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Autore: Rowena    31/12/2013    3 recensioni
Mentre gli abitanti di Pontelagolungo festeggiano la venuta dei nani, Thorin sembra comprendere davvero per la prima volta i reali rischi della missione in cui si è lanciato e ha coinvolto amici e i suoi giovani nipoti. Sotto la sagoma della Montagna Solitaria, Thorin e Balin discutono del destino dei figli di Durin.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Balin, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Si festeggiava a Pontelagolungo. All'annuncio che i nani erano giunti per riprendersi la Montagna e che avrebbero condiviso con gli uomini le ricchezze sepolte là sotto, se questi non li avessero ostacolati, improvvisamente erano apparsi prosciutti, arrosti, vassoi di pesce gustosissimo, e ancora barili di birra e vino d'annata... Un banchetto così ricco e sfarzoso che per un momento gli ospiti si domandarono se la miseria della cittadina fosse solo una farsa per ingannare i viaggiatori; dalla fame con cui i popolani si gettarono sul cibo, tuttavia, fu presto chiaro che la maggior parte di quelle scorte proveniva dalle dispense del governatore, deciso a non badare a spese e a rendersi perfino più impopolare di quanto già non fosse, in vista dell'oro e delle gemme che avrebbe ottenuto di lì a breve dai suoi ospiti.
E quanto a voracità, i nani non furono da meno: il primo pasto decente dalla colazione consumata nella capanna di Beorn e dopo una lunga serie di disavventure che la compagnia si sarebbe volentieri risparmiata. Era andato tutto storto da quando di nuovo Gandalf li aveva lasciati – e sì che già alla prima separazione erano finiti nella tana dei goblin – e Thorin cominciava a scoraggiarsi. Mentre i suoi compagni e amici continuavano a spolpare un cosciotto di montone dietro l'altro, commentando la cena con possenti rutti, con il divertimento dei bambini presenti, il principe di Erebor era ancora più torvo e pensieroso del solito, se ciò era possibile.
Ragni, elfi, orchi... Non aveva messo in conto tante avversità, o almeno, all'inizio del viaggio aveva creduto di avere molto più tempo per raggiungere la sua patria e preparare l'attacco al drago. Le notizie avute a Granburrone gli avevano messo una fretta e un'angoscia addosso che quasi gli impedivano di respirare, e sentiva la responsabilità di restituire la degna patria al suo popolo, un peso che nessuno dei suoi compari non poteva dividere con lui, né comprendere a fondo. Il Dì di Durin era imminente, avevano a malapena il tempo necessario per scalare la Montagna e trovare la porta nascosta, sempre che altri imprevisti non rendessero vani tutti i loro sforzi.
Il figlio di Thrain continuava a tenere d'occhio il nipote più giovane, rendendosi conto di essere stato egoista e cieco nell'ignorare la sua ferita: Kili era silenzioso e sedeva in un angolo in disparte, un comportamento che proprio non gli si addiceva. Era terribilmente pallido, e rifiutava il cibo che ogni tanto suo fratello gli offriva, segno che era molto più malmesso di quanto non sostenesse.
- Kili, sei sicuro di stare bene? – gli domandò avvicinandosi al giovane nano, che trasalì.
- Non ti avevo visto… Certo che sto bene, sono solo affamato, e stanco.
Thorin non era disposto a credergli un'altra volta: - Davvero? Non hai praticamente toccato cibo stasera.
- Devo solo dormire – ribadì l'altro, incerto su come accettare queste improvvise attenzioni da parte dello zio. Da un lato era felice di sentire un po' d'affetto e preoccupazione da parte sua, evento abbastanza raro dato il carattere di Thorin, dall'altro era terrorizzato che mostrandosi debole non sarebbe stato incluso nell'impresa che li aspettava il giorno seguente. E lui voleva esserci, altroché.
Non aveva mai visto la Montagna, era nato molto tempo dopo che la sua famiglia era stata costretta all'esilio, e non poteva attendere di stare meglio per entrare finalmente ad Erebor. Già veniva preso in giro dagli altri nani perché ancora non gli era cresciuta una barba degna di questo nome, non poteva essere escluso dalla grande missione proprio sulle pendici della meta!
- Davvero, fidati di me, zio. Domani ci riprenderemo la nostra casa – continuò il nano più giovane cercando di mostrarsi in forma.
Thorin non disse nulla e gli assestò una vigorosa pacca sulla spalla, per poi allontanarsi dal caos della festa e pensare un po' in solitudine. Trovava malsano quel clima allegro e sopra le righe, visto cosa li aspettava il giorno dopo, ma sapeva altrettanto bene che interrompere la baldoria dei suoi amici avrebbe soltanto smorzato il loro spirito, e aveva bisogno di tutto il loro entusiasmo.
Per questo si ritirò lontano da Bofur che ormai, del tutto ubriaco, stava facendo un numero da giocoliere con i boccali di birra, facendo in modo da scolarsi tutto il nettare dorato quando lanciava ogni bicchiere sopra la propria testa, o da Fili – che ballava con una delle ragazze della città, o da Bombur, che aveva addentato un maiale arrosto intero e non sembrava intenzionato a dividerlo con nessuno.
Si avvicinò a una finestra da cui era possibile osservare la Montagna in tutto il suo letale splendore. Lo stato di salute di Kili lo stava preoccupando molto, così come la sua ferita metteva in discussione tutta la presenza dei due nipoti in quel viaggio. Era troppo tardi per pensarci, lo sapeva bene, ma Thorin si rendeva conto solo in quel momento che stava rischiando l'intera stirpe di Durin in quel viaggio. Poco gli importava di morire, in fondo sapeva che i figli di sua sorella erano gli eredi in linea per succedergli. Ma vedendo Kili così sofferente aveva compreso che stava dando stupidamente per scontato che i nipoti sarebbero di certo sopravvissuti all'attacco alla Montagna.
E se non fosse andata così? Se il drago li avesse uccisi tutti?
Il trono sarebbe passato a Dáin, e questo Thorin non poteva sopportarlo: non era giusto che quel vigliacco che gli aveva negato aiuto fosse ancora in linea, ma il sangue non si poteva cancellare. Anche se erano volate parole troppo forti per tornare indietro.

“Perderai tutto quello che hai messo insieme in questi anni per niente!”
“Niente? Ti sembra niente l'eredità dei nostri avi, la nostra casa?”
“Con un drago sulla porta a darci il benvenuto? No, non posso portare i nani dei Colli Ferrosi in un'altra battaglia senza speranza. Dopo la battaglia di Nanduhirion e la morte di mio padre…”
“C'ero anch'io ai cancelli di Moria, se non te lo ricordi, anch'io ho subito quei lutti! Mio nonno è stato decapitato da Azog il Profanatore, e lo stesso giorno è caduto mio fratello Frerin, eppure questo non mi fermerà. Anche Balin e Dwalin hanno perduto il padre in quella battaglia, ma si sono già uniti alla mia compagnia!”
“Allora a che ti servo io? Vai, Thorin, e muori con i nostri folli cugini in quest'impresa. Io non starò certo a guardare!”

Le cose invece stavano andando esattamente in quella direzione. Dáin avrebbe assistito da lontano alla conquista della Montagna e alla battaglia che ne sarebbe scaturita – perché su questo Gandalf aveva ragione – senza muovere neanche un dito. E con buone possibilità di salire sul trono, se la linea di Thráin suo padre fosse stata spezzata. Doveva impedirlo a ogni costo.
Per la prima volta, ammise con se stesso che avrebbe voluto che Gandalf tornasse. Non l'aveva atteso com'era nei piani, e adesso non poteva chiedere il suo consiglio.
Torna, stregone, e veglia sui miei nipoti. Veglia sulla stirpe di Durin, affinché la mia ossessione per la Montagna non distrugga la stirpe dei mie avi.
- I tuoi nipoti hanno la stessa testaccia che ti ritrovi tu.
Una voce nel buio interruppe il ricordo greve dell'alterco avuto col cugino ormai un anno prima.
- Sbagli, Balin, sono identici a mia sorella. Ostinati e di buon cuore quanto lei.
E pronti a sacrificare la vita in nome di una patria che non avevano mai visto con i loro occhi. Pronti ad affrontare un drago, senza avere la minima idea di cosa avrebbe comportato.
Thorin scosse il capo, indeciso sul da farsi: - Forse è meglio lasciare qui Kili, non è in condizioni di scalare la Montagna. E se noi fallissimo contro Smaug, potrebbe sempre tentare ancora di radunare i nani dei Sette Regni per un nuovo assalto. Basterebbe che noi riuscissimo ad aprire le porte…
- Ti crucci per un problema che non sussiste, mio caro amico. Il drago deve essere morto, da troppo tempo non viene avvistato. La parte difficile sarà trovare l'entrata segreta e sbloccarla prima che il Dì di Durin finisca. E trovare l'arkengemma in mezzo al tesoro accumulato dai nostri avi.
Balin si avvicinò al principe e gli offrì una pinta di birra, avvicinando poi il proprio boccale per fare un brindisi, ma Thorin non colse l'invito e rimase a rimuginare mentre la schiuma si scioglieva.
- Perché sei così sicuro che il drago sia morto, Balin? – domandò infine, sentendo che c'era qualcosa nell'ottimismo del cugino che non gli quadrava. – Le leggende raccontano che è normale che simili bestie si ritirino nel tesoro depredato e che lo difendano per tempi molti più lunghi del nostro esilio, eppure tu sei certo che ci troveremo davanti uno scheletro senza vita.
Balin non rispose subito, ma si voltò a guardare il profilo bianco e lattiginoso della cima della montagna, reso brillante dalla luna, che si stagliava contro il nero profondo del cielo.
- Nulla me lo dice, è solo una mia speranza. Troppo a lungo ho vagato per una terra a me estranea arrabattandomi per sopravvivere, e ora casa è così vicina… Ti prego, non impedire a un vecchio di sognare il ritorno alle stanze dorate, dopo che le ha sognate tanto a lungo.
Sogni di speranza. Ma Thorin non conosceva altro che incubi di fiamme e rovina, e non osava concedersi simili lussi per paura che compromettessero il suo giudizio. Casa era solo un miraggio lontano, finché non avesse stretto l'Arkengemma tra le mani.
Preoccupato dal silenzio del suo principe, Balin si preoccupò di aver parlato troppo: - Se credi che la mia fede nelle profezie che hanno predetto il nostro ritorno a casa sia eccessivo…
- Nessuna di quelle profezie racconta di una marcia trionfale e senza difficoltà. La minaccia più grande ci attende proprio nella nostra casa, e voglio che tutti coloro che entreranno con me a Erebor siano pronti a combattere. E se il drago fosse vivo? Ti lasceresti prendere dallo sgomento e dal terrore? Siamo troppo pochi per cedere!
Thorin parlava con il solito cipiglio scontroso e infervorato, ma sentiva di avere ragione. Gli veniva rimproverato il suo modo di vedere le cose, troppo oscuro e negativo, ma lui aveva visto la città in fiamme. Aveva visto Dale bruciare, un preludio orribile e crudele al destino dei nani della Montagna Solitaria.
- Parli bene, Thorin, ma sei pronto a giurare che domani non sarai pervaso dalla stessa speranza, quando riconoscerai le grandi statue dei tuoi avi scavate nella pietra? Quando capirai dove si trova il passaggio per rientrare a Erebor, rimarrai davvero distaccato o sognerai che l'impresa sia compiuta?
- Non posso giurare che manterrò il mio giudizio – ammise il nano con onestà – ma so che dare per certa la vittoria troppo presto è il peggior errore che potremmo mai commettere.
- Inizio a essere vecchio, amico mio, un giorno lo capirai. Sarai felice di essere a casa tua, quando sarà la tua ora, per morire come il Re che sei e che stimo, e non come un vagabondo o un fabbro qualunque sulle Montagne Azzurre. Morire tra la tua gente, nelle sale dei tuoi avi. Per me quell'ora si avvicina, e desidero essere a casa prima che giunga.
- Ora chi è quello funesto? Non sei affatto così vecchio come dici, non hai ancora neanche duecento anni.
- Me ne sento addosso molti di più – rivelò con amarezza Balin. – Non sei il solo ad aver visto la città bruciare, anche se è solo per merito tuo se il drago non mi ha incenerito sui bastioni di Erebor. C'ero anch'io, così come molti di noi. Abbiamo affrontato la fuga e l'esilio insieme, come un popolo, e ora vogliamo portare la responsabilità di riprenderci la nostra patria con te. Ma non tutti siamo così smaniosi di affrontare il drago come Kili e Fili.
Sentendo nominare i nipoti, Thorin ebbe di nuovo il presentimento di non poter trascinare entrambi i figli di Dìs sulla Montagna. E con la ferita di Kili, non sarebbe stata nemmeno una vera e propria scusa, quella con cui lo avrebbe messo da parte. Il giovane nano lo avrebbe odiato di certo, ma sarebbe sopravvissuto, ed era questo che contava.
- Balin, io sento che il mio destino si compirà a Erebor, ma non come intendi tu. Ho una sensazione malvagia. Nei miei sogni ormai vedo soltanto fuoco... E temo che liberare la Montagna da Smaug richiederà la mia vita.
Era ormai un presagio che non riusciva a mettere da parte o a ignorare.
- Sciocchezze, Thorin, tu sarai Re Sotto la Montagna. Non ho certo fatto tutta questa strada per non vederti salire al trono! – Balin sembrava perfino più ottimista del solito, con quell'atteggiamento che negli ultimi tempi non sembrava nemmeno da lui. Forse ciò lo rendeva l'amico e il consigliere giusto per Thorin che, invece, tendeva a vedere tutto nel peggiore dei modi in ogni occasione.
- Eppure in questi mesi non ho commesso che errori. Vi ho condotti da un pericolo all'altro, senza essere in grado di prendermi cura di voi. In più occasioni, se non avessimo avuto con noi quel piccolo Hobbit, saremmo andati incontro a morte certa.
O se non ci fosse stato Gandalf, pensò ancora il principe, ma non era umiliante avere bisogno dell'aiuto di uno stregone. Bilbo, d'altro canto, stava diventando troppo fondamentale per la loro missione: li aveva salvati dai ragni a Bosco Atro, e in seguito dalla prigionia degli elfi, mentre lui si era limitato a mandare a quel paese il loro Re, senza un piano, senza neanche pensare a una via di fuga.
Balin sospirò pesantemente: aveva sempre saputo che quell'impresa avrebbe generato in sé e nei propri compagni molti dubbi, e che il ritorno a Est avrebbe richiesto loro molta fatica, ma non si aspettava che il più in difficoltà fosse proprio il loro Re.
- Non puoi mettere sul piatto della bilancia solo questo anno di viaggio, Thorin! Tutti gli altri di duro lavoro in cui hai garantito un futuro stabile alla tua gente non contano nulla? Chiunque di noi preferirebbe un Re che non bada ai titoli e si sporca le mani per il benessere del suo popolo a ogni altra possibilità, e lo sai bene.
Di certo c'erano molti tipi di governanti, e altri assai peggiori di lui, continuò il nano: bastava guardare gli uomini e la loro stupidità, con un'intera città che pativa la fame mentre il signore locale celava cantine meglio fornite di quelle di Bombur!
- Il Dì di Durin è domani, non ti puoi permettere questi dubbi adesso. Lascia indietro Kili, se pensi che non sia abbastanza in forze, ma ritrova la tua convinzione. Mesi fa ti dissi che potevamo tornare anche rinunciare e tornare indietro, e tu mi dicesti che la chiave di tuo nonno era il segno che aspettavi per reclamare la tua eredità. La nostra eredità. Ti abbiamo seguito perché sapevamo che eri pronto e che era il nostro momento, ma ora abbiamo visto la Montagna, Thorin... Saresti davvero capace di lasciar perdere? Perché penso che noi continueremmo lo stesso.
- No. Finché ci sarà speranza di aprire la porta segreta non rinuncerò al mio destino – rispose subito l'altro, sapendo che condivideva gli stessi sentimenti dell'amico. Avrebbe potuto vivere sulle Montagne Azzurre solo con il ricordo di Erebor prima dell'attacco del drago... Ora che casa era così vicina, tuttavia, non si sarebbe mai perdonato una fuga vigliacca.
- Allora siamo d'accordo – concluse Balin, smorzando l'atmosfera pesante. – Ora lascia da parte questi pensieri grevi e vieni a festeggiare. Una birra in più e del buon cibo non ti faranno male, così come il fuoco nel camino.
- Purché domani tutti siano pronti a partire. Con le poche ore di luce a nostra disposizione per scalare la Montagna, non saranno ammessi ritardi.
Thorin si lasciò riportare nel salone illuminato, certo di non poter trovare conforto o sollievo nell'entusiasmo generale. Non aveva fatto i conti con i suoi amici, però.
- Domani saranno tutti pronti a partire... Quelli che vorrai con te, s'intende – concluse l'altro con un occhiolino complice e un tono amichevole che si smorzò subito quando vide che ormai Bofur giaceva steso sotto al tavolo e che Óin e Glóin gli versavano direttamente nella bocca spalancata il contenuto di un barile intero, mentre Ori vicino a loro ritraeva la scena con uno schizzo rapido, malgrado la mano che gli tremava per le grasse risate. – Per la barba di Durin, domani avrà un mal di testa mica da ridere!
Il Re Sotto la Montagna intuì che, anche se condividevano la sua ansia per il tempo scarso e la paura per il drago, e anche se avevano affrontato con lui l'esilio e l'adattamento nelle terre selvagge, gli altri nani che erano con lui non potevano farsi carico delle sue responsabilità. Perché anche se erano stati tutti gli abitanti di Erebor ad accumulare il tesoro che aveva attratto Smaug, essi avevano agito solo su ordine di suo nonno. Erano state la sua brama d'oro e, come aveva detto Gandalf, la sua pazzia a richiamare il drago. Ora toccava a lui uccidere il mostro e restituire la Montagna al suo popolo, anche se ciò avrebbe richiesto il suo sacrificio.
Avrebbe anche potuto interrompere la festa e ricordare a tutti che l'indomani molto probabilmente sarebbero morti, che stavano per assistere alla loro ultima alba... Avrebbe potuto, ma smorzare l'animo dei suoi compagni e distruggere le loro speranze, per quanto innocenti e sciocche, non avrebbe portato vantaggi a nessuno. Perché non concedere loro qualche ora di gioia, prima della desolazione di Smaug?
- Chissà, Balin, dopo la nostra impresa potremmo anche riprenderci Moria. Khazad-dûm potrebbe tornare al suo antico splendore, e una volta che i grandi reami dei nani abbracceranno di nuovo Bosco Atro... Vedremo se quell'elfo oserà trattarci ancora con così poco riguardo.
Il nano più anziano si concesse un sorriso indulgente, riscoprendo una volta di più nel suo re quel giovane dall'orgoglio ferito che sognava di riconquistare la propria patria a ogni costo.
- Una montagna alla volta, direi... Ma perché no, ho sempre sognato di rivedere anche quelle sale, anche quelle sono un'eredità dei nostri padri.
- È una promessa, allora. Balin, devi promettermi un'altra cosa.
Il nano chinò il capo in segno di rispetto, anche se tra amici non sarebbe stato necessario, poiché teneva a riconoscere il diritto regale di Thorin in ogni occasione fosse possibile.
- Non posso fare affidamento su Gandalf, ormai, perciò chiedo a te. Se mi succedesse qualcosa, affido a te la stirpe di Durin. Non solo i miei nipoti, ma tutto il nostro popolo – rispose il Re stringendogli l'avambraccio.
- Dáin...
- Dáin potrà pretendere la corona e l'Arkengemma, ma io ti chiedo di essere il protettore del nostro popolo. Fai ciò che credi sia meglio per loro.
E Balin non poté fare altro che acconsentire alla richiesta del suo amico e sovrano. In fondo, stavano per tornare a casa... Avrebbero preso la Montagna il giorno dopo, fuori questione. Era una promessa a cui non avrebbe mai dovuto tenere fede.
Thorin sorrise appena, un gesto di grande gioia per il suo stato d'animo, e insieme andarono a tirare via un enorme cosciotto di montone dal piatto di Bombur che, al solito, non era ancora sazio.

Molti anni dopo, Balin s'inginocchiò davanti al Re Sotto la Montagna e gli comunicò il suo desiderio di guidare una spedizione per riprendersi Moria. Ma non di fronte al suo Re, perché Thorin era caduto difendendo Erebor dagli orchi. E con lui erano caduti i suoi nipoti nel tentativo di difenderlo. Un altro deteneva l'Arkengemma, ormai.
Dáin Piediferro scosse il capo e negò la sua benedizione per un'impresa tanto folle e rischiosa.
“È una pazzia, Moria ormai è un cimitero, una tomba maledetta. E ogni nano abile serve qui, a ricostruire il regno di Erebor.”
“Maestà, non ti stavo chiedendo il benestare per partire. Ti stavo informando della mia decisione”, rispose Balin con altrettanta fermezza. “Erebor è sicura, ormai, e tu non hai più bisogno di me. Inoltre, tu non puoi vietarmelo, perché è un incarico che mi ha dato il Re.”
Nessuno nella sala osò contraddire l'ultima frase, sapendo che non era il Re sul trono quello a cui il nano faceva riferimento.
Lo stesso Dáin sapeva che discutere con i Tredici della Montagna, o con chi di loro era sopravvissuto, non aveva minimamente senso: quell'alleanza, nata durante il lungo viaggio per riprendersi Erebor, era divenuta un legame inscindibile, che superava i doveri di sangue o di rango. Mettere in dubbio le volontà di Thorin sarebbe stato un gesto molto pericoloso, così come inimicarsi i nani più acclamati dalla sua gente.
“Vai, dunque, se desideri morire per nulla.”
“Buffo. Per quel che ne so, dicesti una cosa simile al nostro cugino in comune, molti anni fa. Ma non mi pare che sia morto per nulla.”
Moria era diventato un simbolo troppo importante ormai, ci rifletteva da anni e sentiva che il momento era arrivato. Una nuova ricerca, un altro obiettivo da raggiungere.
Una patria da conquistare.
Balin aveva sognato per buona parte della sua vita di tornare a casa e credeva che la sua ricerca fosse terminata scalando le pendici della Montagna Solitaria, ma quando gli eredi di Thráin erano caduti nella Battaglia dei Cinque Eserciti, Erebor era divenuto un altro luogo buio da cui fuggire.







Angoletto dell'Autrice: Salve a tutti, eccomi finalmente a scrivere sul film de Lo Hobbit (appena riesco a liberarmi da quella cosa orribile chiamata università mi rileggerò il libro, promesso). Devo dire che non ho amato tantissimo la seconda parte del film, più che altro per certi "buchi" nelle caratterizzazioni dei nani più importanti della compagnia. Come Balin, che continua a dare per morto il drago, o Thorin che improvvisamente molla il nipote al suo destino. O più scherzosamente, Bofur che perde la chiatta. La mia storia è un tentativo di mettere una pezza ad alcune incongruenze, e allo stesso tempo di collegare il fato di questi due nani. La cosa più agghiacciante de Lo Hobbit, infatti, è per me vedere Balin e Ori e Oin vivi, vegeti e saltellanti sullo schermo, sapendo che ben misera fine faranno a Moria. È veramente terribile pensare a Ori scheletro con il libro ben stretto tra le sue ditine ossute e vederlo allo stesso tempo sullo schermo. E... Niente, ho adorato da subito la canzone di Sheeran, perché conoscendo il destino di Thorin è stata un pianto non appena ho letto il testo. È un secolo che non scrivo su Tolkien, e spero di non aver fatto la ruggine nel frattepo; fatemi sapere se vi è piaciuta o meno! E non tiratemi le pietre, please. Non sono io cattiva, è Tolkien che ha sterminato nani e nanetti senza pietà!

Alla prossima,
Rowi
   
 
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