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Autore: A g n e    31/12/2013    1 recensioni
AU ambientata nella Germania del Muro.
- A volte mi chiedo se non dovrei denunciarti come instabile facinoroso.
Gellert scoppia a ridere.
- Non lo faresti mai. Dovresti denunciare anche te stesso, lo sai.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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NdA: storia scritta per una sfida tra amiche. Quelle malvagissime creature adorabili fanciulle ci hanno vietato di utilizzare i nostri assi nella manica, quindi niente drabble e flash per me. Snort.
La storia è un AU ambientato nella Germania del 1989 (notate come 1989 sia un anagramma di 1899 *coff*). Dubito che i maghi abbiano avuto molti problemi con il Muro, all'epoca. Albus è in Germania a cercare qualche rimedio per Ariana (cosa che ho riscontrato in svariati headcanons e che ho impunemente adottato pure io).
Per quanto riguarda la fine... noticine alla fine.
Titolo e citazioni rubate ad Alexander Platz del buon Battiato.


-Alexander Platz-

Come ti trovi
a Berlino Est?

 

Gellert cammina veloce tra i casermoni di Berlino Est -file e file di palazzi grigi, profili cupi contro un cielo limpido che più che una speranza è una presa in giro. È mattino inoltrato. Qualche impiegato, ogni tanto un'auto che passa via veloce. Alcuni vecchi che camminano per strada cercando invano i ricordi di quando erano giovani, donne che provano a mettere insieme qualcosa per pranzo, uscendo ed entrando dai negozi. Soldati.

Gellert si avvicina sempre di più alla linea del Muro e ripete tra sé gli incantesimi necessari. Disillusione, Trasfigurazione. Incantesimo di Memoria. Pensa ad uno Schiantesimo, ma il ricordo dell'ultima volta gli fa riporre l'improvvida idea ben nascosta nella sua mente. Fosse per lui, passerebbe direttamente alle Maledizioni senza Perdono, ma ciò non lo legittima a passare alle vie di fatto.
Non ancora
.

Passare il confine tra le due Berlino non è un'impresa complicata, per i maghi. Lasciano volentieri ai Babbani il piacere di sgozzarsi tra loro e dividere città e famiglie; non che manchi chi si preoccupa di cosa sta succedendo fuori dal mondo magico, naturalmente.
Il punto è che i maghi sono molti di meno e costretti dallo Statuto di Segretezza. Gellert ha ben altre idee, ma non sono cose di cui si parla al bar.
Almeno, non lo erano fino a poco tempo prima.

Anche la zona magica di Berlino è stata divisa dal Muro, ma non per questo i maghi tedeschi hanno smesso di vivere come prima. Più o meno.
È stato in uno dei pub di Berlino Est, dove Gellert vive con la sua famiglia, che ha conosciuto quel mago inglese, Albus Dumbledore, in visita alla città per motivi che non si é curato di conoscere (avrebbe dovuto. Avrebbe davvero dovuto, vista la situazione, vista la giovane età del mago, viste un sacco di altre cose che il resto del mondo avrebbe messo in primo piano. Avrebbe dovuto. Avrebbe).
È stato in quello stesso pub che ha capito, dopo una lunga conversazione, che aveva finalmente trovato una mente affine alla sua, con delle idee, delle speranze, degli ideali che potevano collimare con i suoi.
E sempre in quel pub avevano capito che la loro unione non sarebbe rimasta sul piano mentale ancora per molto.

Gellert oltrepassa il confine senza troppe difficoltà, muovendosi rapido nella Berlino statunitense, tirando un sospiro di sollievo. Non che se ne curi, ma la differenza d'atmosfera è palpabile e sarebbe uno sciocco a negarlo.
Unter der Linden. Prima traversa a sinistra.

Supera ancora altre due case, prima di fermarsi davanti alla piccola pensione dove sono soliti incontrarsi. Entra, un cenno veloce alla padrona che ormai lo conosce e che -grazie a Merlino- non fa mai troppe domande.

Albus lo aspetta nella 17, al terzo piano. Gellert si produce in un ghigno sarcastico, pensando ai loro incontri clandestini. Non che ne abbiano bisogno, ma entrambi preferiscono tenere nascosta la loro relazione; il pettegolezzo è l'ultima cosa di cui hanno voglia.

Socchiude piano la porta, intravedendo la silhouette scura dell'inglese contro la luce della finestra. Sorride, pensando a quanto sia inusuale per lui trovarsi in una situazione simile.
Legami, sentimenti, un qualsiasi tipo di passione che esuli dalla sua idea di predominanza magica sui Babbani. Assurdità.

- Gellert!

La voce dell'inglese è un trillo argentino che riverbera contro le pareti della stanza. Albus gli è di fronte con un paio di passi, lo bacia, le mani appoggiate sui fianchi, poi lo stringe forte.

- Mi sei mancato. - si fa sfuggire Gellert, la bocca sul suo collo.
- Non ci vediamo da tre giorni, appena. - lo rimprovera Albus scherzando, gli occhi che brillano.
- Sono anche troppi. - brontola l'altro, senza staccarsi. Lo bacia ancora, sul collo, sul mento, sulle labbra. Poi si allontana di un passo, a malincuore, e si avvicina al letto, tirandolo leggermente per una mano per farlo sedere accanto a lui.

- Sono anche troppi, Albus. - ribadisce, stringendo le labbra in una smorfia quasi infantile. - Hai pensato a quello che ti ho detto la scorsa settimana?
Albus socchiude gli occhi, sospirando. Non smette di sorridere, però, e Gellert pensa che potrebbe anche arrabbiarsi, una volta per tutte, per quella che gli sembra solo accondiscendenza, come si usa coi bambini che insistono nel chiedere in dono un giocattolo. Poi però Albus si volta verso di lui, lo guarda - lo guarda, è quella la tragedia, che gli basti uno sguardo per incatenarlo a sé - e annuisce.

- Sì, ci ho pensato.
Non prosegue - non prosegue mai, il brillante inglese, una delle migliori menti del nostro secolo, a dare retta a quel professore di Trasfigurazione che Albus gli aveva presentato l'altra sera al pub. Gellert si chiede perché non completi mai una frase, quando si arriva a parlare di quel problema, perché si apra su tutto men che su quello.
Ma questa volta Albus lo stupisce.

- "Predominio assoluto sui Babbani", davvero, Gellert?

Il sorriso rimane al suo posto, ma la voce scende di tono e diventa più tagliente. Gellert potrebbe spaventarsi, per quel sottile velo gelido che scende a dividerli (dovrebbe). Non si spaventa mai, però, e sostiene il suo sguardo.

- Sai cosa ne penso e non capisco perché ti ostini a chiederlo. Lo sai senza che abbia bisogno di dirtelo. È un'assurdità. E se stai per usare la carta "pensa a tua sorella" - lo interrompe bruscamente prima che Gellert possa dare voce ai suoi pensieri, lasciandolo con la bocca aperta in una muta obiezione - risparmiatelo. Non credermi così ingenuo.

Gellert ride piano, scuotendo la testa.

- Ingenuo è l'ultima cosa che penso di te. Testardo, piuttosto... O poco lungimirante. Ma davvero, Albus, qui non si sta parlando solo di tua sorella.

Si alza in piedi, si assicura che l'inglese lo segua con lo sguardo e si avvicina alla finestra. Oltre le case, il Muro è una cupa linea grigia. Gellert fa un cenno appena con la testa in quella direzione.

- Vuoi veramente che la società magica resti così, come hanno fatto i Babbani con Berlino, con l'Europa? Divisa? Nascosta? A metà?

Albus scuote la testa.

- È un'altra cosa.
- È esattamente la stessa cosa, invece. Un muro, ecco cosa abbiamo. Un muro dietro il quale ci nascondiamo come topi. Lo Statuto di Segretezza, oh, per favore! Hai mai sentito niente di più idiota?

La maschera di solide certezze che Albus si ostina a tenere indosso non viene minimamente scalfita, ma il suo proprietario sa di non avere altre ragioni che il buonsenso, dote che in quei tempi sembra altamente sopravvalutata.

- A volte mi chiedo se non dovrei denunciarti come instabile facinoroso.
Gellert scoppia a ridere.
- Non lo faresti mai. Dovresti denunciare anche te stesso, lo sai.

Torna accanto al letto, chinandosi a baciarlo.

Albus ingoia la risposta angosciata che gli preme in gola e che resta a ripetere "Non è vero, lo farei", sbattendo nel cervello come un uccellino spaventato chiuso in una gabbia. Alza le mani tremanti a slacciare la camicia di Gellert, lasciando cadere un discorso che è sempre meno convinto di riuscire a portare a termine da vincitore.

***

Per quanto ne so, anche subito.
[Günter Schabowski, ministro della Propaganda della DDR]

 

- Herr Gunter l'ha fatta bella. - mormora con una vena di divertimento Gellert.

Berlino è una girandola impazzita di urla e luci che si fa beffe del freddo pungente di inizio novembre; poche ore prima, il ministro della propaganda della DDR, aveva risposto, alla domanda del corrispondente da Berlino Est riguardo a quando le nuove disposizioni sulla possibilità di attraversare il Muro sarebbero diventate operative, "immediatamente".
Vero o no, ormai i berlinesi si erano impossessati nuovamente di ciò che era loro.

Gellert si stacca dalla finestra, tornando a sdraiarsi accanto ad Albus. Lascia passare qualche istante, poi lascia cadere, quasi casualmente:
- Ebbene?

Albus solleva un sopracciglio, troppo stanco e decisamente troppo compiaciuto, anche se solo di riflesso, di come la situazione era evoluta nel breve corso di poche ore per ribattere in modo più energico.

- Oh, andiamo!

Gellert si mette a sedere, evidentemente troppo pieno di adrenalina per starsene fermo per più di due minuti.

- Ci sono arrivati persino i Babbani, diamine. Cosa aspetti, tu?
- Sai, Gellert - si decide a rispondere l'inglese - quello che non riesco a capire è perché sei così poco furbo da sottovalutare così tanto i Babbani. Comunque sia, rimango fermo sulla mia posizione: non è la stessa cosa. Piuttosto...

Albus si interrompe, chiaramente indeciso sul come affrontare la questione. Poi si decide per la soluzione brutale e termina, tutto d'un fiato:
- Domani torno in Inghilterra.

Per un lungo istante nella stanza scende il silenzio, rotto solo dalle voci di festa che battono sui vetri della finestra.

- Prego?
- Mi hai sentito.

La voce di Albus ha un tono triste ma determinato. Tenta di mettere insieme quelle quattro parole che si incidono come un taglio bruciante da qualche parte nel suo petto.
- Non posso lasciare più i miei fratelli da soli. Va bene che li ho affidati alle cure della nostra vicina, ma...
- Vengo con te.

Gellert non ci pensa due volte. Separarsi da Albus in questo momento è fuori di discussione; inoltre, si dice, è l'occasione giusta per sincerarsi di persona della veridicità dei racconti sui Doni.
L'inglese lo guarda basito. Poi scuote la testa.

- Tu sei pazzo.

Lo afferra per un braccio, trascinandolo di nuovo sdraiato sul letto e si allunga verso la sua bocca a baciarlo.
Non si opporrà al progetto. Non si stupirà del racconto sui Doni. In quel momento, che Gellert lo accompagni in Inghilterra gli sembra la migliore tra le idee passate per la testa del suo amore.
È il 9 novembre 1989. Non lo ammette ancora, ma tutto comincia a sembrargli possibile.

Faccio quattro passi a piedi
fino alla frontiera,
vengo con te.



NdA: avevo detto a qualcuno che in questa storia Ariana era sana e salva? Beh, non dovete mai credermi.
Ultima cosa: la risposta di herr Gunter "Per quanto ne so, anche subito" non è la trascrizione letterale, molto probabilmente. Ne ho trovate diverse, ma poi ho scelto questa, perché con queste parole mi è stato raccontato la prima volta.

   
 
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