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Autore: Midnight_whisper    05/01/2014    1 recensioni
La volontà umana differisce dalle capacità umane. E quando questo è troppo difficile da sopportare, dopo tutte le battaglie, ci si lascia andare.
Inizialmente questa doveva solo essere l'introduzione ad una storia più ampia che poi, almeno per ora, non nata. Spero che, un giorno, possa arrivare il suo momento.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'angolo di quel vecchio vagone si era annerito, costantemente vittima dell'umidità sotterranea. Una buccia di banana, lì, vicino al muro. Un gruppo di ragazzi stranieri, forse in vacanza studio, troppo stanchi per fare rumore. La metro si ferma a White City, resta quasi vuota. Sto seduto sul posto senza schienale, dove ci si siede quando tutto è pieno. Eppure è rimasta poca gente su questo vagone della central line. Lentamente tutti usciranno, non salirà più nessuno. Lentamente la metro sarà abbandonata e si potrà addormentare. Su un poggiamano è evidente l'impronta di qualcuno che si era sporcato, forse di vernice rossa. Le portiere cominciano a chiudersi. La metro riparte. I rumori delle rotaie su cui sfreccio sono accompagnati da altri svariati suoni, ognuno determinato da un ritmo preciso. Un tipo ascolta la musica ad alto volume, mi chiedo come faccia a restare così impassibile di fronte alla sua musica tanto assordante, sommerso da un enorme giubbotto verde marcio e da due cuffie più grandi delle sue orecchie. Il finestrino dietro di me sbatte, come a salutare i pochi passeggeri del vagone alle mie spalle, come se agitasse regolarmente la mano, in attesa di una risposta che non arriverà. Come il bambino rimasto all'asilo, che esce dai cancelli per agitare ancora le braccia dietro la macchina che è già sfrecciata via verso l'ufficio. Come quella ragazza che ha dato la buonanotte al telefono ma non attacca e sente una coltellata affondargli nel ventre non appena il respiro dall'altro capo della cornetta è mozzato dall'inespressivo tono telefonico. Stanco, ma non ancora datosi per vinto, il finestrino sbatte. E nessuno va a chiuderlo - neanche il signore in occhiali e mocassini che ne sembra tanto infastidito dopo una giornata nella City. E nessuna maestra riporta il bambino dentro. E nessuna amica le stacca la cornetta dall'orecchio. La luce al neon ha attirato due falene. Anche loro sbattono, anche loro fanno rumore. Una sembra muoversi come un robot, di quelli che devono superare un ostacolo e vi sbattono contro continuamente, sempre nello stesso punto, sempre con la stessa forza, sempre con lo stesso effetto. Sempre. L'altra è turbata da quella luce abbagliante e cerca un angolo da bucare, una falla in quel neon. E cade a terra, mentre la seconda continua a sbattere, come il finestrino, mentre continua la musica nelle cuffie del passeggero. Ricomincia a volare, lenta, confusa, stordita. Fa su e giù, barcollante, mentre il vagone rallenta ancora. Le porte si aprono. La falena colpita deve fuggire. Il suo altalenante procedere non basta. Pochi sono scesi, si riparte in fretta. Un rumore sordo avverte la chiusura delle porte. La falena non è più dentro. Ma non è neppure fuori. Bloccata, sulla linea di confine. Incastrata fra le portiere elettroniche. Sembra fuori, è dentro. Sembra dentro, è fuori. Ancora più stordita dalla luce di quanto non lo sia l'altra che ancora vi si scontra roboticamente. Inizio a sentire sonno. Stordito anche io da qualcosa. Stordito da una luce che di luminoso non ha niente. Stordito, forse, dal buio. La metro ferma a North Acton, devo ancora aspettare. La falena cade giù, priva di ogni forza. Resta sospesa lì, appena dentro. Le basterebbe poco, ma c'è sempre quella confusione, quella stanchezza, quella luce. La falena esce. No, non lei. L'altra. Quella che batteva ancora. Ed è come se avesse compiuto il suo dovere e ora si sentisse autorizzata ad andare via. Sfugge. Si perde nella notte, invisibile, intoccabile, impalpabile, inarrivabile. E l'altra dentro. Mentre tutto si spegne, tutto tace. E restiamo io e lei, soli. Lei senza forze, io senza forze. Entrambi rimasti qua, per inerzia, senza alcuna convinzione. A terra lei, seduto io. Abbandonati a noi stessi, mentre la metro si addormenta. Stanotte raggiungeremo il capolinea.
  
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