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Autore: _Marshmallow_    30/12/2013    1 recensioni
Spoiler!Insurgent | One-Shot | POV Peter
Dal testo:
"-Avrei potuto perdonarti, sai? Per aver tentato di uccidermi durante l’iniziazione.- [...]
-Non te l’ho mai chiesto- dovrei essere io quello che chiede perdono. Mi ha salvato la vita. Mi ha salvato la vita senza nemmeno accorgersene."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Peter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Can i save your life?



“Perché dovrei farlo? Perché dovrei fare una qualunque cosa per te?”
Perché ho un fastidioso debito da saldare, ecco perché.

Come guardia principale di Beatrice Prior, non posso fare altro che scortarla per il quartier generale degli Eruditi tutto il giorno, quindi non ho ancora avuto il tempo di spiegarle nulla.
Cella, laboratori, Jeanine, questo è tutto quello che può vedere durante la sua permanenza qui. Una routine forzata, ma in fondo è lei che se l’è cercata, venendo qui senza armi né protezioni. Incosciente come al solito.
Ma tutto è cambiato da quando è stato fissato il giorno della sua esecuzione.
-Sarà domattina, alle otto- dico. Non sono dispiaciuto. Non ho intenzione di esserlo.
- La mia esecuzione? Ma… non ha ancora sviluppato il siero giusto. Non è possibile che voglia…-
-Ha detto che continuerà gli esperimenti su Tobias invece che su di te-
La sua faccia è sconvolta. Probabilmente sta pensando a cosa sottoporranno Tobias. Non riesco a capire come possa preoccuparsi di lui, considerando che è lei quella che sta per morire.
Tris annuisce, come se fosse improvvisamente consapevole a cosa va incontro e poi solleva lo sguardo verso di me, sorridendo amaramente.
 -Avrei potuto perdonarti, sai? Per aver tentato di uccidermi durante l’iniziazione.-
Un improvviso flashback si fa strada nella mia testa: lo strapiombo, il rumore delle onde che si infrangono sulle rocce, i suoi strilli soffocati dalla benda e dalle nostre mani.
Ho un capogiro che mi costringe ad afferrare lo stipite della porta, per sorreggermi. Spero non se ne sia accorta. Non devo sembrare debole hai suoi occhi.
-Non te l’ho mai chiesto- dovrei essere io quello che chiede perdono. Mi ha salvato la vita. Mi ha salvato la vita senza nemmeno accorgersene. 
Mi volto per uscire, ma poi mi fermo. –Sono le nove e ventiquattro.-
Non so perché l’ho fatto, ma è come se mi fossi illuso di aver ripagato il mio debito, anche se so che non è così. Dovrò fare di meglio per riuscirci.

                                                                                                 

                                                                                                     *******



"Sono immobile, bloccato con dei ganci al muro di una stanza. Un brivido mi percorre la schiena quando la figura di Tris si staglia di fronte a me. Ha una pistola tra le mani. Cerco di gridare, ma dalla mia bocca non esce nemmeno un suono e capisco di essere in trappola. –Questo è per avermi lasciato morire, quando io avrei potuto fare benissimo lo stesso con te-. E con un ghigno dipinto sulla faccia, mette fine alla mia vita.".

Mi sveglio di soprassalto, in un bagno di sudore. Tasto il mio petto alla ricerca del punto in cui la pallottola dovrebbe avermi colpito, ma non trovo nulla.
 Non posso continuare a vivere con i sensi di colpa.
Dopo la colazione, come prima cosa mi procuro un siero paralizzante. Lo trovo in una provetta, nel laboratorio del secondo piano.
Nella stanza non c’è nessuno, quindi non ho bisogno di inventare spiegazioni.
 Poi, mi dirigo al terzo piano. Attraverso alcuni corridoi fino ad arrivare alla camera dell’esecuzione.
All’entrata ricevo semplicemente un cenno del capo da parte di alcuni uomini di guardia perché, essendo il braccio destro di Jeanine non ho bisogno di permessi specifici. Posso entrare quando voglio.
Al centro esatto della sala c’è un tavolo di metallo e, di fronte, una teca con dentro una siringa piena di un liquido rosa caramella.
Un colore così innocuo che sembra quasi stupido pensare che possa essere letale. Ma sarà proprio questo a mettere fine alla vita di Tris
In poche rapide mosse scambio il contenuto della mia provetta-un siero violaceo- con quello della siringa.
Inoltre, scambio i cavi del monitor che controlla il battito cardiaco, in modo che risulti nullo appena iniettato il siero.
Non mi preoccupo delle quattro telecamere che spuntano sui lati della stanza. So con certezza che in questo momento sono disattivate.
Concluso lo scambio mi affretto verso l’uscita, senza voltarmi indietro.
 

                                                                                                        
 *******


Lo ricordo come se fosse ieri. Ho continuato a passarci le notti insonni per tutto questo tempo.
Il ricordo di Tris che si tuffa contro l’Erudito, la pallottola che colpisce il muro invece di me, invece di lei. Tutto ciò mi fa ribollire di rabbia.
Odio essere in debito con le persone, soprattutto con una come lei.
Stavolta però è diverso: ho calcolato che appena il siero sarà in circolo ci vorranno circa cinque minuti perché si riprenda dalla paralisi.
E noi ne abbiamo a disposizione due, prima che tutti si accorgano della messinscena.
Jeanine si avvicina verso il tavolo di metallo, dove Tris è legata con dei ganci.
Sa bene di essere impotente ormai, ma continua a dimenarsi cercando di allontanare chiunque si avvicini.
Alcuni elettrodi attaccati al suo petto proiettano il battito cardiaco sul monitor, proprio ad indicare che c’è ancora vita, che c’è ancora speranza in quel corpo che non smette di lottare.
Senza tante cerimonie, Jeanine prende la siringa dalla teca, immobilizza Tris e infila l’ago nel suo collo.
Appena preme lo stantuffo, la ragazza smette di agitarsi: si accascia sul tavolo, il corpo stanco e pesante. Quasi senza vita.
-Ora puoi portarla via, Peter- dice Jeanine con un gesto noncurante della mano. Giuro che le toglierò quel ghigno dalla faccia, fosse l’ultima cosa che faccio.
Trascino il tavolo a rotelle fuori dalla stanza e controllo immediatamente il battito cardiaco di Tris. È viva, ma non c’è tempo per esultare.
La prendo in braccio, mentre lei, con fatica, spalanca gli occhi.
-P-peter? Ma che diavolo…- la sua espressione è dubbiosa, ma riesco a zittirla appena in tempo.
-Abbiamo circa due minuti per recuperare il tuo Don Giovanni e per fuggire di qui, prima che ci scoprano-.
Poi con un ghigno e con tono ironico aggiungo: -Che ne dici? Posso salvarti la vita?-

"E questa volta sono io che ricambio il favore."
  
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