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Autore: Lena Mason    02/01/2014    3 recensioni
“Era una fredda giornata di fine Ottobre, all’incirca verso mezzogiorno, quando una ragazza varcò le soglie dell’aeroporto di Narita, Tokyo, Giappone.”
L’arrivo di questa nuova ragazza all’accademia Ouran porterà parecchio scompiglio. Nuove amicizie, nuovi interessi e nuovi problemi colpiranno l’amato Host Club.
Riusciranno a salvarsi anche questa volta?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haruhi Fujioka, Kyoya Ohtori, Nuovo personaggio, Tamaki Suoh, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo XI

 

Alle quattro in punto Kyoya Ootori varcò la soglia della biblioteca e si stupì nel vedere la chioma rossa di Rossana seduta al solito tavolo.

«Non gioirne troppo. Sono qui solo perché non voglio avere problemi scolastici. Se avessi potuto avrei evitato, te lo assicuro».

«L’importante è che io abbia vinto» le disse, gongolando.

«Contento tu» rispose la ragazza, aprendo il libro di Fisica.

Passarono le restanti due ore a parlare solo di materie scolastiche: Kyoya si stupì non poco nel comprendere che, una volta ingranato e appresi i contenuti di base, Rossana capiva quasi tutti velocemente.

Forse aveva sottovalutato l’intelligenza di quella ragazza e Kaito aveva ragione: non la conosceva per niente a parte le informazioni che aveva recuperato su di lei grazie alle sue conoscenze.

«Posso sapere chi è Damon Miller?» le chiese di getto, vedendo che Rossana si irrigidiva, lasciava cadere la penna sul tavolo e alzava lo sguardo, sbalordito e quasi spaventato, su di lui.

«Dove hai trovato quel nome? Hai fatto altre ricerche da stalker su di me?».

«Lo conosco da sempre, quel nome. So che è connesso a te in qualche modo, ma non riesco a trovare nessuna informazione in merito».

«Non sono affari tuoi. Non siamo amici e non ti devo nessuna spiegazione».

«Quindi suppongo che sia qualcuno che ti ha ferita» ipotizzò Kyoya.

La ragazza sbuffò e lo guardò male di nuovo, ma il suo sguardo sembrava anche un po’ perso.

«Sì. Mi ha ferita. Nel profondo. Sei contento? Vuoi sapere come? Bene. Io e questo Damon stavamo insieme prima del mio trasferimento qui. Lo conoscevo da un po’ di tempo ed avevo una cotta stratosferica per lui. Aveva qualche anno in più di noi. Peccato che poi mi abbia piantata per un’altra che ha dieci anni più di lui. Ora sei soddisfatto?» gli chiese la ragazza, prima di alzarsi ed andarsene.

Kyoya non pensava che una come Rossana avesse subito un tradimento così e nemmeno che potesse avere quello sguardo triste: era sicuro che fosse scappata via perché le veniva da piangere.

Si alzò di scatto, lasciando tutti i libri sul tavolo e seguendo la ragazza. La vide, per pura fortuna, scendere le scale che portavano all’uscita ed aumentò il passo per raggiungerla.

Riuscì ad afferrarla prima che aprisse la porta di ingresso:

«Lasciami andare, Kyoya. Hai ottenuto le informazioni che volevi. Ora sai chi è Damon».

«Voltati».

«No» sussurrò lei.

«Rossana, voltati» ripeté il ragazzo.

La sentì sbuffare risentita, ma ubbidì: la trovò in lacrime con il trucco colato e uno sguardo imbarazzato e ferito.

Sapeva che non voleva essere vista in quello stato, soprattutto da lui, ma sapere che qualcosa poteva ferirla, che sapeva piangere, lo fece sentire sollevato.

Aveva pensato che quella ragazza fosse fredda e distaccata, immune agli insulti e alle critiche, ma alla fine aveva trovato un nervo scoperto.

«Mi dispiace» le disse semplicemente «Non dovevo impicciarmi in affari che non erano miei».

«Mi pare tu l’abbia capito troppo tardi» rispose la ragazza, asciugandosi gli occhi con un fazzoletto e gemendo di frustrazione quando vide che era macchiato di trucco «A causa tua sembrerò un procione in un parco acquatico».

«Sei comunque bellissima» disse, senza riuscire a mordersi la lingua: la vocina da psicopatico aveva preso il sopravvento.

Rossana lo fissò guardinga per un attimo: «A che gioco stai giocando? Prima mi dici che il solo pensiero di baciarmi ti disgusta e poi asserisci che sono bellissima anche con il trucco colato? Soffri di disturbo bipolare della personalità?».

«No. Trovo solo che tu sia un soggetto interessante» le rispose, lasciandola andare.

«Io invece trovo che tu sia fuori di testa» gli rispose, voltandogli le spalle e prendendo la direzione opposta a quella del ragazzo.

Kyoya si era allontanato per evitare che quella vocina prendesse di nuovo il sopravvento: mentre parlava aveva registrato per la prima volta che la pelle del polso di Rossana era calda e morbida, il suo profumo non troppo dolce e i suoi occhi castani erano profondi e intriganti.

Si era allontanato perché aveva sentito il battito e il respiro accelerare, il sudore formarsi sulla nuca e sulla fronte, un forte istinto di avvicinarla a sé e una gran voglia di conoscerla quanto e più di Kaito.

Quella ragazza era una confusione unica: la detestava per la sua lingua tagliente e i suoi comportamenti sopra le righe, ma allo stesso tempo ne era intrigato e interessato.

Doveva evitare assolutamente di trovarsi troppo spesso da solo con lei, altrimenti rischiava di lasciar prendere il sopravvento all’istinto e lui, Kyoya Ootori, non poteva permetterselo.

 

Rossana, una volta varcata la soglia della sua camera, si tolse le scarpe e il foulard legato al collo, prima di buttarsi a peso morto sul letto.

Quel Kyoya aveva ferito il suo orgoglio, l’aveva vista piangere e le aveva anche detto che era bellissima.

Non avrebbe mai pensato che potesse dirle una cosa del genere: forse Honey o Tamaki, persino i gemelli, ma lui proprio no.

Era convinta che lui la trovasse poco carina e poco intelligente e non riusciva a capacitarsi di ciò che le aveva detto ne di quanto quel commento l’avesse fatta rabbrividire.

Non aveva mai pensato che un complimento sincero, perché lo era, di Kyoya potesse confonderla così: non sapeva sentirsi felice o terrorizzata.

Perché se il suo complimento la confondeva ed elettrizzava allo stesso tempo c’era solo una spiegazione: Kyoya le piaceva e anche tanto.

Sospirò pesantemente e si alzò per farsi una doccia, notando che il cellulare sul comodino era illuminato: vide che ci era un messaggio da un numero sconosciuto.

Lo aprì e quando ne lesse il contenuto rimase stupita.

Il mittente divenne ovvio dalle prime parole scritte:

Sono dispiaciuto per il mio comportamento di questo pomeriggio. Non volevo turbarti. Kyoya.

Rossana rise un po’ per il tono pomposo con cui aveva scritto, prima di ricordarsi che lei non aveva lasciato il suo numero a Kyoya.

Non ho idea di come tu abbia il mio numero, dannato stalker con la doppia personalità, ma accetto le tue scuse. L’importante è che torni ad essere il frigido bastardo che eri all’inizio e non te esci mai più con frasi come quella di oggi.

Rimase bloccata qualche minuto prima di mandargli la risposta: il messaggio non solo dava ragione a Kyoya, ma faceva intendere che il suo complimento l’aveva confusa.

«Piantala di farti seghe mentali inutili. Sta solo cercando di nascondere la gaffe che ha fatto oggi pomeriggio» si disse, prima di premere invio e eclissarsi nel bagno.

Quando uscì, un’ora dopo, trovò un altro messaggio, sempre di Kyoya che le fece scivolare il telefono dalle mani e fu costretta a prenderlo al volo.

Non mentivo.

Rilesse il messaggio quattro volte cercando altre frasi dette dal ragazzo alle quali potesse riferirsi, ma le veniva in mente sempre la stessa.

Decise di non rispondere a quel messaggio: spense il telefono, cenò, si asciugò i capelli e s’infilò sotto le coperte sperando di addormentarsi subito per dare risposo alla sua povera mente turbata.

Dormì poco e male quella notte, tormentata dalla voce di Kyoya e dai ricordi dei suoi atteggiamenti ambigui: non poteva permettersi di essere stanca o turbata in quei giorni, poiché gli esami sarebbero iniziati il lunedì successivo e doveva concentrarsi sullo studio.

Ciò significava passare fin troppo tempo con Kyoya, ma non poteva fare altrimenti: non aveva la minima intenzione di chiedere a Tamaki di aiutarla; con i suoi modi da provolone l’avrebbe mandata fuori di testa e lo avrebbe ucciso.

Quindi quella mattina si alzò di malavoglia e quando accese il suo cellulare, l’istinto di ritornare a letto e nascondersi sotto le coperte si fece sentire chiaro e forte.

C’era un altro messaggio, sempre di Kyoya:

So che hai il letto il messaggio precedente. Dobbiamo parlare. Domani prima di studiare fatti trovare nel giardino sud.

Detestava il suo modo di ordinarle le cose, ma aveva ragione: dovevano chiarire cosa diavolo stava succedendo tra loro e soprattutto decidere se mettere fine alla famosa scommessa.

Non riusciva ancora a capire perché Kyoya avesse iniziato a piacerle: non era il suo tipo fisicamente, dato che preferiva quelli con i capelli chiari.

Peccato che fosse estremamente interessante. Era attratta dalla sua intelligenza? Possibile. Dal suo essere un bastardo? Quasi sicuramente. Era intrigata dal fatto che lui la vedesse come una persona normale? Esatto. Era quello ciò che le piaceva di Kyoya: la trattava esattamente, forse anche peggio, di come trattasse le altre ragazze, alle quali almeno un sorriso, seppur falso, lo riservava.

Rossana sospirò, prendendo la cartella e dirigendosi a scuola, come un carcerato verso la sedia elettrica.

 

Kyoya si era, come sempre, svegliato di pessimo umore e la risposta stringata –un semplice e freddo “ok”- di Rossana lo aveva peggiorato: quando varcò il portone dell’Ouran Accademy persino Tamaki capì che c’era qualcosa di strano nel suo migliore amico.

Il biondo aveva già capito che c’entrava Rossana, poiché i comportamenti strani di Kyoya erano iniziati dopo l’arrivo della ragazza dai rossi capelli. Doveva ammettere che se era riuscita a far smuovere persino Kyoya, quella ragazza era davvero particolare.

Anche i due gemelli la trovavano un soggetto interessante, ma dato che la loro madre stava lottando per divenire la stilista ufficiale della ragazza, si astenevano dal farle scherzi o prenderla in giro come il loro solito: sapeva che una volta firmato il contratto avrebbero sicuramente recuperato il tempo perso.

 

Alle spalle di Kyoya, come se fosse successo di proposito, ecco spuntare proprio Rossana: Tamaki vide il suo amico voltarsi, farle un cenno del capo e andarsene.

Rossana dal canto suo aveva risposto con un mezzo sorriso stentato.

Un sorriso che Tamaki classificò come “timido”: le si avvicinò, notando che doveva aver riposato poco e sentendola sospirare.

«Figlia mia, che succede?».

«Tamaki…non è il momento dei tuoi giochi. Ho dormito davvero poco e sono di pessimo umore».

«Scommetto che il motivo per cui non hai dormito se n’è appena andato in classe» le disse, sorridendo e vedendo che Rossana arrossiva leggermente sulle guance e tentava, invano, di negare.

«Kyoya non c’entra nulla, davvero. Ho altri problemi. E smettila di ridacchiare, sto dicendo la verità».

«Rossana, guarda che se dovesse, ipoteticamente dico, piacerti Kyoya non ci sarebbe nulla di male…».

«Oh sì, invece. Ci sarebbe un mucchio di male e di problemi. E di lacrime. Probabilmente le mie» disse la ragazza, prima di riuscire a fermarsi: la mancanza di sonno non le faceva bene, decisamente no.

Tamaki le sorrise, scompigliandole i capelli rossi: «Perché lacrime?».

«Tamaki, conosci Kyoya meglio di me. È freddo, calcolatore e vive per i benefici. E io non ho nessun beneficio da dargli».

«Proprio perché conosco Kyoya so che tu hai la possibilità di farlo cedere» le rispose il biondo, vedendo che la rossa scuoteva la testa.

«Tamaki, fidati non è così. Siamo su due frequenze diverse. Lui cerca, anzi penso voglia, qualcuno che possa dargli un aiuto a raggiungere i suoi obbiettivi».

«Cambierai idea, vedrai».

«La cambierai tu. Oggi, prima delle lezioni private, vuole parlarmi e vedrai che andrà come dico io» concluse il discorso Rossana, prendendo posto e aspettando l’arrivo del professore in silenzio, guardando fuori dalla finestra.

 

Kyoya era già seduto al loro ingresso e non li aveva degnati della minima attenzione, troppo preso dallo scrivere su quel maledetto quaderno dalla copertina nera che si portava sempre appresso: che fosse il Death Note?

Per sfortuna di Rossana le lezioni volarono e quando l’ultima campanella suonò, sentì il suo stomaco contrarsi nel vedere Kyoya alzarsi, farle un cenno col capo e uscire dall’aula: il momento dei chiarimenti era vicino.

 

Tamaki guardò i due allontanarsi insieme e sorrise: sapeva di essere nel giusto e il tempo gli avrebbe dato ragione.

 

Quando il biondo giunse all’Host Club, avvisò gli altri membri che Kyoya quel giorno aveva da fare e non si sarebbe presentato.

Honey e Mori gli si avvicinarono, con l’intento di chiedergli qualcosa senza farsi sentire né dagli altri membri né dalle ospiti presenti.

«L’assenza di Kyo-chan è dovuta a qualcosa che riguarda Sana-chan?».

«Ottima deduzione, Honey. Si sono incontrati in gran segreto nel giardino della scuola per parlare: scommetto che esprimeranno tutto il loro amore ~» rispose Tamaki, venendo circondato da un’aura di amore.

«Spero tu abbia ragione Tamaki…» sussurrò Honey, mentre Mori annuiva: i due senpai sapevano che qualcosa scorreva tra Rossana e Kyoya, ma entrambi avevano compreso che nessuno avrebbe rischiato; Rossana perché non voleva essere ferita, mentre Kyoya poneva dinnanzi alla sua eventuale felicità gli affari di famiglia e sapeva che un eventuale storia con la cantante non avrebbe portato alcun beneficio agli Ootori.

 

I due coetanei nel frattempo si erano seduti sotto uno dei gazebo presenti nel parco della scuola, ma entrambi stavano in silenzio: Rossana lanciava sguardi di sbieco a Kyoya, il quale dal canto suo faceva finta di non vederli.

«Mi pare tu abbia detto che dovevi parlarmi» interruppe il silenzio la rossa, voltandosi verso il ragazzo che, per la prima volta dal giorno precedente, si degnò di guardarla in faccia.

«Sì e penso tu sappia di cosa voglio parlare».

«Non sono telepatica, Kyoya. Spiegati».

«Sappiamo entrambi che le distanze tra di noi si stanno pericolosamente accorciando sia per via della scommessa sia per via della reciproca curiosità che sentiamo, ma questo deve finire. Nessuno dei due vuole che succeda qualcosa».

«Cosa dovrebbe succedere? Sappiamo benissimo che niente accadrà tra di noi, perché nessuno dei due lo vuole, quindi non capisco perché perdiamo tempo a discuterne» disse la rossa, mentre una voce dentro di lei le gridava di chiudere la bocca se doveva dire tante bugie.

Perché lei voleva che qualcosa tra loro succedesse, ma razionalmente sapeva che non si sarebbe mai avverato uno scenario del genere: era quello che Kyoya le stava dicendo.

«Dobbiamo prendere le distanze» sentenziò il ragazzo «per questo ho chiesto al preside di cambiarti il tutor dopo gli esami di fine trimestre».

Scese il silenzio più assoluto tra i due, prima che Rossana si alzasse:

«Sei un codardo» gli disse, prendendo la cartella e andandosene, lasciando Kyoya sbigottito, per la prima volta dopo il suo primo incontro con Tamaki.

Il ragazzo si alzò di scatto, seguendola: gli aveva dato del codardo?  A lui, Kyoya Ootori?

«Ehi, non ho finito» le disse cercando di afferrarla per un polso.

«Per me il discorso è chiuso. Vuoi che prendiamo le distanze? Bene, allora smettila di toccarmi, seguirmi, scrivermi messaggi e parlarmi quando non è strettamente necessario. Ora è meglio se studiamo: lunedì iniziano gli esami e poi sarai libero» gli disse, senza guardarlo in faccia: non si era nemmeno voltata, perché non voleva mostrare a quel dannato bastardo quanto ci fosse rimasta male.

Aveva davvero sperato in un finale alternativo, magari simile a quello ideato da Tamaki? Che stupida sognatrice senza cervello.

Kyoya si limitò a tacere e seguirla a debita distanza in biblioteca dove, a parte qualche parola di spiegazione, non dissero null’altro, entrambi concentrati sui loro esercizi e pensieri.

Rossana sperava che quelle due ore di tortura finissero in fretta, poiché voleva scappare a casa e sfogarsi in qualche modo, per poi ripartire da zero, come aveva fatto dopo l’episodio con Damon.

Perché non poteva semplicemente interessarsi a uno come Kaito? Gentile, premuroso e simpatico? No, a lei piacevano i ragazzi come Kyoya. Gli stronzi, per dirla tutta. Che cliché. E pensava di essere diversa dalle altre ragazze? Di avere qualcosa di speciale? A parte una voce non male, cosa aveva di diverso? Il colore dei capelli si poteva sempre ricreare con una tinta e per il resto era una normale ragazza europea. Certo in Giappone le sue apparenze spiccavano, perché di stranieri ve n’erano ben pochi, ma se si fosse trovata circondata da altre ragazze della sua città, sarebbe stata una delle tante.

Come poteva minimamente pensare di essere in grado di far cadere uno come Kyoya?

Quando guardò l’orologio si rese conto che mancava mezz’ora alla fine delle lezioni con il ragazzo seduto di fronte a lei e capì anche che, nonostante nella sua mente scorressero pensieri totalmente estranei alle materie scolastiche, aveva in qualche modo completato gli esercizi ed erano, secondo Kyoya, corretti.

Dato che ormai la concentrazione era andata a farsi benedire, raggruppò le sue cose e senza dire nulla, nemmeno un accenno di saluto, se ne andò. Kyoya seguì i suoi movimenti, tenendo a bada la voglia di fermarla: aveva chiesto di mantenere le distanze e doveva essere il primo a mantenere il suo proposito.

Così la guardò andarsene e ne seguì il percorso anche all’esterno, poiché la biblioteca si affacciava sul viale di ingresso dell’accademia e fu li che vide Kaito che l’aspettava.

Senza nemmeno rendersene conto aveva stretto le mani a pugno alla vista di quel ragazzo che abbracciava Rossana e la faceva ridere come se niente fosse.

 

 

 

Nda: Buon anno a tutti! Speriamo che questo 2014 sia pieno di novità e belle cose per tutti!

Alla prossima, 

Lena.

   
 
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