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Autore: amandasilbermond    03/01/2014    0 recensioni
“Come sono vissuta, così me ne vado. Volando.
Non angustiarti. Sei arrivato in tempo. Eri le mie ali.”
Le sue ceneri vennero sparse in un roseto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Amanda, sei in casa?”
La voce arrivava chiaramente alle sue orecchie, come balsamo su una ferita, ma lontana. Lontanissima.
“Amanda”
Come se stesse bussando ad un’altra porta.
Mentre fumava sul balcone, comodamente seduta su una sedia di plastica, meditava sulla possibilità di aprire quella porta e farlo entrare nuovamente in casa sua.
Nella sua vita.
“Amanda sei qui?”
Entrò con passo lento in casa, persa nei suoi pensieri. Con gli occhi persi.
Nell’incedere verso la cucina, sentì chiaramente la voce del suo vicino che informava il ragazzo dell’errore compiuto, stanco dell’ennesimo colpo assestato alla sua porta.
Ancora una volta, la loro relazione era segnata dagli errori.
Lesse un messaggio arrivatole, ma non rispose.
“Non credo sia in casa” lo avvisò lui, non avendo sentito rumori da giorni provenienti da casa della ragazza.
Amanda si avvicinò alla porta, mettendo la mano sulla maniglia, pronta ad aprirla.
Se adesso bussa, apro, si disse.
“Torno un altro giorno” sentì dire al ragazzo.
Se adesso bussa, io apro.
Nessun colpo venne assestato dalla porta.
Inciampando nella felpa cadutale, si avvicinò al tavolo e inizio a scrivere in modo febbrile su un foglietto raccolto da terra.
Una lacrima cadde sul foglio, rigando le parole e sciogliendo l’inchiostro.
Se bussa, io apro.
Il telefono prese a squillare insistentemente, ma lei non rispose: lo lasciò sul tavolo assieme al portafogli e al pacchetto di sigarette appena aperto.
Amanda, con poco sforzo, si mise a sedere sul davanzale del balcone, con i piedi a penzoloni nel vuoto.
Fissava lo scorrere frenetico della vita cittadina: il mondo di formiche sotto di lei le ricordava quanto infinitesimale fosse la sua persona, se immersa in un panorama più ampio.
Nessuno avrebbe fatto caso a lei e alla sua assenza, pensò.
“Amanda?” sentì bussare timidamente.
Si tolse la scarpa, facendo leva con l’altro piede, ed essa precipitò verso l’asfalto, senza colpire nessuno degli uomini che passeggiavano tranquillamente sul marciapiede.
Un uomo, vedendo precipitare la calzatura, alzò gli occhi al cielo ed intravide a malapena la figura di Amanda.
Lei neanche, guardando in basso, riusciva realmente a distinguere il paesaggio: nulla aveva più senso.
“Amanda, apri. Amanda.”
Non prestò attenzione a ciò che avveniva attorno a lei, ma continuò a far dondolare i piedi in modo febbrile. 
Il freddo del marmo avrebbe solleticato i piedi di chiunque, ma i suoi vennero a malapena scalfiti: quasi non le pungevano, così come il freddo del vento che le accarezzava le gambe non le provocava alcun brivido.
“Amanda! Apri!” urlò ancora una volta.
Canticchiando una vecchia ninnananna insegnatale da sua nonna quando ancora era bambina, la ragazza si alzò definitivamente in piedi sul davanzale.
“Amanda?” chiese ancora una volta, timidamente, supplicando.
I colpi divennero mano a mano più deboli e meno ritmici.
Amanda gettò uno sguardo ulteriore alla folla sotto di lei e provò a immaginarli, immersi nelle loro vite, in contesti ben diversi.
Pensò alla sua famiglia, al vuoto che avrebbe egoisticamente lasciato nelle loro vite.
Un colpo sordo eccheggiò nelle stanza, dovuto alla caduta di un vaso, urtato dalla ragazza.
“AMANDA?” urlò la voce dall’altro lato della porta.
Un primo, un secondo, un terzo, infine un ultimo, decisivo colpo vennero assestati alla porta.
I cardini della porta scattarono, provocandone il distacco dall’infisso.
“AMANDA?” urlò ancora una volta, non vedendola.
Sul pavimento della cucina, avanzi stantii di cibo mangiucchiato e vestiti sporchi, segno di una persona che non esce di casa da giorni.
Si diresse in ogni stanza, febbrilmente, aprendo ogni cassetto, nella speranza che fosse andata via.
Nulla era stato preso, nulla appariva violato: tra i maglioni ritrovò persino i beni monetari.
“Amanda” sussurrò, chiamandola con voce così fioca da essere inudibile persino alle sue orecchie.
Quando la finestra aperta catturò la sua attenzione, la folla si era già radunata attorno al cadavere ancora caldo di una ragazza dai capelli castani con il viso deturpato dall’impatto.
Urlarono, si avvicinarono, qualcuno si coprì gli occhi e li coprì ai bambini presenti, qualcun altro fece il segno della croce e affidò l’anima della ragazza a Dio.
Avanzando tra fogli e mozziconi di sigarette sparsi sul pavimento, il ragazzo si affacciò.
Non aprendo bocca, tornò verso il tavolo, madido di sudore.
Sul tavolo della cucina trovò un pacco di sigarette, un accendino quasi privo di gas e una penna senza tappo.
Con mano tremante, afferrò il foglietto che accompagnava quella penna e si costrinse a leggere.

Come sono vissuta, me ne vado: volando.
Non angustiarti, sei stato le mie ali.
E la ragione per cui adesso voglio averle.

Le disse addio, per la prima volta.
“Ti amo” mormorò quando ormai era troppo tardi: quando con lei era morto l’amore.
Nonostante ogni rimostranza, il suo corpo venne bruciato e le sue ceneri sparse su un roseto.

AMANDA SILBERMOND
27/08//95-oggi, domani e i giorni seguenti

  
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