-2-
(svolgere le
indagini preliminari)
Dev’essere
accaduto durante la
notte. Probabile che l’eclissi di luna abbia influito.
Ma perché?
E dove sei, Mac?
Il mio IO ha prevaricato il tuo e
ora sei sempre qui, nel tuo corpo, che in questo momento contiene
entrambi? (Del
resto lo dici sempre che la mia personalità è travolgente e che voglio
averla
sempre vinta io.)
Oppure anche tu sei finita
altrove? E chi ha preso possesso del mio corpo?
Come vorrei che una volta tanto ci fossi tu nei miei panni…
All’improvviso
un ricordo mi
assale: la tua frase di ieri.
Ed ecco che tutto, nella sua
assurdità, acquista un senso. Una certa logica.
Non può che essere così: se io
sono nel tuo corpo, Mac, tu devi essere finita nel mio.
Poco alla volta i pezzi di questo
puzzle surreale trovano ognuno il proprio posto e tutto si fa
finalmente più
chiaro e comprensibile…
Forse.
Ieri ci siamo lasciati dopo un
ennesimo battibecco. Non facciamo altro, ormai. Da mesi. Se fossi del
tutto
onesto, aggiungerei che i nostri rapporti sono ulteriormente peggiorati
da
quando stai con Webb.
E io non lo sopporto.
Non sopporto neanche l’idea che tu
faccia l’amore con un uomo che non sia io. Ma ancora di più credo di
non
riuscire a sopportare quello che è diventata la nostra amicizia.
Sempre che esista ancora tra noi
qualcosa che possa definirsi tale.
In questi giorni siamo alle prese
con un caso di molestie sessuali. Il solito caso rognoso, dove i fatti
si
riducono alle versioni diametralmente opposte delle due parti in causa
e le
prove sono pressoché inesistenti.
Tutto si gioca sul sottile
equilibrio delle testimonianze e del nostro istinto.
Lo so, Mac: a volte mi odi quando
uso questo termine. Eppure è sempre l’istinto che per primo mi guida,
anche
nelle situazioni più disparate.
E l’istinto mi dice che Brian
Ferrell è più subdolo di quanto appaia.
Ovviamente tu sostieni che la mia sia
solo gelosia maschile: l’accusato è un uomo piacente, gentile e molto
educato,
mentre a quanto dicono, Melinda Parker, colei che lo ha denunciato, è
una donna
che ama il potere; è aggressiva, disinvolta e disinibita. Difficile
crederla
oggetto di molestie sessuali.
Non l’ho ancora conosciuta, dovrei
essere sulla Seahawk proprio per questo, oltre che per le consuete
prove di due
giorni per le qualificazioni.
Avrei dovuto osservarla nel suo
ambiente, prima di condurla con me a Washington, per interrogarla. E
avrei
dovuto trovare qualche testimone. Sempre ammesso che ce ne siano.
Eppure… prima ancora di averle
parlato, prima ancora di aver svolto qualunque indagine, l’istinto mi
dice che
Ferrell sta mentendo. Su qualcosa, ma sta mentendo.
Tu, invece, sei rimasta
affascinata da lui.
Ferrell ti lusinga, e tu ti lasci
lusingare.
Quando mi hai detto che soffro di
gelosia maschile, ho ribattuto che è Webb quello che dovrebbe essere
geloso…
Sei diventata una iena: non
sopporti che ti rinfacci le tue debolezze. Eppure è tipico di te
lasciarti abbindolare
da due moine fatte al momento giusto. Soprattutto se a farle è qualcuno
gentile
e che ci sa fare con le donne.
Ma Ferrell è realmente gentile? O
è quello che vuole apparire?
E ci sa davvero fare con le donne?
Oppure le usa soltanto?
Come ultimamente ci accade, siamo
di parere discorde. E a volte non so più capire se lo siamo perché
davvero la
pensiamo diversamente o semplicemente per farci un dispetto a vicenda.
Perché ci sta accadendo tutto questo?
Come siamo giunti a neppure più
sopportarci?
Ricordo con nostalgia i bei tempi
quando lavoravamo assieme, quasi sempre di comune accordo. E anche
quando non
lo eravamo, sfruttavamo le nostre divergenze per conoscerci e, senza
neppure
rendercene conto, risolvevamo comunque il caso. Insieme. Non importava
che uno
vincesse e l’altro no. La sensazione era sempre quella d’essere stati
una
squadra.
Ora, invece…
Comunque, quando ho tirato in
ballo Webb e la sua probabile gelosia, il discorso è degenerato, come
sempre,
su fatti personali. Ultimamente non facciamo che rinfacciarci i nostri
difetti,
peggio di una coppia sposata in piena crisi matrimoniale.
- Sei sempre
la solita, Mac. Basta un sorriso e tu diventi un’altra.
- Una che tu non sopporti, vero?
- Io non sopporto come ti lasci sedurre dagli uomini. La tua
intelligenza va a farsi benedire…
- Parli così solo perché ti ho detto che tra noi non avrebbe mai
funzionato.
- Oh, lascia perdere…
- Ecco, tu sai sempre e solo lasciar perdere, vero? Ma cosa vuoi da
me, Harm?
Ho preferito
non rispondere.
Cosa avrei dovuto dirti? Che
voglio solo te, e niente altro? Che da te non voglio nulla… ma che
desidero te,
semplicemente?
Che ti voglio così come sei, con
tutte quelle stesse contraddizioni che ti critico sempre, perché non
sopporto che
sia un altro a poterle amare?
Te l’ho già fatto capire, eppure
non hai voluto saperne.
- Con gli
uomini ti metti sempre in situazioni difficili…
- Oh, ma che ne sai tu? Lo sai cosa si prova ad essere una donna in
ambiente militare? Ogni sorriso, ogni frase… tutto deve essere sempre
calibrato, perché altrimenti chiunque si sente autorizzato a metterti
le mani
addosso… e se non fanno quello, l’alternativa è essere giudicata una
che se la
fa con tutti… E’ sempre la stessa storia.
- Io non penso questo di te.
- No? Ma se lo hai appena detto.
- Io ho detto solo che se un uomo ti fa gli occhi dolci e due
complimenti, tu ti senti lusingata. Non ho detto che te la fai con
tutti.
- E che male c’è? Solo perché tu non mi rivolgi mai un complimento,
ciò non significa che a me non piacciano. O che non sia obiettiva per
questo.
- Non credevo volessi i miei complimenti…
- Lascia perdere, tu non sei il tipo.
- E se anche lo fossi, hai chiarito per bene che da me non vuoi nulla…
Per un attimo
sei rimasta in
silenzio. Sembrava che non sapessi più cosa dire. Poi te ne sei uscita
con una
frase, che lì per lì non ho capito. E che, a ben pensarci, continuo a
non
capire neppure ora. Ma che forse è stata la chiave di tutto. L’hai
detta e poi te
ne sei andata, senza neppure aspettare la mia risposta.
- Come vorrei che per una
volta
tanto ci fossi tu nei miei panni…
***
Attraverso i
tuoi stessi occhi,
osservo il tuo volto sorridermi e riesco a provare, nonostante tutto,
una
sensazione strana, indefinibile, identica all’emozione che mi travolge
ogni
volta che sfoderi il tuo sorriso. Ed è strano, perché ero convinta che
certe
sensazioni che mi trasmetti fossero legate soprattutto ad una reazione
puramente fisica, e io so perfettamente che la reazione del mio corpo
al tuo
fascino maschio è intensa. Sempre.
Ma in questo momento, io non mi
trovo nel mio corpo… sono addirittura nel tuo. Eppure sento comunque
qualcosa.
Devo pensare, allora, che il tuo
volto, le tue braccia, la tua pelle… tutto di te… siano in grado di
scuotermi
molto più nel profondo di quanto avessi mai immaginato?
Deve essere così. Altrimenti non so
spiegarmi come riesco a percepire fisicamente quel certo sfarfallio
alla bocca
dello stomaco e il cuore accelerare di un battito, nonostante sia il
tuo stesso
corpo a trasmettermi questi fremiti, mentre ti guardo attraverso i tuoi
occhi.
Per un attimo la paura
dell’incomprensibile scompare… Tu sai sempre tranquillizzarmi e questa
sensazione non mi abbandona neppure ora, forse grazie al fatto che è
proprio il
tuo corpo a contenere la mia essenza.
Mi lascio trasportare da queste
sensazioni: quando mai potrò avere un’occasione simile? Per poterti
guardare
con tutta calma, permettendo alle tue mani, che in questo momento mi
appartengono, di sfiorare finalmente le tue labbra, di accarezzare la
tua
pelle… come avrei desiderato fare da sempre.
Io non so cosa stia succedendo.
Non lo so e in questo momento,
forse, non voglio neppure saperlo.
Sono rapita dai tuoi occhi che mi
stanno guardando a lungo, senza distogliere lo sguardo come invece fai
tu di
solito.
Non riesco a smettere di osservarti
riflesso nello specchio… avevo scordato che dormi con soltanto i boxer.
Credevo
lo facessi unicamente quando sei in casa tua. Invece, a quanto sembra,
dormi
così ovunque…
O forse è un caso? (Un fortuito
caso, per me, oserei dire).
Oddio…
Quanto sei bello, Harm!
Lo sguardo passa dalle tue spalle
al torace muscoloso, scivolando rapidamente più giù, alle tue lunghe
gambe, non
osando quasi soffermarsi su quell’unica parte di te celata da un
indumento.
Eppure… non è forse quella parte
che più mi è proibita, a stuzzicare maggiormente la mia curiosità e la
mia
fantasia?
Ma mi sembrerebbe quasi di violare
la tua intimità, spogliandoti.
Che stupida, vero?
Anche perché, se dovessi rimanere
ancora a lungo nella tua pelle, dubito che potrò resistere molto senza
essere
costretta a svelarti, non fosse altro per permettere al tuo organismo
di
sopravvivere soddisfacendo le sue esigenze fisiologiche.
Però… forse…
E perché no?
Magari un pensierino potrei
farcelo anche prima.
***
E’ tardi.
Sono le 6.15 e fra poco
più di un’ora devi essere dall’ammiraglio per aggiornarlo sulla
situazione. Poi
dovresti interrogare Mike Forde, il primo teste a favore di Ferrell.
Devo sbrigarmi… Ma prima un caffè.
Nero, forte e bollente, proprio
come piace a me.
No.
Proprio come piace a te.
E’ un desiderio fisico. Ed è tuo.
Solo tuo.
Eppure, in questo preciso istante,
sembra che sia anche la mia mente a volerlo.
E mentre lascio che gesti
meccanici, che non ricordo d’aver fatto, preparino il caffè come piace
a te, mi
soffermo a pensare quanta parte delle cose che facciamo ogni giorno è
pura e
semplice abitudine, se non addirittura obbligo, e quanto, invece, ciò
che
desideriamo davvero.
Per te il caffè è una necessità
fisica, quasi una droga. Me ne rendo conto perché, mentre il liquido
bollente entra
nel tuo corpo, lentamente sento placarsi quel bisogno che mi aveva
assalito fin
da quando ero nel letto.
E, dopotutto, il caffè non è
neppure male!
Basta indugiare. Sento i minuti
scorrere via, rapidi e insidiosi…
Sono già le 6.33.
Guardo distrattamente l’orologio
della cucina (digitale, come tutti i tuoi orologi: benché tu sappia
perfettamente sempre anche il centesimo di secondo, hai bisogno di
vedere
scritto ora e minuti e le lancette non fanno per te) e osservo che
stamani sono
io che spacco letteralmente il minuto.
E’ una sensazione strana,
soprattutto per uno che ha sempre avuto solo una vaga idea del tempo
che passa
e che odia profondamente tutto ciò che glielo ricorda, anche se devo
ammettere
che se non esistessero gli orologi, probabilmente a quest’ora sarei
ancora in
Accademia!
Comunque è strano essere presente
al tempo, addirittura sentire fisicamente il trascorrere degli attimi.
OK, basta indugiare.
Prepariamoci. (il “Noi” mi sembra
d’obbligo, in questa situazione).
Mi levo al volo la lunga t-shirt
che indossi per dormire, la getto sul letto e mi dirigo rapidamente
verso il
bagno, per una breve doccia. Nonostante me ne fossi dovuto accorgere
prima,
realizzo solo ora che sotto la maglia non porti null’altro…
Interessante.
Ma ancora più interessante è la visione
che mi rimanda lo specchio quando transito davanti al lavandino.
L’immagine fugace del tuo corpo
nudo.
Troppo intrigante per far finta di
nulla.
Torno sui miei passi e
mi soffermo davanti allo specchio e, mentre
osservo, una sensazione strana si propaga dal basso ventre e mi stringe
la
gola…
Il tuo seno è pieno, morbido… è
bellissimo.
E’ la Tentazione per ogni uomo. E,
credo, l’Invidia di ogni donna.
Risalta sul tuo corpo snello
ancora più di quanto avessi mai immaginato (e di fantasia, credimi, ne
ho spesa
molta sull’argomento!).
La dolce curva dei tuoi fianchi e
i glutei ben delineati, scolpiti dalla costante attività fisica, lo
mettono
maggiormente in evidenza, richiamando su di esso tutta l’attenzione.
Sono i tuoi occhi a guardarlo, a
trasmettere alla mia mente l’immagine provocante dei tuoi capezzoli
scuri che spiccano
sullo sfondo della pelle più chiara attorno… Tuttavia è la mia mente a
trasmettere alle tue mani l’irrefrenabile desiderio di sfiorarli.
Sento la tua gola improvvisamente
secca, e mi rendo conto di deglutire, quasi cercassi l’aria per
respirare.
E’ tardi… devo fare la doccia…
Poco male.
Dovrò pur toccare quelle morbide
curve per lavare il tuo corpo, no?
***
Ho superato
lo choc iniziale di
scoprire di non essere più nella mia pelle. Ho superato anche – almeno
in parte
– la sorpresa di trovarmi proprio nel corpo dell’uomo che più mi fa
impazzire
di desiderio e la curiosità di poterti osservare liberamente. Ora,
finalmente,
la mia mente comincia di nuovo a ragionare e tento di dare una
spiegazione a
quanto è accaduto, benché mi renda conto che tutta questa faccenda ha
dell’incredibile.
Ma, forse proprio perché già ci
sono, provo “a mettermi nei tuoi panni” e tento di ragionare come
faresti tu.
Conoscendoti, sono assolutamente
certa che se fossi al mio posto non ti lasceresti sopraffare dalle
emozioni, ma
cercheresti immediatamente una spiegazione logica. A volte non te ne
rendi
neppure conto, ma sai trovare un senso anche a cose che un senso non
l’hanno. A
situazioni assolutamente inverosimili.
A ben pensarci, però, io non sono
poi così diversa da te: chi ha avuto la visione utile a localizzarti
quando eri
sperduto in mezzo all’oceano?
La prima domanda logica da porsi è
la seguente: se io sono nel corpo di Harm, dov’è finito lui?
Un lieve bussare alla porta blocca
all’improvviso il flusso del mio ragionamento.
“Harm…”
Una voce di donna.
Chi potrebbe volerti alle…
Accidenti… CHE ORE SONO?
Mi guardo attorno, in preda al
panico, alla disperata ricerca di un orologio. Non sono abituata a non
sapere
sempre perfettamente l’ora.
Scorgo sul tavolino che funge da
scrivania il tuo orologio da polso… dannazione, le lancette!
Le 6.30, secondo più, secondo
meno…
Chi potrebbe volerti alle 6.30 del
mattino?
E una donna, per di più.
“Harm…”
La voce è bassa, ma insistente.
Benché su una portaerei l’attività
non cessi mai, neppure di notte, le 6.30 a.m. sono comunque presto.
Ancora dei brevi colpetti alla porta…
Niente da fare. Insiste. Mi tocca aprire.
Lo faccio senza neppure rendermi
conto che sono ancora in boxer.
E’ il volto stupito del tenente
Elizabeth Hawkes che fissa con insistenza il mio… no, il tuo… corpo, a
farmi
realizzare che mi sono presentata… no, che ti ho presentato… oh,
insomma!...
che abbiamo (io, tu… NOI) aperto la porta praticamente in mutande.
E lei…
Bè… lei guarda.
Insiste nel guardare e sorride
all’immagine che le si è parata davanti.
Perché accidenti non la smette di
divorarti con gli occhi?
“Ciao!”
Finalmente incontra il mio sguardo
e io riesco a scorgere nel suo un fugace lampo di malizia.
Ma non è sposata? O fidanzata, non
ricordo.
“Tenente Hawkes… che sorpresa…”
Sono un’imbecille.
Non appena le ho pronunciate, mi
accorgo che ho scelto le parole sbagliate.
Come scusa per la mia mancata
prontezza di riflessi ho solo il fatto che mi scopro assai infastidita
da come
ti sta guardando. Eppure, proprio io, dovrei capirla!
“Harm… che cosa ti succede?”
Grande domanda.
A me lo chiede?
“Nulla, nulla…” rispondo con tono
distratto. Immediatamente mi rendo conto, mentre mi accorgo che sto
sollevando
una mano come se stessi scacciando un insetto fastidioso dai pensieri,
che ho
il tuo solito tono distratto… credo di averti fatto assumere
pressappoco la
stessa aria svanita che avevi qualche anno fa, quando cadesti dalla
sedia
dell’ammiraglio e sbattesti la testa. Quel giorno, ogni volta che ti
comparivo
davanti, mi guardavi come se avessi appena visto un fantasma… Non hai
mai
voluto dirmi cosa ti passasse per la mente…
“Volevo informarti che ho appena
saputo che sarò io il tuo RIO”.
Elizabeth Hawkes tenta di portare
la conversazione su un piano meno imbarazzante, anche se continua a
lanciare
rapide occhiate dove non dovrebbe.
Il problema è che quello che mi
sta dicendo mi fa rabbrividire: avevo scordato che, tra le altre cose,
sei qui
per volare.
Devo aver fatto una faccia strana,
perché mi domanda preoccupata:
“Non sei d’accordo?”
A dirla tutta, non sarei d’accordo
su parecchie cose, in questo momento. E volare è tra le prime della
lista.
Ma non è il caso che incasini
peggio il Tenente Hawkes, già turbata a sufficienza dalla visione del
Comandante Rabb in mutande.
“No, no, tranquilla. Va
benissimo.”
“Ok, allora. Ci vediamo tra
un’ora”.
Mi fredda con quella frase e poi
si allontana. Non prima d’averti rivolto un’altra occhiata.
Un’ora?
E adesso che cosa faccio?