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Autore: Hi Ban    30/12/2013    2 recensioni
«Villa Uchiha è vista da Konoha allo stesso tempo come il male incarnato, un branco di imbecilli e una specie di tempio per tre divinità mistiche» spiegò con una professionalità impeccabile che stonava leggermente con l’argomento che si accingeva a trattare.
Sakura inarcò un sopracciglio ed era già pronta a chiedere qualcosina a riguardo di quel ‘tre divinità mistiche’, ma Ino fu più veloce.
«Suvvia, siete tipo gli scemi del villaggio!»
[...] Oh, e Sakura l’aveva sentita eccome la vecchietta centenaria che, mentre stava uscendo, aveva mormorato alla sua amica bicentenaria qualcosa come “deve essere il marchio nero dell’Uchiha che si risveglia… povera indemoniata”.
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ino Yamanaka, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
- Questa storia fa parte della serie 'If you ever come back'
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Storia legata a Haru no kanji e Natsu no kanji



Intermezzo




«When I was young, whenever I got the biggest present that I couldn't even imagine, something bad would always happen. So, whenever I received these large gifts I asked myself, "what terrible thing will happen now?" and I was sad.»*
Oh Jin Rak (Flower boy next door)





Sakura era una ragazza piuttosto realista. Non lo era sempre stata, era meglio dire che le circostanze che si erano susseguite nella sua giovane esistenza l’avevano portata ad esserlo. Era diventata molto più concreta nell’affrontare la realtà e ora ci vedeva un po’ meno sfumature. Non c’era più il grigio chiaro un po’ più chiaro del normale grigio chiaro o il grigio scuro tendente al nero ma non completamente nero. C’erano il grigio, il nero e il bianco.
Era cresciuta, ecco tutto.
Non era diventata pessimista, né aveva smesso di illudersi – come ninja era brava a dissolverle, le illusioni, ma come essere umano non poteva smettere di sperare e credere in qualcosa di diverso fino a farsi male. Semplicemente, aveva iniziato ad accettare di buon grado che alcune cose non potevano essere diverse da quel che erano; sperava in qualcosa di meglio, ma non rimaneva più tanto delusa, alla fine, quando la verità le si parava davanti, completamente diversa.
Dopo che Sasuke se n’era andato, per tantissimo tempo aveva sperato, con enorme convinzione, che da un giorno all’altro sarebbe tornato di sua spontanea volontà, ignorando le reali circostanze. Ci aveva creduto tanto, ignorando la parte di lei che, in fondo al suo cuore, le urlava di non essere stupida. Poi aveva capito che nulla cadeva dal cielo; lo aveva compreso quando, con le mani sporche del sangue di Naruto e Sasuke, entrambi incoscienti, tentava di salvare loro la vita. Non poteva essere tutto rose e fiori, più credeva in qualcosa del genere, più le spine si sarebbero conficcate nella carne e sarebbe stato più doloroso togliere, una volta realizzata la loro presenza.
Quando Sakura finalmente aveva fatto quel piccolo passo che l’aveva portata a vedere la realtà dalla giusta angolatura, era stato esattamente come se le fossero state tolte tutte le spine di colpo, con brutalità.
Prendere coscienza di tutto aveva fatto sanguinare quelle ferite invisibili, andare avanti giorno dopo giorno con al suo fianco Naruto e Sasuke le aveva curate. Eppure non erano scomparse. Erano ancora lì e mentre Sakura sorrideva felice della fortuna che le era capitata – erano davvero loro tre insieme –, al contempo dentro di sé temeva. Aveva paura.
Aveva l’atroce terrore che una cosa così bella non potesse durare a lungo, era destinata a rovinarsi, ed era nell’incosciente attesa che arrivasse quel qualcosa che la mandasse in pezzi.


«Allora, fronte spaziosa, cosa c’è?» chiese con un sospirò la Yamanaka, prendendo posto davanti a lei. Era piuttosto rilassata e aveva il tipico tono di chi la sapeva lunga e, conscia di ciò, ne andava fiera perché aveva capito tutto anche senza che l’amica aprisse bocca. Si poteva dire che ad Ino bastasse relativamente poco per saziare il suo ego enorme, anche il comprendere senza il minimo sforzo i turbamenti dell’amica andava bene. Certo, non aveva capito cosa le passasse per la mente e intuire che ci fosse qualcosa non era poi così difficile, visto che la Haruno sembrava un’anima in pena, ma andava bene lo stesso.
Sorseggiò il suo tè, mentre Sakura la osservava accigliata. Era davvero così facile da capire?
«Eh?» si permise di fare la finta tonta ancora per un po’, perché anche se era uscita fuori di casa, quel mattino, con l’intenzione di parlare con Ino e chiarire i suoi dubbi, beh, non era poi così semplice come credeva. Non che non si fidasse di Ino, ma era una cosa piuttosto complicata, dal momento che nemmeno lei aveva capito cosa la assillasse. Ed era anche conscia che non si trattasse di qualcosa di improvviso, ma era cresciuto giorno dopo giorno, solo che lei non vi aveva dato peso. Infatti, il problema che aveva si era trasformato lui stesso in un problema, dal momento che non sapeva come affrontarlo e, nel momento in cui se n’era resa conto, spaventata dall’eventualità che presto anche il problema del problema sarebbe divenuto problematico, aveva deciso di tentare di risolverlo. Ino era stata la prima persona che le era venuta in mente, logicamente.
E non si trattava nemmeno di un problema vero, era più una sensazione, un dubbio, un qualcosa che le pesava sullo stomaco e che non sapeva definire. Se non sapeva spiegarlo nemmeno a se stessa come poteva pretendere di farlo capire ad Ino?
«Sputa il rospo, preferisci? Di quel che hai da dire, rivela quel che ti assilla, dimmi perché diavolo hai due occhiaie che fanno invidia a quelle di Gaara, fai-» sapeva essere molto esplicativa, se si impegnava.
«Sì, sì, ok, ho capito» la interruppe la Haruno, facendo qualche gesto con la mano per invitarla a darsi una calmata. Che poi Ino era la persona più tranquilla sulla faccia della terra, aveva ancora quell’espressione un po’ annoiata da ‘io so, ora dimmi cos’hai e conferma il fatto che so’.
Nessuna delle due disse niente e la Yamanaka sbuffò.
«Cosa? Cosa sarà mai successo sotto quel dannato tetto?» Ino non attese nemmeno che Sakura potesse dire qualcosa – che sarebbe stato un poco convinto ‘non è quello…’ – e parlò ancora: «Naruto non abbassa la tavoletta quando va in bagno? Uchiha kun vi fa mangiare solo pomodori? Hanno di nuovo distrutto qualche parte della casa? Ammesso e non concesso che ne esista ancora una che non abbiano demolito… o forse abiti in una casa con due ragazzi e nessuno dei due ti fila? Avvilente, lo so, ma uno è Uchiha kun, voglio dire… e Naruto finalmente ha scoperto che Hyuuga chan gli sbava dietro dall’alba dei tempi, dovevi svegliarti prima credo-»
«Non è questo!» sbottò in fine, con un tono di voce più alto che fece voltare la metà del piccolo locale in cui si trovavano. Sakura, imbarazzata, bevve un sorso del suo succo d’arancia e arrossì. Ino si schiarì la voce, ma non pareva poi così imbarazzata – probabilmente non era mai esistita una singola volta, da quando era nata, in cui l’opinione di un estraneo l’aveva interessata.
«Non è questo» ripeté a bassa voce Sakura, sotto lo sguardo eloquente di Ino, ma tentò di continuare più per se stessa che per appagare la curiosità dell’amica. Però si bloccò di nuovo; cosa c’era che non andava, in effetti? Era una sensazione, qualcosa che la innervosiva, il non aver capito cosa non aiutava.
«Mi chiedo davvero cosa possa esserci che non vada in quella casa. Voglio dire» cominciò, notando lo sguardo quasi scettico di Sakura – la domanda era se c’era qualcosa che andava, suvvia, passavano la loro vita a litigare per motivi stupidi –; bevve un altro sorso di tè e continuò la spiegazione, perché quella fronte spaziosa aveva davvero bisogno che le venisse spiegato tutto: «lascia perdere le scaramucce tra bambini, lo sappiamo tutti che tra tutti e tre non raggiungete l’età mentale di un dodicenne» sorrise soddisfatta quando vide Sakura rabbuiarsi per l’irritazione.
Oltre ad elogiare il suo ego adorava prendere in giro il ravanello pallido, non poteva farci assolutamente nulla.
«Villa Uchiha è vista da Konoha allo stesso tempo come il male incarnato, un branco di imbecilli e una specie di tempio per tre divinità mistiche» spiegò con una professionalità impeccabile che stonava leggermente con l’argomento che si accingeva a trattare.
Sakura inarcò un sopracciglio ed era già pronta a chiedere qualcosina a riguardo di quel ‘tre divinità mistiche’, ma Ino fu più veloce.
«Suvvia, siete tipo gli scemi del villaggio! Ormai quando si sente un esplosione, un boato, delle grida o delle urla isteriche non si pensa nemmeno più ad un attacco nemico, ‘sono quegli idioti’, ecco cosa dicono» commentò con superiorità, ma la verità era che trovava la cosa parecchio divertente. Anche perché lei per un quarto dell’opinione pubblica era dalla parte del torto, perché era dalla parte di quei ‘pazzi psicopatici che fanno saltare il tetto anche solo per darsi il buongiorno’ – questa l’aveva sentita da una vecchietta che era andata a prendere dei fiori, qualche tempo fa.
Aveva invano trattenuto le risate.
«Ci sono delle storie terribili su di voi, siete tipo degli esseri spaventosi» confessò la Yamanaka, che trovava la cosa divertente, glielo si leggeva in faccia.
La Haruno scosse la testa, non le era mai interessato sapere quel che la gente pensava di lei o di loro, eppure una certa curiosità l’aveva.
«Di cosa stai parlando esattamente? Storie come Sasuke che tiene sotto al letto i cadaveri della gente che va ad uccidere di notte?» commentò con sarcasmo la ragazza, realizzando con stupore solo in un secondo momento che forse non era nemmeno troppo lontano da quel che potevano inventarsi su di loro.
Ino mosse la testa prima a destra e poi a sinistra, per poi esordire con un: «Mh, non esattamente, ma qualcosa del genere» senza spiegare oltre. Adorava vedere l’amica pendere dalle sue labbra, perciò attese con sguardo innocente che Sakura le chiedesse cosa diavolo Konoha pensasse di loro. Non osava nemmeno immaginare da sola quali potessero essere i crudeli pettegolezzi della gente.
«Vuoi un invito scritto dall’Hokage in persona per continuare, scrofa?»
«Basta anche solo da qualche anbu scelto» ogni riferimento a Shikamaru Nara era puramente casuale. «Comunque tutte ‘ste storie le sapresti anche tu se uscissi da quella casa ogni tanto- no, non conta andare in ospedale o in missione, cara» la interruppe subito Ino, quando stava per ribattere che lei usciva di casa. Per andare a lavorare e in missione, infatti.
Non ci aveva mai fatto caso, in verità, che usciva così poco. Semplicemente, le era più semplice ragionare mettendo come centro del suo mondo villa Uchiha. O, meglio, dove c’erano gli altri due. Senza che qualcuno glielo confermasse, la stessa cosa valeva per Naruto e Sasuke.
«Su Naruto… beh, le solite storie, tutti attendono trepidanti che schizzi male e che uccida tutti a colpi di coda, su di lui non sanno cosa inventarsi di nuovo visto che ha anche salvato il villaggio una ventina di volte, la cosa li mette in crisi oserei dire» blaterò Ino, dando sfoggio del lato di sé che meglio era conosciuto: la pettegola, era davvero quello il ruolo che meglio le si ricamava addosso.
Certo, lo faceva solo come passatempo e non come lavoro a tempo pieno, ma comunque lo faceva in maniera ottima. Aveva buon occhio – o orecchio – per quel genere di cose. Probabilmente, attenta com’era, aveva capito perfino prima di Kurenai che la donna era incinta.
«Anche se non avesse salvato il villaggio non dovrebbero dire nulla su di lui» borbottò cupamente Sakura, riportando a galla il motivo per cui non ascoltava minimamente quelle fandonie. Come si poteva odiare così tanto un bambino, che era anche all’oscuro di tutto? La gente di Konoha avrebbe continuato a ricoprirlo con il proprio odio ancora adesso se non avesse salvato la pelle a tutti e, nonostante quello, lo giudicavano male.
«Oh, suvvia, si è riscavato la fossa da solo quando ha riportato indietro Sasuke» notando lo sguardo vago di Sakura si permise di aggiungere un piccato: «vivo, intendo.»
Sakura sbuffò e capì dove voleva andare a parare: «Oh, per favore! Sasuke avrà anche… sbagliato, sì, ha fatto un sacco di cazzate, ma non merita certo la morte!» sbottò e l’uso del turpiloquio aveva confermato ad Ino che l’amica era piuttosto sensibile in merito. Non era certo una novità, era anzi logico, se non scontato. Sakura dava l’impressione di saper ragionare con obiettività, ma a volte era palesemente di parte e nemmeno se ne rendeva conto. Sasuke aveva fatto cose di cui non poteva andare fiero e solo il favore dell’Hokage e le circostanze seguenti lo avevano salvato. Tuttavia, lei lo avrebbe difeso anche se i dettagli della situazione fossero stati altri.
«Uhm, diciamo che hanno ucciso per meno, perciò se proprio vogliamo essere coerenti…» notando lo sguardo serio e infuriato di Sakura, onde evitare che ribaltasse il tavolo e facesse qualche scenata tipo fare un buco nel pavimento, aggiunse: «Ma ogni situazione va valutata singolarmente, sì» e annuì più volte, come a voler assicurare all’amica che no, non era a capo di una spedizione di ribelli per uccidere Sasuke nel sonno. Lei era da parte dell’Uchiha, come lo erano Kiba, Neji e tutti gli altri. Solo, c’era chi non la pensava come loro e beh, erano la maggioranza.
«Comunque,» riprese con calma «su Naruto dicono sempre le stesse cose, un po’ una noia in effetti. Fanno tutti i gradassi quando non c’è, ma premurano figli e conoscenti di non far arrabbiare la temibile volpe a nove code, ignorando il fatto che Naruto è perlopiù composto di stupidità, il che vuol dire che non capirebbe se qualcuno ce l’ha con lui o no fino a che non tentano di ucciderlo con un kunai» riprese fiato e bevve un sorso di tè.
Sakura schioccò la lingua in segno di disapprovazione per la cattiveria con cui Ino apostrofava Naruto, ma anche lei non poteva dire nulla sull’intelligenza del compagno. In quel caso si trattava più che altro di buonismo innocente, ma l’Uzumaki non era una perla di furbizia, quello no. Per partito preso, però, si mostrò indignata.
«Ambasciator non porta pena, io ti dico solo i fatti come stanno, frontona» mise le mani avanti la Yamanaka, anche se qualche parolina di più ce la stava mettendo. Sia per dovere di cronaca, sia perché le risultava estremamente facile farlo. Di nuovo, non aveva nulla contro Naruto se non un senso di irritazione verso la sua esuberanza, ma era la stessa cosa che provava nei confronti di quell’idiota di Kiba. E quest’ultimo puzzava pure di cane, ma Naruto, in compenso, emanava uno sgradevole odore di ramen, perciò niente punto a favore dell’Uzumaki.
«Beh, di Sasuke puoi immaginartelo, il vendicatore folle che odia Konoha e che aspetta solo il momento opportuno per ucciderci tutti. Ci sono anche le varianti più fantasiose, roba del tipo che ci ha già rinchiuso in una delle sue illusioni e ci manovra come burattini. E tu e Naruto siete gli unici due che siete immuni a questa cosa… beh, non è che potresti chiedergli di farmi vedere più spesso con Shika?» chiese e Sakura notò con orrore che c’era una punta di speranza nella domanda. Della serie: ‘potrebbe anche essere vero, io non ci credo, ma tanto vale chiedere in caso lo fosse’.
«Questa è davvero idiota» disse Sakura, incrociando le braccia al petto e appoggiandosi allo schienale della sedia.
«Uh, non vuoi sentire la versione sanguinolenta?»
«Se ti dicessi di non mi ascolteresti?»
«No, ma intanto sei stata tu a chiedermi di rivelarti cosa dicono le malelingue qua in giro» e con una scrollatina di spalle mise da parte il sorriso e si fece seria. Abbassò anche la voce, come a dare maggior pathos alla faccenda.
Sakura sbuffò, ma non la fermò – sarebbe stato inutile.
«Un paio di volte ho sentito dire che Sasuke in realtà sia Orochimaru sotto mentite spoglie, dicono che i tratti della sua faccia assomigliano a quelli di un serpente e fa esperimenti su di voi» annuì più volte quando vide l’espressione scandalizzata di Sakura. «Ah, beh, ogni tanto controlla sotto i tatami, quando senti puzza di rancido non deve per forza essere il ramen di Naruto andato a male!» la avvertì con falsa premura e venne bellamente ignorata.
«Chi è che crede ad una cosa simile?» riuscì a dire, ancora enormemente sconcertata.
«Uhm, le solite vecchiette che vengono a prendere i fiori, ma da qualcuno l’avranno pur sentita, no? Qualcuno mi ha anche chiesto se ho notato qualcosa di strano in ‘quella ragazza con i capelli rosa, la tua amica, sì, l’amica del traditore…’» Ino era divertita, in favore di qualche risata aveva anche mandato a farsi benedire il pathos.
«E tu che hai detto?»
«Cosa dovevo dire, fronte spaziosa, che ogni tanto tiri fuori una lingua biforcuta poco umana?» la sbeffeggiò Ino e quando la Haruno stava per darle sentitamente ragione aggiunse: «Ho detto che ti vedo tutti i giorni in ospedale e che hai il camice, perciò non vedo nulla-»
«Ino! Non la smetteranno mai più di credere a queste scemenze se tu né smentisci né confermi!»
«Ma così è più divertente! Dai, queste storielle sono il massimo! Pensa che c’è chi crede che Sasuke compri tutti quei pomodori per mascherare le macchie di sangue che ci sono sui tatami e-» Ino era davvero intenzionata a raccontare tutti gli aneddoti che erano giunti alle sue fortunate orecchie, ma Sakura non era dello stesso avviso, infatti la fermò.
«Ok, sì, ho afferrato, Naruto è una specie di schizofrenico pronto ad uccidere tutti da un momento all’altro e Sasuke manipola e uccide. Io ovviamente non mi sono accorta di nulla anche se abito con loro, certo» tirò le somme della faccenda, ancora leggermente sconcertata.
«Beh, tu sei dalla loro parte. Non ti vengono gli occhi rossi e non hai la lingua biforcuta, ma qualcosa dicono anche su di te eh!»
Ok, lo sconcerto ora era totale.
«Su di me? Cosa su di me?»
«Beh, è ovvio, tu sei la ragazza che ha voltato le spalle a Konoha per stare con i due mostri da circo, sei cattiva e malvagia perché stai dalla loro parte. Se è per questo lo sono anche io, visto che sono amica tua e automaticamente parteggio per i cattivi» disse con una nonchalance annichilente.
«Questo è ridicolo» sbottò lei e per un attimo sentì qualcosa come senso di colpa stringerle lo stomaco. Con la sua scelta aveva inavvertitamente travolto anche altre persone e non ci aveva mai fatto caso davvero.
«Ah, non iniziare, Haruno» sbottò Ino, intercettando i pensieri colpevoli dell’amica. «Se permetti le mie scelte le faccio per conto mio, perciò tu non hai alcuna responsabilità» disse con severità e Sakura la osservò a metà tra lo scandalizzato e il sorpreso.
Fece finta di nulla; «Non so di cosa tu stia parlando, il tuo egocentrismo parla per te» biascicò e la Yamanaka la ignorò.
«Il meglio è quel che dicono sulla tua isteria e sulla tua forza bruta quando ti arrabbi… un fenomeno da baraccone, ecco» notando lo sguardo irritato di Sakura si permise di aggiungere: «Ecco, dovresti imparare a contenere la tua rabbia tesoro. Sorridi di più per esempio e non farlo solo se sei evidentemente fuori di testa e pregusti la vendetta nei confronti del malcapitato che stai per riempire di botte.»
«Nessuno ha chiesto i tuoi consigli, non ne ho bisogno visto che non so di cosa stai parlando» commentò pacatamente la Haruno, anche se forse forse qualcosina l’aveva capita.
«Sei spaventosa quando ti arrabbi, ammettilo. Secondo alcuni rompi i vasi solo con le urla che cacci ogni tanto, probabilmente se si scatena un terremoto pensano sia tu che batti i panni!» le fece presente l’amica e Sakura sbuffò.
Era solo un’esagerazione, non urlava tanto e di certo non aveva una forza sovrumana.
Ci sarebbe voluto, in quel momento, qualcuno che passasse a ricordarle che prima a villa Uchiha non c’era uno stagno per le carpe. L’avevano creato dopo che Sakura aveva creato una specie di fossa in giardino mentre se la prendeva con la pigrizia di Naruto. Si era rivelata utile, certo, ma non era in programma e gli era anche toccato comprare delle carpe che Sasuke malediceva ogni volta che vedeva. Probabilmente l’ego Uchiha e la paranoia lo portavano a credere che le povere bestiole boccheggiassero verso di lui per prenderlo in giro, ma quella era un’altra storia.
«Comunque, secondo alcuni tu sei la cavia di Sasuke per il marchio nero che sta progettando ed ultimando, il che può essere anche plausibile. Su se stesso non può provarlo, con Naruto è un azzardo perché mischierebbe due arme letali insieme e resti solo tu. Sei utile, non sei contenta?» commentò con sarcasmo e ciò dimostrava la serietà con cui anche le prendeva la situazione.
«L’unica cosa che i due idioti hanno marchiato sono le paresti che hanno sfondato» asserì sbuffando la Haruno.
«Hai notato se poi diventava a macchie?»
«No, non è nemmeno circondata dall’alone violaceo, un po’ deludente» rimase al gioco che un po’ trovava divertente, sicuramente meglio delle idee malsane che la gente aveva su di loro.
«Non spunta nemmeno qualche coda arancione di tanto in tanto?»
«Niente, c’è una crepa nell’angolo, ma non assomiglia ai baffetti di Naruto» e fu così che le due si trovarono ad annuire tristemente sull’incapacità della parete di manifestare i terribili segni del male che le due menti malvagie di Naruto e Sasuke stavano portando a Konoha.
«Comunque sei moralmente indecente ragazza, sappilo» l’espressione incerta di Sakura fece ridere Ino, che ci mise un po’ per riprendersi in modo da poter spiegare.
«Vivi con due ragazzi. Una ragazza scostumata secondo la vecchietta che ieri è venuta a comprare i crisantemi, mh. Indecente proprio» un attimo dopo Ino rideva di nuovo e davvero Sakura non capiva cosa ci trovasse di divertente. Le avevano dato della ragazza di facili costumi, per metterla in termini fini, non faceva ridere! Chissà cosa pensava sua madre di lei sentendo quelle cose… probabilmente nulla o l’avrebbe già presa per le orecchie e riportata a casa.
«Cos’hai da ridere, vacca?» sbottò infastidita dall’ilarità apparentemente senza motivo.
«È che… dai! Ah, come puoi dare dell’indecente a te che hai lo stesso sex appeal di Chouji in mutande? Voglio dire, che tu sia… nah, è impensabile vederti da quel punto di vista» e così dicendo si asciugò finemente le lacrime uscite a forza di ridere.
Sakura continuava a non trovarci nulla da ridere.
«Stai dicendo che-» Sakura non ebbe nemmeno il tempo di tentare di appurare che Ino fosse idiota che la ragazza le diede conferma da sola.
«Voglio dire, in una situazione del genere è più giusto considerarti un maschio!»
«Ino, hai presente quella cosa che fai quando il tuo cuore smette di battere? Ecco, falla. In maniera dolorosa, in silenzio, lontano da me» così dicendo sbuffò e mise il broncio. Non le importava dei giudizi altrui, ma aveva pur sempre un po’ di amor proprio ed una dignità.
«Su, dai, scherzav- no, cioè, non te la prendere, fronte spaziosa, questo pettegolezzo ti dimostra che non avendo temi validi con cui smerdarvi si attaccano ad ogni cosa!» tentò di risollevare la situazione, ma la Haruno aveva la testa abbastanza dura e rabbonirla era una sorta di mission impossible.
«Perché, non lo dimostra anche la teoria di Sasuke come riciclaggio di Orochimaru?» Ino tacque in maniera eloquente, ma si affretto a concordare quando l’occhiataccia di Sakura la colpì in pieno.
«Fortunatamente, comunque, c’è anche chi non vi schifa come la peste, un’esigua minoranza, certo, ma almeno c’è, vanne fiera» terminò Ino, come se le avesse appena raccontato quel che aveva fatto quel mattino, nulla di speciale in poche parole. Oh, su, in fondo le aveva solo fatto sapere che nell’immaginario del villaggio erano tipo mostri mutanti, assassini crudeli e pronti ad uccidere tutti. E lei era orribile moralmente parlando perché abitava con due ragazzi in un quartiere isolato. Inutile ribadire il fatto che avesse quasi vent’anni suonati.
Sakura storse la bocca in una smorfia che non si era nemmeno accorta di aver spalancato indecentemente. Aveva un mezza intenzione di ribattere con qualcosa di pungente, per smentire, ma la consapevolezza che sarebbe stato inutile metteva a freno la sua voglia di lamentarsi.
Forse stava leggermente ingigantendo la questione, ma in sostanza partiva da basi fondate.
Lo sapeva pure lei, quel che Konoha pensava di loro tre, non era mica un mistero. Solo che sentire tutte quelle storielle di primo mattino non aiutava a digerirle correttamente tutte con una buona dose di disinteresse. Non che non le importasse di Konoha, era il suo villaggio, ma non poteva rispettare quella sfaccettatura del paese.
Per loro erano i pazzi che se ne stavano per i fatti loro nel tetro quartiere Uchiha; erano i cattivi che parteggiavano con l’Uchiha fedifrago e meritavano tutti e tre l’esilio; erano i fuori di testa che Konoha teneva relegati in un angolo e di cui non si fidava. Faccenda ilare e triste allo stesso tempo. Seriamente, però, le mancava la storia delle divinità mitiche, come diavolo li aveva chiamati Ino. Si era forse persa qualcosa?
«Comunque, prima hai detto qualcosa di qualcuno che ci vede di buon occhio… non che mi interessi, eh, solo per curiosità» sapeva di gente a cui erano indifferenti, ma era ben diverso dal giudicarli positivamente.
Ino le lanciò un’occhiataccia perché non aveva apprezzato il cambio di argomento – preferiva la parte in cui erano gli appestati della faccenda, prenderli in giro era sempre un piacere – a cui la Haruno ricambiò con un sorriso soddisfatto.
«Sì, qualcuno c’è, tipo io, hai presente? Ti parlo ancora e non cerco in te i segni del possibile marchio nero che presto si manifester- oh, sono delle tomoe quelle sue tuo collo o è solo un neo?!» chiese volutamente con un tono di voce più alto, facendo girare un paio di teste.
Sakura divenne rossa e le intimò di smetterla. Non era divertente per lei, evidentemente per Ino sì. Difficile chi dei due avesse una prospettiva distorta della faccenda, forse avevano ragione entrambe.
«Comunque, anche se è difficile crederlo, c’è qualcuno che invidia la vostra vita semi perfetta in quella vita che sta cadendo a pezzi… invece di credere che seviziate e torturate gente quando non lo fate tra di voi crede che siate felici e contenti tra quelle quattro mura che stanno in piedi non si sa esattamente come» rivelò, ma non c’era entusiasmo in quella rivelazione. «Siete gli eredi dei tre sannin leggendari, dei miti, dei ninja provetti, dei-»
«Sì, grazie ho afferrato il concetto» la interruppe cordialmente l’Haruno, un po’ a disagio.
«Ecco, questa non è una cosa credibile. Dai, che diavolo di sannin dovreste essere? Uno che mangia pomodori, uno che ingoia ramen senza nemmeno masticare e l’altra che resuscita carpe come anti stress? Non sono questi i miti leggendari che voglio conoscano i miei figli! Piuttosto gli racconterò di come la loro bellissima madre fosse un genio già da-»
«Gelosa, scrofa?» chiese con falsa indifferenza l’Haruno, fingendo di osservare il bicchiere con estrema attenzione. Aveva le labbra distese in un sorriso palese, cosa che fece infastidire ancora di più la Yamanaka, colta nel vivo.
«Ovvio che no, frontona, di quale delle bellissime caratteristiche sopracitate dovrei essere gelosa?» chiese di rimando, anche lei sorridendo, quando l’irritazione era ovvia.
«Qualsiasi per te sarebbe già tanto, visto che per il momento l’unica caratteristica degna di nota che hai è il culone» la prese in giro, fiera dell’espressione totalmente scandalizzata che la Yamanaka tirò fuori. Furiosa era un eufemismo.
«Credo che il marchio nero si stia facendo sentire, oltre ad una lingua biforcuta però si nota anche la completa distruzione della materia grigia, vallo a riferire al pazzo traditore con cui abiti» ribatté piccata e per un po’ nessuna delle due disse nulla, troppo prese a fissarsi in cagnesco. Quel genere di arrabbiature infantili, però, duravano poco e non avevano certo lo stesso spessore che gli attribuivano quando erano più piccole.
«Qual è il problema di cui volevi parlarmi, Sakura?» chiese ad un tratto la Yamanaka, riportando la discussione su un piano più serio e su quello che effettivamente era l’argomento che le aveva spinte ad incontrarsi.
«Mh» Sakura si accigliò e prese a giocherellare con una ciocca di capelli.
«Riguarda qualcosa che è successo?» sondò il terreno l’amica, senza ottenere una vera risposta, più un suono indistinto che non era né un sì né un no.
Passò qualche attimo in cui entrambe tacquero. Sakura persa nell’evidente confusione mentale che aveva e Ino in attesa di una risposta, non del tutto sicura che sarebbe arrivata.
«Non è qualcosa che è successo credo… cioè, è una sensazione, ma non so definirla» borbottò Sakura e ad Ino sembro più che stesse tentando di mettere ordine nella sua testa, piuttosto che rivolgersi a lei.
«Ho come l’impressione che debba accadere qualcosa, non so come spiegare.»
Non la stava nemmeno guardando, aveva gli occhi puntato sul bicchiere e la mente era completamente altrove. Aveva la fronte aggrottata e l’espressione quasi imbronciata di chi è ad un passo dal realizzare qualcosa che continua ad essere così tanto vago ed indefinito che sembra irraggiungibile. Però rimaneva quella sensazione orribile del quasi raggiunto.
Sakura non se ne accorse, ma Ino la stava osservando con serietà quella volta.
Era cresciuta un sacco, convenne tra sé. Non che fosse stata una cosa improvvisa, il giorno prima non l’aveva ancora passato a comportarsi come una bambina; era stato un cambiamento graduale, ma quella mattinata costituiva uno degli esempi che le dimostravano il cambiamento dell’amica in maniera definita. E sapeva anche cosa l’aveva spinta a diventare matura. Era quello stesso qualcosa che permise alla Yamanaka di capire come risolvere l’incertezza che Sakura aveva in quel momento. Riuscì a comprendere prima di Sakura solo perché lei poteva vedere la faccenda da un’ottica esterna, mentre Sakura era all’interno, direttamente al centro di tutto.
Era inutile negarlo, tutto il mondo di Sakura ruotava attorno a ciò che lei costituiva con gli altri due. Un’unità stabile che coesisteva indipendentemente da quel che gli accadeva intorno.
Erano semplicemente loro, Ino prima non si era espressa abbastanza eloquentemente quando aveva detto che c’era anche chi li invidiava. Loro tre erano qualcosa che sembrava irraggiungibile perché, nonostante tutto quel che era successo, avevano creato qualcosa che era diverso da ciò che erano stati precedentemente, ma che era migliore. Per Sakura tutto era cambiato da quando Sasuke era tornato, c’era stato un totale salto da una situazione ad un’altra, solo che lei non se ne era accorta. Lei vedeva una soluzione di continuità che in realtà non poteva esistere.
Sakura riusciva solo a vedere attraverso quel che avevano creato, particolari e sottintesi che solo loro tre potevano capire. Dall’esterno, tuttavia, forse c’era più chiarezza nel valutare le cose.
Ecco perché Sakura non si era ancora accorta di aver camminato sulla punta dei piedi fino a quel momento, come se stesse camminando su schegge di vetro, attenta, nel terrore di potersi tagliare. «Forse non è con me che devi parlarne, fronte spaziosa» disse Ino ad un tratto, finendo il suo tè e sorridendo ora con una certa soddisfazione.
Sakura davvero non aveva capito a cosa si riferisse, ma era certa di essersi persa ad un certo punto della discussione, forse quando erano finiti a parlare del timore reverenziale che la gente aveva nei riguardi di Sasuke.
«Cosa vuoi dire?» e questa volta non stava facendo volontariamente la finta tonta.
«Quel che ti preoccupa, tormenta, angoscia, quel che ti pare, frontona… beh, io forse non lo posso capire, perciò non ne puoi parlare con me» commentò e un attimo dopo si alzò.
«Ah, grazie per avermi fatto sprecare una mattinata intera a parlare di niente, è sempre utile» Sakura era indecisa se leggere qualcosa in quella frase oltre al sarcasmo, decise più saggiamente di ignorare la cosa. «Ora però devo andare, grazie a qualcuno che domani va in missione ho un cambio di turni» Ino lanciò un’occhiata piena di odio e risentimento.
«Oh, suvvia scrofa, mattina o pomeriggio che differenza fa? Se lavori al mattino, poi, il pomeriggio puoi vedere Shikamaru…» disse allusiva Sakura e sul volto dell’altra ragazza si dipinse un sorriso piuttosto entusiasta. Quello era l’unico motivo per cui aveva accettato di far cambio con Sakura o non lo avrebbe mai fatto, pertanto quelle di prima erano solo lamentele di rito.
«Buona fortuna con le tue missioni, Sakura, quando torni puoi farmi sprecare un’altra mattinata per farmi un resoconto» e, prima che la Haruno potesse rispondere, si era già avviata.
Le tue missioni, plurale. Probabilmente alla Yamanaka di quella di domani con il team sette non fregava assolutamente nulla, però aveva fiducia nel fatto che presto sarebbe riuscita a risolvere la seconda. Questo anche se non aveva capito quale fosse la sensazione che la assillava, la Yamanaka aveva solo intuito che era qualcosa che poteva risolvere solo in famiglia. Ora mancava solo Sakura a comprendere la faccenda.
Forse la convinzione di Ino di saper capire le cose anche se non le venivano dette non era solo una vana gratificazione per il suo ego, era vero.
Sakura sospirò, osservando con attenzione il bicchiere che aveva davanti.
Sapeva che se avesse potuto, l’amica l’avrebbe aiutata, ma era chiaro che non poteva. Però se Ino riteneva che Sakura potesse risolverla evidentemente c’era qualcosa da qualche parte che a lei sfuggiva.
Con qualche rassicurazione in più, si alzò per andare a pagare e solo quando aprì il portafoglio davanti a lei si presentò un problema che eclissò per un po’ tutti gli altri. Vide infatti che al suo interno non c’era nemmeno uno spicciolo. Non una moneta, una banconota, un buono pasto di Ichiraku, nulla. Solo un biglietto la cui calligrafia fece impietrire Sakura dalla rabbia, perfino il commesso si allontanò leggermente dal bancone. Sakura Haruno si stava arrabbiando, forse era meglio evacuare il locale.
Il biglietto era stato scritto da Naruto, il disordine che c’era in quelle poche righe non poteva che testimoniare che a scrivere era stato l’idiota biondo con i graffi sulle guance. Prima ancora di leggere la Haruno si chiese perché non fargli qualche altro graffio anche sul resto del corpo. Dopo averlo letto, da medico ninja, considerò la possibilità di togliergli tutte le ossa dal corpo.


Yo, Sakura chan~! Ho preso i tuoi sol- ho fatto un piccolo pres- ho preso in prestito i tuoi soldi! Te li ridarò, giuro, ma stavo moreeeeendo di fame. Te li ridò, eh. Ah, ho preso anche i buoni pasto di Ichiraku, te l’ho detto che stavo moreeeeendo di fame? Oggi passi tu a fare la spesa? Perché sto moreeeeeen-




Sakura accartocciò con rabbia il bigliettino a tal punto che il ragazzo alla cassa temé potesse disintegrarlo con la sola pressione del palmo. Giravano sicuramente brutte storie sulla forza bruta di Haruno Sakura, il fatto che lei andasse in giro a scandalizzare gente nei locali non aiutava la sua immagine. Di certo non aveva rotto un vaso solo urlando a Naruto e Sasuke di smetterla di ammazzarsi di botte. Dannate vecchiette che pontificavano su ciò di cui avevano paura.
Non aveva soldi per pagare, cosa poteva fare?
«Quell’idiota si è preso i miei soldi!» detto ciò, dimentica del fatto che fosse in pubblico e che dovesse pagare, si mise a borbottare a voce non troppo bassa e con epiteti non esattamente aulici contro l’Uzumaki, scandalizzando chiunque la vedesse.
La prossima volta che si sarebbero viste lei ed Ino sicuramente avrebbero avuto altre storia su cui dibattere.
«Signorina…» tentò di richiamarla il cameriere, ma quella fu la scelta più sbagliata che il malcapitato potesse fare.
Il fatto che avesse già di suo i nervi a fior di pelle non aiutava minimamente.
«Spero per te tu non debba mai incontrare un imbecille come Naruto, perché suppongo che nessuno ti abbia mai fregato i soldi chiedendoti anche di passare a fare la spesa! Con che diavolo dovrei pagare, con i miei organi? Un suo rene magari, non posso nemmeno puntare al cervello perché non sembra esserci!»
La giovane riprese fiato, il cameriere lo tratteneva ancora tanto da essere divenuto cianotico.
«Non mi ha lasciato nemmeno uno stupidissimo yen!»
Fortunatamente, prima che la Haruno potesse scavalcare il bancone e saltare in braccio al tizio – che non aveva fatto nulla di male se non il suo lavoro – per sfogare la sua enorme rabbia, giunse la salvezza della vita dell’uomo e della dignità di Sakura.
«Dormi poco ultimamente, Sakura chan?» chiese la voce annoiata e forse leggermente sorpresa di Kakashi, che mise una mano sulla spalla della giovane e la allontanò leggermente dal bancone. La Haruno si voltò stupita e, al posto del fiume veemente di parole che stava vomitando a ruota libera fino ad un attimo prima, le uscì dalla bocca solo qualche balbettio incerto.
«Da quel che ho capito, che suppongo sia quel che ha capito anche mezza Konoha, Naruto ha preso i tuoi soldi» tirò le somme Kakashi, ignorando gentilmente il fatto che la sua allieva fosse rossa per l’imbarazzo e prossima al collasso psicofisico.
La ragazza annuì e probabilmente prese in considerazione la possibilità di darsi alla fuga, dopo una simile situazione. Kakashi scosse la testa e probabilmente sorrise, ma la Haruno era troppo occupata a fissarsi i piedi.
La faccenda si concluse tranquillamente con il sensei che pagava per lei e la trascinava più o meno discretamente fuori di lì.
Oh, e Sakura l’aveva sentita eccome la vecchietta centenaria che, mentre stava uscendo, aveva mormorato alla sua amica bicentenaria qualcosa come “deve essere il marchio nero dell’Uchiha che si risveglia… povera indemoniata”.


«Non è da te andare in giro ad uccidere camerieri, Sakura» fece presente Kakashi, mentre i due camminavano tranquillamente per le strade di Konoha.
La Haruno scoppiò in una risata bassa ed imbarazzata, ma non tentò di giustificarsi né altro. Non sapeva perché avesse reagito così male, in fondo non era la prima volta che Naruto la metteva in una situazione difficile e questioni peggiori le aveva sicuramente gestite con più diplomazia. Certo, poi aveva riempito di botte Naruto fino a cambiargli i connotati, ma quella era la parte ufficiosa.
«Non era intenzionale» borbottò Sakura ad un certo punto, cercando a modo suo di salvare un po’ la sua immagine. Non che ce ne fosse bisogno, con il sensei, ma la faceva stare un po’ meglio. O forse la deprimeva di più, non lo sapeva nemmeno lei.
In genere Kakashi era una persona che si faceva i fatti suoi e quando riguardava i suoi allievi tentava di essere diretto senza essere tuttavia invasivo. Una cosa che riusciva solo a lui, probabilmente.
«Il fatto che passassi di lì è stato provvidenziale, suppongo» e un attimo dopo, prima ancora che la ragazza potesse dire o fare nulla, l’uomo puntò il suo sguardo su di lei e le chiese semplicemente: «C’è qualcosa che non va?»
Gli riusciva tremendamente facile indagare senza essere diretto perché conosceva i suoi allievi meglio di se stesso.
Sakura lo osservò di rimando, negli occhi un’ombra che gli dava una risposta più valida di un sì. La ragazza non sapeva perché, ma in quel momento parlare le risultava più semplice rispetto a quando era con Ino. Le parole raggiunsero le sue labbra prima ancora di potersi rendere conto che il suo cervello aveva formulato una frase.
«Ho paura. No, non paura… è più timore, credo» ammise, mentre dava un calcio ad una pietra.
«Riguardo cosa?» era una domanda logica; per capire il problema bisognava capire a cosa fosse collegato. Era scontato, ma ovviamente non poteva funzionare se a chiederselo era lei stessa.
«Non ne sono sicura…» borbottò, ma era una bugia, così come lo era il fingere totale innocenza da parte di Kakashi.
«Lo sai che non potrete vivere insieme per sempre, vero?» le chiese a bruciapelo, rivelando i soggetti nascosti di tutta quella faccenda.
La ragazza lo osservò stupita, senza comprendere dove volesse andare a parare. Anche con Ino il discorso si era mosso nella stessa direzione o, meglio dire, loro lo aveva spinto in senso; per gli altri era qualcosa in superficie, immediatamente comprensibile, mentre per lei non lo era. L’impossibilità di vedere la montagna enorme di fronte a lei perché ne era ai piedi.
Doveva per forza c’entrare anche con gli altri due e questo non perché Sakura non potesse avere altri problemi o non avesse una vita al di là delle quattro mura di villa Uchiha. Semplicemente, lei sapeva esattamente risolvere qualsiasi altro problema che non riguardasse anche Naruto e Sasuke. Quando si trattava di loro non sapeva come risolvere le cose perché era una situazione singolare e lei non ci si era ancora abituata. Kakashi se ne era accorto perché li osservava, giorno dopo giorno, ma non in maniera esterna come faceva la gente di Konoha. Aveva un punto di vista ancora diverso, a metà tra il centro di quella triade imperfetta e il mondo esterno. Era il sensei, in fin dei conti.
«Crescerete e intraprenderete le vostre strade» commentò tranquillamente, come se fosse la cosa più logica del mondo.
Sakura annuì un paio di volte, poi sorrise e scosse la testa. Chi altri poteva capire, se non Kakashi sensei?
«Lo so, non mi aspetto di passare il resto della mia vita a vivere con loro, sarebbe masochismo» assicurò e non era una frase buttata lì, di quello aveva consapevolezza e non era un’immagine futura che la impensieriva. Era logico che non sarebbero andate così, le cose, non dovevano andare così. In fondo non era l’abitare con loro che importava, quello era solo un piacevole ‘di più’. Non era l’essere insieme fisicamente ad avere davvero rilevanza in tutto quello.
«E allora qual è il problema?» chiese gentilmente, rimanendo leggermente sorpreso quando la ragazza si fermò di colpò e inspirò. Fino a quel momento era stato più semplice parlare mentre si muovevano, impediva ad entrambi di soffermarsi sui dettagli.
Intorno a loro non c’era nessuno, senza nemmeno accorgersene – Sakura, perlomeno, Kakashi sapeva dove andava – si erano diretti verso il quartiere Uchiha.
«Sensei, ha mai provato quella sensazione di essere stato estremamente fortunato?» quella era una domanda che poteva essere intesa in maniera superficiale, ma poteva anche nascondere risvolti piuttosto profondi. Sakura la pose senza riflettere su quel che poteva dire per Kakashi sensei, che probabilmente non avrebbe mai dato una risposta e lei non gliene avrebbe nemmeno dato il tempo.
«Aver ottenuto più di quello che si poteva anche solo sperare. Il riavere Sasuke in questo caso, il poterli avere entrambi a poca distanza da me, vivi, senza problemi o, perlomeno, nulla di irrisolvibile. Sono una persona fortunata, molto, eppure…» si fermò di colpo, non trovando più le parole per esprimere quella sensazione.
Il maestro le diede tutto il tempo del mondo, perché era inutile aiutarla se lei per prima non metteva ordine in quel caos che si portava dentro.
«È… troppo. Probabilmente non lo merito nemmeno» farfugliò confusamente, per poi sospirare, chiudere gli occhi e aggiungere: «Finirà. Non è destinato a durare, deve succedere qualcosa… ogni volta che succede qualcosa di bello automaticamente accade qualcosa di immensamente più brutto, è sempre così e io» il «non voglio» che seguì lo pronunciò con voce flebile, poco udibile, quasi sussurrato a se stessa. Sapeva di sembrare patetica ed infantile, ma era davvero quello di cui aveva paura.
Aveva gli occhi puntati verso il basso, sui piedi, non aveva il coraggio di muoversi. Un attimo dopo una pressione sulla sua testa la fece sussultare. Kakashi le aveva poggiato una mano sui capelli e le sorrideva gentilmente.
«Non dire scemenze, Sakura. Tu ti fidi di loro?» le chiese con naturalezza e non spostò la mano, la tenne gentilmente sui capelli rosa che ormai erano cresciuti un sacco.
Ci mise un po’ a rispondere, non tanto perché non sapesse la risposta, quanto più perché era una domanda inaspettata.
«Sì, ma questo cos-»
«Non ha senso preoccuparsi per qualcosa che pensi possa accadere, non hai nessuna certezza che succederà. E se proprio fosse come dici tu, ti fidi così poco di loro due da pensare che cadreste a pezzi così facilmente?» la semplicità con cui espose quelle poche frasi fu devastante su Sakura, perché le diede modo in un attimo di vedere la situazione per quel che era.
Anche se fosse accaduto qualcosa sarebbero rimasti uniti. La Haruno si sentì tremendamente stupida per aver pontificato per giorni su una questione simile, ma non era qualcosa che poteva essere dato per scontato. Dopo quel che avevano passato forse era logico temere il peggio, una volta raggiunto un equilibrio.
Sakura sorrise e Kakashi le scompigliò i capelli – in cuor suo fu felice, per un attimo aveva seriamente temuto che le cose sarebbero andate per le lunghe e quella sarebbe stata la prima volta in vita sua in cui il motivo per il suo ritardo era diverso dal solito.
«Grazie Kakashi sensei» gli disse dopo qualche attimo, seriamente riconoscente.
«Dovere. Ora devo andare, può sembrare strano ma sono in ritardo» dettò ciò tirò fuori il suo adorato libro e si incamminò.
Una situazione del genere era già stata strana e fuori dal normale e le frasi di circostanza, a prescindere, tra di loro non c’erano mai state.
«Appena riavrò i miei le ridarò i soldi, sensei» urlò Sakura quasi esultante mentre l’uomo si allontanava, conscia che era una frase fatta e di cortesia, figurarsi se Kakashi glieli avrebbe davvero chiesti…
«Sì, con gli interessi Sakura chan, puoi ridarmeli domani, tanto abbiamo una missione, no?» e scomparve.
Per l’ennesima volta nella giornata, la bocca di Sakura era indecentemente spalancata e ribolliva di rabbia. Fortunatamente non c’era nessuno nei paraggi.
Le sarebbero servite un sacco di carpe da far resuscitare per calmarsi un po’.


Stranamente, quando entrò in casa, trovò sia Naruto che Sasuke. Lei in genere a quell’ora lavorava, ma grazie al provvidenziale cambio con Ino quella settimana era diverso.
In un attimo, mentre li salutava, le venne in mente la discussione appena avuta con il sensei. Forse alla fine non c’era nulla da dire, nulla da chiarire. Era l’unica tra loro tre che temeva che presto qualcosa sarebbe andato storto?
Probabilmente sì, ma semplicemente perché era solo lei che dava già tutto per spacciato. In caso fosse successo qualcosa, non sarebbe semplicemente bastato risolverlo insieme?
«Cosa c’è?» chiese Sasuke dopo qualche attimo, notando lo sguardo incerto della ragazza. Naruto fece passare lo sguardo da uno all’altro, con le bacchette in mano ed un’espressione di totale non comprensione.
Sakura non rispose subito e ripensò ancora per qualche attimo a quel che le aveva detto il sensei. Anche quel che le aveva detto Ino le era stato d’aiuto in un certo senso.
«Mi fido di voi» disse con una certa esitazione. Di per sé come frase non aveva senso, ma l’importante era che capisse lei.
Naruto mise mani, bacchette e ciotola di ramen avanti, pronto a difendersi: «Io non sono stato, non ho fatto niente, è stato Sasuke!» nella foga di puntare l’altro ragazzo qualche spaghetto volò ad adornare il pavimento.
«Ti costa tanto tentare di essere meno ributtante?»
«Ti costa tanto strozzarti con i pomodori, Uchiha?»
«Sì, ma non ho problemi a strozzare te.»
Una scena seria tra quelle mura non si sarebbe vista di lì a cent’anni.
Naruto, comunque, non si era accorto di nulla, Sasuke aveva intuito ma non aveva ben compreso, mentre Sakura, che sorrideva, aveva risolto i suoi dubbi. Non c’era bisogno di farlo sapere anche a loro, che comunque non avrebbero chiesto nulla. Erano per metà abituati alle stranezze della ragazza e per metà semplicemente le lasciavano i suoi spazi. Se aveva bisogno di loro glielo faceva sapere lei.
«Naruto quando hai finito di fare il bambino pulisci per terra» lo apostrofò con serietà, anche se era quasi certa che sarebbe dovuta passare lei a pulire.
In risposta l’Uzumaki borbottò qualcosa di incomprensibile, visto che aveva la bocca piena. Fece il favore al mondo di ingoiare prima di parlare di nuovo.
«Sei passata a fare la spesa, Sakura chan?» nello stesso momento in cui Naruto pronunciò quella frase, sia lui che la ragazza si ricordarono immediatamente di una certa faccenda. L’Uzumaki si pentì come non mai di aver aperto bocca.
«Stavi moreeeeeendo di fame, Naruto?» chiese ad un tratto Sakura e in un attimo il sorriso non era più dolce, ma vendicativo e con un qualcosa di terrificante. Si era ricordata lo spiacevole incidente di quel mattino, la pessima figura che aveva fatto e i soldi che doveva al sensei. Il suo buon umore era appena stato sotterrato da chili e chili di rabbia repressa.
Sasuke prese il suo piatto con i pomodori e si portò dall’altro lato della stanza – gli Uchiha erano ottimi preveggenti -, non intenzionato a trovarsi in mezzo all’imminente scontro.
«Sa-Sakura chan, la violenza non rimetterà i soldi nel tuo portafoglio-»
«Che cosa?!»
«Voglio dire… se mi uccidi non potrò ridarti i soldi!»
Il ragazzo si stava scavando la fossa da solo, ma era adorabile notare come non se ne rendesse conto.
«Hai idea della pessima figura che ho fatto stamattina?» gli urlò contro, facendo un passo verso di lui. Automaticamente Naruto, per istinto di sopravvivenza, ne fece uno indietro.
«Mi dispiace! Avevo finito i miei… avevo fame… Sasuke il suo portafoglio se lo porta sempre dietro e-»
«E cosa? Ora dovrò anche pagare gli interessi a Kakashi sensei! Che poi quale sensei malato fa pagare gli interessi ad un’allieva» borbottò scandalizzata ed avvilita.
Sakura continuava ad avvicinarsi a lui e l’Uzumaki ad indietreggiare. La cosa sarebbe andata avanti all’infinito se dietro Naruto non ci fosse stato Sasuke che con un gesto disinteressato lo spinse direttamente addosso a Sakura.
«Smettila di fare l’imbecille» si giustificò solo l’Uchiha, che in realtà adorava vedere Naruto picchiato a dovere. Certo, preferiva essere lui a fargli fare una trasfusione di sangue verso il pavimento, ma sapeva accontentarsi.
«Sul bigliettino ho anche scritto che ti voglio bene!» furono le sue ultime parole.
Era sconcertante notare come un attimo prima avessero discusso con serietà e ora stessero tentando chi di mangiare, chi di salvarsi la pelle e chi di trovare il modo migliore per uccidere il proprio amico nella maniera più dolorosa possibile.
Quotidiana amministrazione, si poteva dire.
Da qualche parte, qualcuno si lamentava dei tre cretini che stavano per far saltare di nuovo per aria la casa.
Dettagli.
Sakura, tra un pugno e un altro, realizzò anche che finalmente era in pace con se stessa; si era fermata per un attimo, una piccola pausa, per analizzare la situazione, aveva realizzato il problema e lo aveva risolto.
Fu come liberarsi di un peso enorme, respirare dopo un sacco di tempo. Ci sarebbe voluto ancora un po’ di tempo, ma era sulla buona strada per accettare completamente il fatto che poteva smettere di camminare in punta di piedi, in attesa che tutto si distruggesse. Non sarebbe crollato nulla e, se proprio fosse successo, lo avrebbero aggiustato insieme.


* "Quando ero giovane, ogni volta che ricevevo il più grande regalo che potessi immaginare, accadeva sempre qualcosa di brutto. Perciò, ogni volta che ricevevo questi grandi regali, mi chiedevo "che cosa terribile accadrà adesso?' ed ero triste."

Uhm, non sono morta, sono sulla buona strada ma ci sono ancora XD Diciamo che devo ancora abituarmi al non avere una vera e propria routine, è una cosa che mi pesa parecchio, sono una persona tendenzialmente portata a necessitare di un tempo organizzato, avere gli orari sfasati mi confonde (sì, come human being sono un mezzo disastro che non sa nemmeno gestirsi la sua stessa vita, me ne rendo conto XD). Al momento tipo, comunque, dovrei fare qualcosa come studiare. Poi un giorno qualcuno mi spiegherà perché l’ispirazione mi viene quando ho altro da fare .____.
Questa mini shot fa parte della specie di serie che ho avviato che ha le stagioni come titolo (haru no kanji, natsu no kanji e blablabla) e, come dice il titolo, è un intermezzo. Non fa né caldo né freddo e Sakura ha tempo per pensare un po’. Passatemi come licenza poetica il suo sclerare male davanti al cameriere XD
In genere, con le altre due shot ho parlato ‘dall’interno’, per così dire, del rapporto tra loro tre. In questo caso è una visione parzialmente esterna (l’ho anche ambientata fuori dalla casa, cosa che in un certo senso dovrebbe essere simbolica, ma può anche essere letta come priva di significato XD”) in cui, tramite Ino, si nota un po’ come sono visti dall’esterno e cosa pensa le gente di loro tre (che in effetti non è poi così importante, ma va bene x3 Cioè, è buttata proprio sul ridere, ma il concetto di fondo è che c’è gente ottusa che non capisce una mazza, to’).
Doveva essere una cosa corta, ma mi sono resa conto non lo sarebbe stata quando, a pagina otto terminata, non ero nemmeno a metà. Credo di avere qualche problema nel calibrare la lunghezza delle cose e la faccenda può risultare negativa. È chiaro che il mio buon proposito di ‘cinque pagine non di più’ non è stato rispettato, amen XD
La frase all’inizio, appena l’ho sentita nel drama da cui è tratta, mi ha colpita parecchio, perché ho pensato proprio “oh, qualcuno ha messo nero su bianco quel che penso” XD perciò non potevo lasciare che andasse dimenticata, dovevo metterla da qualche parte. E boh, prima o poi farò anche l’autunno e l’inverno XD” anche se non so nemmeno se in questo ordine, ma pazienza…
Perdonato i possibili errori, scappano sempre e sempre scapperanno, sorry XD
Bon, grazie per l’attenzione uù
  
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