Benedetta chiuse la porta della sua stanza, si mise a sedere di fronte a lui a gambe incrociate e chiese, con molta cautela nella voce: “… Hai bisogno di un amico?”
“Oh!!” esclamò il ragazzo, spalancando gli occhi e
mettendosi una mano davanti alla bocca “Davvero lo faresti per me?”
“Certo! Però… bè, dobbiamo stare attenti… mi capisci?”
Un libro di favole.
Alla fine, la sua piccola mano si fermò su una pagina
illustrata che rappresentava un popolo di folletti.
Benedetta indicò con un dito uno di quei piccoli esseri
disegnati: sguardo malizioso, capelli scuri e lunghi, magrissimo e agile,
dall’aria simpatica.
“Non sono così brutto!” protestò il ragazzo, tappando con la
mano il viso del folletto.
“Oh, non dire sciocchezze! È un folletto come tanti! Ma tu
sembri molto più simpatico!” lo rassicurò la bimba, chiudendo il libro “E poi,
in questa storia, lui aiuterà il principe a salvare la sua principessa, lo sai?
Dovresti essere contento!”
Il ragazzo fece una smorfia un po’ scettica e la bambina ne
rise divertita, continuando a parlare…
“Davvero?... Sono contento!” rispose il ragazzo con un sorriso
sincero.
“Ma tu… come stai messo ad amicizie?”
“Non avevo molti amici, a dir la verità…”
“E perché? Sei stato cattivo?”
“No, cattivo no… ma per loro ero… strano, credo…”
“Anch’io per i miei amici sono strana!”
“E perché?”
“Perché mi piace leggere… e perché non conosco tutti i
segreti del computer… sono così stupidi…”
“Sì, hai ragione, sono degli ignoranti… ma tu devi
continuare ad essere te stessa!”
“Oh, ma io sono me stessa! Io mi piaccio! E mi piace quello
che ho, quello che faccio!”
“Bè…” ribattè la ragazzina, con le guance un po’ arrossate
“In fondo abbiamo uan cosa in comune: anche tu eri strano! Ma tu che cosa
facevi per essere strano?”
“Io… mi comportavo come un bambino…”
Benedetta spalancò gli occhi…
“Tu?” chiese sorpresa “Vuoi dire che… facevi i capricci, non
facevi niente da solo…?”
“No, no! Intendo dire che… preferivo giocare e circondarmi
di giocattoli piuttosto che affrontare le cose brutte della vita…”
“Ma allora non sei l’unico! Anche mia madre a volte mi dice
che vorrebbe tornare bambina!”
“Già, ma nessuno la biasima… perché tua madre non è
conosciuta da tutti…”
“Oh, già… hai ragione… tu eri il re… doveva essere dura,
vero?”
Benedetta, con uno sguardo triste, prese il fazzolettino di
stoffa che sua madre le metteva sempre nella tasca della felpa e gli asciugò
quella goccia che stonava su quel volto pallido.
“Scusami… so che non ne parli volentieri…” gli disse,
mortificata.
“Non importa… tu almeno sei buona e non mi giudichi…”
ribattè il ragazzo con un sorriso triste.
“Sai una cosa? Non capisco perché la gente ti chiamava re se
poi ti ha trattato così male… forse, se fossi stato un semplice principe…
saresti stato più felice e con meno pesi sulle spalle! Non credi?”
“Può darsi… forse ero troppo fragile per quel ruolo…”
“Allora facciamo così: siccome sei mio amico, allora io ti
chiamerò semplicemente principe e non re! Ti va?”
Il ragazzo, come sempre, annuì.
“Non devi annuire e basta! Dì di sì! Così so che sei
convinto! Allora, va bene se ti chiamo principe?” ribadì la ragazzina, mettendo
le mani sopra i fianchi con fare autoritario.
Il ragazzo rispose un “Sì!” entusiasta e convinto, così Benedetta
sorrise e gli disse: “Così, almeno ora, ti sentirai meglio…”
“Sei molto buona con me… ti ringrazio!”
“Oh, figurati… mi sei piombato in camera all’improvviso, che
potevo fare? Di certo non mandarti via! Ma una cosa voglio saperla…”
“Tutto quello che vuoi!”
“Perché io?”
Il “principe” sorrise, appoggiò la testa a una mano e
spiegò: “Perché sei quello che sarei voluto essere… e oggi non è facile trovare
persone così!”
“Bè, non cambiano moltissime cose nell’aspetto di una
persona, quando si diventa come me in questo momento!” ribadì il ragazzo con
una risatina.
“Puoi spiegarmi una cosa?”
“Che cosa?”
La ragazzina sospirò, ridiventando seria, e chiese: “Perché lo hai fatto?”
Come lei, anche il ragazzo si fece serio.
“Per favore…” ribadì lei “Posso saperlo?”
“L’ho fatto perché… non ce la facevo più…” rispose lui,
abbassando lo sguardo, afflitto.
“Davvero? Pur sapendo che avevi degli amici, anche se pochi,
e i tuoi bambini?”
“Vent’anni, Benedetta. Sono passati vent’anni. Mi hanno
fatto stare male per vent’anni! E ancora mi gettano fango addosso! Lo stavano
facendo anche quando ho deciso di farla finita. E lo fanno anche ora, ora che
non sono più tra loro!”.
Benedetta tirò su col naso, trattenendo le lacrime, e
sussurrò: “Io ho pianto quando l’ho saputo… Ha pianto tantissima gente…”
Il principe alzò lo sguardo e la fissò negli occhi, sentendosi in colpa.
“Perdonami…” le disse, vergognandosi “Ma sappi che adesso sono
qui per te e grazie a te!”
La bimba annuì e aggiunse: “Io ti ringrazio… però voglio che
tu possa parlare con i tuoi bambini così come parli con me! Non devi sparire!
Tu devi restare! E se sei rimasto nei cuori di tanta gente, a maggior ragione
devi rimanere anche nei loro! Non sei riuscito a rimanere un re, e allora sii
un principe, sii il loro principe!”
“Non posso abbracciarti, vero? Stringerei il nulla…” osò,
timidamente.
“Credo di potermi concedere un’eccezione, per stavolta…” la
contraddisse compiaciuto il ragazzo.
La ragazzina fece una faccia interdetta e vide il suo amico
tenderle una mano.
“Coraggio! Stringila!” la incitò lui con un sorriso.
Un po’ titubante, lei obbedì… e toccò la sua mano tiepida, scoprendosi commossa e felice come poche volte.
“Oh, che figata.. sto cercando di restare calma per
registrare tutto nel mio cervello!” esclamò, guardandolo negli occhi.
Il principe scosse la testa ridendo e si avvicinò per poi
stringerla a sé con affetto.
“Un’altra?” le chiese a sua volta il ragazzo, con ironia.
“Se permetti, non so nulla delle tue condizioni attuali! E
volevo chiederti perché sei così giovane, quando in realtà avresti 55 anni…”
Il ragazzo ridacchiò e rispose: “Quando si muore… ti
concedono uno sfizio, possiamo chiamarlo così… e chi è stato buono, può tornare
all’aspetto che aveva durante i migliori anni della propria vita…”
“Adesso è tutto chiaro!” esclamò la bambina, staccandosi dal
suo abbraccio e sorridendo “E io che pensavo di essere una visionaria quando ti
ho visto davanti al mio letto come nel video di The way you make me feel!!”
Per tutta risposta, il ragazzo rise, scompigliandole i ricci
rossi, e disse: “Ti prometto che farò quel che mi hai detto… sei una bambina
molto intelligente… e in fondo, non mi dispiace non aver ancora trovato pace,
perché ho te come amica!”
“Non scherzare su queste cose…” ribattè Benedetta, agitando
il proprio indice davanti al suo viso “Adesso hai tanto lavoro da fare: devi
continuare ad occuparti dei tuoi bambini, devi torturare tutti quelli che hanno
torturato te… e quando avrai finito… bè… potresti ricordarti di me quando sarai
in cielo e ci resterai per sempre? Sai, giusto per essere un po’ più sicura…
non si sa mai!”
“Tranquilla… non pensarci per ora… e comunque sì, ti
prometto anche questo, ok?” disse lui, pizzicandole una guancia con un gran
sorriso che la fece arrossire per l’ennesima volta.
Si voltò per un attimo verso la finestra aperta della sua
stanza, dalla quale era entrata improvvisamente una folata di vento.
Un attimo dopo, suo padre fece capolino nella stanza.
“Bene!” esclamò entrando, chiamandola col suo solito
diminutivo.
La ragazzina, che aveva appena chiuso la finestra, posò
subito lo sguardo sul suo papà e poi si guardò velocissimamente intorno.
“Eh? Sì, papà! Dimmi!” gli rispose lei, ricomponendosi.
“Niente, ti ho portato quel CD che ti avevo promesso! Sono
andato al negozio e l’ho anche pagato un sacco di soldi! Ringrazia il cielo che
è il tuo compleanno, piccola peste!”
“Certo che era quello! Non c’è una canzone che ti si adatta
meglio! Manca solo
“Arrivo subito…”
Quando il padre la lasciò sola nella sua cameretta,
Benedetta sistemò il grande disco nell’apposita bacheca insieme ad altri vecchi
e affezionatissimi LP, sopra il vecchio giradischi che suo nonno le aveva
regalato tempo prima.
Poi prese due Post- It, ci scarabocchiò velocemente qualcosa
sopra e li attaccò fuori dalla finestra.
Infine, scese giù per le scale con un sorriso da orecchio a
orecchio.
Era se stessa, era la sua piccola amica.
Sul primo Post- It, che ora si agitava un pò attaccato al vetro, c’era scritto:
E così, ti sei tolto la corona.
E sei venuto da me.
Sull’altro invece, c’era scritto:
Grazie!
Ben(e)
Dedico questa one- shot ai miei amici veri e mi auguro che vi sia piaciuta!
Un abbraccio da Ciry!