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Autore: hugrauhl    30/12/2013    5 recensioni
E' bello rammentare che non sempre hai bisogno di vedere qualcosa per sapere che c'è.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter one.

Era il lungo e gelido inverno del 1940 quando a Parigi in Francia, la neve iniziava già a scendere pochi giorni prima di Natale, tutti avevano la magia del Natale nel cuore quasi tutti i francesi. Eppure era proprio quella notte che la nostra storia inizia misteriosamente, tra le lacrime e le grida degli ebrei parigini.
 
Faith, è pronta la colazione -
Urlò mia zia dal piano di sotto, aprendo gl’occhi guardo la sveglia e appena la mia vista si mette a fuoco noto che sono le nove di mattina. Mi ha svegliato piu’ tardi di ieri e piu’ presto dell’altro giorno, a mia zia non interessava il tempo gli bastava che aprissi la pasticceria di mia madre. A lei interessava solamente che dessi il cambio a mio zio che era incapace di lavorare da solo, appena messi i piedi a terra mi accorgo che fuori il cielo era grigio e scuro, sembrava che stesse arrivando una tempesta senza precedenti strano perché il meteo non aveva dato pioggia per oggi.

Arrivo zia, mi sono appena svegliata - gli urlo, per fargli capire che avevo sentito la sua voce e che ero finalmente sveglia, mi avvicino al mio armadio e decido che cosa mettermi.
Un maglioncino scollato, un paio di jeans e le mie solite scarpe.
I miei capelli neri sciolti sulle spalle, appena vestita ero pronta per andare a lavorare e pronta alla solita tortura di ogni giorno.
Scendo le scale e vedo mia zia che mi ha lasciato il caffè sul tavolo
Buongiorno cara – io gli faccio un sorriso mentre bevo un sorso di caffè

Stai bene truccata così  – spesso mia zia fa fatica a guardarmi in faccia perché assomiglio troppo a mia madre e lei ancora non ha superato la sua morte ormai risalente a cinque anni fa.
- Grazie, adesso vado che se no lo zio impazzisce – gli bacio la guancia e scappo fuori avvolta dal giubbotto e dalla sciarpa, dopo aver girato per diversi vicoli arrivo alla pasticceria di mia madre.
Prima che mia madre me la lasciasse era di mia nonna, lei amava fare i pasticcini ma mia nonna adesso è’ troppo vecchia per lavorare e la vedo molto poco, però mi manca molto spesso.
- Ciao zio – dico entrando nella pasticceria, mio zio preso dai clienti mi saluta con la mano e con un sorriso, indosso il mio grembiule e mi metto subito al lavoro. Mi avvicino a mio zio per sapere che cosa devo fare
- Vai a prendere l’ordinazione al tavolo tre, sette e nove  - io annuisco e con il mio taccuino mi avvicino al tavolo numero tre
- Buongiorno signore benvenute alla pasticceria Dori, cosa vi posso portare? – dico alle tre vecchiette ben vestite e pronte a prendere il loro solito the mattutino prima di andare al mercato insieme ai loro biscottini alla vaniglia ripieni di cioccolato e scaglie di cocco.
- Faith, siamo amiche di tua nonna non ci dare del tu.. e poi sai già che cosa vogliamo – io gli faccio un sorriso e scrivo sul taccuino le loro solite ordinazioni
- Allora – dico schiarendomi la voce – Tre the al mirtillo, e quattro biscotti a testa giusto – le tre vecchiette annuiscono e io mi avvicino al bancone dove mio zio prende l’ordinazione, e corro verso il tavolo numero sette
- Salve signori Red, cosa posso servirvi? – loro si guardano scambiandosi un piccolo sorriso, poi mi guardano con due sorrisi che ti illuminano la giornata quando li vedi
- Allora per me un cappuccino e per mia moglie una tisana, per favore – mi dicono, erano persone molto cortesi
- Certo arriva subito, volete dei muffin appena sfornati? Li abbiamo alla banana, alla fragola e al cioccolato – gli dico ricambiando il sorriso
- Si, grazie. Uno alla fragola e uno al cioccolato se non è un disturbo ­– io gli faccio di no con la testa facendo un sorriso, l’uomo mi accarezza il viso – Assomigli molto a tua madre-
- Grazie – ritorno al tavolo e do l’ordinazione a mio zio Frank, lui subito indaffarato tra bancone e servire i tavoli con un po’ di sudore mi sorride e prende l’ordine.
Mi avvicino al tavolino numero nove
- Benvenuto da Dori, cosa ti porto? -
- Dai Faith non mi dare del tu, comunque mi porti per favore un caffè e un pezzo di torta di luna, grazie – scrivo sul taccuino l’ordinazione
- Arriva subito – mi prende la mano e mi ferma, io e lui ci guardiamo
- Faith mi porti lo zucchero di canna
- Si, Justin – mi avvicino al bancone e gli do l’ordinazione,poi porto al tavolo di Justin lo zuccherò e mi fa un sorriso.
Quel ragazzo è sempre stato strano, era fin troppo gentile a differenza dei ragazzi della mia età io ho 18 anni e lui 19 ma però è troppo gentile.
Porto al tavolo sette le loro cose e anche al tavolo nove, mi metto al bancone e guardo la gente che se ne va e il locale diventa vuoto, a parte due o tre che si erano presi un altro caffè o si erano fermati a leggere il giornale.
Justin si avvicina al bancone, e mi guarda
- Quant’è? – mi dice facendomi un sorriso – Indovino 5 dollari – io annuisco e mi da i soldi – Vado al lavoro, ciao Faith – io lo saluto con la mano e lui se ne va via.
Da quel momento in poi nella pasticceria regnerà il vuoto e il silenzio.

Nel pomeriggio decido di andare da mia nonna, essendo che alla pasticceria ormai non ci va piu’ nessuno
- Nonna, come va oggi? –mia nonna si chiama Kate Tunner, vive da sola insieme a un infermiera in una casetta rosa, modesta e carina con un piccolo giardino fuori pieno di rose rosse.
- Tesoro tutto bene e tu? – mi siedo davanti a lei e gli annuisco, lei mi prende il viso – Allora oggi è andata bene al lavoro? -
- Si nonna, ma con i turisti che se ne vanno.. Da noi viene sempre meno gente –gli dico appoggiando la sciarpa sul divano. Era bello stare con mia nonna, almeno fin quanto potevo, non avevo spesso tempo per colpa della pasticceria, ma io amavo stare con lei fin da piccola.

Ricordo benissimo quando da piccola mi sedeva sulle sue gambe e mi raccontava mille storie, mille favole e mille viaggi, storie che io conservo sempre con me come un ricordo e un tesoro che conosco solo io.
Nelle notti d’inverno quando non potevamo uscire perché c’era troppo freddo mia nonna mi faceva sedere sulle sue gambe e guardavamo insieme fuori dalla finestra, mi raccontava sempre di un principe.
Un principe senza terra, che cavalcando le stelle arrivò in una terra magica in un cui non esisteva la guerra e nemmeno la cattiveria, dove tutti erano liberi e potevano vivere serenamente. Mi diceva che questo principe arrivato in un paese magico, era in cerca della sua principessa e che per trovarla si mise davanti a una statua una donna enorme con una grande torcia, quella torcia per lui era il simbolo della speranza e di quel sogno di ritrovare colei che amava.
Ero cresciuta con favole molto simili, ero cresciuta con i suoi sorrisi e le sue battute strane.
Notai che stava giocando nervosamente con un pezzo di carta, come se fosse tormentata da un certo pensiero
- Nonna, che succede? – gli chiesi appoggiando la mano sulla sua e fermandola di rompere la carta, lei mi guarda e mi stringe la mano, sembrava che dovesse dirmi qualcosa, ma un qualcosa di strano e già questa cosa mi turbava.
- Mia cara Faith, ci sono tante cose che ti dovrei dire ma non ne ho avuto mai il tempo. Io credo che tu sia abbastanza grande per sapere – rimasi in silenzio – Ma prima devo darti una brutta notizia, non volevo dirtelo in questo modo ma devo è l’unica soluzione. – dice alzandosi con fatica in piedi, si mise davanti alla finestra a contemplare il cielo grigio – Mia cara Faith, io me ne sto per andare.. – mi disse schiettamente, cosa voleva dire che se ne stava per andare?
- Cosa vuol dire che te ne stai per andare? – dissi socchiudendo le labbra e in un certo senso stringendo i denti
- Me ne sto andando – mi ripete mia nonna, mentre io ancora non capivo che cosa mi volesse ben dire e che cosa volesse farmi capire
 - Ma andando dove? In vacanza? – lei abbassò la testa e prendendomi la mano mi guardò con quei due occhi viola,  quel colore così strano ma così bello allo stesso tempo
- Sto per partire per un viaggio piu’ importante di una semplice vacanza gioia mia, amore io sto morendo – il mio cuore si fermò improvvisamente, lasciai la sua mano e trattenendo le lacrime mi alzai in piedi e iniziai a camminare per la stanza.

- Come stai morendo? – gli dico mentre la prima lacrima mi scende sul viso, rigandolo
- Un mese fa il mio carissimo dottore mi ha riscontrato un tumore, non era sicuro fino a qualche settimana fa. Dice che potrei durare altri mesi o anche ancora pochi giorni – si avvicinò a me e mi prese il viso, guardandomi – Oh tesoro, non piangere.. io sono ancora qui e rimarrò sempre qui – mi dice abbracciandomi – Ricordi? Non c’è bisogno di rammentare sempre una cosa per sapere che c’è – rimansi li tra le sue braccia, la tenni li con me mentre le lacrime non smettevano di scendere sul mio viso.

- Ti devo dare una cosa – mi dice avvicinatasi a me.
Mentre lei pensava se darmi quella cosa o no, io ero e avvolta ancora dai miei fantasmi mi resi finalmente conto che tutte le persone che amavo alla fine mi avrebbero lasciata sola.
  
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