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Autore: Anle    25/05/2008    5 recensioni
[...]<< Ho detto che siete strani, voi due >> ripeté stancamente, Kankuro.
Lei scrollò le spalle. << È solo una tua impressione >> fece lapidaria, chiudendo la discussione.[...]
~[Sandcest; Gaara/Temari]
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sabaku no Gaara , Temari
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Red eye, pale shot
[ G a a r a => T e m a r i ]




~La verità non è per tutti, ma solo per coloro che sanno leggerla.






Temari affondò le dita nelle lenzuola, stringendo la stoffa con sconforto: le notti a Suna erano calde, terribilmente calde. E ventose anche, ma per fortuna gli infissi riparavano dalle correnti d’aria pungenti.
Sarebbe stato bello, se - per una volta - fosse stata una notte senza stelle, rifletté Temari, asciugandosi la fronte madida.
Magari, proprio in questo momento, qualche nuvola si stava accalcando per rubare la luce della luna, e finalmente sarebbe piovuto. A quel pensiero [sciocco], un angolo della sua bocca si piegò, amaro: impossibile, risuonò nella sua testa.
<< Ancora un altro po’ >> sussurrò ad occhi chiusi, mentre le gambe strusciavano fra di loro, e la sabbia scivolava lungo la pelle. Le imposte - come in risposta - sbatterono violentemente, cigolando fastidiose.
Temari – a quel punto - si alzò dal letto, rassegnata.



Quando entrò, la cucina era deserta: solo il gocciolio del rubinetto, in sottofondo.
Sollevata [delusa], si diresse ad uno sportello in basso, vicino ai fornelli, e aprendolo – dietro una confezione di caffè – tirò fuori una bottiglia dal liquido ambrato: whisky, della più bassa qualità.
Senza stare molto a pensarci, svitò il tappo e portandoselo alla bocca ne ingollò un paio di sorsi. E come ogni volta, tossì.
Non era ancora granché abituata, ma ultimamente trovava piacevole il sapore dolciastro sulla lingua, e il leccarsi le labbra, con fare esperto, di chi sa cosa vuol dire la solitudine.
La bottiglia era ormai mezza vuota, e lei [inevitabilmente] un po’ brilla, quando sentì dei rumori in salone: rabbrividendo, sorrise, ubriaca d’incoscienza.
Hic!, uscì fuori dalla propria bocca, involontariamente. E quell’assurdo singhiozzo continuava a fare [troppo] rumore: hic!, seguitava.
Cercò inutilmente di coprire il suono con la mano, ma questo sgattaiolava, disubbidiente. << Zitto! Sta’, hic!, zitto >>.
Inaspettatamente, la figura del fratello fece capolino, [mostruosa] silenziosa. E il singhiozzo d’un tratto svanì, ingoiato da un respiro troppo veloce.
<< Gaara >> sorrise, gli occhi lucidi, << mi hai messa paura! >>. Che fosse esageratamente brilla, non se ne accorse solo il Kazekage.
Gli occhi di lui si posarono sospettosi sulla bottiglia che la sorella teneva in mano, e del liquido che ne restava. << Quanto hai bevuto? >> chiese, severo in volto.
Nonostante tutto, Temari a quella domanda non poté evitare di ridere. Sì, rideva a crepapelle. E solo quando riuscì finalmente a prendere fiato, articolò qualcosa.
<< Bevo per dimenticare, o almeno così si dice >> rispose, elusiva. << Però, - continuò - non si dice mai quanto bisogni bere, prima che funzioni >> e lo sguardo, inizialmente vivace, si rabbuiò.
Gaara non comprese a pieno le parole della sorella, pensando solo che la malinconia fosse opera della sbornia, e non certamente sua.
<< Vuoi? >> gli offrì Temari, indicando l’alcol fra le mani.
<< Io non bevo >> replicò Gaara, freddo, incapace comunque di prendere in mano la situazione.
Quando, però, la kunoichi si accorse - inghiottendone un altro sorso - che il liquore era finito, posò con malagrazia la bottiglia sul tavolo. << Ahn, peccato, non ce n’è più >> si lamentò, battendo i pugni contro il legno massiccio.
<< Smettila, Temari >> cercò di fermarla, sentendosi lo stesso drammaticamente inutile.
Lei, d’altro canto, continuava a colpire il ripiano, e non tardò a sbucciarsi le mani: eh, il sangue non avrebbe tardato a fuoriuscire…
Sentendosi d’un tratto afferrare con forza, Temari alzò lo sguardo verso quello del fratello, confusa. << Finiscila, adesso >> ripeté Gaara, stringendo la presa.
<< Lasciami, mi fai male >> piagnucolò lei, cercando di liberarsi, ma le dita continuavano a premere indelicate contro la pelle, provocandole segni rossi.
Trovandosi a scrutarlo, Temari notò che il volto del fratello era ancora quello di sempre, rispetto a tre anni prima: eppure, non capiva perché qualcosa fosse cambiato, perché ora doveva rifugiarsi nell’alcol, per cercare di frenarsi.
<< Hai ancora gli occhi da assassino >> esclamò d’un tratto - con ingenuità -, la voce stridula e acuta. E Temari sentì la stretta attorno al proprio polso allentarsi.
<< Perché mi dici questo? >> fece lui, con una sfumatura di risentimento nella voce.
Lei alzò le spalle in risposta, accompagnando il gesto con una smorfia di scherno. Di nuovo, si ritrovò a ridere, istericamente.
<< Non dovresti bere >> la rimproverò, cercando di cambiare argomento, << sei un ninja >>.
<< E chissene frega >> borbottò in risposta, dimentica – per una volta – dei propri doveri.
Gaara capì che l’unica cosa da fare era di portarla in camera e farla riposare. Così facendo, non avrebbe ottenuto nulla.
La sorella, però, non sembrava della stessa opinione ed anzi, approfittando del suo momento di debolezza, liberò le mani, e gli si strinse al petto. << È tutta colpa tua >> incominciò a piangere, afferrando poi la tunica del fratello, ostinatamente.
<< Lasciami >> toccò stavolta a lui dire, nonostante provò uno strano nodo alla gola, che gli impedì di reagire. Inoltre, il calore del suo corpo era così piacevole da inebriargli i sensi.
<< Tutta colpa tua, ragazzino! >> inveì, improvvisamente aggressiva; la stoffa ancora nelle sue mani.
Le lacrime erano ormai incontenibili, e il vestito di Gaara si bagnò irrimediabilmente.
Non era decisamente nella sua indole lasciarla fare a quel modo, ma in fin dei conti era ubriaca, e il giorno dopo non avrebbe ricordato nulla, perciò sarebbe stato inutile scostarla da sé. Senza tralasciare il fatto che, in fondo, non gli dispiaceva il profumo di alcol dalla sua bocca.
Quando Temari alzò nuovamente lo sguardo, incrociò quello del fratello, quasi più confuso di lei. << Rimani qui, non te ne andare >> sussurrò, prendendolo alla sprovvista. Poi, senza aspettare oltre, e facendosi leva sulla presa dell’abito, raggiunse le labbra lui: il seno contro il suo petto, e le gambe tremanti.
Gaara assaporò, del tutto impreparato, il gusto dolciastro del whisky, assieme alla sabbia che s’insinuò fra i due, invadente: di nuovo, un calore estraneo lo pervase. Poi, la saliva si mischiò del tutto con la sua, e inspiegabilmente anche lui si sentì ubriaco.
A sciogliere il contatto, all’improvviso, fu Temari stessa, che - preda dei postumi della sbornia - per poco non cadde.
Gaara riuscì ad afferrarla poco prima che toccasse il pavimento, ormai addormentata. E rendendosi conto, dalle gote rosse di lei, di non essere l’unico accaldato, la prese in braccio per portarla in camera, riflettendo che [forse] tutto questo fosse sbagliato.



<< Cosa hai detto? >> si riscosse dai propri pensieri Temari, non capendo le parole del fratello.
<< Ho detto che siete strani, voi due >> ripeté stancamente, Kankuro.
Lei scrollò le spalle. << È solo una tua impressione >> fece lapidaria, chiudendo la discussione. << Sarà >> fece scettico, poco convinto della spiegazione della sorella.
Appena che Gaara entrò in cucina, il silenzio scese gelido. Lui sembrò quasi non accorgersene, prendendo come al solito la sua tazza di caffè, e facendo anche il bis.
<< Gaara >> proruppe d’un tratto il Marionettista, << che ci facevi in camera di Temari, stamattina presto? >>. Temari per poco non si strozzò con il liquido nero.
<< Controllavo che dormisse >> disse con naturalezza, rimanendo impassibile. << Stanotte l’ho sentita lamentarsi nel sonno >> spiegò.
Kankuro sembrò soddisfatto della risposta, perché non chiese più nulla, e la discussione si chiuse lì.
Temari, d’altro canto, non ricordava nulla di quello che era avvenuto la sera prima, e anche se una qualche idea ce l’avesse, cercò comunque di sorvolare, altrimenti sarebbe stato troppo imbarazzante; a meno che non fosse stato un sogno, e questo era ancora peggio, a pensarci bene. Arrossì, coprendosi il volto con la tazza.
A Gaara, invece, nonostante il gusto forte del caffè, fu difficile dimenticare quello dolce e caldo, di poche ore prime.



Fine.












Note dell’autrice:

Una Temari/Gaara del tutto fuori programma per la mia Dan, alias LadyGaara: grazie mille per la tua compagnia e fiducia – e per la miriade di canzoni che mi passi, of course! XD. Già ti adoro, anche se ti conosco da poco. Thanks, honey! (L)
Allora, lascio giusto una spiegazione sul perché di questo titolo: risposta, non ne ho idea, ma mi ispirava. XD No, scherzo. ùù Allora, ‘red eye’ - sarebbe in realtà ‘red eyes’ – indica sia gli occhi rossi per il pianto che gli occhi da demone di Gaara.
‘Pale shot’, invece vuol dire ‘liquore pallido’: pale, mi sapeva molto di qualcosa di malinconico, e shot, be’, quale mezzo migliore per affogare le proprie pene?
La frase iniziale è il tema in sé della shot, spero si sia afferrato. *smile*
Be’, spero vi sia piaciuta, anche se non è niente di eccezionale. >_>

Detto questo, vi saluto, sperando di pubblicare per una volta qualcosa in programma. Amen. <3
Anle
  
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