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Autore: Vally98    02/01/2014    0 recensioni
La testa in un'altro mondo, i pensieri che navigano in un'altra galassi, il cuore che batte in un altro univeso. Solo il mio corpo si trova sulla terra. Sto crescendo, distrutta dentro, ma sto crescendo.
Basta limitarsi a sopravvivere. Voglio vivere pienamente.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era capodanno. Tutti aspettavano quel giorno con impazienza. Io con un pizzico di ansia e molta curiosità mista ad inquietudine.
L'arrivo del 2014 aveva scaturito in me flebili speranze. Speravo che le cose sarebbero andate meglio, speravo di riuscire a lasciarmi alle spalle tutto il 2013 e parte del 2012, utilizzando però quello che aveva imparato. Non avrei ricommesso gli stessi errori.
Dovevo continuare a crescere, soprattutto dentro, cercare di capire me stessa senza farmi del male.
Speravo davvero che lei cose sarebbero potute andare meglio.
Quella sera ero nella casa in montagna a Bormio, in provincia di Sondrio. Ero salita la sera di Natale, per sciare.
Ero con la mia famiglia e quella di alcuni amici.
Tutti si divertivano, parlavano, ridevano, facevano un gran chiasso. Io no. Non ci riuscivo.
Ero in fondo al tavolo, accanto a mia sorella Clelia, la sua amica Benedetta, Francesca e Marco.
Anche loro si divertivano, ma io no. Non mi sentivo parte del loro gruppo, non mi sentivo parte dei loro discorsi nè delle loro risate. Mi sentivo parte solo dei miei pensieri, delle mie sensazioni contrastanti, della mia mente, del mondo che avevo dentro, ma che escludeva tutti gli altri.
Ero sola, anche se avevo intorno almeno una ventina di persone.
La serata proseguì così, tra gli schiamazzi e il vociare di tutti, tra vassoi di cibo passati di mano in mano lungo la tavola perché tutti se ne potessero servire.
Quando l'orologio segnò le 11.55 venne acceso il televisore, come tutti gli anni, per basarci sul l'orario che davano in diretta.
C'era il solito programma, che onestamente detestavo, in cui c'era gente che cantava e ballava, fingendo di essere felice di passare l'ultimo dell'anno a ridicolizzarsi su un palco.
Ed ecco che partiva il conto alla rovescia, dai 50 secondi ai 10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1..
E tutti ad esultare euforici per l'arrivo del nuovo anno. Già, tutti tranne me.
Detesto il capodanno, detesto il conto alla rovescia, detesto le affermazioni del tipo "addio 2013" come se fosse una liberazione che l'anno sia finito, come se viverlo fosse stato del tutto inutile, come se non fosse servito a nulla perché il vero scopo era semplicemente arrivare all'anno successivo.
Sta di fatto che io non esultai, ma nessuno se ne accorse, poiché tutti erano presi ad abbracciarti e baciarsi.
Anche Marco accanto a me era rimasto immobile, forse solo perché aveva da un lato Clelia, Benedetta e Francesca che si erano abbracciate e me, senza che dimostrassi alcun segno di voler esprimere la mia euforia, dall'altro.
Mi voltai a guardarlo, lui fece spallucce e mi disse: - Rimaniamo solo noi due.
Così allungò le braccia e mi abbracciò forte. Io ricambiai.
Il primo abbraccio dell'anno.
A quel punto iniziai a fare gli auguri a tutti gli altri, costringendomi a simulare la loro allegria.
Abbracciai Francesca, poi Clelia e Benedetta. Baciai mia madre, mio padre e tutti gli altri genitori.
Dopodiché mi rintanai in camera mia, sola e al buio, per scrivere a tutti i miei amici a Milano.
Sentivo i botti esplodere fuori dalla finestra e l'atmosfera gioiosa che aleggiava in casa. Come sempre io ero l'intrusa, quella che non centrava niente col contesto in cui si trovava.
Perfetto.
Ottimo.
L'anno iniziava alla grande.
Si avvicinava però l'ora di divertirsi. Infatti Io è gli altri ragazzi avevamo deciso di andare a ballare per festeggiare.
Decisi di cambiarmi. In quel momento indossavo la mia tanto amata gonna nera, comprata a Dublino quell'estate, che portavo a vita alta, sopra a una canotta bordeaux e a un paio di collant nere. Era un abbinamento stupendo ma avevo paura delle mani impavide che avrei potuto trovare in discoteca.
Infilai un paio di leggins neri, tenni la canotta ma indossai sopra una maglietta sformata di Brandy.
Non ero sexy. Non sembravo grande. Non indossavo tacchi, ma un paio di stivaletti simili ad anfibi.
Lasciai i capelli sciolti, spalmai un po' di fondotinta sotto gli occhi che contornai con un po' di matita nera. Infine mi passai il rossetto rosso sulle labbra carnose.
Terminai giusto in tempo quando Francesca si affacciò alla porta del bagno dove mi ero rintanata.
- Ver, sei pronta?
- Sì, ora sì - dissi sorridendo.
- Stiamo andando.
Lasciai la stanza, indossai la giacca, la sciarpa e i guanti e con gli altri ragazzi uscii di casa.
Il padre di Francesca, Piero, ci avrebbe accompagnate al Blue Note, così si chiamava il locale.
Salimmo tutti e cinque sulla sua grande auto.
Ci lasciò proprio davanti all'ingresso, poi tornò a festeggiare a casa con gli altri genitori.
Noi ci avviammo e ci accorgemmo che prima di entrare c'era un baracchino dove si potevano lasciare le giacche.
- Cosa facciamo? Le lasciamo qui o c'è le portiamo dentro? - chiese Benedetta.
- Boh, l'anno scorso dentro abbiamo rischiato di perderle.
- Ma si paga per depositarle qui.
- In tutte le discoteche si paga per appendere le giacche.
- Lasciamole dai. Per tre euro a testa va bene.
Alla fine ci toccò aspettare una decina di minuti abbondanti fuori con meno dieci gradi senza giacche, perché gli addetti non trovavano appendini liberi.
Tutti infreddoliti, dopo, siamo entrati nel locale.
 
   
 
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