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Autore: Little_Sisters    31/12/2013    4 recensioni
[ One-Shot | Giallo | KyouRan | AtsuGaze | Gender Bender | Evviva Capodanno(?) ]
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Il vagone era semivuoto, occupato in alcuni punti da gruppi di ragazzi già ubriachi, come testimoniavano le innumerevoli bottiglie di birra vuote sparse sul pavimento.
Si lasciò andare su di un sedile, passandosi entrambe le mani sulla faccia.
...
Nell'impatto il telefono gli sfuggì di mano, rotolò un po' per il marciapiede e finì con un leggero "split" nel tombino lì a fianco.
...
Le luci si riflettevano nei profondi occhi color acquamarina del bambino, che si lasciò sfuggire una risata eterea, soddisfatto che tutto fosse finito per il meglio.
...
- Geo
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bryce Whitingale/Suzuno Fuusuke, Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Kirino Ranmaru, Sorpresa, Tsurugi Kyousuke
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
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Autore/i: Geo
Titolo: Midnight Memories
Rating: Giallo. Ci saranno un po' di parole poco consone, io vi avverto. //Neanche tante a dire il vero.
Pairing: KyouRan; AtsuGaze

Personaggi: Tsurugi K., Kirino R., Fubuki A., Suzuno F., Minamisawa A., Kiyama H., Midorikawa R., Sorpresa
Parole: 3080. //Vi prego, non scappate via in preda al panico.
Avvertimenti: Gender Bender (Fem!Gazelle; Fem!Kirino)

Headcanon(s) utilizzato/i: La madre di Kirino e il padre di Minamisawa sono entrambi divorziati e, dopo essersi conosciuti e frequentati per un po', sono andati a convivere nella casa dei Minamisawa, quindi è un po' come se Kirino e Minamisawa fossero fratelli(?)
Note: Ed eccomi dopo tantissimo tempo con una nuova storia! Yay(?)

Per iniziare vorrei dire che so che il gender bender non è generalmente ben visto è so che risulta alquanto banale a causa dei personaggi sui quali l'ho usato; so benissimo che non è originale, ma... Mi girava così ='3
Penso che la storia sia comunque degna di essere letta.
E non so perché quell' headcanon esista... Non ha molto senso, ma probabilmente è proprio per questo che mi piace XD
Ce li vedo quei due ad avere un rapporto amore-odio.
Grazie a chi vorrà continuare la lettura. C:
PS: Primo banner della mia vita, fatto con Paint e alcune mie fotografie dell'ormai trapassata(?) estate. Si accettano volentieri consigli per miglioramenti vari ed eventuali ='D
R&R









 

 

 

 

 

 

Ran si stiracchiò per l'ennesima volta, allungando le braccia fino a che non toccò il tappeto che copriva il pavimento del salotto.
Doveva ammettere che stare seduta sul divano al contrario non era esattamente la posizione più comoda al mondo.

Recuperò il telecomando del televisore acceso dalle fessure tra i cuscini e fece apparire le info: a caratteri cubitali si presentò la scritta “31 dicembre, 22.45”.
Si lasciò sfuggire un leggero sbuffo, che sembrava quasi frustrato.
«Che c'è, sei invidiosa della protagonista della storia?» chiese malizioso Atsushi, seduto di fianco alla ragazza, riferendosi al film romantico che stavano trasmettendo in tv.
«Oh, sì... Come vorrei poter essere lei: è così perfetta, innamorata segretamente di un ragazzo perfetto, che non l'hai mai notata fino al ballo scolastico della magica notte di Capodanno. Solo in quel momento lui si renderà conto dell'abbagliante bellezza di lei e vivranno sempre felici e contenti.» fu la risposta sibilata a denti stretti.
Atsushi la guardò negli occhi, con un'espressione comprensiva: «Hai capito cosa intendo...»
«Sì. Ho capito che sono un'idiota che si è innamorata stupidamente del ragazzo sbagliato e nel modo più inconcepibile.»
«Se te nei innamorata allora non è il ragazzo sbagliato e poi perché sei così negativa?»
«Sono semplicemente oggettiva. Con tutte le ragazze che ci sono e che può avere non ha motivo di scegliere me.» pronunciò quest'ultima frase aspramente.
«E' questa la tua unica inibizione?»
Ran annuì lentamente, alzandosi e trascinandosi verso il corridoio.
Atsushi sospirò, pensando che quella situazione fosse assurda.
Tutte quelle fantomatiche ragazze di cui si preoccupava erano solo ombre senza volto, mentre lei era lì, in carne ed ossa. Non si capacitava di come sua sorella potesse non capirlo.
Decise che comunque non erano affari suoi e optò per ritornare a concentrarsi sul film.
Non si accorse, però, che proprio in quel momento Ran era sgattaiolata silenziosamente fino alla porta d'ingresso e che, dopo aver recuperato un paio di stivali ed un cappotto, se l'era chiusa alle spalle.

Il rumore cupo di un paio di tacchi rimbombava per i corridoi ormai semibui della Kira Company.
Era ormai un'ora che Gazelle aspettava impaziente che quell'idiota del suo fidanzato arrivasse con la macchina per portarla ad una festa per festeggiare l'anno nuovo.

Storse le labbra in una smorfia al pensiero che nonostante fosse ormai ventiduenne ancora non era maturato neanche un po'.
A volte si chiedeva per quale motivo stessero ancora insieme.
Non erano mai d'accordo su nulla e per ogni idea che non condividevano iniziavano una disputa su chi avesse ragione. In più non avrebbe fatto affidamento su di lui neanche per badare ad un cactus, talmente era avveduto.
Una mano poggiatasi improvvisamente sulla sua spalla la fece sussultare.
Si girò, trovando Ryuuji e Hiroto.
«Sicura che non vuoi un passaggio a casa, Suzuno?»
«Non ti preoccupare Ryuuji, aspetto qui.» rispose seria, senza che la rabbia trasparisse dal suo tono di voce «Voi andate pure.»
E con queste parole si sedette sul bordo del marciapiede davanti all'azienda, con il cellulare in mano, mentre anche le ultime luci si spegnevano lentamente.
L'orologio di ferro battuto, all'angolo della strada, segnava le 23.13.

«Mamma, esco.» fu l'ultima frase di Tsurugi prima che l'aria pungente di quella notte invernale entrasse in contatto con il suo volto.
Si sistemò meglio la sciarpa e iniziò a camminare di buon passo, ripensando agli avvenimenti dell'ultimo periodo.
Era iniziato tutto i primi di novembre, quando la professoressa di matematica lo aveva avvisato che, date le sue scarse abilità in materia, lo aveva affidato alle cure di un tutor.
Lui sotto le cure di un tutor: non esisteva.
Aveva sperato in un ragazzo conosciuto, in modo da poterlo affrontare con una certa dignità; per un attimo pensò che anche una ragazza sconosciuta sarebbe potuta andare bene: aveva sempre il suo fascino e avrebbe potuto comprare il silenzio riguardo a quell'argomento senza troppo sforzo.
Ma ciò che meno si sarebbe aspettato era una ragazza conosciuta.
Scoprì in breve tempo che Kirino-san era un asso in matematica, talmente preparata da non poter essere sconfitta né dalle insulse lettere latine né da quelle greche, qualora fossero comparse.
E non solo lo aveva fatto sentire un completo idiota a causa delle sue lacune, ma era anche riuscita ad accorgersene e a rimediare.
Facendo tutto con quel dannatissimo sorriso dolce sulle labbra e con gli occhi color acquamarina limpidi anche dietro alle lenti degli occhiali che usava per leggere.
Scese le scale che portavano alla metropolitana a due a due, ringraziando mentalmente chiunque avesse deciso di farla funzionare anche la notte di Capodanno.
Riuscì a salire appena in tempo in una delle carrozze, prima che le porte si chiudessero, lasciando la banchina vuota dietro di loro.
Il vagone era semivuoto, occupato in alcuni punti da gruppi di ragazzi già ubriachi, come testimoniavano le innumerevoli bottiglie di birra vuote sparse sul pavimento.
Si lasciò andare su di un sedile, passandosi entrambe le mani sulla faccia.
Come aveva fatto ad innamorarsi di Kirino-san? Con tutte le ragazze che c'erano perché proprio lei?
Non fosse lei il problema: era risaputo che fosse molto bella e intelligente.
Forse anche un po' troppo rigida, ma nessuno era perfetto.
La questione era che anche se lui avrebbe potuto avere tutte le ragazze che desiderava, aveva finito per interessarsi all'unica che non si sarebbe mai fatta incantare.
Si vedevano tutti i giorni al club di calcio e nel fine settimana per le ripetizioni di matematica.
Avevano imparato a conoscersi ed erano diventati amici. In quei due mesi erano usciti anche un paio di volte, come amici, quando il poco tempo libero che avevano a disposizione lo permetteva.
Andava anche tutto bene fino a quando un giorno in cui le aveva chiesto di andare al cinema lei gli aveva risposto che era già impegnata. Doveva uscire con Shindou-san quel giorno.
Più che l'espressione triste che aveva mentre pronunciava quelle parole, mordendosi il labbro inferiore, ciò che colpì il ragazzo fu la stretta che provò allo stomaco.
Non come se gli avessero tirato un pugno, più come se quell'organo avesse deciso di chiudersi in una palla su se stesso senza la minima intenzione a riaprirsi.
Anche se il dolore era lo stesso.
Capendo ciò che gli stava succedendo, da quel momento decise di prendere le distanze dalla ragazza. Certo, non era stata la sua idea migliore dato che, oltre a lui, anche Ran ora sembrava costantemente triste, ferita dall'atteggiamento freddo mostrato così improvvisamente nei suoi confronti.
Tsurugi sorrise amaramente, si trovava nel posto giusto in quel momento.
Non era poi così diverso da tutti quei rifiuti che si trovavano nel vagone.
Diede distrattamente un calcio ad una bottiglia di vetro, che finì dritta sul piede di un uomo, seduto di fronte a lui.
«Sono sicuro che se la metropolitana avesse ancora bisogno di un conducente per funzionare, non oserebbero sporcare in questo modo.»
A parlare era stato proprio l'uomo della bottiglia.
Ah, ecco perché andavano anche quella sera, pensò Tsurugi, mentre rispondeva evasivo: «Mi scusi, non era mia intenzione colpirla».
«Non ti preoccupare, lo immaginavo.» rispose l'altro, passandosi una mano tra i capelli rosso acceso «E' una giornata grigia? Ti sei lasciato con la ragazza?»
«Non ce l'ho la ragazza.» un'altra risposta elusiva. Non era mai stato interessato ad intrattenere conversazioni con gli estranei, soprattutto riguardo a quell'argomento.
«Oh, allora è proprio quello il problema. Non riesci a farti avanti.»
Tsurugi sospirò: con tutti i problemi che avrebbe potuto avere, come diamine aveva fatto a beccare al primo colpo quello giusto?
«Non dovresti preoccuparti così tanto, sai? Sei giovane e hai ancora tutta la vita davanti, devi cogliere l'attimo.»
«E' un rischio troppo grande da correre.» quella situazione iniziava ad essere assurda.
«Io non penso. Questa è una serata importante in cui le persone dovrebbero stare a casa con le proprie famiglie a festeggiare, mentre tu sei qui in questo sudicio vagone di metallo a pensare a lei: è ovvio che tu ci tenga abbastanza da poter rischiare.» si lasciò scappare una risata eterea e cristallina, proprio come la sua pelle.
«In più sembri un ragazzo giudizioso e quindi sono sicuro che anche lei sia una brava ragazza.»
Sorrise un ultima volta, prima di mettere piede sulla banchina.
Guardando la mano dell'uomo piegata in segno di saluto dal finestrino, Tsurugi decise che sì, ne sarebbe valsa la pena.

«Dannazione, Gaz! Ti ho detto che sto arrivando!» Atsuya si passò esasperato una mano tra i capelli.
La sua fidanzata era arrabbiata con lui perché era in ritardo e non voleva assolutamente capire che c'era stato un incidente tra ubriachi, la strada era stata chiusa e lui aveva dovuto trovare una via alternativa.

Poi di certo trovare parcheggio la notte di Capodanno non era stato il passo più semplice.
«Sì, sto arrivando. Sono quasi da te, vicino alla panett-»
Non fece in tempo a finire la frase che un ragazzino dai capelli rossi lo urtò, salendo in superficie dalle scale della metropolitana.
Nell'impatto il telefono gli sfuggì di mano, rotolò un po' per il marciapiede e finì con un leggero split nel tombino lì a fianco.
Adesso sì che Gazelle l'avrebbe ucciso.
«O-Oh, mi dispiace signore. Sono veramente mortificato.»
Era il ragazzino rosso.
«Ah...» sospirò Fubuki, passandosi una mano sulla bocca «Non ti preoccupare ragazzino. Tanto era vecchio, ora ho una scusa per prenderne un altro.»
Sorrise sghembo, passandogli fraternamente una mano tra i capelli.
«Mi dispiace comunque. Stava parlando con qualcuno, mi sembra.»
«Sì, beh, stavamo litigando quindi in realtà ti meriteresti un premio per avermi fatto cadere il telefono.»
«Uh...»
Atsuya si stirò: «Niente di nuovo a dire il vero. Lei trova sempre un motivo per urlarmi dietro.»
«E non le da' fastidio?» Il ragazzino sembrava sorpreso, quello strano uomo non sembrava tanto preoccupato o offeso da ciò. Anche in quel momento continuava ad indossare un sorriso storto, ma per niente in pensiero.
«No, perché la maggior parte delle volte ha ragione. Certo, questa volta no, ma non penso faccia differenza»
«Forse, quando ha ragione, dovrebbe dirglielo. Alla donna di cui sta parlando, intendo. Penso che apprezzerebbe, e magari smetterebbe di farlo quando non ce n'è bisogno.»
Atsuya guardò quel ragazzino dall'alto in basso.
Si era forse imbattuto in un futuro psicanalista? Non erano affari suoi quelli, anche se effettivamente era stato lui a parlargliene per primo.
E comunque aveva sì e no quindici anni, come poteva sperare di poter dare un consiglio di quella portata? Cosa pretendeva di sapere più di lui sulla vita?
Il piccoletto sembrò leggergli nel pensiero poiché si scusò, dicendo che non erano affari suoi, dopotutto, e si allontanò di corsa, confondendosi nella folla sino a scomparire.
Atsuya tirò un calcio ad un sassolino, con le mani in tasca.
Ora avrebbe fatto meglio ad andare da Gazelle se non voleva finire strangolato in mezzo ad un marciapiede.

Ran appoggiò le mani sulle ginocchia, con le gambe leggermente piegate, mentre cercava di riprendere fiato.
Si passò una mano tra i capelli, asciugandosi la fronte imperlata dal sudore.

Quello non era il suo periodo per quanto riguardava le buone idee: il fatto che fosse corsa da casa sua fino al parco dall'altra parte della città lo provava.
Avanzò lentamente, seguendo il sentiero che si apriva tra l'erba brinata; procedeva quasi a tentoni a causa del buio della notte.
Si chiese da quanto tempo era fuori di casa, anche se con tutta probabilità era passata un'oretta.
Perfetto, non sarebbe neanche riuscita a festeggiare l'Anno Nuovo in famiglia.
A proposito, chissà quanto erano preoccupati. Perfino Atsushi, nonostante si impegnasse a far credere a tutti che non gli importasse nulla all'infuori di sé.
La fioca luce della luna non era un granché, ma bastava a farle vedere dove stesse mettendo i piedi. In più i suoi occhi si stavano abituando all'ambiente buio.
Stirò le braccia, sbadigliando.
Anche quando le braccia ritornarono lungo i fianchi, però, la bocca rimase aperta.
Che cosa ci faceva Tsurugi seduto su di una panchina?
«Ehi...» si avvicinò, mentre il ragazzo socchiudeva gli occhi in modo da metterla a fuoco.
«Ciao.» fu la semplice risposta che arrivò qualche secondo dopo.
Ran si sedette al suo fianco, dopo che lui le ebbe fatto spazio.
«Da quanto tempo sei qui?»
«Nessun “Che cosa ci fai qui, nel pieno della notte? Potresti prenderti un raffreddore!”» chiese ironicamente lui.
«So che non ti piacciono i convenevoli. E poi sarebbe un discorso ipocrita da parte mia.» sorrise lei.
«Sì, hai ragione. Sarà mezz'ora che sono qui.»
Gli occhi di Ran si illuminarono: «Sai che ore sono? Io ho dimenticato il telefono a casa.»
Tsurugi tirò fuori il telefono dalla tasca, controllando il display per l'ennesima volta quella notte. 23.57, segnava l'orologio.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo: «Siamo ancora in tempo per la mezzanotte.»
«Non avrei detto che ci tenessi così tanto. Se è così perché non sei a casa?»
Ran ci pensò un po' su. Era uscita dopo il discorso con Atsushi, ma di certo non era colpa sua se non si trovava a casa. E nemmeno dello stupido film che stavano trasmettendo in tv, che, a proposito, a quest'ora era sicuramente finito da un bel pezzo.
Si disse quanto era stata stupida a sentirsi gelosa di una fiction: ora per la protagonista era tutto quanto finito; lei invece era ancora in tempo per scriverla, la sua storia.
«Sono andata via perché non mi sentivo nel posto giusto.»
«E ora ti senti nel posto giusto?»
Ran lo guardò negli occhi: «Sì.»
L'altro sorrise appena, guardando dritto davanti a sé.
«Quindi si può dire che tu ti sia fatta avanti per ottenere ciò che volevi.»
La ragazza lo guardò con un sopracciglio alzato, le sembrava una definizione un po' esagerata per qualcosa di così semplice.
«Oggi un tipo strano mi ha detto che dovrei fare la stessa cosa. Tu che dici?»
«E' sicuramente un atteggiamento positivo.»
Non appena ebbe finito di parlare, Tsurugi le si avvicinò lentamente, passandole una mano dietro la schiena e tenendole il mento alto con l'altra. I loro sguardi si incontrarono, concatenandosi, attratti come da una forza magnetica. Si avvicinarono pian piano, mentre i battiti acceleravano sempre più; i respiri si unirono in uno solo, solleticando la pelle in quella gelida notte d'inverno.
Finalmente le loro labbra si incontrarono, in un bacio casto, ma che fece sentire i fuochi d'artificio ad entrambi.
Scoppiettanti, brillanti e mozzafiato, esattamente come quelli che riempirono il cielo scuro, mentre urla lontane segnavano il tanto atteso arrivo della mezzanotte.

Gazelle incrociò le gambe, malamente appoggiate sul cruscotto, e si sporse verso la radio per cambiare stazione, in cerca di qualcosa di migliore della canzone smielata che stavano trasmettendo.
Le note di una chitarra elettrica fecero appena in tempo a riempire l'abitacolo di metallo nel quale si trovava, che i suoi occhi caddero sull'orologio digitale, l'unica forma di luce presente. Mancavano solo pochi minuti alla mezzanotte.

«Non arriveremo mai in tempo.» disse ad Atsuya, che guidava alla sua sinistra.
Il suo tono acido non ammetteva repliche, non che la donna ne volesse. L'aveva detto per far sentire l'altro in colpa, perché si sentisse male e soffrisse, non perché proferisse mere scuse.
Ne aveva passate tante con Atsuya, ma farle passare un momento di festa così importante in macchina era troppo anche per lui.
Non che le fregasse molto di quella festività: era una questione di principio.
«Te l'ho già detto. C'è stato un incidente.» Atsuya non era mai stato il tipo da assecondarla, comunque.
Suzuno alzò gli occhi al cielo.
«Si può sapere qual'è il tuo problema?!» sbottò l'uomo.
«Con che coraggio me lo chiedi? Come faccio io a sapere che non mi stai mentendo, come fai di solito? Non ti sei mai interessato ai tuoi doveri e ora vorresti davvero farmi credere che per una volta che ci hai provato ti è andato tutto storto?!» gli urlò lei «Con che coraggio?» aggiunse poi, riprendendo quell'atteggiamento glaciale che tanto la caratterizzava.
«Oh, porca me-»
«Non ti permettere...» sibilò lei tra i denti.
Atsuya si girò in modo da poterla guardare in faccia, un braccio appoggiato al sedile di pelle e l'altro al volante.
«Non ce l'ho con te.»
Solo in quel momento Gazelle si accorse che erano fermi, in mezzo alla strada.
Tutte le lucine del cruscotto erano spente, compresa quella dell'orologio.
«Che è successo?» chiese, leggermente spaesata.
«E io che ne so... Stavo parlando con te, nel caso non l'avessi notato.»
Scesero entrambi dall'auto, sbattendo le porte.
L'uomo si grattò una guancia, allibito, aprendo il cofano fumante.
«E' inutile che apri il cofano, tanto con questo buio non riuscirai a vedere nulla.» proferì la compagna acidamente.
Fubuki sbatté nuovamente il cofano al suo posto, in uno scatto: «Che cos'hai che non va?»
«Ti ho già risposto.» fu la risposta dell'altra, mentre si lasciava scivolare lentamente sul fianco della macchina, fino a trovarsi seduta sull'asfalto freddo.
Atsuya si massaggiò le tempie con entrambe le mani.
Aveva ragione lei, come sempre.
«Hai ragione, scusa.» non era stato così difficile, dopotutto «Dovrei dirtelo più spesso. Mi incaponisco sempre sulle stupidaggini e rispondo male a tutti, mi dispiace.»
Si girò, ritrovandosi Gazelle a qualche centimetro di distanza.
Lo guardava intensamente, probabilmente cercando di capire che cosa gli passasse per la testa, così all'improvviso.
«Ho incontrato uno psicanalista per strada, oggi, mentre venivo da a prenderti.» spiegò lui. «Ha anche detto che tu non dovresti darmi sempre la colpa di tutto.» aggiunse ridendo, e meritandosi per questo un pugno ben assestato sullo sterno.
«Che ho fatto ancora?»
Gazelle appoggiò la testa sulla sua spalla.
«Pace?» chiese lui flebilmente, carezzandole la schiena con una mano.
Sentì la sua testa che si muoveva in segno di assenso e cautamente, le spostò i capelli dal volto.
Mentre un fischio si innalzava nel cielo, lasciandosi dietro una scia di fumo, i due si baciarono, abbracciati, appoggiati alla macchina rotta.
Le luci che si sprigionarono, brillanti, furono il perfetto sfondo.

Su di una collina, un bambino dai capelli rossi guardava lo spettacolo dei fuochi che brillavano in cielo. Certo, erano rumorosi, ma se ci si impegnava abbastanza la loro maestosità era in grado di far scomparire qualsiasi contatto con il mondo esterno.
Le luci si riflettevano nei profondi occhi color acquamarina del bambino, che si lasciò sfuggire una risata eterea, soddisfatto che tutto fosse finito per il meglio.
Solo dopo che lo spettacolo pirotecnico fu finito si alzò, togliendosi la polvere dai pantaloni, e si allontanò tra gli alberi.
Poco dopo, di lui non c'era più traccia.

 



 

 

Note dell'Autrice:

Buonsalve a voi(?)
Ho davvero poco poco da dire.
Prima di tutto spero che non sia stata una brutta esperienza per nessuno.
L'ho finita appena poco fa, dato che non ho avuto molto tempo per lavorarci.
“Il tipo dai capelli rossi” è Hiroto Kira in tutti e tre i casi, anche se penso lo aveste già capito. Qui il nostro piccolo fantasmino si prodiga per rendere felice il prossimo.
Dovremmo tutti quanti imparare da lui u.u
Anche il tempo ha avuto un ruolo parecchio importante qui. Cosa che è stata brutalmente stressata.
Per il resto ci tengo ad augurare un felice Anno Nuovo a tutti quanti, migliore di quello passato anche se quest'ultimo è stato bello.
Impegniamoci a rispettare i buoni propositi uwu7
Ancora auguri a tutti quanti ♥
- Geo

  
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