Avete ragione: sono tutte scuse.
Spero comunque che la storia valga l'attesa, è bella lunghetta quindi dovrebbe andare.
Voglio ringraziare di cuore la dolcissima La Fe_10, questa fiction è dedicata a lei dal profondo del mio kokoro. Purtroppo anche stavolta i tuoi striscioni dovranno tornare nel cassetto con le pive nel sacco, poverini ^^'
Gli indovinelli sono rigorosamente made in Acherar, si accettano scommesse sulla soluzione del quinto: ho preferito non inserirla nella fanfic quindi... se avete proposte e/o idee sono tutta orecchi!
Buona Lettura!
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Era natale. Non
sapeva come, ma sapeva che era natale, e sapeva che cos’era... un pochino. Un po’ come la cultura giapponese
e il conoscere
gli amici di Yugi. Non ci era nato, non aveva vissuto tutte quelle
esperienze,
ma era come se fossero innate in lui, acquisite nel momento in cui lui
e il suo
aibou avevano condiviso il corpo per la prima volta. Aveva smesso di
interrogarsi sul perché e accettava
questa consapevolezza come un dato di fatto. Ciò non era importante, ciò che contava
adesso era che era natale. E se n’era reso conto
tardi. Perché accidenti Yugi
non aveva fatto nulla che potesse ricordarglielo? Tipo fare l’albero, addobbare la casa,
cantare jingle
bells... certo, Yami avrebbe potuto rendersene conto guardandosi
intorno: per
strada era pieno di luci, gente con pacchetti e pacchettini in mano, la
scuola
era perfino chiusa per feste! Ma ancora, tutto ciò avrebbe dovuto notarlo
mentre era accanto a Yugi, visto che non
poteva separarsi dal ragazzo, e quando era accanto a Yugi... beh, non
vedeva più nient’altro.
E qui torniamo
al punto di partenza. Lo spirito arrossì e si fermò. Stava girando intorno per
la sua stanza
dell’anima con la
mano sul mento e lo sguardo pensoso da ore. Che fare? Era natale. Sì, cavolo, natale. Ripetere
quelle tre parole
per qualche altro milione di volte non lo avrebbe aiutato. Aiutato?
Forse...
forse doveva chiedere aiuto a qualcuno, qualcuno di più esperto di lui. Ma ancora
una volta: come
fare? Doveva possedere il corpo del suo mou hitori no ore per farlo e
non
poteva certo dirgli ‘Ehi aibou,
scusa se ti disturbo: non è che mi
presteresti il tuo corpo? Sai, devo andare a chiedere in giro consiglio
su cosa
regalarti per natale’ . No,
decisamente non poteva funzionare. Serviva un piano.
All’improvviso qualcuno bussò alla sua porta. Lo spirito
impietrì: Yugi.
‘Cavolocavolocavolo:
e adesso che faccio? Che faccio??’ andò nel panico, non che avesse
niente da
nascondere, e il problema era proprio quello: non aveva niente per
Yugi! Ma non
voleva farsi vedere in quello stato: e se il suo aibou avesse
sospettato
qualcosa?.
“Mou hitori no Boku? Posso
entrare?” Nonostante il panico, Yami
non poté fare a meno di sorridere
teneramente, Yugi
era sempre così gentile,
sempre a chiedere il permesso prima di entrare nella sua stanza.
Meritava il
meglio del meglio, il regalo dei regali.
Cercò di darsi un contegno e si
affrettò alla porta, la aprì con un grande sorriso.
“Ma certo, Aibou. Sai che non
c’è bisogno di
chiedere: sarai sempre il benvenuto qui” disse
sinceramente. Yugi sorrise, uno di quei sorrisi dolci e gentili capaci
di
lasciare Yami in ammirazione per ore. Bastava così poco... così poco e Yugi
riusciva sempre a farlo dimenticare di tutto, di ogni preoccupazione,
bastava
la sua sola presenza a riempire le sue giornate-
“...-ami? Yami, mi stai
ascoltando?”
Lo spirito
scosse la testa focalizzandosi di nuovo sul suo Aibou.
“S-scusa, ero sovrappensiero.
Dimmi”
“Nulla, solo che... ho
percepito una certa
ansia... va tutto bene? Hai bisogno di qualcosa?” Yami deglutì, lo sguardo di
Yugi era davvero troppo. Se aveva bisogno di qualcosa? Solo di
continuare a
fissarlo in adorazione da qui fino alla fine dei secoli. Ma evitò di dirlo. Scosse la testa.
“N-no, tranquillo, te lo
dicevo, ero solo...
sovrappensiero. Ma niente di grave, non preoccuparti” si affrettò a rispondere, sorrise.
“Ok... se lo dici tu. Ti
lascio a pensare
allora” rispose Yugi
ridacchiando e fece per allontanarsi e tornare alla sua stanza. E in
quella, un’idea fulminò la mente di Yami.
“Aspetta!”
Yugi si girò di scatto.
“Sì? Hai cambiato
idea?”
“N-no, cioè... io... avrei una
richiesta un po’ particolare: potresti...
no, ripensandoci
meglio di no” disse
scuotendo la testa e voltando le spalle al suo Mou Hitori No Ore. Yugi
gli
afferrò la mano e lo
costrinse a voltarsi. Perfetto.
“Ehi, voglio saperlo. Sai che
farei qualsiasi
cosa per te”. Ok, magari
Yugi non intendeva quel ‘qualsiasi
cosa per te’ come il ‘qualsiasi
cosa per te’
che
intendeva Yami ma... lo spirito sentì che un improvviso calore
cominciava a
propagarsi per il suo corpo e cominciò a sudare. Da
quand’era che la
temperatura della stanza era aumentata così tanto? Ma
doveva mantenere il sangue freddo perché il suo piano
funzionasse. Si concentrò di nuovo, cercò di assumere un’aria tenera e indifesa,
pietosa.
“Ecco... è natale e io non ne ho mai
vissuto uno. La città è piena di luci,
in festa... qui...”
“Qui invece no, perché in casa nostra non si
festeggia, lo so. E
vorresti girare un po’ per la città per vivere l’atmosfera del natale e farti
un’idea, giusto?” cavolo, non
per nulla era il suo Mou Hitori No Ore, aveva capito tutto al volo:
poteva
funzionare, doveva funzionare. Yami annui speranzoso, avrebbe
incrociato le
dita se ciò non avesse
insospettito Yugi. ‘Dillo,
dì
quelle parole...’
“Tutto qui? Sai che non è più il mio ma il nostro
corpo: và fuori e divertiti, io me ne
starò tranquillo nella mia stanza
a giocare a
qualcosa. Anzi, sai che facciamo? Chiedo a Jou di accompagnarti, così ti fai anche spiegare cos’è il natale e
roba simile, non credo ti sia ancora molto chiaro” disse ridacchiando. Gli
occhi di Yami luccicavano malignamente,
non poteva farne a meno: il piano per possedere il corpo del suo Mou
Hitori No
Ore era filato liscio come l’olio. Yugi era
troppo dolce per il suo bene.
“Grazie Aibou” rispose semplicemente.
Un’ora dopo la fase due poteva
avere inizio. In
realtà era la fase
uno. La priorità era il regalo
no? E la priorità è sempre detta fase
uno, quindi... ok, basta con i pensieri
incoerenti: Jono Uchi si stava avvicinando a grandi passi, bardato come
un
eschimese. Decisamente il ragazzo non amava il freddo.
Non appena gli
fu accanto, il biondo lo stritolò in un
abbraccio, Yami non ebbe neanche il tempo di salutarlo. Sperava solo di
non
morire in quella morsa: come avrebbe fatto poi a restituire il corpo a
Yugi?
“Come va amico? Era da un po’ che non uscivamo insieme,
eh Yugi?”
Yami sorrise e
alzò lo sguardo, i
suoi occhi rossi incrociarono quelli del biondo e il ragazzo si rese
conto di
non stare parlando con il suo migliore amico.
“In realtà Jono, è molto più tempo che non usciamo, io e
te. Come stai?” chiese educatamente. Jono
divenne un po’ più freddo, ma
comunque cordiale. Fece spallucce.
“Tutto ok” sorrise “Nonostante il
clima polare”. Yami ridacchiò. Poi riprese a parlare. “Vieni con me allora: ti
offro una cioccolata”.
Si sa, una
cioccolata calda il 24 dicembre non si rifiuta mai, e i due amici si
ritrovarono in poco tempo seduti al tavolo di un bar davanti a due
tazze
fumanti. In breve Yami aveva esposto il suo problema. Jono afferrò la sua tazza con sguardo
pensieroso, eppure
contento. Non sapeva neanche lui come ma era da un po’ che pensava che Yami avesse
una cotta per
il suo Aibou, e non poteva che trovare tutto ciò... tenero, per quanto
quella parola suonasse bizzarra se
riferita allo spirito del puzzle. E la richiesta di Yami non faceva che
avvallare sempre di più la sua teoria.
“Quindi vorresti un consiglio
sul regalo
perfetto per il piccoletto...” Yami annuì impaziente. Jou si grattò la testa ridacchiando.
“Beh, onestamente non saprei:
sei tu quello
che lo conosce meglio, in fondo vivete nello stesso corpo...”
“Sì ma io non ho
idea di cosa si regali a natale, dell’atmosfera
natalizia in generale, di quel tipo assurdo che chiamano Babbo Natale,
del
senso di tutte queste luci e... e se sbagliassi? E se facessi una
figuraccia?
Che devo fare Jou? Dimmi che cosa devo fare!” Jono non poté che provare
tenerezza per lo spirito, era così disperato, si
vedeva che ci teneva più di ogni altra
cosa a fare il suo Aibou contento.
“Tieni molto a Yugi, eh?” chiese piano, sorridendo.
Yami si bloccò e arrossì lievemente, annuì.
“Sì”
“E vorresti che questo regalo
fosse speciale
perché vorresti che
Yugi, guardandolo, capisca quanto tieni a lui”. Yami annuì di nuovo. Alzò lo sguardo e incontrò le iridi marroni di Jono
Uchi, i due si
fissarono per qualche secondo, sorrisero entrambi per poi tornare alla
loro
cioccolata. Jono Uchi cominciò a
giocherellare pensoso con il cucchiaino.
“Vediamo... Yugi e la sua
famiglia non
festeggiano il natale: religiosi, non sono religiosi, borghesi e
conformisti,
non sono borghesi e conformisti... e poi tutta la faccenda dell’essere buoni a natale e
comportarsi bene con
il prossimo... Yugi ha sempre pensato che sia stupido farlo in un solo
periodo
dell’anno, o si è gentili sempre o non lo si è: è da
opportunisti esserlo solo una settimana su 52.” E con queste parole, Yami
aveva assunto un’espressione disperata, fra
lo scoraggiato e
il miserabile. Jono fu costretto a fermarsi. Si schiarì la voce.
“Ma, ahem, credo che sia
comunque un bel
gesto quello che vuoi fare. Yugi lo apprezzerà davvero, tranquillo”
“Lo credi davvero Jou?” chiese speranzoso lo
spirito.
“Ma certo, solo evita di
farlo passare come ‘regalo di natale’”
“Ma allora che accidenti devo
fare??” esclamò Yami al
culmine della frustrazione.
“N-no, ripensandoci va
benone, magari
potresti essere tu quello che fa cambiare idea a Yugi sul natale, no?
Ci serve
solo un’idea super...” Yami annuì. Esattamente, doveva far
cambiare idea a Yugi, e per farlo gli
serviva un’idea con la I
maiuscola.
Restarono in
silenzio per un po’, ogni tanto
uno dei due alzava la testa come fulminato dall’ispirazione, ma appena
aperta bocca la riabbassava di nuovo, già pentito di quanto aveva
pensato prima
ancora di formularlo a parole. Finché non
esclamarono all’unisono.
“Un
Gioco!”
“Sì, ma che genere
di gioco?” fece Jono di
nuovo sconsolato.
“A questo lascia che pensi io” rispose l’altro, alla sola parola ‘gioco’ un sorrisetto si era già dipinto sulle labbra e un’idea si stava già andando a formare nella sua
testa. Svelto,
Yami si alzò dal tavolo,
lasciò un paio di
monete vicino alla tazza e si allontanò a passi
veloci. Poi si voltò, ricordandosi
del biondo che aveva abbandonato.
“Grazie mille Jou, mi sei
stato di grande
aiuto. Ora devo proprio scappare” il ragazzo
annuì perplesso.
“Ah, davvero? Beh, felice di
saperlo... Buon
Natale, e fammi sapere”. In effetti
Jono poteva a buon diritto pensare che Yami avesse fatto tutto da solo,
lui era
stato più che altro da ‘supporto morale’. Lo spirito rispose con un
occhiolino prima
di scomparire al di là della porta
del locale.
Un gioco. Come
aveva potuto non pensarci? Cosa c’era che Yugi
amasse di più al mondo?
Certo, doveva decidere il tipo di gioco, e ne esistevano così tanti... Doveva pensare al
risultato. Cos’era che voleva ottenere? Che
Yugi cadesse
tra le sue braccia... più o meno, quindi
il gioco avrebbe dovuto rivelare quello che Yami provava. Ecco, quello
poteva
essere imbarazzante, ma conquistare il cuore di Yugi era una sfida no?
Lui non
si era mai tirato indietro davanti a una sfida. E non ne aveva mai
persa una.
Ce l’avrebbe fatta
anche questa volta, doveva.
‘Pensa,
razza di spirito millenario. Ci serve qualcosa di
difficile, stimolante, ma allo stesso tempo capace di far capire che lo
ami...’ poi la
soluzione: ‘Un
indovinello!’
Proprio così. Avrebbe pensato a un
indovinello, anzi, parecchi,
che avessero come soluzione le sue parole d’affetto nei confronti del
suo Aibou.
Pensando e
pensando, Yami era già arrivato a
casa. Salì di corsa le
scale e una volta in camera di Yugi chiuse gli occhi e si diresse verso
la
propria stanza dell’anima. Avanzando
quasi di corsa nel corridoio del puzzle, il suo Mou Hitori No Ore lo
vide.
“Ehi, Mou Hitori No Boku! Sei
già tornato? Allora, com’è andata?” Yami si limitò a fare un cenno con la
mano, senza neppure voltarsi.
“Benissimo Aibou, grazie. Ora
scusa ma devo
fare una cosa” Yugi lo guardò perplesso mentre correva in
direzione della
sua stanza, per poi aprire la porta e sparire al suo interno.
“Beh... se lo dici tu...” mormorò. Poi alzò le spalle e tornò a giocare con uno dei
rompicapi che aveva
in mano, il suo altro sé stesso si
comportava in modo strano ultimamente...
Yami si affrettò a chiudere la porta a
chiave e si sedette
sul freddo pavimento della stanza, braccia conserte e sguardo pensoso.
‘Indovinello,
indovinello... Posso costruire una frase o solo una
parola, usare lettere o rime, dare come soluzione poche sillabe per
volta... E poi
come glieli do gli indovinelli? Potrei... no, questo no. Allora se
glieli
dicessi io- no, non funziona. Ci vuole qualcosa di più
professionale... Ah, trovato! Una caccia al tesoro! Non per
niente la mia stanza è
un labirinto sarà
facile- no, no: sarà
impossibile. Potrebbe vagare per questi milioni di stanze per
anni prima di trovare anche solo il primo degli
indovinelli... temo dovrò
chiedere di nuovo in prestito il suo corpo. Li nasconderò
per la sua vera casa’.
E con questa
risoluzione, si alzò in piedi e uscì dalla stanza, direzione:
stanza dell’anima di Yugi.
Il ragazzo
dagli occhi viola si stupì un po’ nel ritrovarsi davanti il
suo Mou Hitori No
Boku dopo che questi era schizzato via per il corridoio rinchiudendosi
nella
sua camera, ma era comunque contento,vedere Yami lo metteva sempre di
buon
umore.
“Sì?” chiese sorridendo.
“Ecco... ho dimenticato di
fare una cosa
prima, non è che potresti-“
“Lasciarti di nuovo il
controllo? Ma certo,
non preoccuparti” fece Yugi un
po’ perplesso, non
aveva problemi a lasciare il suo corpo in mano a Yami, lo spirito aveva
ogni
volta così paura di
danneggiarlo in qualche modo che era ben più attento di Yugi nel ‘trattarlo bene’, solo che... il ragazzo
dagli occhi rossi
si comportava in modo sempre più strano. Lo
spirito ringraziò e sparì di nuovo, chiuse gli occhi
e quando li
riaprì si ritrovò seduto sul letto di Yugi,
nella casa al di
sopra il Kame Game Shop.
‘Bene’ si disse. Si
avvicinò alla scrivania
di Yugi e cercò carta e penna,
aveva intenzione di finire il suo compito il più velocemente possibile, non
amava possedere il corpo di Yugi e
si era ripromesso di farlo solo se strettamente necessario, e questo
era
proprio il caso.
Dopo un po’, Yami aveva deciso come
organizzare gli
indovinelli: ne avrebbe formulato uno che desse subito a Yugi la parola
chiave,
quella che sentiva in fondo al suo cuore, e perché non la capisse subito si
era impegnato a renderlo il più difficile possibile. Poi,
sempre lo stesso
concetto, lo aveva spezzettato in cinque indovinelli, stavolta a
formare una piccola
frase, che avrebbe però consegnato al
ragazzo in ordine sparso, di modo che la soluzione non fosse così scontata. Questi cinque
erano più semplici. Yami posò finalmente la penna.
Davanti a lui,
scritti in elegante calligrafia, nero su bianco, stavano cinque
fogliettini di
indovinelli più o meno in
rima, tutti nascondevano la stessa parola. Li piegò accuratamente e li etichettò. Stava finendo l’ultimo quando all’improvviso una nuova paura
si impossessò di lui: che stava facendo?
Era davvero
sicuro di volersi dichiarare a Yugi? Adesso? In quell’assurdo modo? Era ancora in
tempo in fondo,
sì, non doveva
far altro che prendere quei foglietti, stropicciarli per benino e poi
dare loro
fuoco come aveva dato fuoco al tipo che aveva osato alzare le mani su
Anzu quella
volta a Burger World, molto semplicemente. Yami si diede una manata in
testa.
‘Stupido,
tutta questa storia e ti tiri indietro? Ora o mai più!’
Ma c’era una vocina dentro di lui
che gli diceva
che dopotutto quel ‘mai
più’ non era poi
così male: e se
Yugi non lo ricambiava? Il loro rapporto si sarebbe incrinato? Sarebbe
diventato strano fino al punto in cui, al culmine dell’imbarazzo, si sarebbero
allontanati l’uno dall’altro fino al punto di non
ritorno? No,no. No! Era del suo Mou
Hitori No Ore che stava parlando, qualunque cosa fosse successa,
qualunque
cretinata avesse fatto, Yugi non lo avrebbe mai abbandonato, era troppo
gentile, troppo dolce, troppo adorabile, troppo-
“Che stai facendo Altro Me?”
Yami di norma
non imprecava. Ma qui un bel ‘beep’ci stava tutto. Così preso com’era nel tessere le lodi
immaginarie di Yugi non si era accorto
che il ragazzo doveva essersi annoiato a stare tutto il giorno nella
sua stanza
dell’anima e aveva
ben pensato di andare a dare un’occhiata fuori
a cosa stesse facendo il suo Mou Hitori No Boku di così strano e misterioso. E per
poco a Yami non
prendeva un infarto.
“Yugi!” ansimò.
Il ragazzo
distolse l’attenzione dai
foglietti per fissarsi sugli occhi rubino dello spirito. Sorrise
dolcemente “Ops, scusa se ti ho
spaventato. Ero giusto
curioso... sei via da ore. Cos’è che stai
nascondendo lì?” fece indicando i fogli.
Yami divenne rosso
come il naso della renna Rudolph, poi si bloccò: tutto sommato non tutto il
male veniva per nuocere, in un modo
o nell’altro si
sarebbe deciso a dare a Yugi gli indovinelli alla fin fine, quindi il
fatto che
il piccoletto avesse scoperto tutto da solo aveva eliminato il problema
di
nasconderli in giro per la casa. Datosi un certo contegno, Yami cercò di assumere il suo sguardo
da sfida e si
alzò in piedi, dopo
aver ammucchiato i fogli e esserseli messi in mano. Si schiarì la voce e ammiccò un sorrisetto.
“Questi, mio caro Aibou” disse indicando il
contenuto del suo palmo “Sono un regalo per te. Sono
sei piccoli
enigmi, cinque formano una frase, uno solo forma una parola con lo
stesso
significato degli altri cinque. Il soggetto della frase, colui...che la
pronuncia...” si fermò un attimo, adesso non
poteva davvero più tornare indietro “... sono io” disse distogliendo un
attimo lo sguardo.
Yugi inarcò un sopracciglio “Yami ma cosa-“
“Tranquillo, è solo il mio modo di
augurarti buon natale senza in realtà dirlo perché so che non lo festeggi” ‘chissà’ pensò ‘magari
per domani avrai cambiato idea’.
“Oggi è il 24 dicembre,” continuò indicando il calendario “mezzogiorno. Hai
tempo fino a mezzanotte per darmi la risposta”.
“E poi?” fece Yugi
confuso, sebbene intrigato all’idea di una
nuova sfida. Yami sfoderò il più sorrisetto dei suoi
sorrisetti, iridi
rubino che scintillavano. Il ragazzo dagli occhi ametista arrossì.
“E poi, se la soluzione è quella giusta, ti
aspetta... un premio” fece con tono di velluto, e
dette queste
parole lasciò il posto a
Yugi e si ritirò nella sua
stanza dell’anima.
Il ragazzo
rimase a fissare le carte fra le sue mani perplesso, Yami era stato...
misterioso. Eppure nonostante la baldanza aveva percepito l’agitazione nel suo modo di
fare, l’ansia, la paura... cosa c’era sotto? Beh, l’unico modo per scoprirlo era
dare un’occhiata agli indovinelli
no? Il ragazzo si sedette
alla scrivania e cominciò a sfogliare i
foglietti. Erano piegati e sulla superficie di ognuno c’era una sorta di ‘etichetta’:
Parte
della frase
Parte
della frase
Soluzione
Parte
della frase
Parte
della frase
Parte
della frase
Yugi decise di
dare anzitutto un’occhiata al
foglietto ‘soluzione’, se fosse riuscito a
indovinarla non avrebbe neanche avuto
bisogno di leggere gli altri e finalmente avrebbe capito cosa frullava
per la
testa del suo yami. Impaziente aprì la carta,
conteneva una poesiola in rima baciata di due versi, un classico, non
poté che pensare.
“Eleggo
coloro ai quali mi do, eppur giammai sceglierli posso.
Cieco
son ma vedo davvero. Chiamami pure un paradosso.”
Ok...
decisamente enigmatico. Yugi decise che prima di pensare alla soluzione
preferiva dare un’occhiata agli
altri foglietti, magari erano d’aiuto.
Contenevano tutti la solita filastrocca in quattro versi, due in rima e
due no,
uno invece era semplicemente un distico e Yugi non aveva dubbi che
proprio per
quello dovesse essere più complicato.
“Sento
e sperimento,
ma
son più
profondo.”
Che poteva
essere... quel profondo... negli
indovinelli le parole vanno prese con le molle, possono assumere mille
significati, da quello letterale a quello legato all’etimologia o quello
figurato... profondo... poteva voler dire ‘in
basso’ ma anche ‘intimo,
ricco di significato’...
Gli altri
quattro recitavano così:
“Solenne
e imperioso si addicono a me,
è
grazie a me che puoi negare.
S’io
non ci fossi non potresti avere,
Eppure
son buffa e circolare.”
“Mi
dicono esser facile,
i
bambini mi amano assai.
Sempre
son sulla loro bocca,
ché
tre volte accompagno colei che più
amano.”
“Vivo
qui in mezzo al mare,
non
volo eppure ho ali.
Senza
me non puoi sognare
Ed
è
grazie a me che sali.”
“Per
il mondo c’è
chi m’evita,
preferiscon
mia sorella.
Eppure
di difficile è
lei la padrona
e
sono al termine di ciò
che cerchi.”
Yugi cercò di concentrarsi, le
filastrocche dovevano portare tutte allo
stesso risultato, le cinque formavano una frase dello stesso
significato della
parola del sesto. Doveva esserci una chiave di risoluzione da qualche
parte,
qualcosa che legasse fra loro gli indovinelli e permettesse di
risolverli, un punto
in comune, di contatto.
Li rilesse. Cos’era che avevano in comune?
Vediamo... erano
tutti in prima persona. Certo, questo era vero. La prima persona
avrebbe dovuto
rendere più facile il
trovare la soluzione. Il ragazzo dagli occhi viola mise i foglietti in
ordine
dal più facile al più difficile, in base al
numero di indizi che
i quattro versi davano e isolò la riga che
secondo lui era la chiave per risolvere l’enigma.
“Eppure
son buffa e circolare”
“Tre
volte accompagno colei che più
amano”
“Vivo
qui in mezzo al mare”
“Cieco
son ma vedo davvero”
“Sono
al termine di ciò
che cerchi”
Eppure
son buffa e circolare... quel verso doveva essere
la chiave di tutto, era
scritta lì, la soluzione era lì, nero su bianco:
una descrizione... e anche
quel tre volte accompagno colei che
più
amano, doveva essere facile, chi è colei che amano
i bambini? Perché non
riusciva a concentrarsi?
Mentre
Yugi si spremeva le meningi con le sei filastrocche, Yami era nel
puzzle in
preda a una crisi di nervi, cominciava a divenire davvero agitato e
c’era una
parte di lui che sperava fosse già mezzogiorno di domani,
così che Yugi non
riuscisse a risolvere gli indovinelli in tempo, ma un’altra
sperava con tutto
il cuore che ci riuscisse perché non ne poteva
più di nascondere al suo Aibou i
suoi sentimenti, odiava anche solo il pensiero di tenere qualcosa
nascosto a
Yugi, e anche perché sperava con tutto il cuore di venir
ricambiata.
Visto
che senza Yugi non c’era un gran che da fare nel puzzle se
non vagare per i
corridoi chilometrici giocando al ‘non aprite quella
porta’, Yami sospirò e si
decise finalmente a fermarsi, si sedette sul pavimento scarno della
stanza, si
sdraiò a pancia in su, chiuse gli occhi e si mise ad
aspettare in paziente
ansia, sbirciando di tanto in tanto nei pensieri di Yugi. Sarebbero
state le
dodici ore più lunghe e penose della sua millenaria
esistenza.
Il
sole stava tramontando all’orizzonte e Yugi non aveva ancora
cavato un ragno
dal buco. Il problema non era tanto la difficoltà degli
indovinelli in sé,
quanto la sua mancanza di concentrazione. Continuava a cercare di
intuire quale
potesse essere il messaggio che il suo Mou Hitori No Boku voleva
comunicargli,
più che domandarsi quale fosse la soluzione. Se il messaggio
fosse bello o
brutto, il motivo di quell’assurdo gioco e ovviamente il
senso: cosa voleva
ottenere? Ecco, questo era il vero enigma e Yugi aveva passato le
ultime ore a
chiedersi queste cose anziché provare a focalizzarsi sulle
filastrocche.
Sospirò poggiando il mento sulla mano sinistra, doveva
concentrarsi o non
l’avrebbe mai scoperto.
“Accompagno
tre volte colei che più amano”
Chi
amano i bambini? Cos’amano? Giochi, caramelle, amici,
pallone, i nonni, la
mamma...
La
mamma? Si bloccò. Forse... forse poteva funzionare.
“Mam-ma” sillabò pensoso.
Un’idea si stava andando a formare nella sua testolina dai
buffi capelli,
rilesse gli altri quattro indovinelli a quattro versi. Era
così, doveva essere
così.
Lettere.
Le
filastrocche non nascondevano una parola ma singole lettere, era il
più antico ed
elementare dei giochi e Yugi non ci aveva neanche pensato, eppure era
così
logico...
“Sono
buffa e circolare”. La lettera
‘o’.
“Vivo
in mezzo al m’a’re”. La lettera
‘a’.
“Accompagno
tre volte colei che più amano”. La lettera
‘m’.
Yugi
fremeva d’impazienza, l’adrenalina per
l’aver risolto il gioco correva per il
suo corpo, un sorriso si dipinse sulle sue labbra. E poi “Sono
al termine di ciò che cerchi”. Quindi
per scoprire
quest’altra lettera, l’ultima, bastava indovinare
la parola formata dalle altre
tre e aggiungerla alla fine. Aveva tre lettere, formavano:
oam
moa
mao
oma
amo
Solo
le ultime due avevano senso con un’altra lettera aggiunta
alla fine, ma solo
l’ultima aveva senso anche da sola.
‘Amo’.
E
Yugi realizzò.
Si
impietrì. Era stato uno sciocco.
La
lettera mancante era la ‘r’.
Quella
lettera così difficile da pronunciare per gli orientali e
sostituita con ‘l’,
la padrona di ‘difficile’.
‘Amor’.
“Eleggo
coloro ai quali mi do, eppur giammai sceglierli posso.
Cieco
son ma vedo davvero. Chiamami pure un paradosso.”
Era
l’amore. È l’amore che non sceglie a chi
darsi ma elegge una persona a ‘persona
amata’, che è cieco perché va oltre le
apparenze e vede davvero, che è il più
misterioso eppure semplice dei paradossi.
E lui
era stato uno stupido a non capire. Fino all’ultimo.
Nonostante tutti gli
sguardi del suo Mou Hitori No Boku, le sue attenzioni, le sue parole...
Beh,
più che regalo di natale sembrava più adatto per
san Valentino, ma Yugi non
poteva proprio lamentarsi adesso. Era troppo occupato a far smettere le
sue
mani di tremare.
Yami.
Yami
amava.
Yami
lo amava.
E
adesso?
Lui
lo amava a sua volta? Amava Yami?
Le
sue mani tremanti non lo aiutavano di certo a far chiarezza sui suoi
sentimenti. Si alzò dalla sedia più agitato che
mai e si diresse in bagno. Aprì
il rubinetto e fece scorrere l’acqua dopo aver girato la
manopola del freddo
finché non divenne gelida. Affondò le mani nel
liquido cristallino e se le
portò alla faccia. L’improvviso contatto con
l’acqua gelata lo tranquillizzò.
Dopo qualche minuto a bagnarsi il viso in questo modo, Yugi si sentiva
finalmente più lucido e tranquillo. E congelato. ‘Sì, anche quello’ si
disse alzando gli occhi al cielo ‘Ma
adesso concentrati’ continuò. ‘Tu cosa provi per Mou Hitori no Boku?
Affetto? Cavolo. Ci mancherebbe. È l’altro me
stesso, siamo praticamente la
stessa cosa, condividiamo tutto da più di un anno, non
abbiamo segreti, non
litighiamo mai, lui farebbe qualunque cosa per me e io -’
Si
bloccò. ‘-Io farei la
stessa cosa’. Non
lo aveva letto da qualche parte? Gli innamorati farebbero qualunque
cosa l’uno
per l’altro. Provò a calare qualcun altro nel
ruolo di Yami. Lui, Yugi, avrebbe
fatto qualunque cosa per sua madre? Suo nonno? Jono Uchi? N-non ne era
sicuro... proprio qualunque-qualunque forse no... e per Yami...
sì? Non ebbe
neanche il bisogno di pensarci, la risposta era una sola e veniva fuori
con una
spontaneità quasi inquietante: sì, sì.
Sì. Com’era il suo voler bene a Yami? Quello
di un amico, di un fratello, di un innamorato? Amico e fratello
sembravano
troppo poco se ripensava a tutto quello che avevano passato insieme, al
loro
legame. Era profondo, profondo come nessun altro avrebbe mai potuto
essere.
Erano sulla stessa lunghezza d’onda, si capivano. Si
completavano. E gli amanti
si completano a vicenda, giusto?
Yugi
non sapeva come reagire. In effetti nulla era più simile al
rapporto fra lui e
l’altro sé stesso della parola
‘amore’. Com’è che non ci
aveva mai pensato? In
effetti... in effetti ci aveva pensato, da subito, fin dai primissimi
tempi, ma
gli era sembrato così strano, sbagliato quasi, che aveva
accantonato questi
pensieri, se ne era vergognato, aveva avuto paura di rovinare il
rapporto con
l’altro sé stesso. Eppure avrebbe dovuto saperlo.
Yami era l’altra metà di sé,
ciò che provava uno provava anche l’altro: rabbia,
gioia, tristezza... amore.
Amore.
Era
agitato. Era felice. E anche emozionato. E non solo perché
aveva trovato la
soluzione. Sentì come un peso togliersi dal suo cuore, un
peso gravoso ma
dimenticato da tanto tempo. L’ultimo velo che nascondeva
sé stesso da Yami, che
gli impediva di condividere tutto con l’altro.
L’ultimo segreto. Un segreto
inconscio a quanto pare, per entrambi. E lo spirito aveva avuto il
coraggio di
rivelarlo per primo.
Yugi
sorrise. Adesso era un po’ ansioso, ricordava bene il tono di
voce con cui il
suo Mou Hitori No Boku lo aveva lasciato a risolvere gli indovinelli.
Dire
suadente era dire poco. E aveva promesso un premio. Beh, di certo il
ragazzo
dagli occhi viola si meritava e come un bel premio, e cominciava a
intuire
quale fosse. Yami era così prevedibile a volte...
Però... lasciare campo libero
così al suo alter ego non era divertente. Insomma, Yami
aveva organizzato il
gioco, si era dichiarato... e adesso doveva fare lui anche il regalo? Quel regalo? Eh,no. Proprio no. Il
ragazzo ridacchiò. Chiuse gli occhi e li riaprì
quando si ritrovò nella sua
stanza dell’anima, circondato da giocattoli. Si diresse verso
la porta con
passo felino e abbassò la maniglia. Uscì e
richiuse la porta alle sue spalle.
Era nel buio corridoio che collegava le loro stanze
dell’anima, a pochi passi
da lui c’era la porta per quella dello spirito del puzzle.
Yugi ridacchiò e si
avvicinò piano all’ingresso, stando ben attento a
non farsi sentire dall’ altro
se stesso: se si fosse accorto della sua presenza sarebbe andato tutto
a
rotoli. Si sentiva un po’ la Pantera Rosa, doveva ammetterlo,
ma tutto ciò era
troppo divertente.
Finalmente
colmò la breve distanza fra i due usci e si
ritrovò faccia a faccia con la
scura porta dall’aspetto antico ed egiziano, invece di
bussare accostò
l’orecchio al legno e quando non percepì alcun
suono provenire da dietro la
porta, con delicatezza e circospezione abbassò la maniglia e
sbirciò
all’interno della buia stanza, girando la testa verso la sua
sinistra.
Questo
non era previsto.
A
cinque millimetri da lui c’era il suo Mou Hitori No Boku,
braccia incrociate
sul petto, schiena appoggiata con nonchalance al muro e sorrisetto
intrigato
sulle labbra. La flebile luce proveniente dalla camera di Yugi che
attraversava
lo spiraglio, donava alle iridi rubino uno splendore che il ragazzo
dagli occhi
viola non aveva mai visto. Yugi deglutì. Provò a
balbettare qualcosa come
‘passavo di qui per caso’ ma dalla sua gola vennero
fuori solo suoni più o meno
indefinibili, brutta cosa il nervosismo.
Yami
ridacchiò, si allontanò da muro e si
andò a piazzare davanti al suo Aibou,
stavolta a tre millimetri dal suo viso.
“Qualcosa
non va Aibou?”
Yugi
farfugliò un’altra sillaba senza senso.
“Qualcosa
mi dice che non sei qui per chiedermi un aiuto con il gioco. E mi dice
anche
che hai scoperto sia la soluzione...” sussurrò
sempre più maliziosamente “...
sia il premio”.
Questo.
Non. Era. Decisamente. Previsto.
Perchè
quando si trattava di Yami le cose non potevano mai andare per il verso
giusto?
Perché era sempre un passo avanti a lui? era così
semplice. Yugi non doveva
fare altro che introdursi nella stanza del suo alter ego, sorprenderlo
alle
spalle, fare il malizioso e prendersi il suo premio. Tutto qua. Non era
Mou
Hitori No Boku quello nervoso? Com’è che i ruoli
si erano invertiti tutt’a un
tratto e il coltello dalla parte del manico ce l’aveva lo
spirito adesso? Yugi
sapeva già che non sarebbe riuscito a scoprirlo, era come se
l’altro se stesso
potesse leggergli nella mente- ... era proprio così vero?
Come aveva potuto
dimenticarsi di una cosa simile?
Lo
spirito sorrise di più, evidentemente si era reso conto che
Yugi aveva capito
che il suo piano era andato in frantumi e la cosa lo divertiva
parecchio. In
fondo quel gioco l’aveva organizzato lui in prima persona,
era giusto che lo
portasse alla fine come aveva pianificato dall’inizio.
“Hai
qualcosa da aggiungere? “ chiese con voce di seta.
Yugi
scosse piano la testa. Aveva vinto o aveva perso? Non avrebbe saputo
dirlo
perché ora come ora si sentiva alla completa
mercé dello spirito, e si era
appena reso conto di esserlo stato sin dall’inizio. Ma come
poteva lamentarsi
quando era alla mercé di un altro se stesso con quegli occhi
profondi e
scintillanti come rubini iniettati di sangue?
Chiuse
la porta alle sue spalle e colmò due dei tre millimetri che
li separavano.
“Zitto
e dammi il mio premio” sussurrò prima che le loro
labbra si fondessero l’una
contro l’altra.
Owari?