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Autore: Aretusa    31/12/2013    4 recensioni
Jonathan Christopher Morgenstern, ha deciso di consegnarsi al Conclave e chiedere di essere perdonato per le colpe commesse da suo padre. Sa di non avere alcuna possibilità, ma che importa quando sei solo al mondo e ciò che ti resta non è altro che te stesso?
Il rituale di legame con il suo fratellastro Jace sembra averlo cambiato definitivamente, al punto che forse... forse, potrebbe anche arrivare ad innamorarsi.
Ma chi mai potrebbe ricambiarlo?
Chi amerebbe mai, una bestia?
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Izzy Lightwood, Jonathan
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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7

NEL CUORE DEL DEMONE

 



Il gigantesco orologio a pendolo che occupava un intero angolo della biblioteca batté le 20.00 nell’esatto momento in cui il campanello dell’istituto iniziò a suonare.
Sebastian, sdraiato supino sul freddo pavimento di marmo in cui era raffigurato l’angelo Raziel che usciva dal Lago Lyn con la spada e la coppa mortale, abbassò il libro che stava reggendo con una sola mano a testa in giù, così da non perdere il segno, e si alzò a sedere con un grugnito. Aveva passato l’intero pomeriggio li dentro da solo, dopo che Isabelle era andata via e Jace era sparito chissà dove insieme a sua sorella. Ritrovatosi da solo e annoiato, dal momento che la mano ferita non gli permetteva di allenarsi a dovere, si era messo a sfogliare qualcuno dei libri che rivestivano gli scaffali della biblioteca, giusto per ammazzare il tempo.
Quello era un grande cambiamento, in effetti, considerando che, non molto tempo prima, per sconfiggere la noia passava il tempo ad ammazzare qualcos’altro: uccelli, insetti, piccoli roditori… persone.
In realtà, se avesse davvero voluto allenarsi avrebbe potuto benissimo disegnarsi un iratze che facesse sparire completamente la ferita alla mano, così come aveva fatto Jace, ma quando aveva preso in mano lo stilo e si era tolto le bende, esponendo il taglio provocato dalla lama angelica di Isabelle, aveva scoperto di non averne nessuna voglia. Le rune guaritrici, avevano l’incredibile potere di guarire totalmente qualsiasi tipo di ferita, cancellandone, oltre che il dolore, anche il segno della loro esistenza.
Nessuna cicatrice.
Nessuna testimonianza che, gli eventi della notte precedente fossero realmente accaduti.
La sua pelle sarebbe tornata liscia e immacolata come se nulla l’avesse mai scalfita.
Era patetico, lo sapeva fin troppo bene, e la cosa lo faceva ridere di se stesso, ma per qualche stupida ragione, non voleva che quella ferita guarisse totalmente.
Voleva tenersela. Voleva che gli restasse il segno.

Il suo segno.

Il segno indelebile dell’odio più che giustificato che lei provava nei suoi confronti.
Idiota.
Il campanello suonò di nuovo e, per un attimo, Sebastian rimase seduto in attesa che qualcuno scendesse ad aprire. Di certo, chiunque fosse stato, non avrebbe gradito che fosse proprio lui ad accoglierlo, e poi in realtà quella non era neanche casa sua.
Non davvero.

  Alla fine, dato che nessuno si decideva ad aprire a quel povero disgraziato che stava disintegrando il campanello e il portone a colpi di pugni, si alzò e scese al piano di sotto. Quando aprì, si ritrovò di fronte quell’imbecille di un vampiro diurno, che altri non era che il miglior amico di sua sorella, il ragazzo che, per tutti quegli anni, aveva occupato quello che per diritto di nascita avrebbe dovuto essere il suo posto, e che nel caso quella semplice constatazione non fosse già più che sufficiente a renderglielo assolutamente sgradevole, era anche l’attuale ragazzo di Isabelle.
Preferito ad uno sfigato vampiro nerd che trangugiava sangue di mucca e si vestiva come un Nephilim per cercare di sembrare più interessante. Sebastian non poté fare a meno di provare pena per se stesso.
Simon era attaccato al campanello come se ne valesse della sua stessa vita e, non appena lo vide, spalancò gli occhi, sorpreso, e fece un impercettibile passo indietro, rischiando di scivolare sulla scalinata dell’Istituto e di rompersi l’osso del collo. Sebastian non si mosse di un millimetro per impedire la caduta, infondo era immortale e, al contrario della poveretta di turno –isabelle, in quel caso- che si ritrovava a dover vedere ogni giorno la sua brutta faccia – Jace non aveva tutti i torti quando diceva che somigliava ad un furetto – la sua vita non era sul serio in pericolo.
 «Tu…», fece Simon, cercando di rimettersi dritto, forse per sembrare più alto.
«Io?», ribatté Sebastian, con un sopracciglio alzato, appoggiandosi allo stipite del portone per darsi un tono rilassato.
«Sebastian».
«In persona», disse lui, senza accennare a muoversi da dov’era. «Beh, tecnicamente non è proprio così, ma insomma… fa lo stesso». Sventolò una mano con fare spiccio. «Che vuoi, diurno?».
«Isabelle», strascicò Simon, mettendosi davanti a lui, come se intendesse entrare. Invece era ovvio che non poteva farlo. L’Istituto sorgeva su un terreno consacrato e, per quanto immune alle caratteristiche della sua specie, lui rimaneva pur sempre un vampiro ed in quanto tale, era dannato da ogni luogo sacro.
«Isabelle è dentro?».
Il modo in cui pronunciò il suo nome,  provocò a Sebastian un moto di stizza mista a qualcos’altro di completamente sconosciuto che non riuscì a catalogare, e che gli fece venire un gran voglia di prenderlo a calci. O forse, era semplicemente il suono del nome di lei, su quelle labbra, a dargli fastidio.
«Isabelle?», ripeté Sebastian, assaporando con cura ogni sillaba, giusto per il gusto di pronunciare anch’egli il suo nome.
«So che è arrabbiata, e probabilmente io sono l’ultima persona al mondo che vuole vedere, ma se potesse asc…».
«Non è in casa», lo interruppe Sebastian, con freddezza.
«Significa che non è ancora tornata? Ho provato a chiamarla un milione di volte, ma ovviamente non vuole saperne di rispondere, così ho pensato…». Simon si fermò, emettendo un sospirò profondo ed evitando di guardare Sebastian in faccia. «Volevo solo accertarmi che stesse bene».
«E per quale motivo pensi che non dovrebbe stare bene?», volle sapere Sebastian, che senza sapere perché iniziava ad innervosirsi.
«Beh, senza offesa, amico, ma non credo siano fatti tuoi».
In quel momento, Sebastian fu lì lì per tirargli un pugno sul naso, salvo poi essere interrotto dai passi di qualcuno dietro di lui.
«Che succede qui sotto?». Clary, seguita a ruota da Jace era sbucata dalle porte dell’ascensore con l’aria scocciata di chi è stata disturbata mentre si stava divertendo parecchio. «Simon! Che ci fai qui? Sei stato tu a suonare in quel modo? Ci hai spaventati».

Come no, eravate così spaventati che vi siete precipitati di sotto in un batter d’occhio. Sebastian respinse l’istinto di fare quei due una bella ramanzina e, già che c’era, anche una bella lezione sul sesso sicuro e sui contraccettivi, salvo poi ricordarsi che quello, non era esattamente il momento per iniziare a comportarsi da fratello maggiore. «Credo che faccia da furetto, qui, abbia un bel paio di cose da dirci».
 
***
 
Dopo che Simon ebbe finito di raccontare brevemente quello che era successo, ripetendo, tra una frase e un’altra e ad intervalli di almeno cinque minuti, quanto fosse dispiaciuto – se per quello che aveva fatto, oppure per essere stato scoperto, non si era ancora capito – i ragazzi concordarono all’unanimità che dovesse considerarsi fortunato, ad essere ancora tutto intero.
«Simon Lewis, tu sei il più idiota degli idioti, lascia che te lo dica». Dichiarò Clary alzando lo sguardo verso un cielo nuvoloso che andava ad imbrunirsi velocemente.
«Grazie tante», bofonchiò lui, imbronciato, infilando le mani dalle dita lunghe e pallidissime dentro le tasche della sua giacca di pelle. Era ormai il tramonto e, se lui non avesse avuto la straordinaria capacità di sopportare così bene la luce del sole, a quell’ora starebbe aspettando impazientemente che il sole sparisse del tutto dietro l’orizzonte, così da poter finalmente mettere piede fuori di casa. Invece, per sua fortuna, e nonostante il rammarico degli altri membri della sua specie, poteva andarsene in giro dove gli pareva a qualsiasi ora del giorno, il che, per uno che aveva ancora seri problemi ad accettare di essere una creatura della notte, era una gran bella cosa, tanto che spesso tendeva a  dimenticare – o per lo meno ci provava – quanto la sua vita fosse cambiata dopo essere stato trasformato in vampiro.
E poi c’era la questione dell’immortalità, quella si che era davvero dura da accettare. La sua anima era dannata e, per quanto fosse in grado di toccare tranquillamente i simboli sacri come le croci, o riuscisse ormai a pronunciare senza problemi il nome di Dio, quella era qualcosa che non sarebbe mai cambiata.
Dato che Simon non poteva entrare all’interno, si erano tutti riuniti fuori dall’Istituto, istituendo una specie di riunione sulle scale di pietra che si estendevano davanti all’ingresso.
«Cosa pensate di fare, quindi?», esordì Sebastian,  annoiato. Che faccia da furetto – si, doveva ammettere che il soprannome datogli da Jace gli calzava a pennello – fosse un completo imbecille, era ormai stato accurato e almeno su quello, non credeva potessero esserci dubbi. Rimaneva il fatto che nessuno di loro sapesse dove si fosse cacciata Isabelle. A detta del vampiro, erano già passate alcune ore, da quando era andata via dal suo appartamento, e ancora non aveva fatto ritorno a casa. Non che avessero motivo di preoccuparsi, insomma, Isabelle era pur sempre una cacciatrice, andarsene in giro per le vie di New York di notte non avrebbe dovuto essere un problema, per lei, ma sconvolta com’era, non c’era da stupirsi se al momento fosse ad attaccare briga con qualche nascosto, cosa che, naturalmente, avrebbe potuto essere considerato un problema per loro, essendo più o meno vietato dalla legge.
«Per prima cosa», propose Clary, «dovremmo avvertire Maryse».
«Ottima idea», considerò Sebastian, «sempre che tu sia disposta a rimettere insieme gli arti del tuo amico, dopo che la signora Lightwood lo avrà fatto a pezzettini. Si, sembra divertente. Io ci sto!».
«Scusa tanto, Morgenstern, ma nessuno qui ha chiesto il tuo parere», ribatté Simon. Sebastian lo guardò di rimando, con gli occhi neri socchiusi, come se si stesse trattenendo dallo sbattergli la testa contro le sbarre del cancello. Quegli istinti violenti non erano affatto una cosa sana, per la sua mente. La cosa assurda era che non riusciva a spiegarsi per quale motivo avrebbe dovuto farlo, oltre al fatto che era un completo imbecille, naturalmente, ma quelli non erano comunque affari suoi. Si chiese, non per la prima volta, se le sue reazioni iniziassero in qualche modo ad essere condizionate dal suo legame con Jace. Era lui a dover essere arrabbiato con Simon, visto che aveva appena annunciato di aver tradito sua sorella.
«Però ha ragione», disse Jace, «Maryse già ti odia per il fatto che sei un vampiro ed un ex mondano, oltre che il ragazzo che cerca di rubarle la sua preziosa bambina, ledendo la sua reputazione. Inoltre sa bene che sei quello che sei per aver bevuto il mio sangue, cosa che implica il fatto che tu mi abbia azzannato alla gola. Direi che non ha bisogno di un motivo in più per farlo».
«Gia, beh, dovrebbe essere contenta allora, no? La reputazione di sua figlia e il buon nome della vostra famiglia non saranno più messi a rischio dal sottoscritto, dal momento che con ogni probabilità Isabelle non vorrà più vedermi, ne sentire il mio nome».
«E di chi sarebbe la colpa? Non puoi certo darle torto». Sebastian si avvicinò di qualche passo a Simon, e senza neppure rendersene conto alzò il tono di voce di un paio di ottave. «Hai praticamente fatto a pezzi la sua autostima»
«Almeno io non ho ucciso suo fratello!», sbottò Simon, con aria di sfida, come se fossero in gara per chi meritasse di più il suo odio.
«Okay», fece Clary, ponendosi nel poco spazio che era rimasto tra i due ragazzi che, a giudicare dall’espressione di Sebastian, avrebbero finito ben presto per mettersi le mani addosso, «ora basta. Smettetela!». Sbuffò, lasciando che una piccola nube di condensa si formasse vicino alla bocca a causa del freddo. «Si può sapere che problemi hai?», chiese, rivolgendosi a Sebastian. «Neanche ti piacciono, i Lightwood».
«Io non ho alcun tipo di problema», rispose lui, incrociando le braccia davanti al petto e digrignando i denti. «A parte il fatto che mia sorella sembra avere dei gusti assurdi, quando si tratta di scegliersi gli amici. E comunque, invece di rimanere qui impalati a morire di freddo, perché non chiamate il vostro amichetto stregone. Magari Isabelle è soltanto andata a trovare suo fratello per convincere il suo fidanzato a trasformare questo idiota in un pipistrello, e noi siamo qui a preoccuparci per lei come imbecilli». Sebastian si accorse solo un secondo più tardi, di aver usato noi, includendo automaticamente anche se stesso, ma ormai era troppo tardi. Clary lo fissò per un attimo interdetta, con un sopracciglio alzato a metà, dato che non era mai riuscita a sollevarlo del tutto, poi per fortuna Jace lo salvò involontariamente da quegli occhi verdi che sembravano voler scrutare dentro di lui.
«Finalmente qualcuno che ha un’idea decente. Sicuro che non abbiamo neanche un po’ di DNA in comune, vero?», disse Jace, inclinando la testa di lato. «Comunque, credo sarebbe meglio andare a controllare di persona: conoscendo Izzy, non mi stupirei se fosse andata lì per chiedere a Magnus di ritrasformarti in topo. E chissà che lui non accetti di buon grado, infondo è suo cognato, no? Magnus pende praticamente dalle labbra di suo fratello, e credimi, Alec sa essere davvero protettivo, quando si mette in testa di fare il fratello maggiore». Il ragazzo si guardava le unghie, in cerca di una qualche imperfezione su quelle mani che, invece che ad un Cacciatore, sarebbero potute benissimo appartenere ad un musicista. Alzò lo sguardo e lo puntò verso Simon, con un’espressione che nascondeva solo a metà il sorriso che aleggiava sulle sue labbra. «Sul serio, Simon, non vorrei davvero essere nei tuoi panni, al momento».

 
***

Alla fine fu deciso che Clary e Jace andassero a Brooklyn da soli, a controllare che Isabelle si fosse davvero rintanata li, e suggerirono a Simon di tornare a casa, dato che in ogni caso, lui sarebbe stata l’ultima persona che lei avrebbe voluto vedere in quel momento, a meno che non stesse progettando di gettargli addosso dell’acqua santa.
Sebastian fu costretto a rimanere a casa. Ovviamente non sarebbe stato il benvenuto, a casa dello stregone, poiché, giustamente, il suo fidanzato lo odiava anche più di quanto avrebbe odiato Simon non appena fosse venuto a conoscenza di cosa aveva fatto a sua sorella. Inoltre, qualcuno doveva pur rimanere a far da guardia all’istituto, dal momento che Maryse continuava a starsene rinchiusa dentro al suo studio, come se non ci fosse un domani. E forse per lei non c’era davvero. Aveva perso un figlio, era stata praticamente abbandonata dal marito.

Poteva biasimarla? No di certo, visto che la causa di almeno una delle sue perdite era proprio il sottoscritto; non c’era da stupirsi, se non voleva mettere piede fuori da quella stanza, fosse anche soltanto per evitare di incontrare lui.
Tuttavia, per quanto continuasse a ripetersi che quelli non fossero affari suoi, visto che, forse per la prima volta da quando era entrato a far parte della vita di quelle persone, non era lui la causa della sofferenza di qualcuno di loro, qualcosa da qualche parte nel suo corpo continuava a suggerirli che per lo meno, avrebbe potuto esserne la soluzione.
Quale che fosse la parte del corpo in questione, se la testa o qualcosa che stava più in basso, Sebastian non voleva saperlo.
Non fosse mai che Jonathan Christopher Morgenstern, perché infine era pur sempre quello il suo nome, con tutto ciò che ne comportava, si prendesse la briga di preoccuparsi di qualcuno che non fosse se stesso.
Forse avrebbe semplicemente dovuto prendere a pugni sul naso quell’idiota di un vampiro, giusto per sfogarsi un po’ e togliersi lo sfizio, visto che era da tempo che non ammazzava qualcuno, quello sarebbe potuto essere un buon compromesso. Rimaneva da risolvere la questione del perché odiasse così tanto qualcuno che, con ogni probabilità, si sarebbe limitato semplicemente ad ignorare nella sua vita precedente. Se non fosse stato il migliore amico di sua sorella, e se lei non lo avesse nominato almeno un paio di volte al minuto dal giorno in cui l’aveva conosciuta, neanche si sarebbe ricordato il suo nome, forse.
Sebastian considerava Simon Lewis al pari del gatto obeso che viveva in quell’Istituto e che continuava a soffiargli contro ogni volta che gli passava accanto, qualcuno la cui esistenza era totalmente priva di interesse o di significato; era così inutile che se non si fosse accidentalmente fatto ammazzare e trasformato in vampiro a causa della sua idiozia e della sua patetica cotta per Clary, con ogni probabilità sarebbe crepato ugualmente a causa di qualche stupido incidente stradale…
Nonostante ciò, non riusciva a fare a meno di pensare che c’era qualcosa che Simon aveva e lui non avrebbe avuto mai. Pensare di essere geloso di lui lo faceva infuriare ancora di più, e allo stesso tempo lo spingeva a ridere di se stesso.
Perché lui era sempre riuscito ad ottenere qualsiasi cosa avesse mai voluto. Qualsiasi cosa… tranne una.

L’amore.

E non era neanche certo che l’avesse mai desiderato davvero, prima.
Desiderare e volere erano due cose totalmente diverse, infondo.

I demoni non amano, non desiderano. Loro vogliono e basta.

Nessuno meglio di lui sapeva che certi sentimenti non facevano parte del cuore di un demone.
I demoni neanche ce l'hanno, un cuore, disse una voce vagamente simile a quella di Lilith, all'interno della sua testa.
E allora cos’era quella strana sensazione che gli stringeva la bocca dello stomaco ogni volta che pensava a lei? La nostalgia di qualcosa che non sarebbe mai stata sua… qualcosa che non avrebbe mai dovuto nemmeno desiderare.

Lo squillo improvviso del telefono arrivò a scuoterlo appena in tempo, prima che frantumasse tra le dita il fragile fermacarte di cristallo a forma di angelo che non si era accorto di aver preso dalla scrivania. Sebastian alzò la cornetta con un gesto automatico e se la portò all’orecchio.
«Pronto?», rispose, in modo istintivo. Non aveva idea di quale fosse il modo corretto di rispondere al telefono dell’Istituto di New York, ma se era per quello non sapeva neanche se lui fosse autorizzato a rispondere. Comunque, non sembrava esserci nessun altro disposto a farlo, al momento. Dall’altro capo del telefono, una roca voce maschile iniziò a borbottare qualcosa a proposito di una rissa in un locale di nascosti che necessitava dell’intervento dei Nephilim. Il ragazzo stava quasi per rimettere giù l’apparecchio mentre il tizio continuava a parlare, quando il suono di una risata e poi di una voce in lontananza catturarono la sua attenzione, sovrastando l’incomprensibile baccano di sottofondo. Sebastian memorizzò l’indirizzo del posto e riattaccò senza aggiungere altro, imboccando il portone dell’indirizzo come se avesse il diavolo alle calcagna, con l’unica differenza che, almeno per una volta, quel ruolo non spettava a lui.

Che continuasse ad essere semplicemente Jonathan, o che si facesse chiamare Sebastian, quella era una cosa che non pensava sarebbe mai cambiata. Probabilmente avrebbe dovuto essere felice per l’occasione concessagli, per la possibilità di farsi vedere da tutti sotto una luce diversa, di fare per la prima volta qualcosa di buono, di giusto.

Eppure…

Eppure, adesso non gli importava. Adesso, non riusciva a pensare a niente, se non a lei.



***ANGOLO DELL'AUTRICE****

Anche stavolta, imperdonabilmente in ritardo, sono riuscita a pubblicare il nuovo capitolo.
E' stato molto difficile da scrivere, sebbene non succeda gran chè, ma narrare i conflitti interiori dei personaggi, è sempre una gran fatica, almeno per me. Perchè rischio sempre di partire in quarta e dire più di quel che dovrei :P
Comunque sia, anche se come sempre a scoppio ritardato, spero che possiate considerarlo come un piccolo regalo di Natale :)
Ho cercato di esprimere i sentimenti contrastanti di Sebastian, che ancora conserva dentro di se dei sentimenti e dei tratti violenti della sua vita precedente, ma si sa, le cattive abitudini sono dure a morire, anche se scommetto che al momento, più che le vecchie abitudini, il nostro Sebastian vorrebbe veder morire qualcun altro XD Brutta cosa la gelosia!!!
Credo che il prossimo capitolo sia decisivo, e secondo me, anche uno dei più belli e intensi della storia... leggere per credere!!!
Spero commentiate in tante e se il capitolo vi è piaciuto aggiungiate la storia tra i preferiti.

<3 Con amore, 
_RosaSpina_
   
 
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