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Autore: _Sunshine 27_    03/01/2014    0 recensioni
Tony, studente universitario alla facoltà di medicina.
Un ragazzo rispettato…
"Ero caduto a terra come un salame. Dietro di me un gruppo di ventenni ridacchiava."
Virile…
"Gli passai un braccio intorno alle spalle e lo strinsi a me. 'Lo senti questo odore?'. Lui fece un respiro profondo e disse: 'È odore… di mia madre! Ti sei messo un profumo da donna?'. 'Era merce in saldo!' "
Fortunato con le donne…
"Baciami… Baciami… 'Non toccarmi, porco!'. Dio, che sberla…"
Intelligente…
" 'Io l'ho letto!' strillai compiaciuto. 'Non hai visto manco il titolo, vero amico?' mi sussurrò Giò. 'Giò, non metterti a formalizzare, adesso.' "
Insieme al suo miglior amico Giò, Tony imparerà a farsi strada nel nuovo mondo dell'Università, tra professori acidi, ragazze isteriche, compagni di classe asociali e tanto altro.
Buon divertimento!
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La prossima lezione sarebbe cominciata tra qualche ora.
Avevamo ancora tempo.
E visto che Giò aveva appena collezionato una delusione in amore, decidemmo di dare ufficialmente inizio alla stagione di caccia.
"Tony … Non lo so… Mi devo ancora riprendere… Sara mi ha lasciato … Per di più… al telefono!"
"È che non ci sai fare con le donne. Devi essere più … devi atteggiarti da figo. E devi essere un po' bastardo."
"Ma con Sara non ha funzionato…"
"Be', sai, ci vuole intelligenza con le donne. C'è chi ha la bellezza e chi ha il cervello. E con me la natura è stata doppiamente gentile. Dai, serve qualcosa che ti distragga. Guarda!" indicai le due ragazze che avevo visto prima a lezione, quella mora e quella bionda, che sedevano sulla stessa panchina studiando sullo stesso libro di medicina.
Presi una moneta. "Se esce testa," dissi "tu quella mora, io quella bionda. Se esce croce, tu quella bionda, io quella mora. Ci stai?"
"Vai!" disse lui eccitato.
"Eeee…" momento di suspance "testa! Sei pronto, Giò?"
"Puoi scommetterci!"
Ci avvicinammo lentamente e con discrezione alla panchina. Io mi sedetti a sinistra, accanto alla ragazza bionda, mentre Giò si mise all'estremo opposto della panchina, accanto all'altra ragazza.
Le due non alzarono nemmeno gli occhi dal libro.
Giò gesticolava per cercare di attirare la mia attenzione.
'Che si fa?' sillabò con la bocca.
Sorrisi sollevando le sopracciglia. 'Sta' a guardare.'
Mi schiarii la gola per attirare l'attenzione della mia tipa. Non mi degnò di uno sguardo.
Allora accennai a un colpo di tosse.
Nulla.
Riprovai, ma senza nessun risultato.
Presto i miei colpi di tosse si trasformarono in un bombardamento laringo faringeo.
"Ti stai strozzando? Ti serve dell'acqua?" disse lei con gli occhi perennemente incollati sul libro, con il tono un po' scocciato.
Io, tutto rosso per lo sforzo, annaspando per riprendere fiato, dissi: "Veramente… mi chiedevo se ti andava di … uscire, uno di questi giorni."
Finalmente mi guardò. Aveva un viso dolce e solare, gli occhi azzurri come i miei, e le labbra bellissime e rosee. Non mi ero accorto che fosse così bella.
Cominciò ad annuire, poi inclinò la testa da una parte, come facevo sempre io, poi scosse la testa, poi arricciò il naso, poi aggrottò le sopracciglia con aria pensosa, poi si mise un dito sulle labbra, poi cominciò a lisciarsi i capelli, tutto nel giro di tre secondi.
Le donne sono sistemi operativi con supporto per il multitasking.
"Ok." disse. "Si può fare. Ti darò la conferma."
"Ah, comunque piacere, io sono Tony." dissi tendendo la mano.
Lei la strinse. "Sono Mia."
"Sei … single?"
"Ah… be', sì." disse sorridendo.
"Ah … bene…" dissi ridacchiando come uno scemo.
Dall'altra parte, Giò sembrava aver conquistato la sua donna. Mi stava superando! Dovevo darmi da fare.
Misi una mano sulla coscia di Mia. Baciami… baciami…
"Non toccarmi, porco!"
Dio, che sberla…
Mia si alzò e se ne andò. Giò invece aveva conquistato la sua tipa e se ne stavano abbracciati.
"Ci vediamo domani sera, allora!" disse la ragazza mora chiudendo il libro e alzandosi.
"D'accordo" disse Giò. "A domani, Victoria."
"Allora?" mi disse Giò. "Chi era lo sfigato?"
"La fortuna del principiante!" gli urlai contro.
"Non te la prendere, vieni, andiamo al bar, ti offro qualcosa."
Mi portò nel bar dell'Università. Era davvero un bel posto, caldo, accogliente e rilassante.
Giò mi offrì una cioccolata calda mentre lui prese un cappuccino.
"Vieni" e mi condusse verso il tavolo più grande del locale, quello dove di solito si riunivano tutti gli studenti che avevano voglia di rilassarsi un attimo tra una lezione e l'altra.
Stranamente non c'era quasi nessuno. Eravamo io, Giò, Mia, Victoria, il ragazzo castano che avevo visto in aula che messaggiava e il ragazzo biondo dallo sguardo glaciale con il suo cubo di Rubik in mano.
Mia era ancora arrabbiata con me mi guardò male.
Giò si presentò: "Io sono Giò e questo è il mio amico Tony. Piacere".
Victoria si presentò ai due ragazzi del nostro corso: "Io sono Victoria."
"Io sono Mia."
"Piacere, io sono Leo" disse il ragazzo castano alzandosi e stringendoci la mano.
A quel punto il nostro sguardo cadde sul ragazzo biondo che in silenzio risolveva e scomponeva il suo cubo. Per qualche attimo regnò il silenzio mentre aspettavamo una sua risposta.
Lui sentendosi gli occhi addosso, ma senza alzare lo sguardo, disse: "Mm… Alan…"
"Piacere" dissi io. "Che avete intenzione di fare dopo l'Università?"
"Io voglio fare il chirurgo." disse Leo.
"Anche io!" sorrise Giò.
"Io non lo so, mi basta trovare un lavoro e fare qualcosa di socialmente utile." disse Mia.
"Sono d'accordo" disse Victoria.
"Anch'io" replicai.
Occhiata gelida di Mia.
Sguardi puntati su Alan. Momento di silenzio.
"Mi specializzerò in psichiatria."
Grugniti di assenso.
"È stato un piacere conoscervi, ma adesso dobbiamo proprio andare" disse Mia guardando l'orologio e prendendo Victoria per un polso.
Anche io e Giò ci alzammo.
Verso l'uscita dissi: "Mia, mi dispiace, non volevo."
"Potevi pensarci prima." e se ne andò.
Mi dispiace offendere le persone, ma di solito non sto a pensarci più di tanto, le lascio stare aspettando che passi l'incazzatura. Ma quella volta invece, stavo male davvero per aver offeso Mia, specialmente per una cosa così stupida.
"Non ci pensare, amico" disse Giò notando il mio disagio. "Capita."
I miei pensieri vennero interrotti dalla vista di un vecchio che si avvicinava, come se cercasse qualcosa. Era basso, capelli grigi, un tempo forse erano stati biondi, e occhi azzurri. Indossava un camice da medico e aveva nel taschino delle medicine.
"Salve ragazzi. Sono il professore di psichiatria, avete visto le mie pillole?"
"Ha detto di psichiatria?" disse Alan, dietro di noi.
"Bravo, ragazzo, proprio quelle!" e indicò dei medicinali che Alan aveva appena preso da terra.
"Devono essermi cadute quando ho preso qualcosa al bar." e se le fece restituire.
"Tony, sono psicofarmaci…" mi sussurrò Giò "Questo è matto."
"Lei è il professore di psichiatria?" ripeté Alan.
"Sì, ragazzo. Ti interessa?"
"Sì. Vorrei specializzarmi in psichiatria una volta finito gli studi di medicina."
"Allora avrò l'onore di averti come allievo! Vuoi fare una passeggiata?"
Alan e il professore se ne andarono camminando insieme.
"Sai, ragazzo, ho quasi settant'anni e insegno qui da più di 30."
"Ha settant'anni?"
"Pensavi che fossi più vecchio, eh? Già, a volte lo penso anch'io. Quanti anni hai, ragazzo?"
"Diciannove."
"Eh… a 19 anni sei giovane e ridicolo… Dopo sarai solo ridicolo."
"Cos'erano quelle pillole, signore?"
"Prendo stabilizzatori dell'umore e gli antipsicotici contro la schizofrenia. Ma dopotutto, chi meglio di un pazzo può insegnare psichiatria?"
Io e Giò ce ne andammo. Giò guardava quella strana coppia perplesso, io ero ancora deluso dall'incomprensione con Mia e me ne fregavo.
Così deluso che non vidi il professor Conti che camminava a grandi passi e che mi venne addosso.
"Scusi, professore".
"Guarda dove metti i piedi, pivello".
"Tony," disse Giò "Mi presti il cellulare? Voglio chiamare mio cugino per sfotterlo. Non pensava che sarei arrivato all'università!"
Presi il cellulare dalla tasca senza un commento. Lo diedi a Giò. Poi notai un foglio per terra che doveva essermi scivolato dalla tasca mentre prendevo il cellulare. Chissà come era finito nella mia giacca.
Era un foglio quadrato, 10 cm x 10 cm, azzurro. Lo aprii. Diceva: "Offrile un caffè e vedi che ti perdona, scemo, non fare quella faccia da depresso. -Il Fogliettista, il tuo nuovo amico."
Mi guardai intorno circospetto. Mi sentivo osservato. Chi era che mi teneva sotto controllo? Come faceva a saperlo? Doveva essere per forza stato Giò.
"E invece ci sono arrivato! Alla faccia tua." e Giò chiuse la chiamata.
"Adoro rendere ridicolo mio cugino."
"E i tuoi amici."
"Certo, anche quello. Come quella volta che in discoteca ti ho versato addosso il mio cocktail e ho detto a tutti che ti eri pisciato addosso."
"Non intendevo quello, Giò, ma grazie per avermelo ricordato. Non ti viene in mente nient'altro?"
"Sinceramente… non so dove tu voglia andare a parare, amico."
Non vidi traccia di menzogna nei suoi occhi. Era sincero.
Il mio nuovo amico rimaneva un mistero.
  
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