Love,
Madness, Apathy.
Non le era mai piaciuto
correre, eppure tutte le mattine si ritrovava con il fiato corto e il cuore
martellante nel petto con la speranza di riuscire a prendere l’ultimo autobus
che l’avrebbe portata a scuola.
Perché ovviamente, nel caso ve
lo steste chiedendo, lei non era come tutte le altre ragazze della sua età. Non
era la solita diciassettenne con il piede da fatina o con i capelli immacolati.
No, lei era tutto il contrario. Niente piedino che potesse calzare
perfettamente nella scarpetta del principe e niente capelli biondi e raccolti
in una coda di cavallo che lasciasse intravedere il collo.
Anche quella mattina, come del
resto tutte le altre dall’inizio dell’anno, si era ritrovata a maledire la sua
scelta di andare via di casa per trasferirsi dalla cugina Mindy. Quale persona
sana di mente deciderebbe di trasferirsi nel bel mezzo del liceo? Ovviamente
Jane.
Arrivata alla fermata, con il
cuore in subbuglio per la corsa, prese a camminare sul marciapiede con la testa
tra le nuvole e le cuffie nelle orecchie. Perché insomma, il mondo della musica
è tutta un’altra storia. Non si ha niente a che vedere con compiti in classe,
interrogazioni, autobus e soprattutto con le persone. Già, le persone. Non aveva il carattere
adatto, Jane, per affrontare le persone. Tutte così diverse, complicate. Eppure
questo le piaceva. Ognuno aveva il suo modo di esternare i propri sentimenti o
semplicemente di affrontare i più semplici problemi della vita e della
quotidianità. Jane ne aveva uno un po’ particolare, il silenzio. Esternava
tutto con il silenzio. Strano, eh? Beh, non per quelli che avevano imparato a
conoscerla o avevano sentito parlare di lei, almeno una volta, a scuola.
Parlava poco, e si sapeva.
Nessuno sentiva il bisogno di farle domande, lei era il silenzio. Eppure tutti
sanno che il momento migliore per sfogarsi è il silenzio. Non ti giudica,
almeno non apertamente. Ed è così che si ritrovava ad avere sempre gente
intorno. Gente che parlava, si sfogava e spettegolava. Così, senza una ragione
precisa. Era un po’ come ascoltare la sua musica, quella che portava sempre con
sé racchiusa nell’IPod per non rimanere mai circondata dal silenzio. Perché a
lei, aveva sempre fatto paura.
Non le piaceva pensare, e il
silenzio le forniva sempre quell’atmosfera tipica di chi ad un certo punto ha
bisogno di pensare e pensare e pensare ancora ed ancora, fino allo sfinimento.
E a lei non piaceva, non più.
Ed era per questo motivo che la
musica era sempre al massimo del volume. Attutiva quello dei pensieri e della
sua testa che non avevano proprio voglia di farla finita.
Quella mattina, mentre fissava
i suoi piedi muoversi uno dopo l’altro, una macchina la affiancò. Ci mise
qualche secondo per capire chi, in una mattina così fredda, avesse deciso di
confidarsi con lei.
Volse lo sguardo in direzione
dell’auto scura e dall’aria costosa, per poi scontrarsi con un paio di occhi
scuri.
<< Buongiorno, ti va un
passaggio? >> sorrise il ragazzo, nella sua direzione. Togliendo una
delle cuffie, rispose senza troppa esitazione. << No, grazie. >>
Riprendendo a camminare la
macchina la seguiva lenta accanto al marciapiede.
<< Perché no? >>
Oh, le domande. Non le erano mai piaciute e in quel momento si accorse di
quante cose, nella sua vita, non le piacessero.
<< Ho voglia di
camminare. >> eccola la risposata giusta. Camminare al freddo, bella trovata, sul serio.
<< Andiamo, non ci credo
neanche io. Fa troppo freddo. >> Beccata. Alzò gli occhi al cielo per un
momento. Era grigio, non azzurro. Tipico colore invernale. Tipico colore da
lei.
Il grigio, si disse, era un
colore apatico. Lei, era apatica.
Lo aveva studiato a scuola,
cos’era l’apatia.
Condizione caratterizzata
da una diminuzione o dall'assenza di qualsiasi reazione emotiva di fronte a situazioni, eventi della vita di tutti i giorni.
E lei, in quel momento, non esprimeva emozioni di
fronte a quella situazione. Avrebbe dovuto provare qualcosa, forse. O forse lei
sentiva, ma si rifiutava di ammetterlo.
Si esprime sotto forma
di indifferenza, di inerzia fisica
oppure di mancanza di reazione di fronte a situazioni che normalmente
dovrebbero suscitare interesse o emozione,
di una riduzione dei comportamenti finalizzati, di una assenza di spirito di iniziativa, di una sottomissione nelle scelte quotidiane.
Assenza di spirito di iniziativa. Effettivamente, ne aveva
ben poco. Sotto allo spesso giaccone invernale però, qualcosa cominciò a
stuzzicarle lo stomaco. Non era fame, e se ne accorse subito. Sentimenti,
forti. Una stretta la attanagliò riempiendole la mente di pensieri troppo forti
anche per la musica.
Si voltò verso l’auto. Il ragazzo la guardava con un sorriso
incerto sul volto e un po’ di speranza negli occhi.
<< Fa troppo freddo. >> ripeté Jane aprendo la
portiera.
<< Sono contento che tu abbia accettato. >>
sorrise lui, accendendo nuovamente il motore e dandole una veloce occhiata sul
sedile del passeggero.
<< Anche io. >> sussurrò lei, quasi
impercettibilmente.
<< Allora >> cominciò, << come stai? >>.
La macchina prese a muoversi lentamente per le strade della città verso
l’istituto.
<< Bene >> affermò lei, sicura.
Stava bene, davvero? Da quando era entrata in macchina aveva
disteso i muscoli precedentemente intorpiditi dal freddo a cui da quelle parti
non si era troppo abituati e poi aveva respirato l’odore di buono che riempiva
l’aria. Muschio, per l’esattezza. Ma lei lo sapeva già. Se lo ricordava da
quando era arrivata il primo giorno a casa di Mindy e il suo vicino si era
offerto gentilmente di aiutarle con i bagagli.
Un ragazzo dalla pelle ambrata e il sorriso più incantevole
che avesse mai visto in vita sua.
Poi a scuola lui era diventato Zayn Malik. Il giocatore di
football, il bersaglio di tutte le ragazze.
E adesso eccolo lì, accanto a lei. In ogni caso, si sentiva
bene. Quello con la b maiuscola.
<< Sabato sarà il mio compleanno, volevo
invitarti.>> le disse accelerando al semaforo verde.
<< Oh, non so se posso venire. >> declinò
l’invito in maniera così banale che per poco non si schiaffeggiò da sola.
<< Capisco.>> commentò. << In ogni caso,
sei la benvenuta.>> e dicendo questo, piombarono nel silenzio più
assoluto.
Eccoli i pensieri, sempre pronti ad attaccare. Perché non era
in grado di creare un rapporto, neanche di amicizia, con qualcuno? Perché
doveva sempre accontentarsi di tutto? Perché doveva essere lei, quella
invisibile? Perché era così dannatamente bello? Perché i suoi occhi la
portavano in una dimensione parallela? Perché era così schifosamente innamorata
di quel ragazzo?
<< Cos’hai alla prima ora? >> gli chiese lui,
allora.
<< Chimica. >> diretta, secca.
Zayn teneva lo sguardo fisso sulla strada. Le mani
stringevano rabbiose il volante, il piede sull’acceleratore.
<< Ti dispiacerebbe rallentare? >> chiese lei,
visibilmente spaventata. Le case sfrecciavano veloci, forse troppo, fuori dal
finestrino.
<< Zayn! >> continuò ma lui andò avanti ignorandola
completamente.
Sfrecciò davanti alla scuola ad una velocità impressionante
con lo sguardo fisso ed impassibile di chi in quel momento ha solo bisogno di
svuotare la testa da tutto e da tutti.
<< Hai superato la scuola! Torna indietro! >>
urlò lei, chiudendo le mani in pugno attorno alla cintura di sicurezza.
Fece una curva, la velocità al massimo, per poco non uscì
fuori strada.
<< Oh mio dio >> lei sussurrava, in preda al
panico.
Per un secondo, solo uno, lui si voltò a guardarla. Gli occhi
di lui erano fiamme, frustrazione, desiderio. Gli occhi di lei erano paura,
tristezza e speranza.
Tornò a guardare la strada e il traffico mattutino.
Attraversò con il rosso ed alcune macchine suonarono il clacson in segno di
protesta e ammonimento.
Che diavolo gli stava accadendo?
Prese un respiro profondo, e poi parlò. La voce tremante.
<< Non so cosa tu stia facendo, ma ti prego, smettila. >> stava
quasi sussurrando e non trovava la forza mentale per continuare.
Gli posò una mano sul braccio. Sentiva i muscoli possenti
sotto la felpa invernale di un colore blu accesso.
<< Ti prego >> continuò implorandolo.
<< Stai rischiando la vita. >> disse lui, più a
se stesso che a lei. << Ed è solo colpa mia.>> scosse la testa.
<< Che stai dicendo? >>
Lui inchiodò. Prese un respiro profondo e poi fece
inversione.
Jane era sconvolta. Per una volta, non sapeva cosa dire o
fare. Tutto sembrava stupido e insensato.
<< Ti porto a casa. Devi riposare e
tranquillizzarti.>> disse lui, totalmente impassibile procedendo ad una
velocità che probabilmente non poteva neanche chiamarsi così.
<< Io non ti capisco.>> commentò lei. << Hai
fatto tutto questo per che cosa? Per spaventarmi? Ci sei riuscito,
complimenti!>>
<< Non era mia intenzione >> duro, freddo,
cattivo.
Lei rise. Una risata isterica. << Menomale, perché
sembrava tutto il contrario!>> volse lo sguardo fuori dal finestrino tentando
di controllare il respiro non ancora del tutto regolare.
Rimasero in silenzio fino a quando non furono sotto casa di
lei che scese velocemente dall’auto con un impeto di rabbia e frustrazione.
<< Jane, aspetta!>> urlò lui, bloccandola per un
braccio. Quando si voltò, i suoi occhi erano lucidi. Un po’ di mascara si era
sbavato, ma nel complesso manteneva perfettamente la sua espressione da ragazza
ribelle e testarda.
<
<< Oh, le scuse non bastano. Non questa volta. >>
scosse la testa, imperterrita.
<< Non so cosa dire, io…non so cosa mi è preso. >>
sembrava smarrito. Sembrava davvero non sapere il motivo di quel gesto folle e
impulsivo.
<< Queste scuse mi piacciono di più. Molto
commoventi.>> rispose sarcastica, facendo per andarsene.
Con un gesto la tirò a se, facendo coincidere le loro labbra.
Questo era sbagliato per lei e sapeva di dover porre fine a
quel momento, ma quando lui la attirò di più a se portando le mani sulla sua
schiena, lei non resistette. Per una volta i sentimenti avevano vinto. Dal
canto suo, la ragazza disegnò con le mani uno schema perfetto. Passò prima
sulle braccia possenti di lui fino ad arrivare a stringere i capelli scuri.
Quel bacio era ardente. La passione e l’amore tenuti da parte fino a quel
momento vennero fuori in quel tocco che tanto aveva agognato. Aveva immaginato
molti modi in cui sarebbe potuto accadere e questo era di gran lunga il migliore.
Tutto passò in secondo piano, a partire dalle motivazioni di
quel gesto folle che per un attimo le avevano fermato il cuore. Ma per un
momento, in quell’auto, si era ritrovata a pensare che in un modo o nell’altro
prima o poi il suo cuore avrebbe smesso di battere. Vecchiaia, malattia o
incidente d’auto. Ma quello che aveva provato guardando i suoi occhi era che in
un certo senso, anche se non aveva rivelato i suoi sentimenti, sarebbe morta
accanto alla persona che amava e in quell’istante era riuscita a pensare che
sarebbe stato il modo migliore per andarsene.
I loro corpi, le loro menti e le loro anime si erano
incontrate.
Lui interruppe il contatto per un secondo, sorridendole. Lei
guardò attentamente i suoi occhi con la consapevolezza che, nonostante tutto,
sarebbero rimasti un misto di amore, follia e apatia.
Spazio
autrice.
Salve a tutti! Eccomi qui
con una nuova one shot.
Scritta di getto in una
giornata inutile come quella di ieri, questa storia lascia largo spazio alla
vostra immaginazione. Ho pensato a lungo se scrivere un finale più preciso dove
io dettavo lo spazio in cui sarebbe stata scritta la parola fine, ma come avete letto, ho deciso di
lasciare a voi l’ultima parola. Insomma, una storia libera. E’ adatta a tutti
in quanto anche l’animo più pessimista del mondo ha la possibilità di
immaginarseli una coppia destinata a non andare avanti.
Inoltre non mi sono
prolungata troppo con le descrizioni di lei in modo che anche la figura di Jane
favorisse i vostri gusti personali. Su Zayn c’è poco da dire, è perfetto così
com’è.
E diciamocelo, chi non
vorrebbe una storia come questa? Tutti amano il e vissero felici e contenti che qui non è del tutto assicurato,
visto che la vita è imprevedibile.
Volevo inoltre ringraziare
le ragazze che lavorano a questa pagina per il banner.
Detto questo, spero vi
piaccia. Lasciatemi un parere, se vi va.
Alla prossima, Ariel_me.