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Autore: _CodA_    04/01/2014    5 recensioni
Spoiler!Alert per chi non sta seguendo ancora la quarta stagione.
Un brevissimo sguardo, quasi una sbirciatina, sui pensieri di una piccola Tamsin che cresce velocemente e sente di provare qualcosa per Bo.
Ispirata da alcune scene della 4x04.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Era sempre così con Bo: usa e getta, all’occorrenza, per salvare i suoi amici o chiunque entrasse a far parte della sua vita per davvero, eccetto che lei.
Tamsin sentiva di essere stata messa da parte ancora una volta.
Ma perché? Perché questa sensazione di deja-vù, di già vissuto?
Era da poco tempo in questo modo, in questa vita, come poteva ricordare qualcosa che non era ancora mai accaduto?

Tamsin si batté una mano sulla fronte per evidenziare la sua stupidità.
“Ahi!” esclamò subito dopo, pentendosene.
Continuava a dimenticare che quella che aveva appena iniziato a vivere era solo una delle sue molteplici vite, una delle tante, così le aveva detto Kenzi , l’unica che le era stata davvero vicina.
Adesso che era cresciuta e diventata grande, avendo compiuto ben due settimane, sentiva di potersi definire adulta. E anche se non riusciva a ricordare esattamente gli eventi delle sue vite passate, ne percepiva l’essenza, una vaga sensazione di oppressione aleggiava su di lei, ogni ora più pesante, forse qualcosa che aveva a che vedere con ciò che aveva fatto in passato o che sarebbe avvenuto, non poteva saperlo.

Era solo certa che le sue vite non dovevano essere state facili. Sentiva un forte senso di colpa.
Qualcosa di lei sembrava essere marchiato dall’oscurità, facendola sentire in dovere di appartenere ai Fae oscuri, ma c’era questa parte di sé invece, una parte nata da poco, eppure scalpitante e desiderosa di venire a galla, una parte pura, innocente, completamente devota al bene e alla luce.
Due Tamsin, una adulta e vissuta per tanto tempo, abituata al male, e una giovane, che faticava il doppio per sconfiggere la forza della più anziana.
Due Tamsin in un solo corpo, in rapidissima crescita e una battaglia interiore con cui dover altrettanto velocemente scendere a patti.
Quando era sola, la maggior parte del tempo in realtà, nel salotto di Kenzi e Bo, entrambe via in missione, si lasciava un po’ andare, lasciava l’istinto prendere il sopravvento, senza alcun controllo.
Sentiva in quei momenti l’oscurità avere la meglio, scorrere nelle sue vene; poteva perfettamente avvertire il male in ogni punto del suo percorso, in e su tutto il suo corpo; poteva sentirlo offuscarle la mente, talmente tanto che ad un certo punto sembrava aver portato via anche il dubbio stesso, chiarendole perfettamente di essere parte del male.
Il potere delle Valkyrie a volte può essere talmente potente da prendere il sopravvento sulla Valkyria stessa, facendo sì che la sua stessa arma, il dubbio, prenda possesso della sua mente per annientare ogni volontà.
Ma qualcosa riportava Tamsin indietro, sulla terra, alla realtà, alla ragione, alla vera se stessa:
Bo.
Bastava il pensiero di Bo, il pensiero che esisteva, che era lì fuori da qualche parte a combattere, il pensiero che poteva tornare da lei, e Tamsin riusciva a rimanere legata al mondo reale.


Non sapeva perché, non sapeva perché proprio Bo, l’aveva incontrata al massimo un paio di volte, ma aveva avuto una strana sensazione quando i loro occhi si erano incrociati, all’istante.
Kenzi aveva dato per scontato che Tamsin si ricordasse di lei.

In realtà la bionda non aveva idea di quale fosse il nome della donna prima che venisse pronunciato dall’amica, non sapeva chi fosse e da dove fosse tornata; ma qualcosa dentro di sé l’aveva riconosciuta, sapeva che in un’altra vita qualcosa l’aveva unita a lei.
Tamsin aveva guardato Bo, aveva guardato i suoi occhi e in quell’istante aveva capito che non era la prima volta che li guardava, non era la prima volta che si incontravano, e non era la prima volta che provava quella sensazione: una connessione, un sollievo, come se finalmente avesse ritrovato un luogo a cui appartenere.
Ma non aveva avuto occasione di dirle niente, di scambiarci due parole, perché Bo e Kenzi erano sempre in missione, a salvare qualche vita sempre più importante di lei. La trattavano come una bambina e si sentiva un peso per entrambe le donne.
E in effetti dentro di sé sapeva di non potersi ancora difendere, non si sentiva minimamente capace di badare a se stessa né tanto meno al sicuro.
Voleva solo che le due donne tornassero a farle compagnia, a spiegarle cos’è che dovrebbe fare una Valkyria, se lei lo era davvero, come gli aveva sentito dire più volte.
Tamsin aveva così tante domande da fare e nessuno a cui porle.
Aveva provato con Dyson, ma sembrava troppo impacciato, volutamente distaccato;
lui stesso le aveva suggerito di chiedere alle ragazze.
E Tamsin aspettava in trepidante attesa, ancora una notte intera sul divano, da sola.
Fin quando non sentì un rumore, un rumore insolito, che la fece spaventare.
Corse al piano di sopra, nella stanza di Bo, dove sapeva che le era proibito entrare, ma non essendoci, nessuno lo sarebbe venuto a sapere.
Chiuse la porta e indietreggiò, senza mai perderla di vista, spaventata che potesse aprirsi e accadere qualcosa da un momento all’altro e lei, tutta sola, sarebbe stata incapace di difendersi.
Pochi minuti dopo la porta effettivamente si spalancò e due uomini incappucciati e armati fecero irruzione nella stanza.
Rimasero sorpresi di trovare qualcuno in casa, soprattutto una ragazzina, appena sedicenne, magrolina e apparentemente innocua.
I due uomini si guardarono a vicenda, domandandosi tacitamente il da farsi.
La bionda era spaventatissima. Avrebbe voluto urlare ma sapeva che nel raggio di chilometri non c’era niente e nessuno che sarebbe potuto correre in suo soccorso.
Doveva cavarsela da sola: cercare di controllare la paura e trasformarla in rabbia, era questo che il subconscio le suggeriva. L’istinto era l’unica cosa che poteva aiutarla, l’unico aiuto su cui poteva fare affidamento.
Guardava alternativamente entrambi gli uomini che le stavano di fronte, cercando di prevedere quale sarebbe stata la loro mossa.
Non sapeva chi fossero, né cosa volessero da lei. Poteva chiederglielo, ma le armi che abbracciavano non lasciavano suggerire che fossero molto disposti al dialogo.
Il pensiero che potessero spararle da un momento all’altro la spaventò ancora di più.
Uno dei due fece un lieve movimento, un passo accennato verso  di lei  e Tamsin all’istante strizzò gli occhi, li chiuse fino a sentire dolore, dolore che si propagò in tutte le sue ossa.
Era una sensazione forte, sempre più oppressiva e spiacevole.
Che le avessero sparato e lei non se ne fosse accorta?
Aprì gli occhi e quegli uomini le sembrarono molto più piccoli di prima, ma soprattutto spaventati.
La guardavano e indietreggiavano,  uno dei due iniziò a piegarsi su se stesso, l’altro lo seguì poco dopo, poi smisero di guardare lei, si fissarono spaventati e arrabbiati l’un l’altro, impugnarono i loro mitra, e spararono.
Il rumore di quei due corpi caduti a terra sembrò risvegliare Tamsin, poco cosciente di cosa e come fosse accaduto tutto. Realizzò che erano morti, essendo inermi  a faccia in giù, e cercò di ricostruire ogni evento.
Gli uomini avevano indietreggiato e poi si erano uccisi a vicenda.
Avevano avuto paura  e poi avevano dubitato l’uno dell’altro. Perché?
E soprattutto: di cosa si erano spaventati?
Di lei?
Tamsin si guardò le mani, rigirandole per vedere se ci fosse qualcosa, qualche indizio.
Ne scrutò palmo e dorso, in cerca di qualcosa che non sapeva nemmeno cosa fosse, che poteva anche non esistere.
Non c’erano tracce di sangue, non c’era niente di niente.
Le sue mani sembravano solo… più grandi.
Guardando verso il basso notò che aveva caviglie e metà delle gambe scoperte.
Come e quando le si erano ristretti i pantaloni?
E perché la maglietta non le arrivava che sopra l’ombelico?

Iniziò a intuire qualcosa. Corse allo specchio vicino al letto e osservò la sua immagine riflessa.
Ora era tutto chiaro.
 
 
Qualche ora dopo Kenzi e Bo varcarono tranquille la soglia di casa, sicure di poter finalmente riposare dopo una serata di balli sfrenati, ma quello che si presentò davanti ai loro occhi le allarmò, facendole precipitare a cercare Tamsin in ogni angolo della casa.
“Tamsin!?!?” urlò Kenzi a perdi fiato, percorrendo la rampa di scale a due a due, e frenando la corsa una volta che ebbe raggiunto la camera di Bo, un istante prima di inciampare nei corpi morti che giacevano sul pavimento.
Bo quasi andò a sbattere contro la schiena di Kenzi che aveva frenato così improvvisamente.
“Che diavolo…?”
La bruna si accorse dell’ostacolo in cui stava per inciampare l’amica e, ancora più allarmata, cercò nella stanza la causa di quegli omicidi e l’amica, che pregava di trovare sana e salva.
Le due donne alzarono lo sguardo e fissarono stupite la schiena di una donna nuda che, coperta da un lenzuolo, sedeva sul letto, di fronte allo specchio.
“Tamsin?” tentò la più giovane, ancora incerta se avvicinarsi o meno.
La bionda si voltò imbarazzata, consapevole di dover dare non poche spiegazioni.
“Credo di essere cresciuta di nuovo…”
Le donne, una volta che l’ebbero riconosciuta, si affrettarono a raggiungerla.
“Piccola T, che è accaduto?” chiese l’umana, avvicinandosi con fare materno a Tamsin, che aveva tutto l’aspetto di una ragazzina diventata donna troppo velocemente, con uno sguardo perso e confuso e un corpo maturo che non sapeva come coprire.
“Non so chi fossero.  Io non ho fatto niente, lo giuro.”
Kenzi, protettiva e materna come mai prima di allora, le accarezzò teneramente la testa, facendo solo allora caso a quanto lunghi e lucenti fossero diventati i suoi capelli, e le sorrise.
“Lo so. Sta’ tranquilla.”
Tamsin accettò quella carezza, sorrise, ma non poté resistere dal guardare oltre la ragazza e incrociare i suoi occhi con quelli della Succubus, che a sua volta la fissava, leggermente in disparte, sguardo e pensieri indecifrabili.
La bionda, leggermente intimorita e in soggezione, distolse per prima lo sguardo e tornò a guardare Kenzi che tentava di tranquillizzarla.
Entrambe guardarono il suo nuovo aspetto allo specchio.
“Sei una piccola donna ora. Ma scommetto che anche le piccole donne come te hanno sonno e vogliono riposare. Che ne dici?”
Di tutta risposta la bionda si limitò a sbadigliare, cosa che fece sorridere l’altra.
“Altro che umana, sono una Fae-ggente.”
Kenzi la aiutò a stendersi, stando attenta a non scoprirla del lenzuolo.
Nel frattempo Bo ne approfittò per portare i due cadaveri di sotto e levarli temporaneamente dalla sua vista. Il giorno dopo avrebbe pensato al da farsi.
Tornò su e Kenzi stava salutando la bionda, oramai ben distesa e rilassata nel suo letto.
Quando però Tamsin la vide apparire sulla soglia mise assieme i pezzi di quell’assurda situazione e si agitò all’istante.
“Bo, scusami, questa è camera tua, io non volevo impormi. Andrò a dormire giù e-“
“Stai tranquilla, Tam. Di sotto non c’è più niente. Devono esserci stati altri uomini e hanno portato via tutto. Fortuna per loro che non hai dovuto incontrarli!”
“Che intendi?”
Prima che Bo potesse spiegarle la situazione, Kenzi, preoccupata di far riposare la piccola T, si intromise, decisa a non turbarla.
“E’ ora di dormire! Domani ci aspetta una lunga giornata. Susu! Tutte a letto!”  incitò la bruna, dando a Bo una pacca sul sedere e uscendo per raggiungere la sua camera.
Kenzi si volatilizzò e Bo si avvicinò al letto, dove Tamsin, con gli occhi chiusi e un mezzo sorriso sulle labbra, aspettava pazientemente che il sonno la rapisse.
La succubus poteva perfettamente intravedere quel corpo di donna appena sbocciato attraverso le curve del lenzuolo.
 Alta, snella, proprio come la ricordava, con una chioma bionda e lucente da far invidia a chiunque.
Aveva sempre provato una certa attrazione per la Valkyria, qualcosa di potente che sapeva di oscuro e che non aveva nemmeno avuto il coraggio di ammettere.
Ma poteva sentirlo ora, anche solo dal calore emanato da quel corpo nudo che giaceva sotto le coperte;
 un invito stuzzicante, una provocazione per cui era facilissimo cedere.
Eppure si sentiva inibita, colpevole di quei pensieri sapendo che la bionda era off-limits, ancora ragazzina, sebbene in un corpo di donna, una bellissima donna.
Fece un gran sospiro e si apprestò a stendersi, ben attenta a restare sopra alle coperte, nel suo lato del letto, evitando qualsiasi contatto.
Doveva solo chiudere gli occhi, non pensare, non pensare alla donna nuda stesa accanto a lei e tentare di dormire. Dormire, doveva dormire.
Ma non era così semplice.
“Non hai freddo?”
Bo spalancò gli occhi, sorpresa che Tamsin fosse ancora sveglia.
“No.” Chiuse il discorso e gli occhi più rapidamente che poté.
“E’ scomodo dormire sopra alle coperte. Perché non vieni sotto?”
Bo riaprì gli occhi e fissò il soffitto, cercando di mantenere il controllo, perché quello che aveva sentito non poteva essere la realtà.
“S-sto bene, grazie Tam.”
“E’ per colpa mia? Se vuoi dormo a terra e…” la bionda accennò ad alzarsi scostando un po’ il lenzuolo che la copriva e lasciando la sua schiena nuda nuovamente visibile.
Bo si castigò mentalmente e si impose di ritornare al soffitto.
“No, Tamsin! Per favore… resta a letto, sotto alle coperte. Non preoccuparti per me, sto benissimo.”
Tamsin la scrutò in volto per un secondo, ma l’altra non si faceva guardare negli occhi.
Non le sembrava un buon segno. Sembrava avercela con lei, ma non riusciva a capire perché.
Si risistemò la coperta senza distogliere lo sguardo dall’altra, aspettando che i suoi occhi facessero un passo falso, ma non un battito di ciglia. I suoi occhi castani erano fissi sul soffitto.
“Non li ho uccisi io.”
Finalmente Bo si voltò per guardarla negli occhi.
“Cosa?”
“Non li ho uccisi io quei due uomini. Non so come siano finiti a terra: un secondo prima mi guardavano e il secondo dopo erano a terra. Non so come siano morti, ma non li ho uccisi io.”
“Va bene, ti credo.” Pronunciò con altrettanta serietà la bruna.
Tamsin la fissò per un secondo in silenzio, finalmente avendo catturato la sua attenzione e, cosa più importante, i suoi occhi.
“Allora perché sei arrabbiata con me?”
“Non sono arrabbiata con te!” rispose sorpresa Bo.
“E’ perché sono cambiata?! Sai che non posso controllarlo! Non posso farci niente e se non ti piaccio così io-“
“Tamsin! Tamsin, frena. Che stai blaterando?”
Bo la guardò finalmente negli occhi, con attenzione, con quella reciproca sintonia che solo loro sapevano avere.
Quegli occhi azzurri, anche alla luce fioca della stanza, le parlarono chiaramente.
Vide la paura, l’insicurezza, la voglia di accettazione, tipiche di un’adolescente, amplificate di mille volte in una giovane Valkyria, ancora ignara dei suoi poteri, coi quali aveva appena provocato, senza volerlo e senza saperlo, la morte di due uomini, le prime vittime di quella sua nuova vita.
I pensieri di Bo presero una nuova piega, un’altra direzione e così il suo corpo e il suo volto riuscirono a rilassarsi.
“Tam, non sono arrabbiata con te. Per nulla. E non importa che tu sia cambiata. Tutti cambiamo, persino io sono cambiata! Ma non significa per forza  in peggio. Anzi. Mi piacevi prima e mi piaci ora.”
“Sul serio?” chiese titubante, in un sussurro, interrompendo il silenzio, ma come se stessero condividendo un segreto.
“Sul serio.” Rispose Bo in un sussurro sicuro, suggellando la verità con un sorriso.
Sembrò crederle, perché Bo la vide chiudere gli occhi e tornare a sorridere. La fissò in attesa, perché sapeva che la serata non era ancora finita.
Tamsin, lasciando gli occhi chiusi, forse imbarazzata di farle quella domanda diretta, le chiese:
“Bo… credi che io sia brutta?”
“Perché me lo chiedi?”
Bo si mise comoda su un fianco per ascoltarla e osservarla, mentre lei parlava ad occhi chiusi, con innocenza e sincerità, la stessa donna che una volta non avrebbe mai ammesso di provare emozioni.
“Hai fatto di tutto perché non mi scoprissi. A malapena riesci a guardarmi.”
“In realtà, Tamsin, è tutto il contrario. Credo che tu sia bellissima.” Rispose con uno slancio di sincerità.
La bruna osservò il volto dell’altra riempirsi: sollievo, gioia e fierezza.
Tamsin sorrideva. Ad occhi chiusi, sorrideva.
E Bo non si era mai sentita mai così coinvolta, da una cosa, poi, tanto semplice;
senza averla nemmeno toccata, nemmeno sfiorata.
“Anche tu non sei niente male.”
“Ah, grazie tante!” sbottò, scherzosamente offesa, la succubus.
Tamsin si unì alla sua risata, aprì gli occhi e si ritrovarono faccia a faccia a sorridere insieme, scioccamente, ma complici.
Lentamente i loro occhi, fissi gli uni negli altri, rubarono la scena ai sorrisi.
La stanza, silenziosa ora, era riempita solo dai loro respiri ravvicinati.
Erano ferme, viso ognuna contro il proprio guanciale, a guardarsi, in silenzio, occhi negli occhi.
Si stavano leggendo l’un l’altra, stavano dicendo la verità senza dover dire una parola.
Si desideravano più di chiunque altro e lo sapevano entrambe.
Bo si stava sforzando di tenere a mente che doveva dare a Tamsin ancora un paio di giorni di crescita prima di poter fare qualsiasi cosa. Eppure era già donna ai suoi occhi, già attraente. Bellissima, come la ricordava.
Mancava solo la consapevolezza di chi fosse e di cosa fosse capace.
Doveva scoprire ancora il lato oscuro di sé che a Bo piaceva tanto; lato che la rendeva una Fae speciale, capace di far convivere, senza nemmeno saperlo, proprio come Bo, sia la luce che l’oscurità.
Bo si limitò ad accarezzarle una lunghissima ciocca di capelli: biondi, morbidi e profumati.
Tamsin non batté ciglio. Era stregata da quegli occhi, incantata dal suo tocco e completamente in suo potere.
Si fidava ciecamente di lei.
Voleva dormirle accanto, ma aveva paura di rischiare troppo e di provocarla oltre ogni limite, avendo percepito quanto sforzo stesse facendo la bruna per tenere a bada i suoi istinti.
Si rigirò sotto le coperte, mettendosi sul fianco, dandole volontariamente la schiena e portandosi i capelli biondi sulla spalla, in avanti, cosicché non dessero fastidio, e attese.
Bo vide quelle spalle nude spuntare da sotto le coperte. Rimase interdetta un attimo, dubbiosa nel dire se fosse stato un atto di distacco e rifiuto, ma poi capì.
Si accostò alla schiena dell’altra, si schiacciò contro di essa, solo i suoi vestiti e il lenzuolo a separarle, e con il braccio le cinse il ventre, stringendola a sé, mentre la sua mano fu accolta tra quelle di Tamsin, che la carezzavano dolcemente.
“Buonanotte, Bo.
“Buonanotte, Tamsin.”
Sospirarono entrambe cercando di tenere sotto controllo la pelle, il calore, il desiderio.
“Quegli uomini mi hanno trovata brutta, però. Mi hanno vista e hanno indietreggiato.”
Bo, ad occhi ormai chiusi, con un sorriso, fece fatica a rispondere, ma fu attenta a non svelare nulla.
“E’ chiaro che non portavano gli occhiali.”
“No, nessuno dei due in effetti…” rispose la bionda, ingenuamente.
“Non sanno cosa si perdono…”
 
Quelle parole, quell’abbraccio, quella notte.
Tutto sembrava surreale ad entrambe.
Tamsin cercava di capire cosa fossero quei sentimenti, quelle sensazioni ed emozioni che provava quando era accanto alla bruna. Se fosse stato quell’amore di cui tutti parlavano, Bo provava lo stesso per lei?
Cosa significava per lei quella notte, quell’abbraccio?
Sentiva le sue mani stringerla e accarezzarla, eppure trattenersi.
Percepiva il desiderio, il rispetto e la dedizione in quelle mani incredibilmente delicate.
Bo, abbandonatasi all’istinto, aveva deciso di lasciar fare al destino e di fare esattamente ciò che si sentiva, in ogni momento, fino ai limiti del possibile.
E quella sera le aveva portato Tamsin, in tutto il suo splendore.
Proprio quando aveva perso ogni speranza di rivederla, ecco un inaspettato piacere nel ritrovarla.
E ora la abbracciava al buio, nel suo letto, volendo godersi ogni minimo dettaglio, ogni bionda ciocca di capelli, ogni centimetro di pelle che riusciva a sbirciare, ogni dolce sorriso che riusciva a far comparire sul suo viso semi-cosciente.
Nessuna delle due sapeva cosa sarebbe successo, il sole incombeva sulle loro teste, pronto a strappare via i segreti della notte, qualora avessero voluto lasciarli tali.
Il dubbio le assaliva.
Ma, si sa, quando si ha a che fare con una Valkyria, il dubbio fa parte del gioco.
Il trucco è imparare ad accettarlo e non lasciarsi sopraffare.
Così Bo smise di interrogarsi su cosa significava quello che stava accadendo e si addormentò abbracciata a Tamsin, tranquilla che quella notte, qualunque cosa fosse successa, non poteva essere cancellata.
Tamsin sentì finalmente la bruna rilassarsi e allentare la presa della sua mano.
Aveva temuto fino all’ultimo secondo che la succubus se ne sarebbe andata una volta che lei si fosse addormentata, ma si era sbagliata.
Capì che Bo non aveva intenzione di andare da nessuna parte e lei promise a se stessa che non avrebbe mai dimenticato quella notte, qualunque cosa fosse successa;
avrebbe ricordato Bo, e quella notte, in ognuna delle sue vite.
 

 

Piccola nota:
Se siete arrivati fin qui, può significare tre cose:
1) State seguendo Lost Girl in contemporanea con l'America e quindi sapete di cosa sto parlando;
2) Non avete visto i segnali di spoiler e adesso mi state maledicendo persino in turco;
3) Non state seguendo la quarta stagione, avete letto i segnali di spoiler, ma ve ne siete altamente sbattuti perché siete degli spoiler!addicted (e io vi odio, sappiatelo).

Mi scuso per eventuali errori e per eventuali incomprensioni.
L'ho scritta di getto e non mi andava di ricontrollarla troppo. E' venuta fuori così e ho voluto condividerla con voi.
Confesso che è la prima volta che scrivo su Lost Girl e non potevo che scrivere di loro (Bo e Tamsin) perché c'è molto, troppo, di non detto.
Mi piacciono da morire insieme e ho immaginato cosa potessero pensare e provare in un momento di totale cambiamento per entrambe.
Devo dire che gli autori sono stati molto sbrigativi con la crescita di Tamsin (anche perché se non mi facevano rivedere Rachel Skarsten ancora per molto li avrei torturati con le mie stesse mani), ma, sebbene appunto ne comprenda le motivazioni e necessità, trovo che fosse interessante vedere una Valkyria che cresce velocemente e non sa chi o cosa è.

Con questa flashfic sono stata anch'io molto sbrigativa. Era una prova, una bozza per vedere se riuscivo a buttare giù qualcosa di decente. Ci tornerò sicuramente su, devo solo capire cos'è che mi intriga particolarmente.

Se volete ancora leggere di me su Lost Girl e avete suggerimenti o non volete affatto leggermi più o semplicemente volete dar libero sfogo al turco (vedi punto 2 sopra), lasciate un commento e sarà apprezzato.  
_CodA_
  
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