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Autore: LadyKinoko    02/01/2014    6 recensioni
E' la fine del XIX secolo, l'omosessualità è considerata una malattia, o peggio, e l'unica soluzione alla rovina di una rispettabile famiglia inglese sembra essere stata l'assassinio.
Genere: Malinconico, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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Anche se con qualche giorno di ritardo auguro un felicissimo 2014 a tutti voi :)

Questa storia partecipa al
"Character death contest" di Dollarbaby. Qui sotto lo specchietto:
Nome su EFP e sul forum dell’autore: LadyKinoko (in entrambi)
Titolo della storia: Sweet dreams, mom
Lunghezza della storia: OS (word: 2008 parole all'ultimo conteggio)
Genere: Malinconico
Rating: Giallo
Avvertimenti: -
Note: -
Introduzione(breve): E' la fine del XIX secolo, l'omosessualità è considerata una malattia, o peggio, e l'unica soluzione alla rovina di una rispettabile famiglia inglese sembra essere stata l'assassinio.
(Eventuali) Nda: La storia doveva essere ambientata ai giorni nostri, cioé' inizialmente doveva avere un'ambientazione contemporanea, ma appena ho cominciato a scriverla mi sono resa conto che non sarebbe stato così. Si è praticamente scritta da sola.

Spero che leggerete e commenterete :) Mi farebbe veramente piacere sapere cosa ne pensate. 
Come sempre, vi lascio con un:
Buona Lettura!

Sweet dreams, mom

 

"Madre, che piacere rivedervi. Vi aspettavo molto prima, avete avuto problemi durante il viaggio, forse?"

"Louis, figlio mio, anch'io sono lieta di rivederti finalmente in forze. Sì, abbiamo avuto dei problemi, ma nulla che il fedele Milton non potesse risolvere, " rispose la contessa. Si girò verso i servi che attendevano il suo ordine per ritirarsi. "Portate pure i cavalli alle stalle, e non c'è bisogno che mettiate giù le valigie. Molto presto saremo di nuovo in partenza, non è vero, figlio mio? Ora che ne dici di accompagnare la tua ormai vecchia madre nel salone? Abbiamo tanto di cui discutere, ancora." disse, rivolegendosi infine al figlio.

Il ragazzo porse il braccio sinistro alla madre e insieme si diressero verso il salone dove la contessa di consueto usava prendere il té dopo un lungo viaggio quale era stato quello di ritorno dalla Francia.

"Allora, Louis, come vanno le cose, qui?" domandò la donna, sbuffando leggermente mentre saliva le scale.

"E' andato tutto bene, durante la vostra assenza, madre. Ve lo avevo detto che avreste potuto fidarvi. Ho gestito tutto correttamente, e posso affermare con convinzione di essere soddisfatto del mio lavoro," rispose il giovane, stringendo leggermente il braccio della madre, mentre il suo tono tradiva una lieve ironia che la contessa non colse.

"Sono fiero di te, ragazzo," continuò lei, alla risposta del figlio, mentre si faceva guidare da lui verso il salone. Era diventata un'abitudine, ormai. Ancor prima di andare a coricarsi, anche se stanca, preferiva sempre prendere una tazza di. "Per conciliare il sonno," diceva sempre, e anche questa volta non fu diverso, sebbene una brutta sensazione l'attanagliasse da quando aveva posato gli occhi sul figlio.

Una volta che furono arrivati, il ragazzo chiamò il proprio maggiordomo affinché aprisse la porta, insieme aiutarono l'anziana donna a sedersi sulla sua poltrona e quando finalmente l'uomo, alto, dal fisico asciutto e dal portamento sempre impeccabile fece per uscire dalla stanza la donna lo richiamò, facendo l'abitudinaria richiesta.

"Neil, come sempre. Sai cosa mi aspetto, ora."

"Certo, contessa. Il suo té arriva subito," rispose l'uomo, scambiandosi un'occhiata con il giovane conte che, rimasto in piedi, si era avvicinato alla libreria, intento nella ricerca di qualche libro.

Louis osservò diversi ripiani, e assorto dalla sua ricerca non si accorse di Neil, il maggiordomo, che era ritornato pochi minuti dopo con un vassoio sul quale erano appoggiate una teiera e due tazze, tutte e tre di ceramica, color panna, con una decorazione floreale di un lieve azzurrino sui bordi.

"Louis, come mai due tazze?" chiese la contessa, incuriosita.

"Oggi volevo farvi compagnia. Avete affrontato un lungo viaggio, e so quanto la traversa sullo stretto non sia di vostro gradimento. Volevo solo passare un po' di tempo con voi," spiegò, il giovane, che in quel momento avevo trovato ciò che cercava. Una delle prime edizione di Les fleurs du mal, un testo abbastanza piccolo, dalla copertina rigida e verde, i fogli ingialliti nel tempo. Lo prese in mano con cautela, stando bene attento a non tenerlo alzato verso il basso e sembrò avvicinarselo al cuore in un movimento quasi inavvertibile. Fissò gli occhi di nuovo sulla copertina, e finalmente si avvicinò alla madre sedendosi sul divano stile impero adibito a decorazione del salone. Era la stanza preferita della contessa, e tutto ciò che vi era all'interno rifletteva il – buon – gusto che aveva, dalla libreria di faggio, intarsiata sulla cima leggermente ricurva, all'arredamente da salottino in stile impero, alle finestre, addirittura le tende, di una bianco panna che scendevano liscie fino al pavimento, i dipinti alle pareti, per lo più ritratti della famiglia di lei, il ramo imparentato con il cugino del Re di Francia, . Si potevano notare in modo evidente i tratta distintivi dei De Le Harve. Tutto, tutto in quella stanza gridava il nome di Marie Elaine.

"Ora va, Neil, servo io mia madre in questa particolare giornata," il giovane congedò il maggiordono. "Sai cosa fare."

"Va bene, signorino. Contessa, con il vostro permesso," disse, inclinando leggermente il busto in avanti, in segno di rispetto. "Spero che potrete riposare in pace."disse, e uscì.

La contessa rimase colpita dalle parole dell'uomo, ma non replicò. Mentre osservava il figlio versarle l'acqua nella tazza con il filtro si rivolse nuovamente a lui.

"Sono contenta che abbiate finalmente messo la testa a posto. La cara contessina Amelia è una ragazza deliziosa, inoltra il suo è un casato del tutto rispettabile. Sono sicura che il nostro nome prospererà, con lei," si interruppe all'improvviso per prendere fiato e allungò la mano verso la tazza che gli porgeva il figlio, mentre questi le versava le sue consuete tre zollette di zucchero. Mentre avvicinava piano la tazza alle labbra, soffiando leggermente sull'acqua bollente, riprese a parlare. "Siete ancora entrambi molto giovani, e siete entrambi di bell'aspetto. Un matrimonio migliore non si poteva combinare." terminò, portando la tazza alla bocca, bevendone il primo sorso.

 

Aveva ragione. Louis era davvero un bel ragazzo. Alto, non molto robusto, dal fisico longilineo, le gambe perfettamente dritte, le spalle larghe. Aveva folti capelli biondi e un po' mossi che gli ricadeva sul viso, pallido, particolare, sul quale spiccavano due profonde pozze dal blu così intenso che era la prima cosa che chi gli stava di fronte notava. Nulla, si poteva dire della sua bellezza. Un angelo al confronto sarebbe sfigurato, ed era lo scapolo più ambito della nobiltà. Le donne sarebbero certo cadute ai suoi piedi se solo lui avesse voluto, ma mai nessuna aveva attirato la sua attenzione. Non aveva mai corteggiato nessuna dama, non era mai andato oltre alle brevi frasi di cortesia o al baciamano, e certo era strano che non frequentasse nemmeno le case di piacere. Così, da un momento all'altro, le voci avevano iniziato a girare.

E' davvero possibile?

Un così bel ragazzo, e di buona famiglia!

Hai sentito?

Pare che l'abbiano visto mentre fornicava nelle scuderie con lo stalliere?

Tsk! Il diavolo tentatore è difficile da combattere.

 

Uno strano odore amarognolo, ricordava quello delle mandorle, le pizzicò il naso. Marie non era una donna fortemente abitudinaria, perciò non fece molto caso a quell'odore penetrante, presa com'era anche da suo figlio, che non vedeva da ormai alcuni mesi.

"Sì, madre. Amelia è sicuramente adorabile, ed è una bella ragazza," disse Louis, osservando come la madre mandava giù, sorso dopo sorso, la calda bevanda. "Peccato solo che in quel fatidico giorno non potrò bearmi della compagnia del mio caro amico d'infazia," terminò, fissando lo sguardo sulla madre, cercando di cogliere una qualunque reazione alle sue parole, ma il volto della donna rimase impassibile, vuoto, privo di emozioni quando replicò alle parole del figlio.

"Già, è un vero peccato. Il giovane Buxley era un tuo buon amico, e io conoscevo i suoi genitori. Davvero delle brave persone. So quanto tenevi a lui, e sono contenta di vedere come ti sei ripreso dalla sua prematura scomparsa." la sua voce esprimeva quasi tenerezza, ma Louis non sentiva altro che rantolii sprezzanti nelle sue orecchie. "Ma basta parlare di questo, dimentichiamolo. Tu stai per sposarti e domani potrò finalmente vedere di persona la magnifica sposa di mio figlio."

Il giovane rimase in silenzio, attendendo che la madre mandasse giù l'ultimo sorso prima di parlare, ma la donna non vi arrivò. Prima che il bordo della tazza fosse appoggiato alle sue labbra, le mani cominciarono a tremare incontrollabilmente, e il suo respiro divenne affannoso. Ci volle molto poco perché il tremolio dalle mani si propagasse anche al resto del corpo, brividi le scorrevano lungo la schiena provocandole convulsioni inizialmente lievi, poi, man mano sempre più incotrollabili. Il respiro, sempre più pesante, sentiva la gola chiusa, come se l'aria non riuscisse più a passare, l'affanno nel cercare di articolare una frase di senso compiuto che fosse indolore. Il giovane rimase fermo, seduto al suo posto mentre osservava la madre, ponderando se avvicinarsi o meno, e optando solo dopo una breve riflessione per la prima. Si alzò in piedi e raggiunse la madre, inginocchiandosi di fronte a lei, che ora lo fissava negli occhi terrorizzata, e poté notare come le pupille si fossero dilatate.

"No, madre, io non tenevo a Christian Buxley. Lo amavo. Non è forse per questo che lo hai fatto assassinare, quattro mesi fa? Perché non intralciasse con la sua presenza i tuoi piani per me?" iniziò, la sua voce stranamente calma. Quell'insicurezza che l'aveva assalito all'inizio scomparsa. Nemmeno l'immagine della madre, agonizzante in preda alle convulsioni, lo disurbava, anzi. Trovava il risultato stranamente soddisfacente. "Mi dispiace avvertirti, madre. Ma noi domani non andremo da nessuna parte. Non ci arriveremo nemmeno a domani... né tu, né io." disse, incatenando i proprio occhi a quelli più chiari di lei. Ci volle qualche istante perché la donna recepisse il messaggio, ma quando finalmente capì i suoi occhi si velarono di consapevolezza e nuovo e maggior terrore.

"T-tu... n-non puoi s-sul... serio... volerti uc-cidere... Io n-no-" ma un dito le si posò sulle labbra, impedendole di terminare la frase.

"Vedete, madre, io non mi sto per uccidere," iniziò, ma il sollievo che sorse negli occhi della donna di fronte a lui non durò a lungo. Si spense definitivamente quando le ultime parole del figlio le arrivarono alle orecchie. "Io sono già morto, tempo fa. Voi mi avete ucciso, nell'istante in cui il vostro coltello affondava nel suo cuore."

Avvicinò il viso a quello di lei, quasi del tutto paralizzata, e sussurrò guardandola negli occhi, ormai bui e vuoti, privi di vita. "Sogni d'oro, mamma."

 

Sedutosi di nuovo, Louis riprese in mano Les fleurs du mal e se lo rigirò tra le mani un paio di volte, soffermandosi sugli spigoli della copertina rigida, pressando con le dita, prima di aprire alla pagina dove un ritratto fungeva da segnalibro.

 

LII

 

Le Poison

 

Le vin sait revêtir le plus sordide bouge
D'un luxe miraculeux,
Et fait surgir plus d'un portique fabuleux
Dans l'or de sa vapeur rouge,
Comme un soleil couchant dans un ciel nébuleux.

L'opium agrandit ce qui n'a pas de bornes,
Allonge l'illimité,
Approfondit le temps, creuse la volupté,
Et de plaisirs noirs et mornes
Remplit l'âme au delà de sa capacité.

Tout cela ne vaut pas le poison qui découle
De tes yeux, de tes yeux verts,
Lacs où mon âme tremble et se voit à l'envers...
Mes songes viennent en foule
Pour se désaltérer à ces gouffres amers.

Tout cela ne vaut pas le terrible prodige
De ta salive qui mord,
Qui plonge dans l'oubli mon âme sans remords,
Et charriant le vertige,
La roule défaillante aux rives de la mort!


 

Fissò a lungo la figura rappresentata nel piccolo ritratto cibandosi di quella visione, che ormai non era altro che un ricordo nella sua mente. Due enormi occhi scuri spiccavano su di un viso sottile, incorniciati da lunghi capelli anch'essi scuri, lievemente mossi, sempre in disordine. Il sorriso disarmante che quell'immagine gli restituiva gli strinse lo stomaco in una morsa, gli occhi gli si appannarono. Senza distogliere lo sguardo da quella figura che tanto aveva amato e che amava portò due dita sulle labbra, lasciandovi un lieve bacio che accostò alle labbra dell'altro, una sensazione ruvida contro la sua pelle. Se chiudeva gli occhi le poteva ancora immaginarle: piene, rosse, morbide. Gli mancavano come l'aria.

Sorrise al pensiero che presto le avrebbe ritrovate, di nuovo a contatto con le sue.

Senza esitazione prese in mano la propria tazza di té, la bevanda ormai tiepida, ma non ci fece nemmeno caso. Assaporò a lungo il sentore mandorlato prima di bere il primo sorso, poi il secondo, poi il terzo, finché non l'ebbe buttato giù tutto. Si lasciò cadere all'indietro, ruvidamente, sul divano e chiuse gli occhi.

Attese, paziente, che il veleno facesse il suo effetto, che il buio scivolasse su di lui.

Non era stato facile procurarsi il cianuro, ma l'oscurità in cui fluttuava era così docile, calma, attraente, che ne era valsa la pena.

Louis non era mai stato una persona molto paziente, ma in quel momento stava bene, ed era soddisfatto, perciò questa volta non si lamentò. Semplicemente attese.

  
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