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Autore: Dicembre    22/05/2008    4 recensioni
Inghilterra, 1347.
Di ritorno dalla battaglia di Crécy, un gruppo di sette mercenari è costretto a chiedere ospitalità ed aiuto a Lord Thurlow, noto per le sue abilità mediche. Qui si conoscono il Nero, capo dei mercenari, e Lord Aaron. Gravati da un passato che vorrebbero diverso, i due uomini s'avvicinano l'uno all'altro senza esserne consapevoli. Ne nasce un amore disperato che però non può sbocciare, nonostante Maria sia dalla loro parte. Un tradimento e una conseguente maledizione li poterà lontani, ma loro si ricorreranno nel tempo, fino ad approdare ai giorni nostri, dove però la maledizione non è ancora stata sconfitta. E' Lucifero infatti, a garantirne la validità, bramoso di avere nel suo regno l'anima di Aaron, un prescelto di Dio. Ma nulla avrebbe avuto inizio se non fosse esistita la gelosia di un mortale. E nulla avrebbe fine se la Madonna e Lucifero fossero davvero così diversi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti ^_^ Due parole veloci. Innanzitutto ringrazio tutti quelli che hanno iniziato a leggere Liberaci dal Male, è una storia a cui sono parecchio affezionata e a cui tengo. Non recentissima, perciò lievemente diversa da come la scriverei adesso. Ma le voglio così bene che fatico a rimetterci mano. Il bimbo è nato così, del resto XD E' una storia che aggiornerò spesso, per la complessità della trama. Perciò, chi ha paura di leggere un racconto che verrà interrotto per un periodo lungo, non temete. Non accadrà ^_^ Vi mando un bacio e lascio le ciance ai capitoli successivi. Un'ultima cosa, le risposte alle singole recensioni le lascio in fondo alla pagina ^_^/

 

Capitolo Due

- Al Castello Thurlow -






I cavalieri sarebbero stati immersi nelle tenebre più scure, se non fosse stato per la torcia moresca che la moglie dell’oste aveva dato a Nero: le nuvole coprivano il cielo e solo il rumore battente della pioggia li aveva accompagnati durante la loro cavalcata.

La preoccupazione per la strada si aggiungeva a quella nei riguardi di Forgia. L’uomo non aveva più dato segni di lucidità dalla locanda e solo qualche gemito sosteneva la speranza che ancora respirasse.

Il Nero conosceva poco quella parte d’Inghilterra, lontana dal luogo in cui era nato. Sentiva i suoi compagni dietro di lui e cercava in quella notte tetra il torrione illuminato che forse avrebbe dato speranza al suo compagno.



Cavalcavano ormai da diverso tempo, i cavalli iniziavano a mostrare profondi segni di stanchezza, il freddo e gli indumenti inzuppati sembravano non dare pace a nessuno

“Una luce!” gridò Cencio con foga.

Il Nero l’aveva già scorta e chiese un ultimo sforzo alla sua bestia. La moglie dell’oste aveva detto bene, dal torrione del castello brillava un fuoco alto, visibile anche da lontano. Nonostante sapessero che il vedere la luce non significava l’esserne in prossimità, avere finalmente una direzione sicura diede fiducia e forza ai cavalieri.

Ci volle un’altra ora per raggiungere il castello che, anche quando vicino, rimaneva coperto dalla notte. Tuttavia, fu subito chiaro che non c’erano mura intorno, e il ponte levatoio dell’entrata era già stato abbassato.

Nero si chiese come mai, trovò estremamente insolito quest’assenza di protezione, in una notte come quella. Sembrava quasi che i padroni del castello li stessero aspettando.

E difatti appena entrati, venne di corsa verso di loro un giovane

“Lasciate pure a me i cavalli” disse prendendo in mano le redini di Forgia “Il signore vi sta aspettando”. Dietro di lui comparvero altri due uomini che s’avvicinarono ai cavalieri.

“Come aspettando?” Chiese Guardia il cui senso di pericolo aveva percepito ci fosse qualcosa di troppo insolito in quel castello “C’è qualcosa che non va…” disse fra i denti, il che mise in allarme anche i rimanenti cavalieri che non scesero da cavallo

Il ragazzo che era venuto loro incontro li guardò interdetto e con una leggera impazienza, ansioso com’era di mettersi al riparo dalla pioggia cercò di persuaderli a permettergli di prendersi cura dei cavalli.

“Il vostro amico non ha altra possibilità di salvezza se non quella di essere curato dal mio padrone” Aveva ragione, pensò Nero. Per quanto strano, questo castello, era l’unica speranza per il male di Forgia

“Come sai della malattia del nostro compagno?”

Il ragazzo sorrise “Me l’ha detto il padrone”disse con un tono pieno d’ammirazione “Su, non siate così diffidenti che non c’è tempo da perdere!” Li incoraggiò, ancora una volta, tirando verso di sé il cavallo di Forgia e iniziando a disfare i nodi che lo tenevano legato alla sua groppa “Ma di che mi stupisco?” si chiese il ragazzo parlando fra sé e sé ma in tono sufficientemente alto perché anche gli altri sentissero “Anche questo m’aveva detto il padrone” aggiunse alzando le sopracciglia con l’aria di chi sta dicendo la cosa più ovvia di questo mondo

Ancora confuso dagli eventi, Nero decise di scendere da cavallo e prese lui stesso a sciogliere le corde di Forgia . Nonostante il raziocino s’opponesse all’idea che qualcuno potesse prevedere con tale precisione gli avvenimenti, il suo istinto gli diceva che, seppur strano, quell’ambiente non era ostile.

Vedendo il proprio capo scendere da cavallo, gli altri fecero lo stesso. Guardia si guardò tutt’intorno: per quanto buio, le torce facevano intravedere mura imponenti. Quando il ragazzo gli si avvicinò per prendere il suo cavallo, però, focalizzò nuovamente l’attenzione sul ragazzo e gli bloccò il braccio con una presa tale che il giovane si fece scappare un grido di dolore

“Levante, Chiaro, andate col lui alla stalla e assicuratevi che i cavalli di tutti siano trattati con riguardo”, Nero fece agli altri un cenno di seguirlo, mentre si caricava sulle spalle Forgia, ormai completamente incosciente

“Com’è possibile, capo, che sapessero che saremmo arrivati?” chiese Guardia “ nessun messaggero ci avrebbe potuto precedere, peraltro non penso che l’oste ne abbia inviato uno”

“Nessun messaggero via terra, è vero” disse una voce proveniente dalla loro sinistra “ma un falco di certo sì” I quattro si voltarono verso la voce che aveva parlato: che cosa poteva intendere con le sue parole?
”E questo” continuò l’uomo indicando uno stupendo rapace appollaiato sul suo braccio “ penso v’appartenga”

“Cleto!” disse Nero che iniziava a capire. Il falco dal braccio del primo volò sulla spalla del secondo che però non fece in tempo a chiedere ulteriori informazioni.

“A dopo i convenevoli, se le condizioni del vostro amico sono così gravi come il vostro falco m’ha detto, non possiamo perdere tempo”

Increduli, i cavalieri seguirono quell’uomo all’interno del castello. Sotto una luce migliore, Nero scrutò colui che affermava di saper parlare coi falchi.

Camminava appoggiato ad un bastone ma, nonostante fosse zoppo, la sua andatura era altera; usava il suo appoggio con estrema abilità, di sicuro quindi, doveva usarlo da molto tempo. Le dita appoggiate sul bastone, venivano spesso coperte dai lunghi capelli biondi, lasciati completamente sciolti, che sembravano addirittura più lucidi della veste che portava addosso. Vesti di fattura estremamente pregiata, ma di certo non una veste da giorno.



Svegliato in piena notte da un falco a lui sconosciuto, e nonostante fossero forestieri a chiedere aiuto, premurarsi di venire di persona ad accogliere un malato, pensò Nero che provò per l’uomo di fronte a lui un istintivo rispetto.



L’ospite li fece entrare in una stanza ampia, con un letto nel centro “Accomodatelo pure lì” disse indicandolo.

Forgia emise un gemito quando venne appoggiato sul letto. Aveva le guance paonazze e il respiro affannoso, i capelli che, bagnati, gli incorniciavano il volto erano incollati alla pelle e gli davano un’aria ancor più sofferente. L’uomo glieli scostò con delicatezza, quando tre servitrici comparvero sulla porta, inchinandosi

“Ci avete mandato a chiamare, signore?”

“Date a questi uomini vestiti asciutti e mostrate loro le stanze in cui potranno riposare”

Percependo la riluttanza del gruppo aggiunse “Non temete, mi prenderò cura del vostro amico e se con questo freddo non vi scaldate subito e non vi cambiate, domani avrò troppe persone stese su questo letto”

Poi si rivolse nuovamente alle donne “Fate anche in modo che non manchi loro niente. Altri due sono fuori con Liam a provvedere ai cavalli”

Le donne s’inchinarono e s’affrettarono a compiere il loro dovere

“Vogliate scusarmi signori se l’urgenza della situazione m’ha fatto dimenticare le buone maniere, perché io conosco di voi, ma voi non di me. Sono Aaron Thurlow, come già credo vi abbia detto Linda, la cuoca della Volpe Reale. Mio padre, il padrone del castello, purtroppo è vecchio e malato e ho pensato non fosse il caso di disturbarlo per una faccenda in cui non sarebbe stato di alcun aiuto.”
I cavalieri rimasero stupiti dai modi di Aaron che, sebbene educati, dimostravano un’insolita solerzia.

Di nuovo, Nero, provò un istintivo rispetto nei confronti di quest’uomo che sembrava mettere da parte l’etichetta più formale per risolvere di una situazione grave. Ci sarebbe stato modo, in seguito, di presentazioni migliori e più approfondite: ora Forgia era in bilico fra la vita e la morte e nessun nome altolocato, da solo, avrebbe salvato l’amico.

“Volevo ringraziarvi per la vostra estrema cortesia” si sentì in dovere di dire “Tuttavia preferirei rimanere qui accanto a Forgia durante le cure” Con un amico in quelle condizioni avrebbe comunque avuto difficoltà nell’addormentarsi

Aaron sorrise “D’accordo, probabilmente avrò bisogno di un aiuto. Andatevi però a cambiare d’abito e poi tornate pure qui. Sicuramente i vostri uomini si sentiranno più tranquilli sapendovi insieme al vostro compagno”

E, così dicendo, iniziò lui stesso a togliere le vesti di Forgia



“Capo, che cosa facciamo?” chiese Cencio una volta usciti dalla stanza

“Per ora non abbiamo molte possibilità se non fare quello che dice Lord Aaron e sperare che le sue arti possano davvero curare Forgia”

Luppolo scosse la testa pensieroso “Quella ferita non fa presupporre nulla di buono…E’ stato uno sciocco a non dire niente …”
”Morirà?”

“Mi auguro di no, Cencio, ma sperare è una cosa, quella ferita è un’altra. L’oste ha detto bene, la malattia è già nel sangue”

Cencio si girò preoccupato verso la porta ormai chiusa che separava il gruppo dal loro amico

Si unirono agli altri anche Levante e Chiaro, di ritorno dalle stalle, quando le serve di poco prima ritornarono

“Cambiatevi e cercate di riposare. Io rimarrò sveglio e se dovesse succedere qualcosa, v’avviserò”
Cencio sembrò voler dire qualcosa, ma prima che potesse parlare, Nero disse “Non fa piacere a nessuno di noi questa situazione. Ma solo Dio, per ora, ha il potere di cambiarla”
”Ma tu sarai stanco almeno quanto noi” aggiunse Chiaro. Nero scrollò le spalle come risposta e si rivolse alle donne che, quiete, erano rimaste in disparte e chiese di indicare loro dove fossero le stanze



Poco prima che il gruppo andasse in diverse direzioni, Guardia disse “L’ironia di questa notte sta anche nel fatto che ci stiamo fidando di un uomo che parla coi falchi”
”Il capo lo fa sempre”
”Vero” scrollò le spalle l’altro “Ma in modo diverso”
”E’ sbagliato fidarsi di lui?”

“No, non so perché ma mi sento tranquillo, non ho percepito nessuna ostilità…”
”Se lo dici tu, Guardia”

“Ti ho detto più volte che rimarrai secco a fidarti dell’istinto di altri”
e così dicendo si separarono, lasciando nell’aria le domande non poste e le risposte non ottenute.

Solo Nero aveva pensieri diversi da quelli dei compagni. Nessuno, tranne lui, aveva la facoltà di comunicare con gli animali e non gli era mai capitato di incontrare nessuno che fosse in grado di ascoltarli. Ma ancora più stupore suscitava in lui il fatto di aver visto Cleto tranquillamente appollaiato sul braccio di quell’uomo: lui così diffidente e solitario di solito, perfettamente a suo agio con un estraneo.

Avrebbe voluto capire cosa avesse mosso il rapace, ma sapeva che ora non aveva tempo e che aveva cose ben più importanti a cui pensare che quella di soddisfar la propria curiosità.



“Signori” disse una serva agli uomini che stava accompagnando delle stanze “il mio padrone s’è raccomandato di scusarsi per la scelta delle stanze, che forse non sono spaziose e di vostro gradimento. Tuttavia l’ala Est del castello, quella di solito adibita agli ospiti, ha subito dei danneggiamenti a causa del maltempo di questi giorni. Le riparazioni sono già cominciate, ma le stanze sono ancora troppo umide e fredde.”

Le stanze che presentò loro avevano già il fuoco acceso, erano piccole, ma non troppo, ben ammobiliate, con pesanti coperte sul letto

“Per qualunque esigenza, signori, sono a vostra disposizione” aggiunse la donna “in ogni camera troverete delle campanelle, che potrete suonare per chiamare me o altro personale”
Così dicendo, la donna si congedò dal gruppo

“Proprio carina, chissà se tutta la servitù è così”

Luppolo guardò Cencio ma non disse niente. Rimase a fissarlo per un attimo in più del solito e sospirò, cambiando discorso

“Se stamattina qualcuno m’avesse detto che sarei stato ospite di un Lord che parla coi falchi, gli avrei dato del pazzo”

“E con Cleto, per di più”
Gli altri annuirono

“Per ora abbiamo un tetto sopra la testa, un posto caldo dove riposare e un’insperata gentilezza del nostro ospite, il resto è nelle mani di Dio”
”Quando sapremo delle condizioni di Forgia, decideremo cosa fare, per ora è meglio coricarsi ed aspettare il mattino”

Andarono ognuno nella propria stanza, senza dire più una parola. Il loro animo era gravato dalla consapevolezza che, a meno di un miracolo, per l’amico non ci sarebbe stato nessun mattino.

Il gruppo era unito ed insieme da troppo tempo per vagliare l’idea di lasciare qualcuno indietro, ma se questa era la volontà di Dio, nessun Lord avrebbe potuto opporsi.



Cencio aveva deciso il suo soprannome Forgia quando questi s’era unito al gruppo che, ai tempi, non era ancora completo. L’aveva incontrato in una fonderia fiamminga, dove gli aveva rubato quella che, come dopo avrebbe imparato, era la spada della sua famiglia da generazioni. Se non fosse intervenuto Luppolo, come sempre, a salvarlo, Forgia probabilmente si sarebbe ripreso la spada e con questa la testa del ragazzo.



Chiuso nella sua stanza, sotto diversi strati di coperte, Cencio non riusciva a pensare ad altro



Dopo quell’incontro in veste di ladro, però, l’aveva rivisto in una taverna, il giorno dopo. Cencio non aveva subito riconosciuto l’uomo della fucina: imbarazzato com’era dal fatto che Nero avesse saputo della sua attività del giorno prima, non riusciva a staccare gli occhi dal suo boccale di birra. Era stato Forgia ad avvicinarsi al tavolo dei cavalieri e a rivolgersi a Nero

“Voi dovete essere il Nero e i suoi uomini, giusto?” aveva detto. Ad un cenno d’assenso del capo, lui aveva appoggiato sul tavolo un medaglione d’argento con un rubino incastonato nel centro e Nero l’aveva guardato e poi annuito.



Se lo ricordava come fosse successo pochi giorni prima, invece erano ormai passati anni.



Quest’uomo giovane, ma col viso segnato dal lavoro e dal fuoco del suo mestiere, aveva guardato i suoi compagni prima e Cencio poi, aveva estratto da sotto il mantello una spada e con un movimento rapido l’aveva infilzata nel tavolo, di fianco alla sua birra “Così” aveva aggiunto “starai lontano dalla mia di spada, figlio del Sud” poi s’era allontanato, nel fumo della taverna.

La spada che Forgia aveva donato a Cencio allora, era sottile e molto più leggera rispetto alle spade comuni, lunga ed affilata. Staccandola dal legno del tavolo, Cencio s’era messo ad osservarne l’elsa

“Sei proprio fortunato. Oltre alla testa, ci hai guadagnato una spada dei Forgia”

L’elsa era finemente lavorata e riportava lo stesso simbolo che era stato mostrato a Nero pochi istanti prima.

“E questo cosa significa?” aveva chiesto Cencio indicandolo “E che cosa sono i Forgia?”

“Non mi stupisco che al Sud non ne abbiate mai sentito parlare” aveva spiegato Chiaro a Cencio “i Forgia scesero dalla Finlandia sul continente secoli fa, ma rimasero principalmente nel Nord. Erano e sono un gruppo di guerrieri fedeli al loro capo più che al loro re, e che hanno affinato l’arte del metallo come nessun altro. Le loro armi non hanno eguali, e come puoi vedere tu stesso “aveva aggiunto indicando la spada di Cencio “non esagero.”

Il ragazzo non aveva potuto che annuire e continuare a guardare la sua arma con profonda ammirazione

“Almeno, anche se hai l’aria in testa, Cencio, hai buon gusto per i tuoi furti”

Nero poi aveva preso il medaglione che Forgia aveva lasciato sul tavolo e l’aveva sollevato, lasciando che il rubino brillasse, sotto i riflessi delle luci delle candele, di un rosso incredibilmente intenso

“E’ una richiesta, questa, che penso di accettare. Qualcuno è contrario?” ma nessuno aveva detto niente, consapevoli della forza e della lealtà dei guerrieri Forgia. E così il gruppo si era ritrovato in sei, il giorno dopo. Il motivo per cui Forgia aveva chiesto di unirsi al gruppo non sarebbe stato chiarito se non diverso tempo dopo, ma in tutto e per tutto s’era rivelato essere un guerriero degno della sua fama



Esasperato dall’agitazione, Cencio si spazientì sotto le coperte ed uscì dalla sua stanza andando nel luogo a lui più naturale

Bussò alla porta di Luppolo dubbioso se questi fosse ancora sveglio o meno “Entra Cencio” gli disse l’amico “Non riesci a dormire?”

Il ragazzo fece di no con la testa e si appoggiò pesantemente alla porta chiusa dietro di lui, accasciandosi poi per terra. Luppolo si alzò dal suo letto e andò verso il camino per ravvivarne il fuoco, poi si avvicinò al compagno e si sedette di fianco a lui

“Pensi che sia sciocco che, a quasi vent’anni, non riesca ad affrontare queste situazioni da solo?” Chiese con gli occhi umidi. Imbarazzato, poi, aggiunse “Ho proprio l’aria in testa eh?”

Luppolo non rispose e gli mise semplicemente un braccio intorno alle spalle, arruffandogli un po’ i capelli. Avrebbero aspettato insieme la mattina e le sue risposte.

 

***

Stateira: Ciao ^_^/ Grazie davvero per la tua recensione. Anch'io ho un debole per le strutture circolari e Liberaci dal Male si prestava bene ad essere una storia che cominciava quando finiva, ma in cui tutti i pezzi si incastravano piano piano. Sinceramente, ha richiesto una buona pianificazione alle spalle (dovresti vedere il mio quadernetto: pieno zeppo di scritte e appunti XD), però è stato molto divertente farla ^_^ A presto.

CrazyCat: Grazie mille ^*^ Come dicevo, non farò mai aspettare molto fra capitolo e capitolo (per non perdere il pathos della storia), perciò non preoccuparti, gli aggiornamenti saranno frequenti ^_^

Michan_Valentine: I numeri scritti in numeri ?_? O cielo, orrore °O° Cambio subito, grazie per avermelo fatto notare. Una caduta stilistica non indifferente (ah, l'inesperienza °_°). Lo stile scarno è essenziale per la storia. Una grossa matrice di tutto Liberaci dal Male sarà l'introspezione, non ci sarà troppa azione. Essendo però una storia abbastanza complessa e abbastanza lunga, un registro troppo pesante avrebbe rischiato di rendere pesantissimo il racconto (ho cercato di bilanciare bene l'introspezione ed uno stile armonico, spero di non aver fatto troppa cilecca XD): Per quanto riguarda le descrizioni fisiche, la scelta di non entrare nel dettaglio è voluta. Sia perchè non sono bravissima nell'inserire la descrizione fisica in un contesto narrativo (ora, che sono più abituata lo faccio molto meglio, ma sono sempre stata più brava nelle ambientazioni. Liberaci dal Male non è recentissimo), sia perchè la caratterizzazione sfumata, ma ricorrente aiuta in molti punti a dare una sensazione di oniricità e di tempo estremamente dilatato che voglio imprimere a LdM. Non mi dilungo troppo (altrimenti ti annoio) perchè è troppo presto, ma la parte immaginativa sarà, per alcuni versi, lasciata solo lettore ^_^ Un bacio grande, grazie mille per la recensione

Mello: Grazie davvero *_* Nero è un personaggio che a me piace tanto. Spero che continuerà a piacerti nel prosieguo di LdM. E' complesso (e poi è tanto carino ahahah. Ma quieto il mio ormone ;D). Un bacio.





 

  
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