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Autore: Amarida    30/12/2013    0 recensioni
"I tuoi sogni hanno la stessa consistenza di quelli dei bambini. Sono vivi, colorati, intensi e non si nascondono di giorno nei recessi della tua mente, ma ti abitano appena sotto le palpebre, tanto che anche ora li posso vedere. Potrei persino toccarli. Vorrei solo sapere come fai”.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sogno
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La donna riemerse a fatica dal cappotto, cercando a tentoni l’interruttore della luce.
Quando, finalmente, lo trovò, stava già srotolandosi dal collo i molti giri di sciarpa.
Le pareti gialle del piccolo ingresso esplosero di luce, tanto che fu costretta a socchiudere gli occhi, mentre si toglieva gli stivali bagnati. Filò dritta in camera attraversando la sala buia e lasciando impronte umide sul pavimento. 
Fu allora che lo vide.
Seduto sulla poltroncina rossa davanti alla finestra c’era un uomo vestito di nero, dall’età indefinibile e dall’aspetto per niente rassicurante.
La borsa le cadde di mano piombando sul pavimento con un clangore di chiavi e monete, ma non le riuscì di gridare. L’uomo, infatti, la guardava con gli occhi più strani che lei avesse mai visto: completamente neri, senza sclera, iride o pupilla. Nel nero, però, splendeva a tratti un bagliore lontano. “È come guardare una stella persa nell’abisso”: pensò. E per quanto quello sguardo fosse inquietante, non riusciva a staccarsene. Così, quando l’uomo sollevò una mano lunga e ossuta, indicando il divano di fronte, le venne naturale obbedirgli e si sedette, rannicchiandosi nell’angolo più lontano da lui.
“Non farmi male” riuscì a dire in un soffio.
“Non ne ho l’intenzione” rispose l’uomo con una voce perfettamente coerente al suo aspetto: fredda e bassa eppure piena e ipnotica.
“A… allora cosa vuoi? Osò chiedergli.
“Solo farti una domanda” disse lui tranquillo, distendendo le lunghe gambe fasciate di pelle nera e incrociando le caviglie senza smettere di guardarla.
“Una…?”
“Sì, una domanda. E poi me ne andrò come sono venuto” proseguì leggermente spazientito.
“Già, da dove diavolo sei venuto?” fu tentata di chiedergli lei, un poco rassicurata dal fatto che, se fosse stato davvero un ladro o peggio, non avrebbe perso tutto questo tempo. Per fortuna rimase zitta.
L’uomo si alzò di scatto e le diede le spalle, liberandola dell’incantesimo dei suoi occhi insondabili. 
Se avesse voluto fuggire, pensò, quello era il momento giusto; ma ormai era curiosa di sentire la domanda. L’uomo capì che era pronta e si voltò con l’ombra di un sorriso sulle labbra sottili.
“Voglio sapere come ci riesci” disse soltanto.
“A fare cosa?” domandò lei dopo un istante, quasi delusa.
“Insomma, non mi pare che tu sia una bambina…” proseguì lui senza risponderle.
“Grazie, eh!” se ne uscì lei, con un inopportuno, scatto d’orgoglio.
L’uomo pareva dispiaciuto di averla urtata, ma non chiese scusa.
“Ah, accidenti” disse invece, “intendevo dire: sei una donna adulta, eppure i tuoi sogni hanno la stessa consistenza di quelli dei bambini. Sono vivi, colorati, intensi e non si nascondono di giorno nei recessi della tua mente, ma ti abitano appena sotto le palpebre, tanto che anche ora li posso vedere. Potrei persino toccarli. Vorrei solo sapere come fai”.
 “Perché lo vuoi sapere?” chiese la donna.
L’uomo allora le sì parò davanti e a lei sembrò che non indossasse più i semplici abiti neri che portava un attimo prima, ma fosse completamente avvolto in un lungo mantello nero e fluttuante, e che il suo viso brillasse di una luce pallida, che finiva inghiottita nel nero impossibile degli occhi: “Non è umano” realizzò con terrore.
“Perché sono Sogno degli Eterni e, benché sia antico più di quanto immagini, non mi è capitato spesso di veder vagare nel mio regno una come te”.
La donna non rispose. L’uomo si passò una mano tra i capelli già sufficientemente spettinati con un gesto inquieto e lei capì che non era il caso di farlo arrabbiare, ma, davvero, non sapeva cosa dirgli.
“Scusa, io…” cominciò, poi si bloccò e osò sollevare lo sguardo verso di lui esclamando, convinta: “Ho capito! È un sogno: uno dei miei soliti strampalati sogni, però…” continuò sorridendo e osservandolo da capo a piedi, “mi piacerebbe sapere come diavolo ho fatto a sognare te: sei davvero… singolare.”
Anche l’uomo suo malgrado sorrise: “Sono stato definito in molti modi da gente atterrita o affascinata – o entrambe le cose – da me”, disse, “ma ‘singolare’ non mi era ancora capitato”.
“Comunque no, non stai affatto sognando” aggiunse. “E se te lo dico io, puoi fidarti. Io sono Sogno: non sono un dio, non sono un uomo, sono quello che sono ed esisterò fintanto che gli uomini sogneranno. I sogni sono il mio regno e la mia essenza, li conosco tutti e li sento come tu puoi sentire una parte del tuo corpo.” Disse avanzando verso di lei e costringendola ad indietreggiare. Disgraziatamente la stanza finì e lei si ritrovò, letteralmente, con le spalle al muro. Allora lui si chinò, cercò il suo sguardo e, ignorando la paura che le leggeva negli occhi, proseguì: “quindi, quando mi sono accorto che i tuoi sogni erano, diciamo, ‘singolari’ ho pensato che mi sarebbe piaciuto sapere perché. Puoi rispondermi?” l’incalzò di nuovo.
Solo quando vide le lacrime affacciarsi negli occhi di lei pensò di distogliere lo sguardo e allontanarsi.
“Io… io… non lo so!” disse la donna piangendo.
Sogno, spiazzato, si sforzò di assumere un tono più gentile e un aspetto meno spaventoso. La ragazza lo vide tornare vestito di un paio di pantaloni neri e una maglietta e le sembrò che fosse anche più basso e meno disumano: “Puoi pensarci, se vuoi” le propose: “Me ne andrò e tornerò quando avrai una risposto: io lo saprò quando la troverai…”.
Alla donna, che aveva appena cominciato a sperare che se ne andasse, le ultime parole suonarono come una minaccia. “No, aspetta” lo richiamò “posso… provare a pensarci anche ora” disse in un soffio. Quindi chiese: “possiamo sederci?”
Sogno degli Eterni si limitò ad indicarle il salotto e in breve si ritrovarono nelle stesse posizioni di prima: lei rannicchiata sul divano, lui allungato sulla poltrona. 
La vide asciugarsi le lacrime col dorso della mano, poi chiudere gli occhi e respirare a fondo e lentamente. Poi, pian piano, vide la consapevolezza farsi strada dentro di lei: “Uomini” pensò, “così facili da leggere, ma impossibili da decifrare”.
E quando, finalmente, la vide riaprire gli occhi seppe che avrebbe avuto la risposta che cercava; ma non quella che immaginava.
“Perché non ho un amore, ne mai ne ho avuto uno da ricordare” disse lapidaria la donna, stringendo i pugni. 
Fu la volta di Sogno di rimanere confuso e spiazzato: non gli capitava spesso.
“Come, scusa, spiegati meglio…” disse.
“Credo che sia perché chi ha, o ha avuto, un amore non ha bisogno di rifugiarsi nei sogni: li ha già davanti agli occhi, oppure li conserva nella memoria. E i sogni, allora, diventano solo qualcosa di fisiologico, necessario a fare un buon sonno e a liberare i pensieri…”
“Tu credi che i sogni siano solo questo?” Chiese l’uomo serrando con forza i braccioli della poltrona.
“Io so che dovrebbero essere solo questo… se la vita avesse un minimo di logica” disse la donna, trovando chissà dove il coraggio di guardarlo negli occhi e di sorridergli, poi continuò: “ma poiché spesso non ce l’ha, per la maggior parte degli uomini sono molto di più. E se sei davvero quel che dici di essere, dovresti saperlo” concluse con quella che Sogno interpretò come una punta di sarcasmo.
“Certo che io sono quello che…” cominciò lui piccato. Poi s’interruppe e fece un gesto vago con la mano per dirle di continuare.
“Io, invece, non ho nessun amore da vivere o da ricordare e dubito che ne avrò mai” osservò con dignitosa amarezza; “ma poiché senza amore è impossibile vivere, ognuno cerca il rimedio che più gli si addice: c’è chi se lo procura col denaro, chi lo trova nei libri, chi lo sbircia sugli schermi di computer e televisori. Io, nel tempo, ho scoperto che immaginarmelo è la cosa che mi riesce meglio. E quando si comincia ad immaginare un amore, è inevitabile continuare col costruire attorno ad esso un mondo altrettanto desiderabile, capace di allontanarci almeno un poco dalla paura e dal dolore…”.
La donna si zittì all’improvviso per osservare l’uomo che si era proteso ad ascoltarla: il gomito puntellato su un ginocchio, una mano a sostenergli il mento affilato, le labbra bianche appena socchiuse e gli occhi di un nero inumano fissi su di lei. Poi riprese, con un certo disagio, torcendosi le mani: “Ecco, è per questo, credo, che i miei sogni sono vivi come quelli di un bambino, con un’unica differenza: i bambini ancora non sanno che esiste un confine tra realtà e immaginazione e, dunque, lo ignorano serenamente. Io so che quel confine esiste e varcarlo, allora, diventa più faticoso, ma necessario, perché se non riuscissi più ad entrare credo che impazzirei”. 
Sogno si alzò e si avvicinò a lei, sovrastandola con la sua figura nera e spigolosa. 
“Dunque è per questo?” domandò. Poi, senza aspettare risposta aggiunse: “Sì, in effetti è plausibile… grazie per aver risposto alla mia domanda: prometto che non verrò più a importunarti” disse indietreggiando, deciso a tornare nell’ombra da cui era venuto. Un istante prima di scomparire, però, un altro pensiero gli attraversò la mente e le chiese: “Permetti ancora una cosa? Se la tua vita è così vuota, senza un amore, e sempre in bilico sulla follia, perché, allora, invece di me, non invochi mia sorella Morte? Sai, nonostante quel che si dice di lei, è una ragazza simpatica ed è molto più pietosa di me: infatti, non si limita ad alleviare le pene per pochi minuti; ma per sempre”.
La donna si alzò di scatto dal divano e Sogno se la trovò di fronte, a un solo passo di distanza, e si sentì stranamente inerme sotto il suo sguardo. Poi, finalmente, lei disse: “Perché la mia vita non è poi così orribile, dopotutto. E finché posso avere il Sogno, non ho motivo di desiderare la Morte”.
“Nessuno può avermi” rispose lui asciutto, ma subito una folla di ricordi gli invasero la mente: Kilalla del Bagliore, Nada… E il suo tono si addolcì: “O meglio, quasi nessuno; ma è una via che non ti consiglio: le poche donne che ho desiderato hanno avuto in sorte destini di delirio e disperazione peggiori della morte” disse con fredda mestizia, poi proseguì: “…e, dopotutto, ora che ti ho conosciuto e che ho scoperto il tuo segreto, mi spiacerebbe farti del male”.
In quel momento Sogno sentì due mani tiepide stringere le sue, fredde e ossute e dovette resistere all’istinto di allontanarsi.
“E se io non ti volessi come amante…” cominciò a donna
Sogno la fissò sbalordito, forse anche un po’ offeso, allora lei proseguì: “…ma come amico? Pensi che saresti per me altrettanto distruttivo?”
Prese tempo per pensare: perché non aveva considerato lui stesso questa ipotesi? I mortali erano davvero imprevedibili…
“Sogno non è mai esente da rischi” disse infine “ma in effetti sì, credo si possa fare…”
“Allora, affare fatto” disse lei semplicemente, poi, con un sorriso: “torna quando vuoi…”
“In realtà, amica mia, d'ora in poi non me ne andrò mai più…”

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Portate pazienza: è la seconda volta che mi intrometto nel mondo delle FF da profana e alzando senza dubbio la media d'età degli autori. E per la seconda volta mi cimento con un re dei sogni. Evidentemente questi personaggi mi affascinano. Ammetto di aver letto giusto un paio di albi di Sandman, dunque mi scuso nel caso non ne abbia rispettato il carattere. Se vi venisse il sospetto che l'altro personaggio abbia qualcosa di autobiografico, la risposta è sì. Saluti a tutti e, spero, buon divertimento! 
  
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