Un brusio nel vento e poi la pioggia, prima leggera e impercettibile poi intensa e incessante.
 
“Cavolo, cavolo, cavolo!”
 
Eren correva sotto quel temporale tra lampi e fulmini, la frangetta gli si appiccicava sulla fronte e svolazzava di quà e di là a seconda della direzione che il vento prendeva.  La maglietta si accollava sulla sua pelle in un modo che non sopportava, fu un vero strazio per lui stare attento a non scivolare nel fango e a non far cadere dalla busta della spesa gli ingredienti che il caporale Levi gli aveva ordinato di comprare.
Il genio aveva dimenticato di acquistare gli elementi necessari per la torta di sta sera e sperò di non aver dimenticato nulla.
Sapeva quanto il capitano sarebbe stato infame con lui.
 
 
Con l’apertura della porta, squillò un campanellino inchiodato sull’architrave dell’ingresso.
 
-Sono a casa! – Eren  spinse la porta con una spalla, l’accogliente e caldo aroma della casa penetrò nei suoi polmoni.
“Finalmente”.
Era così bello rientrare nel proprio appartamento ed essere circondato da persone che si preoccupavano per te, anche se per persone si intendeva l’Heichou.
E come per parlare del diavolo, ecco che i suoi occhi incatenarono quelli del caporale Levi seduto su una sedia e intento a leggere un libro illuminato dalla candida luce di una candela ad olio.
 
-Eren! –
 
Si era disegnato un piccolo sorriso sulle sue labbra, era già sul punto di abbracciarlo per darli il benvenuto ma si bloccò  appena i suoi occhi si soffermarono su una parte del suo corpo.
Eren seguì la traiettoria dell’Heichou.
 
-Cosa c’è Lev…?-.

“Oh, merda…”.

In quel momento le loro espressioni erano completamente diverse, quella di lui mostrava paura mentre quella del caporale era cupa e tenebrosa, entrembe rivolte sugli scarponi sporchi di fango che  avevano invaso l’ingresso.
 
Eren cercò di fare un passo indietro ma la bruta presa del capitano che lo afferrò per il collo fece cadere per terra la busta con tutti gli ingredienti.
 
-Non ti sei tolto le scarpe- sibilò Levi, gli occhi coronati da occhiaie, lo sguardo omicida.
 
Eren dovette sotterrare il suo timore e affrontare l’Heichou.
 
-Ovvio che no! Avevo le mani occupate, come potevo togliermele!? -.
 
- Semplicemente usando la testa -.
 
-Mi stai dando dello stupido? -.
 
La presa del caporale aumentò, l’unica cosa che lo faceva veramente imbestialire era la sporcizia.
 
-Do a te la possibilità di rispondere -.
 
Spinse il ragazzo contro il comodino, qualche cianfrusaglia cadde a terra frantumandosi, afferrò i suoi polsi e cercò di posizionarli dietro la nuca ma Eren fu più veloce, posizionò una gamba in mezzo a quelle dell’Heichou e afferrandolo per un braccio gli fece  uno sgambetto per poi sedersi sopra il suo bacino.
Adesso erano distesi a terra, Eren sopra l’Heichou che cercava di rialzarsi.
 
-Sei veramente uno stronzo! – fece Levi appena si accorse che ogni suo tentativo di rialzarsi era invano.
 
Eren cercò il lato positivo in quell’affermazione, tanto cosa ci poteva fare? L’Heichou dava sempre di matto quando vedeva che qualcosa non era in ordine e lui si metteva a litigare con lui per poi fare pace.
 
-Beh… Sono il tuo stronzo – detto questo, lasciò una scia di baci sulle labbra del caporale. Questi in un primo momento oppose resistenza, aveva ancora in mente tutto quel fango che aveva sporcato il suo pavimento, ma, quando il ragazzo titano insidiò le mani dietro la sua schiena e sotto la maglietta, si lasciò abbandonare al piacere. Affondò le mani fra gli umidi capelli del ragazzo e lo baciò fino a quando non avrebbe avuto più fiato.
Eren sollevò da terra l’Heichou e, usando la testa, tolse le scarpe con le punta dei piedi, afferrò saldamente il caporale e si diresse verso la loro stanza.