Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Shirokuro    31/12/2013    5 recensioni
{ elsa centric | flashfic di 385 parole circa | malinconico | pseudo-slince of life | missing moment }
Tu odiavi quel giorno che si era susseguito tante volte negli anni. Lo odiavi con tutta te stessa, perché non potevi esserci e lei soffriva. Sentivi gli stessi singhiozzi ogni anno, quante volte hai bramato aprire la porta con un sorriso smagliante ed asciugarle calde e salate lacrime senza mai averne il coraggio.
Ogni anno che passava cominciava a farci l'abitudine, cercava di trattenersi e tu cercavi di sentirla – anche se ti faceva male.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Elsa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Probabilmente sono l'unica cretina che scrive su un film il giorno dopo averlo visto. Però Frozen mi ha preso troppo. Ieri ho passato la serata a rimuginarsi e litigare con Tizio – non è uno pseudononimo, è il suo soprannome – sul fatto che il gruppo di Whatsapp "random." – nome vero lol – dovesse avere come icona Elsa. Siamo scesi ad un compromesso e ho lottato con le unghie (?) perché adoro la mia Regina dai poteri glaciali. Inoltre amo il suo personaggio non solo per il ruolo che ricopre – bhe – ma anche per come ha pianto sulla sorella e come si è celata ai suoi occhi per il suo bene. 
La flash che stai per leggere è un missing moment su come Elsa deve festeggiare un evento importante per Anna, al quale non partecipa per evitare che le sfuggano i poteri dal suo poco controllo... mi faccio molti problemi. Direi che si possa definire Slince of Life visto che è qualcosa che si ripete e potremmo appiopparlo anche ad altre giornate. Però è da troppi secoli che non ne pubblico una, prima ne scrivevo molte poi ho cominciato a scrivere papiri ahah-- detto questo mi dileguo e vi auguro buona lettura. 
 
Non è un cuore interamente di ghiaccio
Tu odiavi quel giorno che si era susseguito tante volte negli anni. Lo odiavi con tutta te stessa, perché non potevi esserci e lei soffriva. Sentivi gli stessi singhiozzi ogni anno, quante volte hai bramato aprire la porta con un sorriso smagliante ed asciugarle calde e salate lacrime senza mai averne il coraggio.
Ogni anno che passava cominciava a farci l'abitudine, cercava di trattenersi e tu cercavi di sentirla – anche se ti faceva male. Stringevi i pugni, senza sentir la pelle fredda, ostacolata dai guanti turchesi. Premevi contro la porta carpendo finalmente dei sussulti.
Niente emozioni, niente lacrime, niente tristezza, niente sensi di colpa!, provavi a fermarti. Ma come fosse un macabro rito, di nascosto uscivi la sera e ti dirigevi verso la stanza di Anna. Con il cuore che batteva nel petto, pregavi che chiunque ti abbia maledetto – perché per te era tutto fuorché un dono divino – non ti facesse perdere nuovamente il controllo del tuo potere, gelando il pavimento al leggero tocco della punta dei tuoi piedi od altro.
Prendevi sempre un respiro – un profondo respiro – e silenziosa entravi nella camera da letto di tua sorella. Al contrario di come temevi quando avevi sette anni, quella porta in mogano non scricchiolava e la maniglia non faceva fracasso con lo scatto. Amavi credere che queste tue paure nascessero per colpa delle storie che ti raccontavano tua madre e tuo padre, ove quando la protagonista cercava di non farsi scoprire falliva nell'intento a causa di rumori con origine il passaggio in legno od acciaio.
Sorridevi, ogni volta, beandoti dell'idea che nuovamente le avresti lasciato un regalo di scuse. Poggiavi il bigliettino ed una pallina di neve che sapevi – e speravi – che non si sarebbe sciolta fino alla mattina successiva. Le chiedevi di perdonarti se nemmeno quell'anno fossi uscita per lei.
Anna però piangeva comunque e tu ricominciavi da capo la tua strana missione. Ogni anno per undici anni. Lei continuava a sperare ed illudersi, mentre tu non smettevi mai di scusarti. Quell'unico giorno in cui la sentivi singhiozzare, mentre gli altri trecentosessantaquattro dì del ciclo annuale rideva e sorrideva. 
Ma non ti sentivi nemmeno un mostro. No, perché tu ogni volta ricordavi di volerle bene e di augurarle un buon compleanno. Solo che odiavi il giorno, non la notte di quell'evento.
   
 
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