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Autore: Shannara_810    25/05/2008    3 recensioni
SWEEP: quando la magia diventa realtà. Piccola storia senza pretese, tratta dai meravigliosi romanzi di Cate Tiernan, che cerca di diffondere nel cuore delle persone la magia di questi libri. Chi, fra coloro che conoscono questa storia, non si è mai chiesto almeno una volta cosa sarebbe potuto accadere se Cal e Hunter fossero cresciuti insieme? Beh, questo racconto vuole proprio tentare di darvi una risposta.
Genere: Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Samhain, 1992
Non sono più riuscito a dormire la scorsa notte.
E come avrei potuto?
Ho un altro fratello... un altro fratello.
Un fratello che non avevo mai visto prima e di cui ignoravo l'esistenza.
Mi sembra un incubo. Un incubo da cui non riesco a svegliarmi.
Zia Shelagh ha detto che il suo nome è Calhoun. Un nome gaelico, come il mio. Un nome che vuol dire "guerriero".
Non so più cosa pensare.
Fuori continua a piovere senza sosta. Il cielo è d’un grigio intenso… plumbeo.
La volta celeste sembra essere stata privata da una mano ignota di tutto il suo colore.
È quasi surreale. Un grigio spento che rispecchia in pieno ciò che sento nel mio cuore. È tutto così strano, assurdo.
Se penso al giorno appena trascorso, mi sembra di non star vivendo la mia vita ma quella di un’altra persona. Tutto ha perso ogni familiarità.
Subito dopo la rivelazione di zio Beck, sono stato rimandato a letto senza troppi convenevoli nonostante le mie proteste. Volevo una spiegazione, subito, ma zia Shelagh ha preferito rimandare a quando saremmo stati tutti meno scossi. Un’ora così tarda non era di certo il momento giusto per quel genere di conversazione… e poi lei doveva pensare a Calhoun.
Athar mi ha seguito, lanciando un ultimo sguardo carico di sospetto a quel bimbo così schivo. Ha iniziato a pormi domande assurde a raffica. Come potevo risponderle se nemmeno io capivo cosa stesse accadendo?
Ho trascorso il resto della notte a fissare il vecchio orologio a pendolo. Il tempo è volato in un battito di ciglia. Continuavo a fissare quel maledetto orologio con la penna stretta nel pugno. Persino scrivere i miei pensieri era impossibile.
Senza che me ne accorgessi è giunta l’alba. L’avevo attesa con ansia. Avevo così tanto da chiedere. Presto, Linden ed Alwyn sarebbero scesi per la colazione. Saremmo stati tutti insieme.
Questo mi rincuorava un pochino.
Quel bambino era davvero mio fratello?
Come avevano fatto i miei a tenercelo nascosto?
Ma il pensiero che più mi faceva male era che non riuscivo a prevedere la reazione dei miei due fratelli minori. Non avrei permesso a nessuno di farli soffrire. Avevano già sofferto abbastanza.
Zio Beck e zia Shelagh, però, non erano ancora tornati nonostante il sole fosse finalmente sorto.
Subito dopo l'arrivo di Calhoun, o Cal come il Cacciatore aveva continuato a chiamarlo, gli zii erano usciti insieme a quello strano personaggio, incuranti la tempesta.
Devo ammetterlo: mi sono sentito quasi sollevato. Quell’uomo non mi piaceva.
Gli zii mi avevano detto di dover parlare ai capi della Congrega. Un incontro speciale per tentare di salvare la festa di oggi, ma era una scusa troppo assurda perché ci potessi credere.
Il viso dello zio era tirato, strano, contorto in un’espressione che non gli avevo mai visto. Un misto di tristezza e dolore e qualcosa che non sono riuscito a capire. Forse, repulsione? Rancore?
Una sola cosa mi era chiara. Tutto quel trambusto era per lui... per Cal.
Per mio fratello.
Non appena il pesante orologio antico ha scandito le sei, sono sgattaiolato fuori dalla mia stanza verso la piccola biblioteca adiacente alla cucina che lo zio usava come studio per i suoi incontri con gli altri membri della Congrega.
Cal era lì, proprio dove la zia lo aveva lasciato. Rannicchiato vicino al fuoco, avvolto in una pesante coperta ricamata. Potevo vedere le lunghe maniche della camicia dello zio essere state risvoltate più volte per non impedire a delle piccole mani ghiacciate di tenere una fumante tazza di tisana.
Non so per quanto tempo sono rimasto a fissarlo sull’uscio.
Cal mi ha scrutato di rimando, inclinando leggermente la testa.
Mi stava invitando ad avvicinarmi.
Sono entrato in punta di piedi, circospetto.
Cal non ha detto nulla. Si è limitato a bere un piccolo sorso della sua tisana per poi tornare a rannicchiarsi nella coperta.
Fissava il liquido in quella tazza con una concentrazione quasi inumana.
Mi sono seduto sul vecchio poggiapiedi dello zio, proprio di fronte a lui.
Siamo rimasti così.
Eravamo due bambole immobili, in attesa delle mani del burattinaio per proseguire la loro recita.
Di colpo, ho sentito un brivido scendermi lungo la schiena, i corti capelli sul collo drizzarsi di colpo. Il suo sguardo, così intenso e inquietante, era ora fisso su di me.
Mi sono sempre definito un tipo coraggioso, soprattutto dalla scomparsa dei miei genitori, ma questo nostro silenzio mi metteva i brividi. Era… era innaturale! I bambini non sono fatti per restare in silenzio.
Da quando era arrivato, Cal non aveva proferito una sola sillaba. Era rimasto barricato dietro quel suo mutismo più totale, dandomi l’impressione di volere studiarmi. Quasi… quasi come se…
No, non solo un sospetto il mio.
Cal non si fidava di noi.
Quando la zia gli aveva chiesto qualcosa, offrendogli un po’ di latte caldo e asciugandogli i capelli, lui si era limitato a rispondere solo con dei cenni del capo. Per il resto il nulla.
Non potevo ancora crederci. Mio fratello… mio fratello.
Fisicamente non ci somigliamo per niente. È difficile pensare che siamo davvero fratelli.
Lui, con i capelli scuri e la sua pelle abbronzata; io, biondo e dalla carnagione nivea.
Gli occhi poi... gli occhi di tigre che avevo visto nella mia visione.
L’acqua non mi aveva mentito. Quel bambino esisteva, era reale, ed ora si trovava a poco più di un metro da me.
Un bambino della mia stessa età.
Questo mi lasciava perplesso. Com'era possibile? Sapevo che ci volevano dei mesi per avere un bambino, lo zio Beck mi aveva spiegato tutto quando la zia aveva dovuto aiutare una donna della Congrega a partorire. Me ne sarei accorto!
Non avevo molti ricordi della nascita di Linden, ma ricordavo perfettamente la mamma andare in giro con un gran pancione prima della nascita di Alwyn.
Quindi, da dove era venuto Cal?
Se fossimo stati davvero fratelli, com’era possibile essere così diversi?
Anche se io e mia sorella abbiamo capelli ed occhi di un diverso colore, i nostri tratti sono quasi identici. Chi era davvero quel bambino che sembrava aver tanto timore di me?
Però… uno strano pensiero si è fatto strada da un angolo remoto della mia mente. Un pensiero che non mi lasciava tregua. Continuava a sussurrarmi di cercare ancora, di ricordare. Ma cosa?
D’un tratto, un’immagine di me più piccolo s’è affacciata prepotente tra quel groviglio di domande.
Una volta tanto tempo fa, avrò avuto sì e no sei anni, avevo sorpreso i miei genitori discutere nel cuore della notte e mio padre ripetere spesso un nome che non avevo mai sentito prima: Selene. Non ricordo molto di quella conversazione, ero semplicemente sceso in cucina per prendere un bicchier d'acqua, però ricordo papà affermare che quella Selene era stata sua moglie.
Forse, stavano insieme prima che lui avesse conosciuto la mamma?
Dopo quell’occasione non ci avevo più pensato, troppo intontito dal sonno per avere piena coscienza di quei fatti. Ma ora?
Cal era figlio di quella donna? Di quella Selene? Com’era possibile, giacché potevamo avere la stessa età?
Perché papà non ci aveva mai parlato di lui? Ah, quante domande. Mi sta venendo proprio un bel mal di testa.
L’ombra di una donna sconosciuta gravava su di noi ma cercavo di non pensarci.
Dovevo pensare ai miei fratelli.
Dovevo proteggerli da nuove sofferenze.
Sofferenze tangibili, reali. Reali come il dolore che vedevo negli occhi di Cal.
Ore prima, quando la zia Shelagh aveva portato Cal in biblioteca a cambiarsi allestendo un giaciglio di fortuna per farlo riposare, ho notato una benda bianca avvolta stretta intorno al suo fianco, fragile ed emaciato. Quasi come il fianco di uno che non mangia da molti, moltissimi giorni.
Cal, appena si è reso conto della mia presenza, ha subito afferrato il lembo della maglia che la zia gli stava togliendo e l’ha ribassato di colpo.
I suoi occhi erano spaventati. No, spaventati sarebbe stato poco. A dir poco, terrorizzati.
Chissà cosa gli è successo? Com’è rimasto ferito? Un incidente? Era stato quello a causargli il grande dolore che avevo visto nella mia visione?
Avrei voluto porgli tutte queste domande ma lui continuava a tacere.
Quel suo ostinato silenzio mi colpiva molto. Era snervante ma al tempo stesso mi turbava. Volevo delle risposte ma nel frattempo avevo paura di chiedere, di sentirmi dire che i miei erano morti e che non sarebbero più tornati.
Cal continuava a tenere le ginocchia strette intorno al petto e a fissarmi con quel suo viso senza espressione.
Niente. Non un cenno del capo, non uno sbadiglio. Sembrava non riuscire nemmeno a sbattere le ciglia. Immobile… freddo… impassibile…
Inumano.
Qualunque cosa stesse pensando, il suo viso non tradiva niente. Non pareva nemmeno vivo.
Un fantoccio… una delle bambole di Alwyn.
Che strano bambino. Non avevo mai incontrato nessuno così. Tutti ragazzini che conosco, quelli di questa congrega, non riescono a stare fermi un istante. Per loro restare immobili è una sorta di punizione.
Ma per Cal, no.
DONG DONG DONG
Otto rintocchi del vecchio orologio.
Solo in quel momento mi sono accorto che era ufficialmente il giorno di Samhain, il capodanno delle streghe. Una delle nostre feste più importanti. Peccato che il temporale avesse rovinato tutto. Ci eravamo impegnati tanto nei preparativi!
Tuttavia, devo dire che questa ricorrenza non è stata di certo senza sorprese.
Cal continuava a fissarmi.
Finalmente, ho deciso di farmi coraggio e provare a parlargli. Non sopportavo più quel silenzio.
Mi sono avvicinato a lui e gli ho chiesto se sapesse chi ero.
Lui nulla.
Sembrava perso in un mondo tutto suo, come se non fosse nemmeno cosciente della mia presenza. Continuava a fissarmi, come se nascondessi chissà quale mistero.
Anche se lì, era lui il vero mistero.
Ho provato a porgli altre domande; quanti anni avesse, se fossimo davvero fratelli, se sapesse cosa fosse successo ai miei genitori ma lui niente. Continuava a rimanere rannicchiato lì, su quella poltrona, respirando a malapena.
Irreale.
Avrei voluto dirgli altro, scuoterlo, ma le voci di Linden e Alwyn me lo hanno impedito.
Si sono catapultati al piano inferiore, battibeccando su qualcosa che non riuscivo ad afferrare. O, più precisamente, Linden si stava prendendo gioco di nostra sorella ancora una volta.
Un borbottio assonnato e strani mugugni. Anche Athar si era svegliata.
Linden ed Alwyn hanno spalancato la porta della biblioteca, la via più rapida per la cucina, continuando con i loro screzi fino a quando si sono accorti di Cal.
"Hey, chi è lo strano tipo?". Ha detto mio fratello nel suo solito tono sfacciato.
"Lui… lui è Cal". Ho mormorato, titubante.
BUM
Una porta che sbatte, proprio come la notte scorsa.
La voce dei miei zii e di quello strano uomo. Erano tornati.
Zia Shelagh ci ha sorriso un istante, prendendo Cal da parte per dargli alcuni miei vecchi vestiti da indossare. Gli ha indicato un piccolo bagno in cui ripulirsi per poi sparire nel tinello a preparare la colazione.
Lo zio Beck insieme al Cacciatore, che in seguito ho saputo chiamarsi Sean O’Hara, ci ha ordinato di lavarci viso e mani ed accomodarci a tavola senza aggiungere altro.
Dopo mangiato, avremmo dovuto parlare di cose molto importanti, ha detto. Noi abbiamo semplicemente annuito.
Linden si è seduto alla destra di Athar, lanciando occhiate strane e quasi canzonatorie a Cal. Già Cal…
Avete mai sentito l’espressione "amore a prima vista"?
Credo di non riuscire a spiegare meglio gli sguardi di pura gioia che mia sorella e quel mio nuovo, silenzioso fratello hanno iniziato a scambiarsi durante la colazione.
Alwyn lo ha letteralmente subissando di domande e, anche se lui non ha mai risposto con parole vere, lei sembrava capire in pieno cosa gli impercettibili mutamenti del volto di Cal volevano significare.
Pazzesco! Io avevo trascorso ore senza ricavare un ragno dal buco e a lei bastavano due sorrisi per tirare le somme di quello strano rompicapo.
Assurdo!
Senza aspettare nessuno, Alwyn ha preso la mano di Cal e lo ha fatto accomodare accanto a sé, ignorandoci completamente. Gli parlava della sua bambola Lucy che faceva i capricci e non voleva mangiare la purea di patate.
Cal, d’un tratto, ha inclinato leggermente il capo e lei, fermandosi a pensare per un istante, ha annuito, affermando che aveva ragione. Se proprio a Lucy non piaceva la purea di patate, doveva provare con la farina d’avena. Buona idea.
Ma quando gliel’aveva detto?
Non potevo crederci. Cal… Cal stava sorridendo. Un sorriso pieno di gioia. Per Alwyn.
Il cucchiaio mi è caduto dalle mani per la sorpresa… ma come aveva fatto, Alwyn?
Non ero il solo ad esserne sorpreso. Anche gli zii e il Cacciatore lo erano.
Con la coda dell’occhio, ho notato quell’uomo annuire piano, come se avesse intuito una grande verità.
Fiona, ha mormorato, osservando quella scena.
Fiona… mia madre.
Il resto della colazione è stato scandito dalla voce argentina di Alwyn, dalle sue storie e dai suoi racconti.
Lo sguardo dello zio non ha mai abbandonato Cal, in nessun caso, e spesso mi è parso che lui ricambiasse quell’atteggiamento ostile attraverso i suoi occhi inquietanti. Gli occhi di chi è dovuto crescere troppo in fretta.
Lo zio è sempre stato una persona severa, dura, ma mai astioso. Non sono ancora riuscito a capire perché facesse così.
Altre domande, altri misteri. Non vedevo l’ora di ricevere le risposte a cui tanto anelavo.
Finito di mangiare, i due uomini sono spariti nello studio dello zio, chiudendo la porta di legno a doppia mandata per evitare che qualcuno di noi bambini decidesse si sbirciare ancora una volta. Zia Shelagh ha preso a lavare i piatti, canticchiando tra sé.
Io e gli altri abbiamo riposto le stoviglie sporche nell’acquaio, ognuno pronto a fare la sua parte delle nostre faccende domestiche.
CRASH
Il rumore di qualcosa che si rompeva.
"Ahi". Alwyn!
Mi sono voltato verso i miei fratelli e ho visto Alwyn china al suolo intenta a succhiarsi un dito.
"Sempre la solita!".
"Linden!" Gli ha urlato Athar.
In un batter d’occhio, Cal si è chinato accanto a mia sorella, asciugandole le lacrime e facendole una benda di fortuna con un fazzolettino ricamato che la zia gli aveva dato.
La scollatura del maglione che aveva indosso gli lasciava scoperto il collo. Quei miei abiti erano troppo larghi per lui. Bisognava comprarne altri.
Piano, piano ho visto gli occhi di Linden spalancarsi sempre di più, le sue labbra incresparsi in una muta espressione d’orrore.
"WOODBANE! WOODBANE!". Ha iniziato a gridare.
Woodbane…
Cal ha lasciato subito la mano di Alwyn e si è rannicchiato, immobile al suolo. Con una mano si è coperto un lato del collo e ha posato il suo sguardo dorato su di me.
Era come… era come se mi stesse implorando… implorando di non fargli del male. Come se si aspettasse qualcosa da me. Qualcosa che non riuscivo a capire.
Linden ha afferrato il braccio di Alwyn, scostandola da lui bruscamente mentre Athar si è parata al suo fianco.
Mia sorella ha preso ad urlare, piangere, implorando Linden di lasciarla andare, che le stava facendo male ma io rimanevo lì, immobile come una statua.
Alle lacrime di Alwyn, non so, ma qualcosa è scattato dentro Cal. I suoi occhi si sono accesi minacciosamente ed un istante dopo Linden era a terra mentre Alwyn singhiozzava piano tra le sue braccia.
"Sto bene, ora, Cal. Tranquillo". Gli sorrideva gentile, mia… nostra sorella e subito lo strano bagliore nello sguardo di quel bambino-tigre è cessato completamente.
Linden si è alzato pronto ad un nuovo attacco ma la zia gli ha urlato di smetterla e di andare tutti nello studio dello zio. Lui ha guardato me ed Alwyn con un sentimento molto simile al disprezzo e se n’è andato in silenzio.
Prima di sparire gli ho sentito mormorare una cosa: schifoso Woodbane.
Lo abbiamo seguito senza dir nulla.
Anche noi siamo Woodbane… o, almeno lo siamo per metà.
Nostro padre è un Woodbane puro mentre nostra madre è una Wyndekell. Questo ci rende degli ibridi, cosa non inusuale di questi giorni.
Oramai sono in pochi ad appartenere ad uno dei Sette Grandi Clan. La maggior parte delle streghe ereditarie sono ibridi oppure non sanno o non vogliono rivelare la verità sul loro Clan di appartenenza.
È una cosa privata. Una cosa che si può rivelare solo a chi ci si fida davvero.
Soprattutto se sei un Woodbane.
 Un Woodbane, un Oscuro, uno che per molta gente è considerato la feccia della Wicca.
Ci siamo accomodati nello studio dello zio. Il camino era stato già acceso nell’attesa del nostro arrivo ed il Cacciatore ora si scaldava le mani vicino ad esso.
Zio Beck ha continuato ad osservarci severo, crucciato. Sono sicuro che si fosse accorto del trambusto che avevamo scatenato prima.
Ci ha fatto accomodare sul piccolo divano di tessuto verde. Me, Athar, Alwyn e Cal. Linden ha preferito restare in piedi. Il suo disprezzo verso Cal non era diminuito per nulla.
Poi è sopraggiunta anche la zia. Finalmente, potevo sapere cosa stava succedendo.
Zio Beck ha tratto un profondo sospiro e si è passato una mano sul viso stanco. Zia Shelagh gli si è avvicinata serena e gli ha poggiato una mano su di una spalla. Sembrava quasi che stessero tenendo un discorso tutto loro solo con gli occhi.
"Cal…".  Un attimo di pausa mentre sentivo il cuore riuscire a martellarmi fin dentro la gola. "Cal è davvero vostro fratello… o meglio, il vostro fratellastro".
"Com’è possibile?". Ha chiesto Athar, interrompendolo bruscamente. Avrei voluto farlo io ma la mia bocca non riusciva ad articolare le parole. Era impastata, serrata.
"Daniel… Daniel prima di conoscere Fiona era sposato con un’altra donna. E questa donna è la madre di Cal".
Altro attimo di pausa. Le parole che uscivano dalla bocca dello zio erano pesate, misurate. Quasi controllate. Come se lo zio si stesse sforzando di tacere qualcosa per un motivo a me sconosciuto. Come se avesse voluto trovarsi a mille miglia da quella situazione.
"Mamma e papà stanno bene? Perché non tornano?". Nuove lacrime hanno minacciato di segnare il viso di Alwyn ma Cal le ha stretto una mano e lei ha ridacchiato un pochino, la sua tristezza dimenticata ancora una volta.
"Delle persone cattive vogliono fare loro del male e per il momento non possono tornare, piccolina". Ha continuato la zia.
Quali persone?
"Perché il Woodbane deve restare qui? Non c’è l’ha una casa?".
Linden…
Non capivo… non capivo il perché di tutto quel risentimento. Linden è sempre stato un tipo da prendere con le molle ma questo era davvero troppo.
Ho visto zia Shelagh stringere ancora di più la sua presa sulla spalla dello zio. Stava tremando.
"La madre di Calhoun è morta". Il Cacciatore ha preso la parola per la prima volta. Era chino sul fuoco, le braccia tese e poggiate sulla pietra sopra il camino. "Le stesse persone che vogliono fare del male ai vostri genitori, l’hanno uccisa e avrebbero fatto lo stesso con Daniel e Fiona se Cal non li avesse aiutati. Se i vostri genitori sono ancora vivi, lo dovete soltanto a lui".
Tutti noi ci siamo voltati verso Cal ma lui è rimasto impassibile. Alwyn si è fiondata tra le sue braccia, ringraziandolo. Lui l’ha lasciata fare.
Il Cacciatore si è girato, il suo aspetto ancora più minaccioso.
"Doveva essere affibbiato proprio a noi?" Linden…
Sean O’Hara lo ha fissato a lungo e mi è parso quasi che mio fratello si sia fatto piccolo piccolo sotto quella muta accusa. "Calhoun non ha nessun altro. Voi siete i suoi parenti più prossimi. Fiona mi ha fatto giurare di portarlo da voi sano e salvo e di chiedervi di avere cura di lui".
"Io non lo voglio qui!".  Ha continuato Linden. "Non è uno di noi. È un Woodbane! Noi non abbiamo bisogno di un altro fratello… ma di nostra madre e nostro padre! Chi cavolo lo vuole lui!".
 Con un dito ha indicato Cal ancora stretto nell’abbraccio di Alwyn. "Non è niente per me!"
"Sbaglio o anche tu sei un Woodbane per metà?".  Il Cacciatore ha inarcato un sopracciglio, scettico.
Per la prima volta potevo vedere l’ombra delle lacrime minacciare di scendere sul viso di Linden. Tutta quella sua rabbia, quella sua furia. Gli mancavano mamma e papà, solo ora lo capivo. Anch’io avrei voluto riaverli qui con me.
Linden se n’è andato via stizzito, sbattendo con forza la porta. Athar si è alzata per seguirlo, non prima di avermi lanciato un’ occhiataccia. Ha chinato il suo viso vicino al mio, le sue parole cariche di furia.
"Non scordarti chi è il tuo vero fratello. Quello con cui sei cresciuto". Ha sibilato, lasciandomi senza fiato.
Zio Beck ha scosso la testa mentre la zia tratteneva a stento i singhiozzi.
L’aria si era fatta molto pesante. Era elettrizzata, magnetica, carica di una tensione mal repressa.
Alwyn ha preso Cal per mano e lo ha trascinato fuori, incurante se quella riunione di famiglia fosse finita o no. Anche lei doveva averlo percepito. Io avrei voluto fare lo stesso.
"Giomanach". Ha detto il fratello di mia madre, richiamando la mia attenzione. "D’ora in poi, il tuo compito sarà più duro. Dovrai tenere sempre d’occhio Calhoun. So che siete fratelli e so che sei confuso. Ma gli altri membri della Congrega non saranno così ben disposti nei suoi confronti come lo siamo noi. Ciò che Linden ha detto è vero: lui è un Woodbane puro. Non dovrai mai dimenticarlo".
Non sapevo cosa rispondere a quelle parole. Dentro di me c’era e c’è ancora solo il caos.
"Mia madre mi ha chiesto di avere cura di lui. Ed è quello che ho intenzione di fare, zio Beck. Nulla di più, nulla di meno".
Per la prima volta, lo zio ha accennato un’ombra di sorriso. "Sei un bravo ragazzo, Giomanach".
Senza aggiungere altro, sono salito in camera mia. Le cose di Alwyn erano già state spostate nella stanza di Athar e i pochi effetti di Cal sistemati qua e là. Di Linden non c’era traccia.
Il resto della giornata è trascorsa placida. Una bolla confusa in cui tentavo di stare a galla.
Cal…
Linden…
Non ci capisco più niente!
Volevo parlare con Linden, spiegarmi, ma lui è come scomparso. Forse, ho continuato a pensare, se gli avessi fatto sbollire prima la rabbia, dopo sarebbe stato più incline a parlare senza ricorrere alle maniere forti. Forse…
Una risata argentina mi colpisce, fermando questa mia mano ormai stanca. Un lieve bagliore, riflesso nel vetro della finestra. Una piccola torcia.
Due figure chine su d’un libro di favole... una folta chioma rossa ed una castana.
Anche restando fermo qui, chino alla scrivania, posso scorgere nel riverbero sul vetro qualcosa...
Un cattivo auspicio o un inizio?
Alwyn che racconta una vecchia favola a questo nostro nuovo fratello.
A lei è piaciuto da subito.
Linden, invece, lo detesta spalleggiato da Athar.
Cosa devo fare? Perché mia madre mi ha fatto carico di quest'altro pesante fardello?
Cosa ha in mente per me, la Dea?
Non lo so e questo mi fa paura.
Giomanach
 
 
Vorrei ringraziare tutte le persone del mitico forum di SWEEP che mi hanno aiutato con i loro consigli, i loro incoraggiamenti e soprattutto tante notizie sue questa meravigliosa serie. Senza di voi non ce l’avrei mai fatta.
Un altro ringraziamento va a Mela_Avvelenata, Seferdi, kira988, SasuNaru83, _Dana_, che hanno recensito questa storia e l’hanno posta tra le loro preferite. Perdonatemi se non riesco ad aggiornare con molta frequenza e spero che questo capitolo sia di vostro gradimento!
Seferdi, la tua recensione è stata lunghissima e vorrei rispondere alle domande che mi hai posto (se volete spoiler sulla storia, sono a vostra disposizione!). Lo so che questo Cal è più chiuso e, come tu hai dedotto, anch’io ho pensato che molto del suo atteggiamento fosse dovuto alla magia oscura. Qui, però, il nostro boy adorato viene da un’esperienza traumatica (insomma "lei" ha tentato di disfarsi di lui, neanche suo padre lo voleva con sé e, come avrai letto, il primo impatto con la sua nuova famiglia non è di certo stato dei migliori) e mi è sembrato giusto che fosse molto sospettoso verso le altre persone.
Lui è Hunter sono molto uniti e Cal pone la sicurezza, ma soprattutto la felicità, di suo fratello sopra ogni altra cosa. Ora che incontreranno Morgan (nello stesso giorno, ma in due situazioni diverse) ne vedremo delle belle. Sarà più forte il sangue che li lega o l’amore verso quella che entrambi considerano la loro muirn beata dan?
  
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