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Autore: saretta_    22/05/2008    8 recensioni
Ricordava vagamente che, a quei tempi, la sua migliore amica aveva detto che la vera fortuna era avere la sua Sakura-chan.
«Per sempre insieme, Sakura-chan!»
Per sempre un cazzo, Ino.
[No Yuri] [Tribute to Friendship]
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Ino Yamanaka, Sakura Haruno
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Lucky
La fortuna del Bocciolo



«La vera fortuna è essere belle.»
Aveva proclamato Ino Yamanaka, davanti a delle amiche petulanti che l’ascoltavano con espressioni estasiate.
Poi la suddetta bionda aveva scosso la chioma fluente, lanciato un’occhiata sexi ed era scoppiata a ridere con garbo.
Le amiche l’avevano seguita a ruota subito dopo.

Sakura non c’era.
Sakura non era considerata sua amica da anni, ormai.
La cotta per Sasuke, alla fine, non c'entrava nemmeno più con la loro rivalità : il loro ostacolo era l’orgoglio.
Ma aveva saputo della frase di Ino, su quale fosse la vera fortuna secondo lei, dalla giovane Tenten, che l’aveva saputo direttamente da sua cugina, che era amica della figlia del calzolaio, che conosceva tale, che era parente… diciamo che l’aveva saputo, punto.
Sakura, appena saputo il pettegolezzo, aveva storto la bocca, come a sigillarla per non dire cattiverie che erano comunque capibili.
Se la immaginava, Ino, insieme alla sue ochette da compagnia: le vedeva nei classici pigiama party, mentre mostravano i costosi e futili indumenti da notte, si truccavano e si dipingevano le unghie, e ovviamente parlavano di ragazzi.
Ino aveva sempre dato il meglio di sé in quel campo: aveva una lista di spasimanti da far invidia a qualsiasi celebrità… diciamolo, allargando anche un po’ la verità.

Sakura ricordava i loro pigiama party: ricordava l’eccitazione del pomeriggio, la frenesia la sera, lo scambiarsi occhiate complici sopra i piatti mangiati in fretta e furia a cena da Ino, e poi salire di corsa in camera sua, dove parlavano, parlavano, e parlavano.

Anche lì ricordava che Ino raccontava di tutti i complimenti ricevuti: ma dopo poco si stancava, sbuffava e diceva: «ma a cosa mi serve un ragazzo, se ho te, Sakura-chan?»
E allora la vera Ino sorrideva, abbracciava la sua Sakura e continuava a parlare, a pettinare l’amica ripetendole di quanto fosse bella, facendole capire tra le righe il loro affetto profondo.
Si addormentavano sempre e solo all’alba, abbracciate sullo stesso cuscino.
Ricordava vagamente che, a quei tempi, la sua migliore amica aveva detto che la vera fortuna era avere la sua Sakura-chan.

«Per sempre insieme, Sakura-chan!»

Per sempre un cazzo, Ino.

«Sakura.»
«Ino.»
Un saluto che non era un vero saluto, labbra storte in smorfie di superiorità che non avevano niente che fare con gli abbracci della loro fanciullezza, e uno sguardo gelido fra la terra e il cielo.

In quegli incontri occasionali per strada, Sakura rammentava sempre gli spezzoni di una delle tante favole giapponesi che sua madre amava raccontarle quando era una bambina: parlava di un cielo che si innamorava di un piccolo bocciolo, inerme e indifeso nell’enorme terra, e mandava le sue nuvole affinché lo annaffiassero giornalmente. Una volta cresciuto, il fiore non si era fermato ed era diventato foresta: come tale era più forte, non dipendeva dalla pioggia del cielo.

Il loro legame si sciolse, e il Sole e la Luna piansero per secoli la divisione di quel legame all’apparenza inscindibile.
Tutte le storie giapponesi erano metaforiche fino all’estremo, e Sakura non aveva mai dato importanza alle favole tramandate da centinaia di anni: ma a volte queste ci azzeccavano.
 E niente più di questa storia la rattristava.


La foresta che piange lacrime una volta pioggia.

Un giorno per caso, Ino bussò alla porta di casa Haruno, trovandosi davanti Sakura.
«Sakura.»
«Ino.»
Solite battute, solite espressioni. Solo con qualche parola in più, qualche atteggiamento studiato meglio.
«Sono venuta a portare un regalo per l’anniversario dei tuoi genitori. I miei vi portano i loro auguri, ma non sono potuti venire perché il negozio è pieno in questo periodo.»
Disse Ino, portandosi indietro con un gesto stizzito della mano la coda bionda, slittata sulla sua spalla.
Sakura la squadrò.
«Ancora vestita di viola. I maialini di solito dovrebbe indossare qualche abito più consono alla loro pelle.»
Rispose, con un ghigno di superiorità.
La infastidiva, quella mania di Ino di toccarsi i capelli.
Anche se da bambine ambiva a ogni suo tocco.
«E le ragazze con la fronte simile a una tavola da stiro dovrebbero avere la decenza di farsi crescere una frangia, almeno!»
Rispose dopo qualche secondo Ino, alzando le sopracciglia sottili.
Sakura roteò teatralmente le pupille.
«Scusami, se non spreco tutto il mio tempo su come farmi bella. Preferisco studiare, sai com’è.»
«Una risposta del genere poteva venire solo da te, Fronte Spaziosa!»
Sbuffò la bionda, accarezzandosi la coda.
Ancora.
«Oh, a volte è utile studiare, sai Maialino?» le disse, assotigliando gli occhi, folgorata da un lampo di cattiveria «Ad esempio, la psicologia è interessantissima. Grazie ad essa, scopri che il maneggiarsi più volte capelli, come mangiarsi le unghie delle mani, è sinonimo di insicurezza interna e sfiducia nelle proprie capacità.»
Ino sgranò che occhi, sorpresa.
Era forse rossore cioè che si intravedeva sotto il phard sulle gote?
Le mani, ancora immerse nella capigliatura, scivolarono in fretta accanto ai fianchi, colpevoli.
 Si rendeva conto che questa sfida, una delle tante, era stata vinta da Sakura. Quest’ultima non si rendeva conto, però, di aver dato voce ai frequenti pensieri della bionda: l'insicurezza perenne.
L'essere intutile, vedere gli altri che hanno obiettivi mentre lei rimane indietro, troppo orgogliosa per chiedere aiuta.
Sapere che mostrava queste , a suo parere, debolezze con gesti consueti la rese ancora più scettica riguardo sé stessa.
Ancora più nascosta dietro la sua patina [così spessa, così infrangibile ormai] di superficialità.

Sakura da parte sua, non era proprio certa sulla psicoanalisi appena fatta, ma la bionda poteva forse contestare?
Ino, ridestandosi dai suoi pensieri, arricciò il naso e scaraventò malamente il regalo sul petto di Sakura, alzando orgogliosamente il mento.

«Sciocchezze. Questa è la prova che dovresti passare meno tempo su stupidi libri, e vivere un po’. O diventerai una vecchia zitella petulante, Sakura-chan
Le disse prima di voltarle le spalle, ironizzando anche troppo l’ultimo nome.
«Sakura, anche stanotte vai a cercare erbe per Tsunade-sama? Oh, ma quella è la piccola Ino?»
La madre di Sakura, con in braccio la cesta di vestiti puliti, si avvicinò alla porta ignorando la figlia.
«INO
Urlò, così forte che la bionda, ormai a metri di distanza, dovette far marcia in dietro, facendo buon viso a cattivo gioco.
La madre di Sakura era simpatica e disponibile, non centrava nulla nella lite fra lei e sua figlia.
«Salve! Come sta? Ho lasciato un regalo per lei e suo marito da parte dei miei. Spero le piacerà!»
«Da quando mi dai del ‘lei’, Ino? Da bambina ti pulivo il culetto, sai!»
La prese in giro, ridendo.
«Scusa.»
Rispose Ino, sorridendo dolcemente.
Una morsa stritolò lo stomaco della piccola Haruno, rendendosi conto della gelosia che si infiltrava nel suo sangue. Una volta quei
dolci sorrisi erano solo per Sakura. Una volta Ino era tutta per Sakura.
Una volta si amavano fino alle viscere.
«Lo sai, per me sarai sempre come una seconda figlia. Anche perché la mia non sta più con me!» continuò la madre in tono di tenero rimprovero alla figlia, passandogli la cesta piena di vestiti «anche di notte, sempre in giro per conto di Tsunade-sama e cercare nuove piante. So che sa proteggersi, ma la preoccupazione di una madre, sai… comunque. Avrai molte cose da fare, Ino, ti sto trattenendo a lungo! Salutami tanto i tuoi genitori, ok cara?»
«Certamente, Signora Haruno.»
Ma l’espressione accigliata della bionda non sfuggì certo alla rosata, che piegò incuriosita il capo. Che l’amica si preoccupasse delle sue missioni notturne?
No, che idea sciocca. Perché dovrebbe?

Quando c’è l’odio non c’è posto per nessun altro sentimento.
…Odio, che parola grossa.

Sakura combatteva, armata fino ai denti.
 Ninja del Villaggio del Suono sbucavano da tutte le parti, circondandola, e soprattutto deridendola.
Ciò la faceva imbestialire.
 Perché avevano ragione a bisbigliarle stupida.
Era sempre uscita nel bosco, di notte, per studiare l’affascinante germogliare dei fiori notturni e per carpirne il loro succo adatto a potenti medicinali, in totale serenità.
Talmente abituata al fatto che niente e nessuno potesse turbarla in quelle notti di lavoro, non faceva più attenzione ad eventuali imboscate.
Maledizione.
Una ragazza alta, dai capelli color della notte cascanti sul viso e occhi scuri ma brillanti come un esplosione di stelle, uscì dal buio avvicinandosi con un ghigno a Sakura, camminando sensualmente con una mano poggiata sul fianco.
«Ciao confettino. Tutta sola? Non sei a casa dalla mamma?»
Le chiese, sporgendo le sottili labbra in un espressione infantile.
«Sta lontana da me, cagna in calore. O sarai tu a correre dalla mamma, in lacrime.»
Sibilò Sakura, con la certezza di morire almeno con dignità.
Era più forte adesso. Era foresta.
Non aveva paura di esprimersi, di dire la sua.
Il viso della giovane ci contrasse dall’odio, e gli occhi incupiti dal disprezzo.
I suoi compagni soffocarono qualche risolino, subiti zittiti da un gesto stizzito della ragazza.

«Cagna in calore? Come ti permetti, stupida scema!»
La giovane del Suono prese la rincorsa, pronta a sferrare il suo attacco.
Sakura le andò incontro, il kunai in mano, ma la ragazza scomparve in un soffio, ricomparendo dietro la sua spalla.

Sakura poteva percepire il suo ghigno vittorioso.
«Ciao ciao, confettino.»
Tutto divenne bianco.

Si svegliò tossendo, in preda allo spasmo. Una mano brusca la colpì sulla schiena, per aiutarla a liberarsi dai rauchi, ma facendole anche male.
«Ahia!»
Gemette Sakura, più per risentimento che per dolore.
«Stupida scema!»
Dopo aver sentito gli insulti, Sakura ricordò la ragazza del Suono e il suo linguaggio colorito. Si alzò di scatto quindi, tastandosi le cosce alla ricerca delle sue armi, con il sangue freddo acquistato da tempo in fibrillazione.
Ma solo allora si accorse di essere in una stanza accogliente, i muri nascosti dai poster, con mobili di legno chiaro e peluche da musi teneri.
La camera di Ino?
«Stupida scema!» riprese la stessa voce «andare a gironzolare di notte nel bosco, che idea furba eh? Me lo sentivo, me lo sentivo che stanotte sarebbe successo qualcosa…»
«Ino? Che ci fai qui?»
«Cosa ci faccio in camera mia? Domande brillante. Beh, fammi pensare... ci dormo, ad esempio. Tutte le notti. Non vado in giro nel bosco, tanto per dirne una!»
«Ma io… ero circondata…»
«Ti ho trovata in tempo. Ho usato parecchie carte bombe e ti ho portata via da lì, anche se ho rischiato di soffocarti con tutto quel gas. Quella ragazza del Suono ho dovuto ucciderla però, aveva già il kunai in mano.»
Le disse, la voce che si affievoliva, lo sguardo basso sulle mani dove si intravedeva ancora qualche residuo rosso scuro.

Quando dal cielo piove sangue,
quando dalla foresta si eleva un grido d'aiuto.


Passò qualche secondo di assoluto silenzio.

Poi, all’improvviso, Sakura cadde in ginocchio, come un oggetto inanimato.

E pianse.
Tornò bambina, quando piangeva per ogni cosa, rifugiandosi fra le proprie braccia, maledicendo la sua fronte alta.
Ino si sedette accanto a lei sul pavimento, facendole poggiare il capo sul suo grembo.
Anche quand’era bambina, c’era la presenza di Ino a confortarla.
Quando il bocciolo non riusciva a crescere, e aveva bisogno d’aiuto.
«Stavo morendo…io…» singhiozzò, cercando aria con la bocca «stavo… per morire… morendo… non so…»
Pezzetti di frase viaggiavano dalla bocca di Sakura, umida dalle lacrime, per perdersi nelle carezze di Ino, nei suoi abbracci, nel modo in cui le passava le dita fra i [suoi] capelli.
«Ssh. È tutto passato. Tutto passato.»
Dopo che si fu calmata, aiutò Sakura ad alzarsi e a sdraiarsi sul suo letto.
«La vera fortuna è che sei venuta tu, Ino, a salvarmi. Come al solito»
Le sussurrò Sakura, il viso pallido per le emozioni appena vissuto.
Era foresta, ma aveva ancora bisogno della pioggia per non morire.
E ciò, se da un lato si vergognava di essere ancora una bambina bisognosa di attenzioni, dall’altro non le dispiaceva se le attenzioni erano di Ino.
Il fatto è che finché si trovava in battaglia, Sakura aveva dato il meglio di sé come sempre, dando prova del suo coraggio allenato negli anni.
Ma davanti a Ino, si era resa conto di ciò che aveva rischiato.
La bionda le accarezzò i capelli ancora una volta, sorridendo dolcemente [finalmente sorridendo solo per lei], immersa nel ruolo materno che assumeva con Sakura.
E lei adorava questo ruolo.
Le dava sicurezza, accarezzare capelli di Sakura.
Significava servire a qualcosa.
«La vera fortuna» le disse, baciandole una guancia «è avere te, Sakura-chan.»
Non capì se Sakura dormiva o meno, non capì se avesse ascoltato le sue parole, che la riportarono, come tutti i dettagli della vicende, a quel passato roseo della loro infanzia.
Dopo poco comunque, allo spuntare dell’alba, fu sicuro che entrambe erano addormentate profondamente, abbracciate sullo stesso cuscino.


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Ta-dah! Una shot sull'amicizia più famosa del manga.
Con un lieto fine, finalmente *.* sempre storie tristi scrivo xD
Ci voleva una boccata di positività! Giusto?
*Tutti fischiettano disinvolti, non ricordando assolutamente altre storie dell'autrice*

Ringraziamenti per Show:

Shuriken
Hipataya
arwen5786
ryanforever
inochan
Mimi18
Kaho_chan
Kikichan
Queen_of_Sharingan_91
Talpina Pensierosa
WishfulThinking

Amori miei *.*

  
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