Libri > Eragon
Ricorda la storia  |      
Autore: Oplomacus    04/01/2014    1 recensioni
Due anni dopo la partenza di Eragon, una nuova minaccia sconvolge Alagaesia.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La regina Nasuada fissò con attenzione l'ingresso della sala del trono di Ilirea, la capitale del suo regno. Nella sua mente albergavano pensieri di diversa natura, contribuendo a renderla inquieta oltre ogni modo.
Erano passati due anni da quando Eragon, intenzionato a rifondare l'ordine dei Cavalieri, era partito con una nave elfica con al seguito le uova e gli Eldunarì dei draghi. Nell'arco di quel tempo, Nasuada aveva investito ogni minuto della sua vita per purificare quello che una volta era stato il Regno di Broddring dall'influenza nefasta di Galbatorix, temendo, a volte, di non essere in grado di terminare l'opera. Tuttavia, da qualche mese, sembrava che le cose si fossero messe meglio.
L'ultima ribellione era stata sedata molte settimane prima, mentre i commerci avevano ripreso a prosperare e le città si erano progressivamente ripopolate, dando un senso all'opera infaticabile di Nasuada.
Quella sera, però, stava per succedere qualcosa. Quando, un'ora prima, era stato annunciato a palazzo l'arrivo di un araldo che aveva dichiarato di dover conferire immediatamente con la regina, quest'ultima aveva percepito sulla schiena il brivido di tensione che la colpiva sempre quando aveva un brutto presentimento.
"Cosa non darei per avere qualcuno al mio fianco. Una persona che mi sostenga, che mi consigli, che accetti di condividere anche solo una parte delle mie responsabilità..." pensò amaramente nel momento in cui i soldati si apprestarono ad aprire le porte.
In realtà, esisteva una persona che Nasuada avrebbe voluto accanto a sé più di qualsiasi altra in Alagaesia.
Un uomo che il Fato aveva condannato ad un'esistenza tormentata ed instabile, costellata dalla sventura e dalla collera.
Colui che aveva ricoperto un ruolo decisivo nella sconfitta di Galbatorix e, soprattutto, nel salvarla da una pazzia certa ed inevitabile.
"Murtagh" sospirò Nasuada.
Così come di Eragon non c'erano più notizie da due anni, così nessuno aveva mai avvistato il figlio di Morzan, neppure per caso. Nasuada avrebbe dato metà del suo regno per poterci almeno parlare un'ultima volta.
Le porte si aprirono e l'araldo entrò di corsa. Era cencioso, madido di sudore, sporco e visibilmente ferito. Nasuada riconobbe sulla sua tunica lo stemma di Teirm.
Nonostante le sue condizioni precarie, l'uomo si inginocchiò di fronte al trono e disse:
"Salute a te, Maestà. Che le stelle di proteggano".
"Risparmia i convenevoli. Che cosa ti è successo?".
L'uomo si rialzò lentamente e rimase a stento in posizione eretta.
"Mi manda Lord Risthart di Teirm" disse con voce rotta.
"Il mio signore implora il tuo aiuto per salvare lui e la sua città dagli invasori".
Un cupo mormorio si diffuse nella sala del trono.
"Invasori?" chiese Nasuada "Spiegati meglio".
"In realtà... non lo sappiamo. Di sicuro non sono umani. Sono sbarcati in città durante la notte, i nostri uomini hanno tentato di resistere, ma non è stato possibile. Erano troppi".
"Quanti?"
"Non lo so, ma il mare era letteralmente ricoperto dalle loro navi. Lord Risthart ha dovuto abbandonare la città e si è trincerato a mezzo miglio dal cancello con ciò che resta delle sue truppe. I mostri, intanto, continuano a sbarcare...".
Nasuada si alzò repentinamente dal trono e decretò:
"In virtù del trattato di alleanza stipulato con Lord Risthart due anni fa, il Regno di Broddring accorrerà in suo aiuto con le altre genti di Alagaesia. Jormundur!".
L'anziano generale emerse dall'ombra e si inchinò.
"Cosa comandi, mia signora?"
"Raduna tutti i soldati disponibili al margine settentrionale del Lago di Leona. Manda dei messaggeri a re Orrin e ad Orik nel Farthen Dur".
Mentre il generale si congedava ed alcuni guaritori si prendevano cura dell'araldo, Nasuada si avvicinò a Vanir, l'ambasciatore degli elfi.
"Contatta subito la regina Arya. Avremo bisogno anche di voi, se quello che ha detto quest'uomo è vero".
Vanir annuì, visibilmente inquieto. Una nuova guerra era l'ultima cosa che gli elfi potessero desiderare, dato che nelle ultime due avevano perso i loro regnanti.
La regina si diresse verso le sue stanze, seguita dai suoi uomini. Non aveva sconfitto Galbatorix per essere subito messa in discussione da un'invasione esterna.
"Devo farcela. Lo devo a tutti coloro che mi hanno sostenuto" pensò mentre iniziava a mettersi l'armatura.

La settimana seguente, la prima avanguardia dell'esercito alleato era schierata a mezzo miglio da Teirm.
Ai circa ventimila soldati di fanteria dell'esercito reale se ne erano aggiunti quasi altrettanti provenienti dal Surda, di cui metà cavalieri. Completavano lo schieramento diverse migliaia di Urgali, fra i quali molti enormi Kull comandati da Nar Garzhvog. Sebbene i mostri cornuti non avessero gradito il passaggio attraverso le loro terre dell'esercito di Nasuada, furono ben lieti di aggregarsi ai vecchi amici. La guerra era pur sempre la loro attività principale.
Gli elfi si stavano ancora mobilitando sotto la supervisione di Arya e del suo drago, secondo le usanze della loro razza, mentre i nani stavano accorrendo a marce forzate. In compenso, la punta di lancia dello schieramento era composta da poco meno di mille uomini della Valle Palancar guidati da Roran Fortemartello, che aveva stabilito la sua residenza in un castello situato dove una volta sorgeva il natio villaggio di Carvahall.
Nasuada stava fingendo di ascoltare le lamentele di Lord Risthart, ma in realtà stava già esaminando la situazione.
I misteriosi invasori avevano preferito non dilagare immediatamente attraverso la pianura antistante Teirm, decidendo ci continuare a sbarcare in massa all'interno della città. Le mura nereggiavano di figure industriose e frenetiche, mentre il mare era proprio come lo aveva descritto l'araldo, ricoperto di navi.
"...e quindi ci siamo ritrovati addosso questi maledetti mostriciattoli" diceva Risthart.
"Alti all'incirca un metro e mezzo, curvi come le lame che impugnano. Io stesso ne ho ucciso qualcuno, in battaglia non valgono molto, ma, credimi, Maestà, non ho mai visto un tale numero di creature nello stesso luogo! Centinaia di migliaia, sembrava di affogare in mezzo ai loro corpi. Per questo non siamo riusciti a trattenerli".
"Vederti in salute mi fa piacere, Lord Risthart, ma ora è il momento che lasci fare a noi. Ricacceremo in mare questa infestazione" tagliò Nasuada.
"Teirm è circondata da alte mura ed è protetta dal mare. Tuttavia, il cancello principale è distrutto, pertanto ritengo un assalto frontale la tattica migliore" osservò Jormundur.
Nasuada assentì e diede ordine agli uomini di prepararsi.
"Credo di riconoscere quei mostriciattoli, Lady Furianera" intervenne Garzhvog.
La regina inarcò un sopracciglio e rispose: "Spiegati meglio", mentre re Orrin del Surda non aveva ancora smesso di imprecare da quando si era aggregato alla spedizione.
"Non ne ho mai visto uno, ma credo che siano goblin. Le storie tramandate dalle Herndall parlano di questi esseri che vivevano sulla nostra stessa terra prima che partissimo per stabilirci in Alagaesia. Li abbiamo sempre paragonati alle formiche. Molto industriosi, ma fisicamente insignificanti".
Ed era vero, pensò Nasuada. Stando alle descrizioni di Risthart, ci sarebbero voluti almeno tre goblin messi l'uno sopra l'altro per eguagliare la statura di un Kull.
Annuì con aria pensierosa e contemplò l'esercito che si apprestava a caricare. Un altro massacro incombeva.

Roran Garrowsson, protetto da un'armatura di splendida fattura e con in mano il suo inseparabile martello, si rivolse verso i suoi soldati. Oltre ad alcuni ex abitanti di Carvahall, essi erano perlopiù volontari, coloni che si erano stabiliti nella Valle Palancar per la fama del suo signore.
"Soldati, amici, miei fidati guerrieri! Abbiamo lottato duramente per assicurarci la pace, lo sappiamo bene. C'è chi ha perso la casa, chi la famiglia, chi entrambe, ma adesso abbiamo il diritto di vivere senza paura, secondo la nostra indole. Qualunque cosa siano i nemici oltre quel cancello, impediremo loro di distruggere la nostra libertà!".
Gli uomini acclamarono Roran con devozione assoluta. Lo avrebbero seguito in capo al mondo.
Quando le trombe squillarono, l'esercito alleato si riversò sulla pianura e caricò a testa bassa i cancelli di Teirm, spingendo molti goblin che si erano allontanati in avanscoperta a rientrare di corsa dentro la città.
Inspiegabilmente, i soldati non incontrarono alcuna resistenza davanti al cancello e Roran varcò quest'ultimo per primo, urlando come un ossesso, salvo poi bloccarsi repentinamente, la bocca spalancata, mentre i suoi uomini facevano altrettanto.
La città era piena, piena fino all'orlo di goblin. Le strade ne erano intasate, i tetti delle case brulicavano e, Roran non volle credere ai suoi occhi, perfino le pareti degli edifici e delle mura ne erano rivestite.
"Per gli dei" pensò Roran "Si arrampicano sui muri!".
I mostri iniziarono a squittire e si avventarono sulle truppe alleate, che intanto si erano riversate in massa attraverso il cancello.
Roran urlò ed alzò lo scudo, su cui subito si abbatterono due frecce, quindi si voltò ed abbatté un mostro con un colpo secco di martello. La violenza dell'impatto scaraventò al suolo il cadavere del goblin, ma Fortemartello non se ne curò, era troppo impegnato a lottare per la propria sopravvivenza. Si sbarazzò di altri tre nemici e fece per accorrere in soccorso di una squadra di commilitoni sommersa dalla marea nera, ma un goblin si staccò dal muro di cinta e gli saltò addosso.
Rovinarono entrambi al suolo, ma Roran uccise subito il suo aggressore con una martellata nel costato. Non fece in tempo ad alzarsi che gli furono addosso in dieci, venti trenta, tutti con i piccoli occhi gialli iniettati di sangue. Tentarono di pugnalarlo attraverso la corazza, ma l'ex contadino, atterrito, cominciò a mulinare la sua letale arma, uccidendone in un numero incalcolabile. Questa mossa allentò per un istante la pressione su di lui, permettendo ad un gigantesco Kull di sopraggiungere in suo soccorso. Il bestione cornuto mulinò la mazza e liberò un ampio spazio intorno a sé, per poi afferrare per il collo un altro goblin e lanciarlo nel mucchio dei suoi compagni.
Roran si lasciò scappare un sorriso. Gli Urgali erano bestie sanguinarie, ma era un piacere averli al proprio fianco. Cercò con lo sguardo il suo fidato stregone, Carn e lo trovò accucciato dietro un cumulo di cadaveri, intento a mormorare parole nell'antica lingua. Si fece strada fino a lui a suon di martellate ed urlò:
"Tutto bene?"
"Sono ferito, ma sopravviverò. Ascolta: devi far ritirare i tuoi uomini, hai capito? Dobbiamo andarcene da qui!"
"Che stai dicendo?".
Carn si alzò di scatto, incurante delle frecce che saettavano intorno a loro, ed afferrò Roran.
"Sono troppi! Non ce la faremo mai ad ucciderli tutti! Ho provato ad espandere la mente per capire qualcosa su di loro, ma hanno coscienze molto semplici, simili a quelle degli insetti. Vogliono una sola cosa: la nostra distruzione. E sono troppi, Roran, veramente troppi! Almeno il doppio degi imperiali alle Pianure Ardenti!".
"Che cosa?".
Roran sbiancò. "Duecentomila. Non ce la farò mai ad ammazzarli tutti. Katrina...".
Il giovane si riscosse e si gettò nuovamente nella mischia. "Intorno a me! intorno a me!" gridava "Non disperdetevi!".
Continuò ad uccidere i goblin senza sosta, chiedendosi come fosse possibile che tanti esseri viventi potessero trovarsi nello stesso luogo senza farlo sprofondare, mentre sempre più compagni si allineavano intorno a lui.
Roran si rivolse ad un ufficiale surdano alla sua destra:
"Dobbiamo spingerli indietro, verso il centro della città, altrimenti i nostri resteranno bloccati al cancello e non potranno portarci aiuto. Dì ai tuoi uomini di affiancarsi e di alzare gli scudi con le lance puntate"
"Sarà fatto, Fortemartello!".
Alla testa di una sessantina tra soldati reali e surdani, Roran ordinò:
"Spingere!".
La folta falange avanzò con tenacia sovrumana, sospingendo la marea sciamante dei goblin lontano dal piazzale d'ingresso di Teirm. La pressione dei mostri era però troppo elevata e fu soltanto grazie alla carica di un manipolo di Urgali che il fronte riuscì a reggere.
Nuovi reparti alleati affluirono all'interno della città e si mescolarono ai combattenti, mentre Roran respingeva le furenti coltellate di quattro assalitori.
Si liberò di questi ultimi con il suo fidato martello, poi raggiunse Darmen, il maggiore dei figli del calzolaio Loring, e uccise i goblin che lo avevano circondato.
"Darmen, amico mio, non possiamo continuare a combattere con tutti quei mostri sulle mura. Prendi tutti gli uomini che riesci a trovare, sali la scala perimetrale e libera la cinta per quanto ti è possibile! Stai in guardia"
"Considerala come una cosa fatta!" replicò il giovane, sfoderando un sorriso tutt'altro che consono alle circostanze.
La battaglia continuò ad infuriare, richiamando a sé nugoli di corvi famelici. L'esercito alleato era riuscito ad entrare in forze dentro la città, ma era soverchiato numericamente e stava subendo forti perdite.
Roran era stanco e lievemente ferito, ma tutt'altro che disposto ad arrendersi, anche se sembrava che per ogni nemico che uccideva ne comparissero altri cinque a prendere il suo posto.
"Le navi" pensò Roran, sfondando il cranio di un goblin. "Bisogna distruggere le navi, altrimenti continueranno a sbarcare. Ma come?".
Ciò che vide poco lontano lo distolse dalle sue elucubrazioni. Dal tetto di un alto edificio alla sua sinistra, una strana figura sembrava dare ordini all'orda sottostante.
Roran non riuscì a distinguerne i contorni, ma dedusse che fosse il comandante dei goblin. Senza pensarci due volte, si diresse di corsa verso il palazzo in questione. Molti goblin provarono a sbarrargli il passo, ma vennero trucidati nel tentativo.
Fortemartello entrò di slancio nell'edificio e salì velocemente le scale che portavano al tetto, eliminando ogni nemico. Il giovane sorrise, constatando come i goblin iniziassero a guardarlo con paura. Una volta sul tetto, si sbarazzò di una decina di arcieri terrorizzati e fronteggiò il suo obiettivo.
Quest'ultimo era un essere dalle sembianze umanoidi, le braccia forti e muscolose e la struttura fisica massiccia. Era di poco più alto di Roran, aveva lunghi capelli crespi che gli scendevano fin sulle spalle ed un viso ferino, da lince, reso ancora più selvaggio dai grandi occhi gialli.
Indossava solo gambali e schinieri, mentre la parte superiore del corpo era scoperta e metteva in luce un fisico scolpito da lottatore.
Con sommo stupore di Fortemartello, il mostro parlò nella sua lingua.
"Sei stato sciocco a venire qui da solo, umano" disse con una voce roca e animalesca.
"Che cosa sei? Perché siete venuti qui? Parla!".
L'essere sorrise, scoprendo dei denti da predatore, e rispose:
"Semplice, a conquistare. Anni fa abbiamo finito di sterminare i nostri nemici di sempre, i demoni cornuti chiamati Urgralgra, ed abbiamo unificato la terra da cui proveniamo, ma le risorse non ci bastavano più ed abbiamo deciso di raggiungere il luogo dove, secoli fa, gli Urgralgra erano migrati. Ciò che vogliamo è la vostra terra, niente di più".
"Scordatelo! Né tu né gli altri goblin sfrutterete mai ciò che abbiamo fecondato per generazioni col nostro sangue!"
"Ma io non sono un goblin, umano! Io sono molto di più, sono un hurknar".
Roran strinse forte il martello.
"Un hurknar?"
"Si, siamo noi a comandare questi insetti in battaglia. Hanno anche un loro re e pensando di prendere autonomamente le decisioni, ma sono soltanto cera nelle nostre mani, da plasmare come vogliamo. I miei simili mi hanno designato come comandante di questa avanguardia".
Il giovane impallidì. "Avanguardia? Ma allora quanti ce ne sono, dall'altra parte del mare?" pensò.
Si riscosse subito e prese ad avanzare:
"Prima di morire, sappi che ad ucciderti è stato Roran Garrowsson della Valle Palancar!".
Menò una violenta martellata all'hurknar, che la parò senza fatica.
"E che i tuoi cari sappiano che è stato Bhragg a mandarti all'altro mondo!" disse il mostro, per poi ruggire e scaraventare l'avversario a dieci metri di distanza.
"Accidenti, se è forte!". Roran parò un colpo di spada a lama larga e tentò di colpire Bhragg al costato, ma l'hurknar schivò e lo centrò con un pugno sotto il mento.
Il cugino di Eragon rischiò di perdere i sensi, ma si riprese appena in tempo per schivare un fendente rivolto verso la sua testa. Si rialzò repentinamente e mulinò il martello, gridando con quanto fiato aveva in corpo.
Il duello si protrasse senza esclusione di colpi, ma Fortemartello riuscì a colpire a malapena superficialmente il nemico. Non era tanto abile nella scherma, quanto nella forza bruta che immetteva in ogni colpo, nella selvaggia determinazione omicida che vi infondeva.
Fu proprio quando Roran stava per cedere, che una delle navi dei goblin attraccate nel porto esplose in una tempesta di schegge. Quasi tutti i combattenti si fermarono e guardarono verso il mare, senza capire.
Una seconda nave esplose, seguita da una terza, quindi fu la volta di un vascello che si apprestava a sbarcare altri goblin nella darsena.
Un'ampia sagoma alata sorvolò l'intera area portuale e si posò sulla torre più alta del palazzo di Risthart.
Il bagliore degli incendi rese ancora più sfavillanti le squame rosse del drago che ruggiva una promessa di morte.
Le parole che invasero la mente di Roran furono le stesse, seppur accompagnate da differenti emozioni, che mormorò Nasuada:
"Non ci posso credere. E' proprio lui".

Murtagh guardò sotto di sé la città sconvolta dalla guerra, quindi volse il suo sguardo ad ovest, dove l'esercito alleato continuava ad affluire dentro Teirm.
Nasuada era lì, lui lo sapeva. Puntò nuovamente il palmo guantato d'acciaio verso il mare ed urlò per la quinta volta:
"Garjzla!".
"Direi che, a questo punto, ci siamo presentati come si deve" osservò Castigo.
"Già" replicò Murtagh, per poi aggiungere:
"Andiamo, amico mio. Poniamo fine a questo caos!".
Castigo balzò giù dal palazzo e, con tre rapidi battiti d'ali, si riportò in volo, costeggiando il porto, quindi si gettò in picchiata e spalancò le fauci.
Migliaia di goblin vennero investiti dal fiume di fuoco eruttato dal drago rosso, morendo carbonizzati.
Alla vista della sua potenza distruttrice, gran parte dei goblin si voltò e cominciò a correre a perdifiato verso le navi, molte delle quali stavano già invertendo la rotta, ma Castigo atterrò di schianto nella piazza principale e partì all'attacco.
Murtagh brandì in alto Zar'roc e cominciò a calarla con metodica precisione sui goblin che sciamavano intorno a lui. Era incredibile come la lama rossa desse l'impressione di avere un'inumana sete di sangue, nel momento stesso in cui recideva tendini e spaccava crani.
Castigo massacrò una cinquantina di goblin con un solo colpo di coda, ma più del doppio gli si avventarono sul fianco, tentando di pugnalargli le ali.
Senza esitare, Murtagh dilatò la coscienza, prese il controllo delle loro menti e mormorò un'unica parola di morte nell'antica lingua.
Subito dopo, tutti i mostri crollarono a terra senza un lamento. Mentre i resti dell'armata goblin continuavano a scappare, i soldati alleati, galvanizzati dall'intervento del Cavaliere, presero ad incalzarli lanciando terribili grida di guerra. La battaglia volgeva alla conclusione.

"Avete perso" disse Roran. "Arrenditi".
Bhragg rise di gusto e rispose:
"Preferisco morire, umano. E tu verrai con me!".
I due ripresero a duellare senza esclusione di colpi, mentre sotto di loro passavano a perdifiato i reparti di entrambi gli eserciti.
Roran mirò alle gambe di Bhragg, ma quest'ultimo gli bloccò il martello a mezz'aria.
"Sei finito!" disse con un ghigno ferino.
Fortemartello tentò di strattonare la presa, ma era troppo stanco. Si preparò a ricevere il colpo, ma uno schianto di metallo alle spalle di Bhragg impose al mostro di lasciarlo andare.
Roran crollò a terra, ansimante. C'era mancato davvero poco.
Bhragg fronteggiò il nuovo nemico ed urlò:
"Tu e la tua lucertola la pagherete, parola mia!"
"Vedo che le parole non ti mancano, ma il coraggio si. Fatti sotto, feccia nauseabonda!" lo sfidò Murtagh, mentre Castigo continuava a massacrare senza pietà i goblin al porto.
Roran dovette constatare che il figlio di Morzan fosse un duellante senza pari. Non aveva alcuna difficoltà a fermare gli attacchi dell'hurknar che per poco non lo avevano ucciso, ostentando una tranquillità quasi irritante.
Murtagh ferì Bhragg al braccio con un fendente di Zar'roc, lo disarmò con una semplice torsione del polso e disse:
"E' finita", per poi attaccarlo con la mente.
Come prevedeva, l'hurknar non aveva idea di come difendersi da un attacco mentale, pertanto non ebbe alcuna difficoltà a prendere il controllo della sua coscienza e a bloccare gli arti con un incantesimo. La mente del Cavaliere venne invasa da un torrente di ricordi. Vide pianure assolate, un'infinità di battaglie, eserciti che marciavano sotto il sole, un lungo viaggio in mare e molto, molto di più.
Cercò di arginare il flusso di informazioni e di ridurre rapidamente all'impotenza l'hurknar, ma, in quell'istante, una freccia vagante colpì Castigo al fianco destro.
Una ferita insignificante, ma abbastanza per distrarre Murtagh e per recidere il contatto mentale. Bhragg raccolse velocemente la sua spada a lama larga.
"No!" gridò Murtagh, ma era troppo tardi. Esibendo un ultimo sorriso beffardo, il mostro si tagliò la gola e cadde in una pozza di sangue.
Il Cavaliere imprecò con violenza e si gettò sul corpo, ma capì che non c'era niente da fare. Si rialzò e contemplò le navi dei goblin che battevano in ritirata, mentre gli ultimi mostri venivano trucidati senza pietà da Castigo e dai soldati. Gli Urgali, in particolare, sembravano provare una gioia sfrenata nel massacrare i piccoli mostri.
"Come mai non sei riuscito a fermarlo?" chiese Roran, che si era rialzato a fatica.
Murtagh fece un gesto con la mano e replicò:
"Uno di quei mostri ha ferito Castigo. Il dolore mi ha distratto e non ce l'ho fatta a fermarlo, tutto qui. Pura sfortuna".
Roran tacque per qualche istante, poi parlò nuovamente:
"Tu sei Murtagh, giusto?".
Il giovane si voltò, appoggiò un braccio sulla spalla di Fortemartello e replicò:
"Si. Tuo cugino".

Il palazzo di Risthart era pieno di cadaveri, ma lo stato maggiore decise ugualmente di riunirsi lì, nello studio del signore della città.
Nasuada aveva detto agli altri capi che li avrebbe raggiunti a breve, ma non se la sentiva. Non dopo aver rivisto Murtagh dopo due anni.
Nell'oscurità del corridoio antistante, il Cavaliere le pose le mani sulle guance.
"Sono tornato, Nasuada, come ti avevo promesso"
"Murtagh, io... Per più di due anni non ho fatto che pensare a te e, credimi, non pensavo proprio di vederti ricomparire in una circostanza del genere"
"Non potevo permettere che ti facessero del male, perché io...".
La donna gli pose un dito sulle labbra.
"No, Murtagh, non adesso. Non adesso".
Gli occhi le si velarono di lacrime.
"Perché?"
"Perché te ne devi andare"
"Che cosa?"
"Murtagh, sono arrivati i nani"
"In che...".
Non fece in tempo a finire, perché una voce tonante lo anticipò.
"Giù le mani dalla regina!" ruggì Orik, brandendo un'ascia bipenne da guerra. Per fortuna, non era seguito da guardie del corpo.
Murtagh non riuscì a dire niente, ma percepì l'inquietudine di Castigo, in volo all'esterno.
"Cos'è, vuoi finire l'opera, assassino? Morirai sotto i colpi della mia ascia, Murtagh figlio di Morzan, Regicida! Hai ucciso la persona più vicina a un padre che abbia mai avuto e ti giuro che pagherai per questo".
"Aspetta, Orik, ti prego!" disse Murtagh.
In nome del legame che ti vincola a mio fratello, ti prego di ascoltarmi. Poi deciderai di fare ciò che vorrai.
Detto questo, Murtagh colse di sorpresa Orik ed entrò nella sua mente, condividendo ogni suo ricordo, con particolare riguardo alle emozioni, di quando era sotto l'influenza di Galbatorix.
Nasuada non osò interferire fino a quando, al termine del racconto, il nano si appoggiò al muro.
Corse a sorreggerlo, ma il re la respinse con delicatezza.
"Ti ringrazio, Maestà, ma non ce n'è bisogno".
Poi Orik piantò i suoi occhi su Murtagh.
"I tuoi sentimenti sono sinceri, Regicida, e capisco che tu abbia agito contro la tua volontà. Ciò non mi permetterà mai di perdonarti, sia chiaro, ma sarebbe sciocco da parte mia pretendere la tua testa, dal momento che siamo in guerra contro una potenza sconosciuta. Spero che ti possa riscattare sul campo di battaglia. Barzul! Speravo di non vederti più".
Murtagh annuì e disse:
"Ti ringrazio. Non cercavo il tuo perdono, ma solo la tua comprensione"
"Da me non hai da temere niente, ma ti consiglio vivamente di andartene. I miei guerrieri sono in subbuglio, vogliono uccidere te e il tuo drago per ciò che hai fatto a Rothgar"
"Di questo parleremo dopo" intervenne Nasuada "Ma adesso, vi prego, seguitemi al consiglio".

Le reazioni alla ricomparsa di Murtagh furono molteplici. Arya, il cui volto lampeggiava su uno specchio all'interno della sala poiché era ancora in marcia con le sue truppe, ne fu felice, così come, o almeno così venne interpretato il suo ruggito, Fìrnen.
Orrin non fu in grado di commentare. Disse solo:
"Per gli dei", rivolto a nessuno in particolare.
Jormundur lo guardò con diffidenza, Roran con un'espressione indecifrabile. Garzhvog latrò:
"Sei forte, Spadarossa".
Terminati i convenevoli, Murtagh mise tutti a parte di ciò che aveva visto nei circordi di Bhragg.
"So dove si trova la loro madrepatria, ma non ho capito come siano organizzati i goblin. Non so se sia stata la loro intera nazione ad attaccarci, oppure solo una fazione guidata dagli hurknar"
"Una cosa è certa" intervenne Nasuada "Ci attaccheranno di nuovo".
"Giusto, e stavolta potremmo non essere in grado di farcela" aggiunse Arya.
"Maledizione" imprecò Orrin "Non ci voleva".
I vari capi di Stato discussero ancora per qualche minuto, quindi Murtagh disse:
"Temo che ci sia un'unica soluzione. Aspettare che ci attacchino di nuovo è troppo rischioso, poiché, come dice Arya Svit-Kona, potremmo non essere fortunati come oggi. Io e Castigo siamo potenti, così come lei e Fìrnen, ma non siamo dei. No, possiamo solo cercare di scoprire perché vogliono realmente distruggerci ed accordarci affinché smettano. Per questo...". Prima di concludere, il figlio di Morzan guardò a lungo Nasuada.
"... Io e Castigo partiremo per la terra dei goblin. Attraverseremo l'oceano ed incontreremo il loro re per porre fine a questa guerra. La pace va preservata ad ogni costo".
Nasuada sentì una stretta al cuore quando udì i commenti entusiastici degli altri presenti, soprattutto di Orik.
"Ma Murtagh, non puoi andare da solo laggiù, senza scorta!"
"Non ho bisogno di una scorta, so badare a me stesso. Inoltre, sento il bisogno di riscattare una volta per tutte il mio nome".
"Un proposito onorevole" approvò Orik "Così sia fatto".
"No" sentenziò Nasuada "Non permetterò che tu vada a farti ammazzare senza che nessuno ti accompagni".
"Infatti" intervenne Roran "Io andrò con lui".
Murtagh lo osservò attentamente, mentre Nasuada tentava di protestare.
"E tua moglie? La tua terra?" obiettò il giovane.
"Esatto, è proprio per questo che ti accompagnerò. Voglio scongiurare una nuova guerra per potermi dedicare interamente a loro e ti aiuterò a farlo. Non ti sta bene?"
"Purché tu non abbia problemi a cavalcare un drago".
Roran rise:
"Ricordati di chi sono cugino!".
Nasuada provò ancora ad obiettare, ma ormai la decisione era presa...

La mattina seguente, Nasuada abbracciò Murtagh sulla terrazza più alta del palazzo.
"Promettimi che ritornerai di nuovo" disse "Giuramelo".
Il Cavaliere la guardò dritto negli occhi ed assicurò nell'antica lingua che sarebbe tornato.
"Mi vedrai ricomparire dal mare, Nasuada, come ieri. Non voglio perderti proprio adesso che ti ho ritrovata e che ho capito, una volta di più, di amarti".
Nasuada si sforzò di non piangere ed appoggiò delicatamente le proprie labbra su quelle di Murtagh.
Il tempo parve fermarsi, mentre i due amanti tormentati infondevano nel bacio tutto lo strazio che avevano provato a causa della loro forzata lontananza.
Un battito d'ali segnalò l'arrivo di Castigo con Roran in groppa ed obbligò Murtagh a separarsi da Nasuada.
La guardò un'ultima volta, quindi saltò in groppa al suo drago e partì verso l'oceano.
"Non so perché, ma credo che mi piacerà viaggiare con te" disse Roran.
"Sono pur sempre tuo cugino, giusto?"
"Si, ma non solo per quello. Eragon ha sempre avuto una grandissima stima di te, credimi se dico che ti considera come e più di un fratello. Anche io sono la tua famiglia, quindi... Prima o poi avremmo dovuto fare qualcosa insieme, giusto?".
Murtagh rise di gusto e, accarezzando il fianco di Castigo, replicò:
"Giusto!".
"Ci aspetta una settimana di viaggio"  intervenne Castigo "Fareste bene a riposare".

Ben presto, il drago rosso divenne un puntino all'orizzonte e poi scomparve, lasciando Nasuada sola sulla terrazza, con un grande dolore nel cuore.
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Eragon / Vai alla pagina dell'autore: Oplomacus