuta pizzeria. Non ci voleva un genio per capire che erano “rivali” in quella strada e che non gliel’avrebbero data a priori, una pizza.
 
Ma, ovviamente, al suo cervello serviva ossigeno per lavorare e quella signora aveva una specie di raggio d’azione di minimo 15 centimetri di solo profumo francese, i suoi neuroni erano collassati per overdose.
 
Cominciò a ricordare perché volesse lavorare in pizzeria. O meglio, il motivo lo sapeva già, da tanto, troppo tempo.
 
Sumire.
 
Ebbene sì, lei lavorava lì e non sapeva esattamente perché una come lei avesse deciso di lavorare in una pizzeria. Probabilmente era per assicurarsi un posto decente, non aveva idea di che razza di lavoro potesse capitarle con l’Alice che si ritrovava. Cane da tartufo, forse?
Così lui decise di seguirla e tenerla d’occhio trovando un posto al fast-food di fronte, ovvio.
… Peccato che si accorse troppo tardi del fatto che poteva direttamente trovare un posto nella stessa pizzeria.
 
Non c’era un motivo al volerla tenere d’occhio. Non aveva provato a licenziarsi perché cominciava a credere che fosse meglio in quel modo, dopo la litigata che ebbero poco prima del diploma. In un certo senso, stava recuperando la parte che odiava del suo vecchio carattere: l’insicurezza. L’unica cosa che poteva ringraziare era il fatto che la provava solo nei suoi confronti.
 
Ritornò alla realtà appena intravide due occhi verdi che lo scrutavano attraverso il vetro semi-scuro della porta. Non poté trattenere un sorriso e si decise ad entrare.
“Perms~ Da quanto tempo~” Chiuse la porta con un piede e si avvicinò al bancone. “Non direi, visto che ti vedo ogni giorno. Ma sì, non ci parliamo da tanto.” Notò che rifiutava il contatto visivo, spostando lo sguardo continuamente e subito dopo cominciando ad andare in giro fingendosi indaffarata. “Allora, cosa vuoi?”
“Voglio una pizza. E te.” Si girò finalmente a guardarlo, alzando un sopracciglio. “C’è un cartellone grande quanto una casa lì fuori che dice chiaramente ‘i forni sono fuori servizio’, lo fissavi intensamente perché non riuscivi a leggerlo per caso? E mi dispiace ma non sono un contorno—” Venne interrotta bruscamente dalle sue labbra, che si posarono sulle sue in un bacio casto e veloce.
 
“Ma sei ugualmente deliziosa e posso comunque portarti con me.”
   
 
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