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Autore: Strekon    23/06/2003    60 recensioni
Pochi anni di tranquillità sono stati lasciati ai nostri eroi. Ma ora i pericoli sembrano ricominciare. Una nuova minaccia, una vecchia vendetta, un promessa mai compiuta...
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Ministro Weasley, una dichiarazione

“Ministro Weasley, una dichiarazione!” gridava un giornalista ammassato fra la calca assieme a tutti gli altri. Le macchine fotografiche scattavano a ripetizione verso Percy Weasley e il suo seguito che senza troppe parole ma molti sorrisi e saluti, raggiungevano l’entrata della Rocca Hielant. La rocca era un piccolo castello medioevale appartenuto alla famiglia Hielant, una nobile famiglia inglese dell’undicesimo secolo. L’erede della nobile casata fu un mago, uno di quelli di origini babbane. La famiglia, dopo che un gruppo di maghi gli spiegò il motivo di tante stranezze nel figlio, accolse con gioia la notizia e acconsentì a continuare la sua istruzione nel castello scozzese di Hogwarts. Ma non sempre i figli rispecchiano le aspettative dei genitori. William, così si chiamava l’erede, capì subito il grande potenziale che aveva a disposizione. Magia, di cui tutti gli uomini parlavano, ma nessuno, in realtà, aveva la certezze che esistesse. E lui poteva praticarla. Era il suo modo per combattere, per vincere. E lo sfruttò al pieno. Dopo la fine degli studi girovagò per tutta l’Inghilterra in cerca di potere magico. E lo trovò. Ne trovò anche troppo. Tornò dalla sua famiglia alla Rocca Hielant e la sterminò, tutta, dal primo all’ultimo membro. Il troppo potere gli aveva dato alla testa. Dai corpi straziati di parenti, amici e servitori ricavò un esercito di zombie e non-morti al suo servizio. Con quell’esercito iniziò la lenta conquista della terra tutt’intorno, devastando paesi e città. Dai morti di quei villaggi ricavava nuovi soldati non-morti pronti a servirlo. Sembrava che il suo regno di terrore stesse prendendo il sopravvento. Sembrava impossibile fermarlo. Fortunatamente non fu così. Una coppia di maghi, mai identificati poiché nessuno ha mai avuto dati certi su di loro, sconfissero l’esercito di William Hielant e ed egli stesso. La Rocca fu liberata dalla maledizione in cui era imprigionata e gli spiriti dei morti poterono tornare liberi a riposare. Solo uno spirito rimase. Lo spirito di Barrin Hielant, il padre di William, prese forma di fantasma e rimase nella Rocca a proteggerla da eventuali invasori ed altri visitatori indesiderati. Decise di prendersi questo ultimo compito. Ed ancora lo sta assolvendo.

Percy seguito da Cornelius Caramel salutò sorridendo un’ultima volta la gente ammassata alle porte del castello, in fondo alle ripide scale di pietra che conducevano all’interno dell’edificio. Sempre mantenendo il sorriso Percy si avvicinò a Caramel che sorrideva altrettanto.

“Cornelius capisco tutto, ma perché dobbiamo sottoporci a questa buffonata della stampa?” era storico ormai l’odio che il ministro Weasley aveva nei confronti dai troppo invadenti giornalisti. Un'altra donna raggiunse Percy dopo aver parlato con un uomo appostato all’ingresso.

“Ministro Weasley? Possiamo entrare. Gli altri capi di stato arriveranno a momenti. La cerimonia di benvenuto può iniziare” Percy alzò gli occhi al cielo e strinse il braccio della giovane con una forte gratitudine.

“Grazie Rebecca” disse lui sempre mantenendo il sorriso da stampa “Sei la migliore”

Lei biascicò un ringraziamento mentre si appostava accanto al ministro così come Caramel. Lei a destra e lui a sinistra. Al centro Percy Weasley. Gli anni erano stati clementi con lui. Era ancora un bell’uomo, potente e con un forte ascendete sulle donne. Ma di accasarsi non ne voleva proprio sapere. Stava bene così. Libero, forse troppo a volte, come diceva Molly. Non voleva ancora avere legami stretti come un matrimonio. Gli sarebbe bastata una convivenza con una donna che fosse riuscito ad amare, ma quale donna avrebbe “convissuto” con il ministro di Inghilterra? Quasi nessuna, senza contare le storie da giornali scandalistici che si sarebbero inventati vedendo il ministro in giro con donne mai viste e quant’altro. No, molto meglio aspettare a questo punto. Meno preoccupazioni e meno problemi. E poi lui una famiglia l’aveva già. Una famiglia fin troppo ampia. Cognati e nipoti a non finire di cui gli importava veramente. Per quel momento la sua famiglia sarebbe stata quella.

Le doppie porte si aprirono solennemente rivelando un cortile ampiamente decorato e pronto ad accogliere quello che sembrava un vero e proprio esercito di persone. Gente in divisa correva qua e là finendo di sistemare delle luci magiche con la bacchetta, o ravvivando l’ambiente con elaborati nastri rossi intrecciati e piante in fiore di ogni genere. Davanti al trio, nel cortile, erano posizionate quelle che sembravano piattaforme di vetro. Sei grosse lastre di vetro larghe un paio di metri.

Caramel si guardò intorno come in cerca di qualcuno.

“Ma dove è finito quell’idiota…” si lamento l’anziano uomo. Percy lo guardò alzando un sopracciglio.

“Te lo sei scelto tu come collaboratore. Vedi che faccia un buon lavoro. Non sopporto gli incompetenti… e lui a tutta l’aria di esserlo davvero” Rebecca rise lievemente al commento di Percy e seguì i due uomini che già avanzavano verso il centro del cortile.

“Allora? Siamo pronti al grande evento?” chiese Percy ad un indaffaratissimo mago che sbuffò sentendosi rivolgere domande del genere. La sua espressione mutò di scatto quando si accorse che chi lo aveva appena chiamato era il ministro della magia in persona.

“S-signor ministro! Siete già arrivato… sì certo è tutto pronto. Fra poco faremo entrare anche i giornalisti qui fuori. Quando voi volete” disse il mago imbarazzato. Percy sorrise soddisfatto. Ottimo. Finalmente dopo anni di silenzio i ministri di mezza Europa erano pronti ad incontrarsi per dare nuova forma al mondo magico. Solo sei paesi, oltre l’Inghilterra, avevano accettato l’invito inglese a partecipare ad un summit dove si sarebbero discusse tutte le idee e le necessità dei paesi partecipanti a quella che sarebbe diventata una forte unione di stati, come già era successo nel mondo dei babbani.

Percy raggiunse, seguito dai suoi due stretti collaboratori, il piccolo palco preparato per l’occasione. Un palco in legno reggeva un imponente tavolo lavorato di forma rettangolare. Da un lato stavano sette seggiole, anche loro imponenti come il tavolo. Dall’altro, ai piedi del palco, una lunga serie di comode poltrone dove presto giornalisti e invitati avrebbero assistito all’evento.

Si sedette nella seggiola al centro, così da avere tre posti vuoti sia a destra che a sinistra. Appoggiò i gomiti sullo spesso tavolo e nascose parte del volto fra le amni intrecciate.

“Cornelius come siamo messi con la preparazione del rinfresco. Non ci doveva pensare il tuo prezioso collaboratore?” sogghignò ancora Percy. Rebecca questa volta si trattenne. Caramel sembrò crucciarsi al commento pungente del ministro. Boccheggiò come un pesce incapace di dire qualcosa al riguardo, e proprio quando sembrò sul punto di rispondere una figura brillante, cupamente azzurra sbucò dal centro del tavolo. Con in suoi piccoli occhietti blu fissava Percy intensamente. Delle vesti stracciate fluttuanti lo coprivano quasi completamente. Da un lato della cintura di metallo pendeva una grossa ascia bipenne, e sulla testa calzava un elmo scalfito da cui spuntavano due corna di cervo giovane. Percy non tradì emozioni. Si alzò in piedi sorrise e salutò.

“Salve lord Barrin della rocca degli Hielant. Ancora vi ringrazio per la vostra ospitalità” il fantasma scosse la testa e la sua barba lunga e increspata gli coprì più volte la bocca, volteggiando come nell’acqua.

“Bah! Basta che sia una cosa breve! Ho il mio bel da fare a tenere lontana tutta quella gente mortale oltre a voi. Se lo faccio è solo per fare un dispetto a quell’idiota di lord Ronwar. Pensava di ospitarvi nel suo fastoso castello infestato. Solo perché qui ci sono solo io non vuol dire che non sia infestato a dovere, cosa credete!” disse burbero lo spettro fluttuando attorno al ministro e sputacchiando qua e la, ogni tanto, pezzetti di ectoplasma.

“Non vi preoccupate. Ce la sbrigheremo entro stasera. Nessuno vi darà più disturbo poi”

“Ah…” lord Barrin sembrò deluso dal commento di Percy, ma si riprese subito per non destare sospetti ormai più che ovvi a tutti. Lord Barrin soffriva un po’ di solitudine “Tanto meglio! Anzi, c’è un idiota che non fa altro che girovagare per i sotterranei da oggi pomeriggio in cerca di non so cosa… non mi ascolta neanche. Spero che muoia in quei sotterranei!”

Percy ciondolò la testa e alzò un sopracciglio verso Caramel. Quest’ultimo si passò una mano sulla faccia ad occhi chiusi e sbuffò sonoramente.

“Questa e la volta buona che lo licenzio quell’idiota” e si diresse verso le scale per i sotterranei.

Lord Barrin svolazzò fiero qua e là per il cortile sotto gli occhi dei presenti che, a volte intimoriti dalla sua presenza, cercavano di non fare caso al suo passaggio.

“Bah! Conigli!” commentava aspramente lo spettro quando si trovava vicino a Percy “Tutti temono ancora i fantasmi più antichi. Fanno bene! Che diamine!” e si lanciò in una sonora risata che sparse altri pezzi di ectoplasma sul tavolo. Fortunatamente l’ectoplasma oltre a brillare un po’ d’azzurro, non era nocivo, e scompariva subito nel nulla.

“Lord Barrin devo chiedervi un favore. Vi prego di non infastidire troppo i nostri ospiti, questa sera” disse Percy scendendo dal palco e raggiungendo il fantasma. A quelle parole lo spettro sembrò aumentare la sua lieve luce azzurra che lo copriva. Gli occhi si fecero di un blu più intenso e digrignò i denti, per quanto un fantasma li possa digrignare.

“Ehi! Chi crede di avere davanti, eh? Io a casa mia faccio quello che voglio! E’ chiaro? Non voglio avere regole a casa mia! Io comando e io decido!” Percy non si scompose di un millimetro. Alzò le spalle e si rivolse a Rebecca.

“Per favore Rebecca, prepara il tutto per il trasferimento magico nel castello di lord Ronwar. Sono sicuro che lui non avrà problemi” a sentire il nome di Ronwar, lord Barrin si calmò così come si era infervorato un attimo prima.

“No! Voglio dire… non importa. Quell’idiota di Ronwar sarà sicuramente in giro e vi rovinerebbe la festicciola… restate senza problemi…vedrò di… contenermi” Percy sorrise a Rebecca che rispose a sua volta con lo stesso sorriso.

“D’accordo lord Barrin. Allora rimaniamo”

Il fantasma si allontanò confabulando qualcosa di come fosse stato nuovamente fregato in qualche modo e attraversò la parete della rocca, scomparendo alla vista di tutti. Il grido di Caramel, intanto, faceva eco nei sotterranei, e preannunciava il suo imminente ritorno. Infatti, da lì a breve, Caramel spuntò dalle scale infossate nel terreno sporco di cenere e fango.

“Quell’idiota! Faceva gli esperimenti di creazione invece di badare al rinfresco. Razza di imbecille…” Caramel era nero. Sia di rabbia che di colore.

“Ma è tutto pronto Cornelius? Il rinfresco e il resto?” chiese Percy.

“Certo signor ministro! Ci ho pensato io… sì io!” rispose una voce prima che Caramel potesse. Dalle scale che poco prima erano state percorse dall’anziano mago comparve un uomo adulto. Un mago, senz’altro, da come era vestito. Non che fosse vestito da mago, ma per andare in giro così o era un mago, o pazzo. E a volte Percy pensava davvero che la seconda ipotesi fosse la più accreditabile. La folta chioma castana gli cadeva con un ciuffo sugli occhi rendendolo in un qualche modo affascinante. Sì, perché era un bell’uomo, davvero, ma tremendamente ridicolo nelle sue movenze da grand’uomo. Soprattutto dopo quella faccenda ad Hogwarts capitata più di dieci anni fa. Ma si sa, i pettegolezzi, spesso se negativi, sono difficili da cancellare dalla propria fedina. Soprattutto quando non sono pettegolezzi ma cruda realtà.

Gilderoy Allock salì con un balzo gli ultimi due gradini, sorridendo come al suo solito. E come al suo solito sbatté sull’ultimo scalino e cadette di faccia sul prato con un sonoro tonfo. Si sentirono risate un po’ ovunque nel cortile, da chi aveva assistito alla scena. Senza nessun problema, Allock si rialzò in piedi, si sfregò i pantaloni dalla polvere con le mani e continuò a zompettare verso Percy. Quando gli fu davanti si profuse in un profondo inchino.

“Vostra maestà” dichiarò con aria solenne agitando la mano come si usava nel medioevo. Percy gli poggiò una mano sulla spalla.

“Gilderoy, la monarchia è gia finita un bel po’ di tempo fa” Allock alzò la testa e lo fissò con aria sorpresa.

“Ah sì? Oh bè, allora… come non detto… signor?” chiese rivolto a Percy. Caramel sbuffò e con rabbia lo afferrò per un braccio.

“Allock, razza di idiota! Smettila di fare il pagliaccio e fila al lavoro!”

“Lasciatemi buon uomo! Ecco tenete” Allock tirò fuori qualche moneta e la allungò in mano a Caramel, che se ne stava fermo e allibito “Mangiate qualcosa di caldo”

“Povero vecchio” commento tristemente Allock a voce troppo alta e scotendo la testa con aria triste.

Caramel non ci vide più dalla rabbia. Colpì con un calcio il didietro di Allock che finì di nuovo a terra fra le risate generali degli addetti ai lavori. Subito si rialzò e si guardò intorno con aria indispettita.

“Ma chi è stato?” poi si rivolse ai tre, che ancora lo fissavano divertiti e rabbiosi (bè solo uno rabbioso) “Voi l’avete visto? E’ già scappato via, eh? Fifone. Non ha il coraggio di affrontare il grande Gilderoy Allock! Ordine di Merlino, Terza Classe, Membro Onorario della Lega per la Difesa contro le Arti Oscure e cinque volte vincitore del premio per il Sorr…” l’idillio di Allock fu interrotto ancora dalla rabbia di Caramel.

“Smettila di parlare!” strinse i denti e i pugni con fare talmente rabbioso che tremò tutto. Rebecca per un attimo pensò che stesse per esplodere. Allock finalmente sembrò rendersi conto di dove fosse e chi fossero le persone lì presenti.

“Cornelius! Si può sapere dove ti eri cacciato? Sai che è tutto il giorno che lavoro per il rinfresco e l’allestimento? Pensavo arrivassi un po’ prima” poi rivolto a Percy “Ministro Weasley! Che piacere rivederla dopo tanto tempo! Non si preoccupi, qui è tutto sotto controllo. C’è Gilderoy a sorvegliare” e fece l’occhiolino.

Percy increspò la bocca in un sorriso e ringraziò Allock di essere così presente.

“Non si preoccupi! E’ mio compito, solo dovere. Ora scusate ho un paio di cose da sistemare” sorrise sornione ammiccando verso Rebecca “Arrivederci a tutti”

Ruotò su se stesso facendo compiere al mantello un vorticoso giro nell’aria. Un uscita davvero d’effetto. Lo sarebbe stato di certo se nel andarsene non avesse tenuto gli occhi chiusi per darsi più tono e non fosse scivolato di nuovo per le scale dei sotterranei fragorosamente.

Rebecca non si trattenne più e scoppiò in una risata fragorosa. Percy sogghignò, seguendola a ruota, mentre Caramel ancora si infervorava e si dava dello stupido per aver scelto un tale inetto come collaboratore.

 

Arrivò presto la sera. Mancava ormai solo mezz’ora alle otto, ora dell’inizio del summit. Percy stava finendo di ripassare il suo discorso mentre Rebecca sistemava gli ultimi appunti e rileggeva i punti fondamentali da esporre.

“Ecco signor ministro. Qui e qui. Si ricordi di parlare delle tasse di confine. E’ un argomento importante” Percy riosservò i fogli ben ordinati e sottolineati.

“Grazie Rebecca. Sei una collaboratrice indispensabile” non sa come gli uscì dalla bocca, ma fu contento di averlo detto. La ragazza si fermò di colpo.

“Ah, bè, sì, grazie, faccio solo il mio lavoro… grazie. Ehm… mi scusi” si alzò per andare da qualche parte. Dove non lo sapeva neppure lei.

“Oh, eccoti qui finalmente! E’ da mezz’ora che giriamo per questo posto in cerca del cortile. Ma non potevamo arrivare dall’ingresso come gli altri?” Percy alzò gli occhi e sorrise alla vista di quella donna, ancora un po’ ragazzina, che lo fissava con rabbia, con le mani sui fianchi in segno di sfida.

“Anche per me è un piacere rivederti Ginny” si alzò dalla sedia e si avvicinò alla sorella. Era da qualche mese che non la vedeva. L’organizzazione di questo summit aveva preso tutto il suo tempo e tutte le sue energie. Ma Ginny era sempre Ginny. Capelli lunghi e ricciuti, rossi come il fuoco. Quel perenne faccino da ragazzina che la rendeva adorabile e bella. Insomma, la solita Ginny. Assieme a lei un’altra ragazza. Si vedeva che era più grande della prima. Non solo nell’aspetto, ma anche nell’anima. Una anima segnata, a quanto pare. Quello che aveva sentito dalla madre sembrava vero.

“Ciao Hermione! Che piacere rivederti” il volto di Hermione si aprì in un sorriso sincero. Rispose all’abbraccio di Percy.

“Ciao Percy, anch’io sono contenta di vederti” ora il suo volto pareva un po’ più sereno. Forse una serenità solo apparente, ma sicuramente meglio di prima.

“Hai cambiato taglio. Ti stanno bene, davvero” le disse Percy guardandola meglio. In effetti Hermione aveva accorciato i capelli fin poco sopra la spalla. I suoi ricci ribelli ora gli contornavano il volto completamente.

“Grazie” rispose lei “Bè, gli altri dove sono?” Percy sorrise.

“Oh, credo che abbiano avuto problemi come al solito” ridacchiò fissando la porta di ingresso che proprio in quel preciso istante stava iniziando a schiudersi. Al di là della porta si vedevano i flash a raffica delle macchine fotografiche e si udivano le grida acute di quella che sembrava una folla in delirio. I versi e gli urli coprivano quelle che, secondo Percy, potevano essere le domande dei giornalisti.

“No, per favore. Grazie… Ehi! È il mio mantello! Signorina la prego… Sì, va bene, grazie a tutti. Ok, solo un’ultima. No davvero, devo entrare ora… sì, grazie ancora! Ciao… signorina il mantello, grazie” dalla porta scivolò all’interno un uomo giovane, che quasi inciampò sullo stipite della suddetta da quanto si era sforzato di aprirla il meno possibile. Richiuse subito la porta con una spinta e si poggiò ad essa, ansante. I ciuffi biondi gli cadevano sul volto sudato per la difficile traversata. Alzò gli occhi e fissò il trio.

“Il prezzo del successo” disse riprendendo fiato e raggiungendoli. Abbracciò Ginny che si sciolse fra le sue braccia.

“Ciao amore. Andato bene il viaggio?” le domandò Draco dopo che averla liberata dalle sue braccia.

“Sì certo. Ma quelle oche devono sempre starti appresso ovunque tu vada? Non le sopporto…” rispose Ginny fingendo una rabbia che non c’era.

“Andiamo Gin, lo fanno solo perché sono famoso. Alcune hanno l’età di Eve. Sono solo fan…”

“Allora va bene” sorrise Ginny e gli schioccò un bacio sulle labbra.

Draco salutò Percy, lui lo aveva visto più spesso delle due ragazze, lavorando al ministero, e poi abbracciò calorosamente Hermione.

“Ciao Herm, come và?” chiese apprensivo Draco. Hermione alzò le spalle e storpiò lievemente la bocca.

“Come al solito credo. Sta arrivando?”

“Sì. Credo che avrà più problemi di me” ridacchiò Draco sentendo la porta aprirsi ancora. Ma questa volta non poco, ma completamente e di scatto. Ron Weasley balzò attraverso l’uscio con uno scatto degno del miglior velocista. Strisciò i piedi a terra e si tenne in equilibrio con una mano sul terreno. Estrasse la bacchetta e puntò la porta spalancata da cui si cominciava ad intravedere una marea di persone in corsa verso la rocca.

Sigillum!” gridò Ron e la porta si chiuse di scatto coprendosi con una sottile pellicola di colore violaceo. Ansante, il rosso rimase fermo per un po’, poi si alzò e si spolverò il vestito sporco.

“Ma non è possibile! Percy, dannazione, il ministero spende migliaia di galeoni per la sicurezza dei posti importanti e per quella dei migliori auror neanche qualche zellino?”

“Vedo che te la cavi benissimo “miglio auror”. Sarebbero soldi sprecati” rispose Percy divertito. Ron raggiunse il gruppetto e salutò tutti. Anche se quando salutò Hermione sembrò formarsi una cortina di brina fra i due.

“Ciao Herm…” disse lui.

“Ron…” rispose lei con un cenno della testa. Ginny, capita la situazione trascinò Hermione da un lato per parlare di non si sa bene che cosa mentre Draco spinse Ron fino al palco dove si sarebbe svolto l’evento.

“Allora che ne dici?” chiese Draco trionfante, cercando di parlare di altro.

“Sì, bè, direi che è fatto tutto molto bene. Percy, che dobbiamo fare noi due qua?”

“Rappresentanza”

“Cosa? Siamo qua solo per fare le belle statuine? E la sicurezza?” Percy scosse le spalle.

“Ci pensa Hook. Ha sparso auror per tutto il luogo” a sentire quel nome Ron ebbe un lieve tremito che si manifestò con un sbuffo e il silenzio più totale. Si sedette in una delle tante seggiole in prima fila e si mise a braccia incrociate.

“Speriamo che almeno finisca tutto presto”

*****

I ministri dei sei paesi partecipanti al summit oltre l’Inghilterra, comparvero sulle piattaforme preparate alle otto in punto. Per quell’ora la calca di giornalisti si era posizionata già nell’ampio cortile. Chi in piedi, chi seduto, chi arrampicato su qualche colonna per vedere meglio il palco e scattare qualche fotografia. Ogni tanto lord Barrin spuntava da qualche muro spaventando a morte i giornalisti. Con frasi tutt’altro che discrete intimava loro di andarsene e così via. Fu presto messo a tacere da un occhiata severa di Percy.

Il summit iniziò e le nazioni rappresentate vennero presentate una per una.

La Francia, rappresentata dal ministro Nicolàs Gavone, famoso per aver intrecciato nuovi rapporti commerciali con le popolazioni marine dell’oceano Atlantico.

Il ministro della Germania, Hans Jagd, partecipava al forum in veste, così diceva lui, di “supervisore ufficiale”. La Germania di Jagd in quegl’ultimi anni non era vista di buon occhio da nessun paese europeo. Jagd aveva una politica molto punitiva nei confronti delle violazioni delle leggi. Questo per paura del ripetersi di casi di maghi troppo potenti, come Voldemort.

La Grecia, fra tutti i paesi in presenti, sembrava essere quello più entusiasta all’idea di una confederazioni di stati. Il ministro attuale, Spiros Akhlàdi, era uno dei ministri più giovani d’Europa, insieme a Percy, appena ventisette anni. La sua giovinezza lo spingeva a compiere scelte radicali molte volte in contrasto con quelle dei più anziani politici del suo paese.

Massimiliano Volta, ministro Italiano, era un uomo di mondo. Se non fosse stato per quel suo incessante attaccamento allo sport, il quidditch in questo caso, e anche per il fatto che continuava a vantarsi della vittoria della nazionale italiana negli ultimi mondiali (l’Italia aveva sconfitto la Russia per 1090 a 990. La partita era durata quasi una settimana), sarebbe stato anche un buon politico.

Il ministro Russo, infatti, sembrava più che altro indispettito dalla presenza di Volta. Boris Barànina sembrava rimanere sulle sue pur di non intraprendere un dialogo con il rappresentante italiano. Il suo aspetto fiero metteva un soggezione molti dei presenti. Era un uomo veramente alto, quasi due metri.

La posizione più critica sembrava prenderla la Spagna. Sempre contraria a queste forme di unificazione aveva partecipato al summit per semplice richiesta popolare. Sembrava che il popolo spagnolo non la pensasse più come chi lo governava. Caterina Hàlienta, unico ministro donna fra i sette presenti, aveva accolto la richiesta del popolo, anche se con un poco di stizza.

Il congresso si svolse nei migliore dei modi. Percy riuscì a mantenere le redini del discorso mostrando tutti i lati postivi su una possibile unione. Descrisse anche quelli negativi, ma con un linguaggio che, a sentirli così, non parevano poi gravi, anzi. Rebecca era abile a buttare giù appunti e discorsi. Era per questo che Percy l’aveva scelta come stretta collaboratrice. Era in grado di cambiare le carte in tavola senza toccarle. Solo convincendo che in realtà fossero diverse da come si presentassero. Per fare questo molte persone usavano la magia, lei no. Una rara dote molto apprezzata da Percy.

Alla fine delle discussioni nate sul filone dell’unificazione tutti i ministri sembravano essere soddisfatti. Anche i più riottosi e meno convinti sembrarono lasciarsi trascinare dall’idea di una possibile confederazione di stati.

Con un cenno del capo, dopo gli applausi e le fotografie di rito, Percy richiamò l’attenzione di Allock che capì immediatamente il da farsi. O almeno così sperò Percy. Fortunatamente Allock aveva capito davvero che il segnale stava ad indicare l’inizio del buffet. Presto decine di camerieri girarono qua e là fra gli ospiti offrendo prelibate leccornie e gustose bevande. La serata stava per concludersi quando Ron notò qualcosa di strano, o meglio, qualcuno.

“Draco chi è quel tizio? Non lo ho visto fra la gente, prima” Draco puntò lo sguardo verso la direzione indicata da Ron, l’entrata, e strinse gli occhi per vedere meglio.

Un essere alto, vestito in nero per mimetizzarsi con il buio circostante, se ne stava retto e fiero a fissare il palco dove i ministri parlottavano allegramente. Aveva calata sul volto una maschera, attaccata in tutt’uno con il lungo mantello anch’esso nero, che gli copriva gli occhi e il naso, lasciando libera solo la bocca. Non sembrava avere un solo lembo de pelle scoperto, tranne la bocca. Guanti neri e stivali neri calzavano perfettamente alle mani e ai piedi. Da sotto il mantello sempre in movimento, ondeggiante, Draco notò quelle che sembravano essere due spade. Sì, senza dubbio due spade.

“Non lo so Ron, ma è armato” poggiò il bicchiere e si avvicinò sempre tenendo sott’occhio lo strano individuo “Andiamo a controllare. Ho un brutto presentimento” Ron lo seguì subito cominciando a stringere la bacchetta sotto la veste.

“Ehi!” lo chiamò Draco. Quello girò la testa e guardò nella sua direzione. Sembrava essere stato colto sul fatto. A Draco la cosa puzzava sempre di più. Si avvicinarono entrambi ancora, ma l’essere scomparve. Così come un momento prima era lì davanti a loro, ora non c’era più.

“Ma che diavolo… lo hai visto smaterializzarsi Draco?” chiese Ron guardandosi intorno. Il biondino fece cenno di no con la testa mentre eseguiva la stessa operazione di Ron.

“No, per niente. Dove può essere andato?”

“Non lontano se non si è smaterializzato. Facciamo un gir…” Ron non fece in tempo a concludere la frase che una voce acuta e gracchiante, agghiacciante, per meglio dire, perché simile al ghiaccio che sfrega contro altro ghiaccio, paralizzò tutti e fece terminare il brusio incessante del cortile.

“Buonasera ministro Weasley. Mi sono auto invitato, spero non le spiaccia…” Draco e Ron voltarono lo sguardo verso la fonte di quella voce. Sul piccolo pozzo medioevale stava in piedi sul bordo la figura che poco prima era accanto al portone. Vi erano più di cinquanta metri fra i due punti. Impossibile non farsi notare da nessuno. Impossibile raggiungerlo in così poco tempo. I due si fecero largo fra la folla per raggiungere il palco.

“Chi siete voi?” chiese Percy fra il silenzio generale. Abbassò il piatto che aveva in mano e raggiunse il bordo del palco.

“Io? Io sono la voce che fate tacere. Io sono colui che non vorreste mai far apparire in pubblico. Sono colui che dice no!”

Il brusio fra i presenti, così come se ne era andato, ricomparve come un’ondata di piena. Sempre più forte.

“Cosa volete?” chiese Percy sudando freddo. Temeva la sua risposta. Tutte quelle autorità presenti.

“Percy, è armato!” gridò Ron mettendosi fra il fratello e il misterioso contestatore. Draco fece altrettanto estraendo pronto il fidato chackram. Ron mosse la bacchetta pronta da tempo ed richiamò una spada lunga. La fece velocemente roteare fra le dita e si preparò alla lotta.

“Oh sì, sono armato” disse quello sfilando dai fianchi due lame ricurve ed affilate come rasoi “E anche malintenzionato se è per questo”

“Non diamogli il tempo, Ron. Forza all’attacco!” Draco richiamo una spada anch’egli e si lanciarono sulla figura nera come un sol uomo. Quella spiccò un balzo altissimo e li superò entrambi atterrando placidamente come una foglia cade da un albero.

“Allora, signor ministro. Sa cosa bisogna fare quando non si è contenti del proprio governo. Sostituirlo. Cambiarlo. Eliminarlo” pronunciò quest’ultima parola con enfasi e fece oscillare le lame ai suoi fianchi. Quelle strane armi ricurve sembravano un prolungamento naturale delle sue braccai da quanto seguivano il loro movimento. In quella lord Barrin spuntò dal terreno agitando come un pazzo l’ascia nella sua mano destra.

“A morte gli invasori!” gridò diventando di un blu brillante. L’ascia calò veloce nel petto dell’essere, naturalmente senza conseguenze. Questo piccolo contrattempo diede la possibilità ai due giovani auror di riprendersi dal precedente attacco fallito.

Draco e Ron non si diedero per vinti. Ripresero la carica verso il nemico. Draco con un incantesimo di spostamento comparve fra Percy e il tizio in nero, mentre Ron lo puntò con la spada da dietro.

“In nome del ministero della magia inglese ti dichiaro in arresto. Fermati e abbassa le armi” intimò Draco. Quello increspò le labbra in un sorriso.

“Fermami, auror Malfoy. E’ il tuo lavoro fermare i cattivi no? Lo stesso vale per te Weasley, anche se devo dire che i ragazzi in sorveglianza qui fuori li ho sopravvalutati un po’ troppo. Spero che voi non siate scarsi come loro”

“Bastardo!” gridò Ron e lo caricò con un colpo dall’alto, dritto alla spalla destra. Draco partì in avanti cercando un buco fra le sue difese e optò per un affondo verso lo stomaco. Anche se non l’avrebbe ammazzato lo avrebbe comunque ferito gravemente. Ma ancora una volta sparì nel nulla. I ragazzi continuarono la loro corsa e per poco non finirono per colpirsi fra di loro. Caddero a terra per evitare di ferirsi.

“Questo è il meglio che il ministero può offrire?” chiese la voce dalle spalle dei sei ministri ancora dietro al grande tavolo di legno. I capi di stato si allontanarono e si aprirono attorno al misterioso assalitore. L’essere si rivolse al ministro tedesco.

“Signor Jagd, non mi è mai piaciuta la sua indifferenza alle tematiche del mondo magico. Io sono qui per redimerla. Come presto redimerò il ministro Weasley. Ma prima i casi più gravi, lei capisce vero?” sorrise barbaramente. Con un movimento oscillatorio vorticò le lame intorno al corpo avvicinandosi rapidissimo al ministro tedesco. Quello, impietrito dalla paura, camminò all’indietro fino a scontrarsi contro il tavolo. Le lame lo raggiunsero inesorabili. Il loro percorso di morte continuò fino a tagliare di netto anche lo spesso tavolo in legno con una precisione e un movimento così fluido e secco che sembrò affettasse un panetto di burro fuso. Il sangue del cadavere schizzò ovunque sul palco insieme ai pezzetti più piccoli del morto. Urli partirono da tutte le direzioni e ci volle poco perché queste urla si trasformassero in panico. Il cortile si svuoto rapidamente mentre l’essere in nero salutò e si inchinò ai due auror

“Tornerò, ministro Weasley. Si prepari anche lei”

Ancora una volta scomparve davanti ai loro occhi senza aver emesso alcun suono.

 

   
 
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