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Autore: Ciribiricoccola    26/05/2008    6 recensioni
[Michael jackson] Da una storia tristissima può risorgere una speranza. La cosa buffa è che questa speranza la farà risorgere una bambina schietta e inimitabile! One shot su MJ, spero vi piaccia!
Genere: Generale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ben

Benedetta chiuse la porta della sua stanza, si mise a sedere di fronte a lui a gambe incrociate e chiese, con molta cautela nella voce: “… Hai bisogno di un amico?”

Il ragazzo sorrise, un po’ imbarazzato, e annuì.

Anche lei sorrise prima di ribattere: “Possiamo diventare amici, se vuoi!”
“Oh!!” esclamò il ragazzo, spalancando gli occhi e mettendosi una mano davanti alla bocca “Davvero lo faresti per me?”
“Certo! Però… bè, dobbiamo stare attenti… mi capisci?”

Ancora una volta, annuì, contenendo il proprio entusiasmo.

Come una diligente e piccola insegnante, Benedetta si alzò da terra, spolverando leggermente i propri jeans, e disse: “Adesso ti faccio vedere una cosa. Aspetta qui”.

Il ragazzo annuì ancora, mettendosi dritto con la schiena, mentre vedeva la sua nuova amica salire sul suo scendiletto e prendere dalla libreria un grande libro blu.
Un libro di favole.

“Ecco” gli disse, una volta tornata accanto a lui “Tu mi ricordi lui, guarda… aspetta che trovo la pagina…”
Alla fine, la sua piccola mano si fermò su una pagina illustrata che rappresentava un popolo di folletti.
Benedetta indicò con un dito uno di quei piccoli esseri disegnati: sguardo malizioso, capelli scuri e lunghi, magrissimo e agile, dall’aria simpatica.

“Non sono così brutto!” protestò il ragazzo, tappando con la mano il viso del folletto.
“Oh, non dire sciocchezze! È un folletto come tanti! Ma tu sembri molto più simpatico!” lo rassicurò la bimba, chiudendo il libro “E poi, in questa storia, lui aiuterà il principe a salvare la sua principessa, lo sai? Dovresti essere contento!”
Il ragazzo fece una smorfia un po’ scettica e la bambina ne rise divertita, continuando a parlare…

“Sai che mi sarebbe sempre piaciuto avere te come amico?”
“Davvero?... Sono contento!” rispose il ragazzo con un sorriso sincero.
“Ma tu… come stai messo ad amicizie?”

Il ragazzo si fece serio, e cercò di spiegare alla bimba ciò cha a malapena un adulto poteva comprendere…
“Non avevo molti amici, a dir la verità…”
“E perché? Sei stato cattivo?”
“No, cattivo no… ma per loro ero… strano, credo…”
“Anch’io per i miei amici sono strana!”
“E perché?”
“Perché mi piace leggere… e perché non conosco tutti i segreti del computer… sono così stupidi…”
“Sì, hai ragione, sono degli ignoranti… ma tu devi continuare ad essere te stessa!”
“Oh, ma io sono me stessa! Io mi piaccio! E mi piace quello che ho, quello che faccio!”

Ammirato dalla determinazione e dalla genuinità di quella bambina di appena dodici anni, il ragazzo disse: “Mi sarebbe piaciuto essere come te…”
“Bè…” ribattè la ragazzina, con le guance un po’ arrossate “In fondo abbiamo uan cosa in comune: anche tu eri strano! Ma tu che cosa facevi per essere strano?”
“Io… mi comportavo come un bambino…”

Benedetta spalancò gli occhi…
“Tu?” chiese sorpresa “Vuoi dire che… facevi i capricci, non facevi niente da solo…?”
“No, no! Intendo dire che… preferivo giocare e circondarmi di giocattoli piuttosto che affrontare le cose brutte della vita…”
“Ma allora non sei l’unico! Anche mia madre a volte mi dice che vorrebbe tornare bambina!”
“Già, ma nessuno la biasima… perché tua madre non è conosciuta da tutti…”
“Oh, già… hai ragione… tu eri il re… doveva essere dura, vero?”

Il ragazzo, per l’ennesima volta, confermò annuendo e una lacrima scese, silenziosa e lenta, sulla sua guancia sinistra.
Benedetta, con uno sguardo triste, prese il fazzolettino di stoffa che sua madre le metteva sempre nella tasca della felpa e gli asciugò quella goccia che stonava su quel volto pallido.
“Scusami… so che non ne parli volentieri…” gli disse, mortificata.
“Non importa… tu almeno sei buona e non mi giudichi…” ribattè il ragazzo con un sorriso triste.
“Sai una cosa? Non capisco perché la gente ti chiamava re se poi ti ha trattato così male… forse, se fossi stato un semplice principe… saresti stato più felice e con meno pesi sulle spalle! Non credi?”
“Può darsi… forse ero troppo fragile per quel ruolo…”
“Allora facciamo così: siccome sei mio amico, allora io ti chiamerò semplicemente principe e non re! Ti va?”
Il ragazzo, come sempre, annuì.
“Non devi annuire e basta! Dì di sì! Così so che sei convinto! Allora, va bene se ti chiamo principe?” ribadì la ragazzina, mettendo le mani sopra i fianchi con fare autoritario.
Il ragazzo rispose un “Sì!” entusiasta e convinto, così Benedetta sorrise e gli disse: “Così, almeno ora, ti sentirai meglio…”
“Sei molto buona con me… ti ringrazio!”
“Oh, figurati… mi sei piombato in camera all’improvviso, che potevo fare? Di certo non mandarti via! Ma una cosa voglio saperla…”
“Tutto quello che vuoi!”
“Perché io?”
Il “principe” sorrise, appoggiò la testa a una mano e spiegò: “Perché sei quello che sarei voluto essere… e oggi non è facile trovare persone così!”

Benedetta sorrise emozionata e ribattè: “Sono contenta di sentirmi così speciale! Ma sai che sei esattamente come credevo che fossi?”
“Bè, non cambiano moltissime cose nell’aspetto di una persona, quando si diventa come me in questo momento!” ribadì il ragazzo con una risatina.
“Puoi spiegarmi una cosa?”
“Che cosa?”

La ragazzina sospirò, ridiventando seria, e chiese: “Perché lo hai fatto?”

Come lei, anche il ragazzo si fece serio.

“Per favore…” ribadì lei “Posso saperlo?”
“L’ho fatto perché… non ce la facevo più…” rispose lui, abbassando lo sguardo, afflitto.
“Davvero? Pur sapendo che avevi degli amici, anche se pochi, e i tuoi bambini?”
“Vent’anni, Benedetta. Sono passati vent’anni. Mi hanno fatto stare male per vent’anni! E ancora mi gettano fango addosso! Lo stavano facendo anche quando ho deciso di farla finita. E lo fanno anche ora, ora che non sono più tra loro!”.
Benedetta tirò su col naso, trattenendo le lacrime, e sussurrò: “Io ho pianto quando l’ho saputo… Ha pianto tantissima gente…”

Il principe alzò lo sguardo e la fissò negli occhi, sentendosi in colpa.

“Perdonami…” le disse, vergognandosi “Ma sappi che adesso sono qui per te e grazie a te!”
La bimba annuì e aggiunse: “Io ti ringrazio… però voglio che tu possa parlare con i tuoi bambini così come parli con me! Non devi sparire! Tu devi restare! E se sei rimasto nei cuori di tanta gente, a maggior ragione devi rimanere anche nei loro! Non sei riuscito a rimanere un re, e allora sii un principe, sii il loro principe!”

Il ragazzo, quasi spaventato dalla forza e dalla solennità con cui parlava la sua piccola amica, affermò: “Te lo prometto. Da stasera”.

Benedetta lo fissò, prima seria… poi un sorriso le si allargò sul viso, mettendo in evidenza le fossette e le lentiggini sulle sue guance.

“Non posso abbracciarti, vero? Stringerei il nulla…” osò, timidamente.
“Credo di potermi concedere un’eccezione, per stavolta…” la contraddisse compiaciuto il ragazzo.
La ragazzina fece una faccia interdetta e vide il suo amico tenderle una mano.
“Coraggio! Stringila!” la incitò lui con un sorriso.

Un po’ titubante, lei obbedì… e toccò la sua mano tiepida, scoprendosi commossa e felice come poche volte.

“Oh, che figata.. sto cercando di restare calma per registrare tutto nel mio cervello!” esclamò, guardandolo negli occhi.
Il principe scosse la testa ridendo e si avvicinò per poi stringerla a sé con affetto.

Benedetta non disse nulla per una decina di secondi; semplicemente, stette con gli occhi chiusi e si godette quell’abbracciò, ricambiandolo come meglio poteva come le sue piccole braccia… poi chiese, dopo aver riflettuto: “Posso chiederti una cosa?”
“Un’altra?” le chiese a sua volta il ragazzo, con ironia.
“Se permetti, non so nulla delle tue condizioni attuali! E volevo chiederti perché sei così giovane, quando in realtà avresti 55 anni…”
Il ragazzo ridacchiò e rispose: “Quando si muore… ti concedono uno sfizio, possiamo chiamarlo così… e chi è stato buono, può tornare all’aspetto che aveva durante i migliori anni della propria vita…”
“Adesso è tutto chiaro!” esclamò la bambina, staccandosi dal suo abbraccio e sorridendo “E io che pensavo di essere una visionaria quando ti ho visto davanti al mio letto come nel video di The way you make me feel!!”
Per tutta risposta, il ragazzo rise, scompigliandole i ricci rossi, e disse: “Ti prometto che farò quel che mi hai detto… sei una bambina molto intelligente… e in fondo, non mi dispiace non aver ancora trovato pace, perché ho te come amica!”
“Non scherzare su queste cose…” ribattè Benedetta, agitando il proprio indice davanti al suo viso “Adesso hai tanto lavoro da fare: devi continuare ad occuparti dei tuoi bambini, devi torturare tutti quelli che hanno torturato te… e quando avrai finito… bè… potresti ricordarti di me quando sarai in cielo e ci resterai per sempre? Sai, giusto per essere un po’ più sicura… non si sa mai!”
“Tranquilla… non pensarci per ora… e comunque sì, ti prometto anche questo, ok?” disse lui, pizzicandole una guancia con un gran sorriso che la fece arrossire per l’ennesima volta.

 
Si voltò per un attimo verso la finestra aperta della sua stanza, dalla quale era entrata improvvisamente una folata di vento.
Un attimo dopo, suo padre fece capolino nella stanza.
“Bene!” esclamò entrando, chiamandola col suo solito diminutivo.
La ragazzina, che aveva appena chiuso la finestra, posò subito lo sguardo sul suo papà e poi si guardò velocissimamente intorno.

Il principe non c’era più.

“Oilà… Benedetta… ci sei?” le chiese il padre con un sorriso divertito.
“Eh? Sì, papà! Dimmi!” gli rispose lei, ricomponendosi.
“Niente, ti ho portato quel CD che ti avevo promesso! Sono andato al negozio e l’ho anche pagato un sacco di soldi! Ringrazia il cielo che è il tuo compleanno, piccola peste!”

Contenta come una pasqua, la ragazzina tese le braccia verso il padre, lo abbracciò e subito mise le mani sul suo regalo.

L’LP di “Ben”.

“Oddio!!! Allora era questo!!!” strillò saltellando.
“Certo che era quello! Non c’è una canzone che ti si adatta meglio! Manca solo la E finale e poi quel titolo è perfetto per te!” ribattè prontamente il padre, ridendo “Vieni giù, che si mangia… mamma ha detto che è pronto…”
“Arrivo subito…”

 
Quando il padre la lasciò sola nella sua cameretta, Benedetta sistemò il grande disco nell’apposita bacheca insieme ad altri vecchi e affezionatissimi LP, sopra il vecchio giradischi che suo nonno le aveva regalato tempo prima.
Poi prese due Post- It, ci scarabocchiò velocemente qualcosa sopra e li attaccò fuori dalla finestra.
Infine, scese giù per le scale con un sorriso da orecchio a orecchio.

Era se stessa, era felice.
Era se stessa, era la sua piccola amica.

Sul primo Post- It, che ora si agitava un pò attaccato al vetro, c’era scritto:

 Tu non ce l’hai fatta a sopportare il tuo ruolo.
E così, ti sei tolto la corona.
E sei venuto da me.

Sull’altro invece, c’era scritto:

 Al mio principe… auguri per la tua missione… stavolta ce la farai e tutti ti vorranno bene.
Grazie!

Ben(e)

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Tutta la storia si basa sulla canzone dei Jackson 5, "Ben"... altrimenti come mai la protagonista si chiamerebbe Benedetta? :)

Dedico questa one- shot ai miei amici veri e mi auguro che vi sia piaciuta!
Un abbraccio da Ciry!

 

 

 

   
 
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