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Autore: gabryweasley    03/01/2014    6 recensioni
"Peeta si era stupito, allora, della facilità con cui le sue gambe lo avevano portato fuori dalla stanza di Katniss, come se fosse un’abitudine – lo era? – come se fosse la cosa più ovvia da fare."
[ Everlack - Peeta centric ]
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Vestiti rossi e piccole trecce

 

Perché volerlo fare ad ogni costo?

Perché nei posti in cui si ritrovava a camminare, nelle stanze che visitava, lei non c’era.

Katniss era al Centro di addestramento, ed era sola. Katniss aveva già cercato di uccidersi e Peeta aveva paura che tentasse di farlo ancora.

Peeta pensava che quella paura così profonda fosse amore, ma non poteva esserne sicuro.

Così lo aveva fatto. Andare da Katniss. Per controllare che stesse bene e per se stesso, per essere sicuro.

Si era presentato al centro di addestramento e aveva firmato all’entrata come Visitatore di Katniss Everdeen.

Aveva preso l’ascensore ed era salito fino al dodicesimo piano. Lo aveva fatto così tante volte… eppure la sensazione che provava in quel momento era diversa. Non era lì per morire, era lì per l’amore, forse. Se lo ripeteva durante quella salita che stranamente pareva infinita, mentre cercava di resistere a innumerevoli flash che apparivano nella sua mente.

Katniss non lo avrebbe ucciso, non era possibile. Aveva tentato di morire lei stessa. Lui c’era, lo aveva visto.

Lui, per qualche motivo, lo aveva impedito.

L’appartamento riservato al distretto 12 era uguale a come lo ricordava. Troppo lucido, troppo pulito, troppo freddo.

        - Katniss? - Nessuna risposta.

Peeta si era stupito, allora, della facilità con cui le sue gambe lo avevano portato fuori dalla stanza di Katniss, come se fosse un’abitudine – lo era? – come se fosse la cosa più ovvia da fare.

Fermo davanti alla porta, aveva fatto numerosi respiri profondi, e poi lo aveva sentito: un pianto? Un lamento?

Si era già portato un passo più avanti, e la sua mano era proprio sulla maniglia, quando aveva capito: un canto.

La voce pulita e cristallina di qualche ricordo sfocato, la voce di Katniss.

Aveva abbassato lentamente la mano lungo il fianco e si era appoggiato al muro, prima di scivolare a terra e sedersi come se lo avessero appena spento, come un fantoccio di pezza.

Aveva deciso in un attimo che sarebbe rimasto lì per tutta la durata di quel canto. Avrebbero potuto cominciare a cercarlo, capire dove fosse andato, trovarlo. Non gli importava di dare spiegazioni, né di eventuali rimproveri del dottor Aurelius.

Katniss stessa sarebbe potuta uscire all’improvviso da quella stanza, e lui avrebbe corso il rischio di impazzire lì per terra.

Erano apparsi nella sua mente in un attimo: un vestito rosso scozzese e due piccole trecce.

E Peeta lo sapeva che fino a quel momento nella sua testa non vi era rimasta traccia di quel ricordo, perché era come vederlo per la prima volta. Peeta aveva di nuovo cinque anni.

Lì seduto, aveva chiuso gli occhi e aveva visto quella bambina saltellare fra i banchi fino ad arrivare alla cattedra e cominciare a cantare. Si era ritrovato a rivivere, per pochi minuti, un tempo fatto di piccoli desideri e sguardi innocenti, un tempo senza illusioni e baci, un tempo lontano.

Adesso Katniss cantava perché voleva un tempo come quello, senza preoccupazioni e pesi che gravavano sulle sue esili spalle. Voleva momenti spensierati che, di certo, non ricordava di aver avuto e che forse non avrebbe mai più conosciuto.

Cantava per tenere a bada il dolore. E lui, per lo stesso motivo, la ascoltava.

Si lasciava cullare dalla voce di lei, stringendosi al ricordo di quel vestitino rosso ma contraendo il volto in una smorfia di sofferenza così diversa da quella di quel bimbo nella sua testa.

Entrambe le mani a terra per mantenere in contatto con la realtà, ma anche per aggrapparsi a quel momento nella paura che qualcuno potesse metterci fine.

Si era alzato da lì solo diversi minuti dopo, non avendo saputo rinunciare alla canzone successiva e a quella dopo ancora, senza bussare mai. Era rimasto seduto, fuori da quella porta, tutto il tempo che gli era servito per capire.

Katniss era viva, combatteva il dolore con il canto.

E lui era sicuro adesso: aveva paura per lei perché la amava. Come quel bimbo di 5 anni.

 

 

***********

 

 

Ma sciao!

Buon anno a tuttii!! Come sono andate le feste? *gabry offre lenticchia e cotechino a tutti che un po’ di fortuna ci vuole sempre*

L’idea base di questa fic mi ronzava nella testolina già da un po’. Ho sempre pensato che Peeta avesse cercato Katniss durante tutto il periodo a Capitol City. Insomma è Peeta, le ha impedito di uccidersi… mi sembrava ovvio che la cercasse!

Trovo verosimile il fatto che Peeta non ricordi il momento della sua infanzia in cui si innamora di Katniss, perché ne parla nella prima arena e quindi Capitol City, essendo al corrente della cosa, avrà provveduto ad eliminare il ricordo.

In ogni caso, scriverla non mi è dispiaciuto! ^^ Se comunque è il caso di tirar fuori pomodori e uova marce ditemelo senza problemi!

Un abbraccio,

Gabry

   
 
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