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Autore: pioggiadisangue    05/01/2014    1 recensioni
"Una ragazza è come una foglia su un albero in autunno. Cade, e appena tocca terra qualcuno la schiaccia. Oppure si distrugge da sola."
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Driin, driin.
Eccola, la sveglia. La mia amata sveglia delle 5.30. Ecco che inizia un altro giorno di merda sussurro. Mi alzo con la voglia di andare a scuola pari al -0,8. Ho anche la verifica di Italiano. Merda, sono fottuta. Tanto so che quella stronza non ci darà mai un tema da svolgere, sarà sicuramente la verifica sul suo amato Alighieri. Lo odio. Perché? Perché lui ha trovato il paradiso, cosa che io non riuscirò mai a trovare. Secondo me non arriverò mai nemmeno al purgatorio, starò nel mio amato Inferno fino alla mia morte. E anche dopo. Mi alzo, prendo i vestiti, le sigarette e vado in bagno. Per le 6.30 devo essere pronta. Mi preparo e fumo la mia sigaretta con tranquillità, sono solo le 6.00. “Sei pronta?” urla mia madre dalla cucina. “Si mamma, arrivo”. Do un’occhiata al mio braccio, che mi opprime sempre, prendo lo zaino e vado da mamma.  “Oggi sei puntuale, vuoi fare così tanto la verifica di Italiano?” dice mia madre scherzosamente. Io le faccio una smorfia e esco di casa. Mi accompagna alla fermata degli autobus e va via. “Buona verifica, tesoro” mi dice mamma. “Grazie mà, ciao” le rispondo. Salgo sull’autobus e mi siedo, con il mio libro in mano. Ecco che arrivano i più simpatici della scuola. “Buongiorno troia, come va?” mi dice una tipa. Quanto la odio. La mando a fanculo e torno sul mio libro. Alle 8.00 arriviamo a scuola. Entro e prendo posto nel mio banco, ultima fila, con la mia compagna che sinceramente non mi piace, ma è il quarto anno che la ho vicina e ormai la sopporto. “Buongiorno ragazzi!” dice la prof.ssa. Eccola, in tutto il suo splendore. Forse la odio anche perché ha mezzo secolo e ha un fisico migliore del mio. “Allora, come sapete oggi c’è la verifica di Italiano. Sicuramente confidavate nel mio amato Dante, ma ho voluto farvi una sorpresa. Oggi facciamo un tema!” Un tema? Ho sentito bene? Ha detto proprio un tema? E’ la prima volta in quattro anni di liceo che facciamo un tema.  Forse anche grazie a questo oggi sarà una giornata diversa. “Buongiorno professoressa! Scusi il ritardo ma ho perso l’autobus!” Eccolo, è bellissimo. Arriva sempre in ritardo con gli occhi gonfi come un pallone e rossi. Ogni volta penso tra me e me si certo, l’autobus o una canna? provo sempre a dirglielo per farci una risata, ma non ne ho il coraggio. “Ben arrivato! Ora siediti, vuoi sapere la notizia? Oggi faremo un tema. La trama? Inventatela voi. Vi lascio liberi. Ah, ragazzi, oggi abbiamo quattro ore insieme, quindi scrivete con tranquillità.” Dice la professoressa. Ma è un sogno? Quattro ore per scrivere un tema a piacere. Oggi sarà diverso, lo sento. Prendo carta e penna e inizio a pensare su cosa posso scrivere. L’adolescenza? No, troppo scontato. L’amore? No, lo fanno tutti. Voglio essere originale. E se scrivessi la storia di una ragazza? Che poi quella ragazza sarei io, ma nessuno lo saprà. Si, deciso, scriverò la mia storia ma il mio nome sarà Andrea. Dio se amo quel nome. Mi metto a lavoro. Quattro ore sembrano tante, ma sono come un secondo. Perlomeno, per me che amo scrivere si! Iniziamo!
Agli occhi di tutti è una ragazza come tante, una studentessa che a scuola va discretamente, che odia tutti. Un’adolescente. Ma non è così. È una ragazza strana, contorta e difficile da capire. È come un libro. Se ti fermi alla copertina lo scarti, ma se leggi la sua trama intrigante ti senti come coinvolto e decidi di leggerlo. Lo leggi fino infondo, ma non trovi senso nel racconto. Se ti importa capire lo rileggi e impari a leggere tra le righe, sopra, sotto, non importa. Devi solo capire. Devi interpretare le emozioni che l’autrice ti descrive. Se riesci a percepire l’emozione un bacio mancato, un abbraccio voluto e mai dato, lo sfiorare della pelle contro il maglione di lana fastidioso e irritante, devi leggere il seguito del libro. Devi essere catturato dalle emozioni descritte con delle semplici parole. Che poi tanto semplici non sono. Non dico che non sono semplici perché sono paroloni usati nei film gialli, dico che non sono semplici solo per il fatto che bisogna immedesimarsi nel personaggio. Pensare alle nostre emozioni che potremmo provare vivendo quelle esperienze. Se l’autrice ti ispira tutto ciò continua a leggere. Leggi tutto, e non bloccarti solo perché la copertina è un semplice foglio in bianco, continua perché ti senti bene, ti senti libero, ti senti come se riuscissi a scappare da tutto e da tutti solo leggendo quell’ammasso di lettere messe tutte insieme. Una ragazza è così. Una ragazza è un libro, e Andrea, oh, lei era un libro fantastico, ma con una brutta copertina. Una ragazza giudicata per l’aspetto esteriore, per la copertina, non per le sue parole. Per il suo insieme. Perché se di un libro ti piace il testo va a finire che ti innamori anche della copertina. Come si può raccontare la storia contorta di una ragazza diciassettenne in sole quattro ore? Si può, se si vuole. Aveva gli occhi pieni di dolore ma allo stesso tempo pieni di speranza. Anche quando le straboccavano gli occhi di lacrime lei continuava a dire che stava bene, con quel sorriso. Un sorriso falso. Talmente falso che non sembrava nemmeno un sorriso. Sembrava il sibilare delle foglie che cadono dall’albero, quelle secche, che ormai tutti odiano vedere sull’albero, ma che gli piace schiacciare. Calpestare. Distruggere solo per il piacere del rumore. Andrea non era solo un libro, era anche una foglia. Una foglia così fragile che non si doveva nemmeno schiacciare per rompere. Come toccava terra andava in mille pezzi. Una ragazza distrutta dalle critiche. Una ragazza che si rifugiava in un posto dove le anime si aiutavano tra di loro. Un posto chiamato “Tumblr”. Andrea aspettava solo di essere salvata, perché da sola non ci riusciva.
Driin.
Cosa è? La campanella? Non possono essere passate quattro ore, no. Non posso aver scritto solo questo in quattro ore. Consegno comunque il compito alla prof e esco. Oggi si usciva due ore prima da scuola. Cosa faccio mentre aspetto l’autobus? Oh si, vado in spiaggia! Amo il rumore del mare che sbatte sugli scogli, amo guardarlo mentre con tutta la sua forza cerca di vincere contro il vento, ma non ce la fa. Vado li e mi metto sulla sabbia. Mi siedo e leggo il mio libro. In venti minuti lo finisco. Ancora sconvolta dalla fine prendo l’iPod per ascoltare la musica. Ascolto una  canzone e la batteria è a terra. Me ne faccio una ragione e guardo il mare, così possente ma allo stesso tempo fragile. Ero persa nel suo rumore quando sento arrivare qualcuno dietro di me. È lui, oddio. Ma perché viene qui? Pensavo ci venissi solo io. Si avvicina e si siede vicino a me. “Ehi” mi dice. Io arrossisco e rispondo, timidissima “Ciao”.  “Come stai?" mi chiede. “Bene, tu?” “Non mentire” “Non sto mentendo, va tutto alla grande” gli dico mentre faccio scappare un sorriso. “Senti non ce la faccio più a vederti piangere durante la lezione, a vedere i tuoi occhi in questo modo, a sentire i tuoi sto bene che sono più falsi delle tette della preside, okay? Sembra che non mi importi invece mi importa. Ho sbirciato il tuo tema mentre scrivevi. Perché non scrivi mai? Amo come scrivi, amo quel che pensi e amo il fatto che tu creda che io sia tanto stupido da credere al fatto che tu stai bene. I tuoi occhi sono così, come il mare adesso, in tempesta.” Mi dice. Sono rimasta a bocca aperta. Non pensavo che io interessassi a qualcuno. Non pensavo che qualcuno sapesse che sono distrutta. “Come sai tutto questo?” gli chiesi. “Lo so e basta, e sono qui per aiutarti, o meglio, per leggere il tuo libro, perché la trama mi intriga tantissimo e mi sto innamorando della copertina” mi dice. Non riesco a trattenere le lacrime. “Non piangere, non sei più sola. Posso vedere una cosa?” “Cosa?” gli chiedo. “Il tuo braccio” “No, non puoi” nonostante la mia decisione mi tira su la manica. Io non riesco a non dirgli “Sei contento ora?”. Era ora di andare a prendere l’autobus, quindi vado alla fermata, e lui mi segue. Salgo sull’autobus e mi metto nel mio posto, piangendo. Lui si siede vicino a me e mi abbraccia, nonostante io fossi girata. “Ti salverò io” mi sussurra all’orecchio. Io penso è tutto reale? e mi addormento.
Sento urlare mia madre, “muoviti, sei in ritardo!” in ritardo? Mi guardo intorno ed ero nel mio letto, com’è possibile? Era tutto un sogno. Ma mi sembra vero. Forse è stato condizionato dalla fine del mio libro. Infatti se ci penso è la stessa fine. Lui che la stringe a sé e gli sussurra che la salverà. Fanculo, un altro sogno. Devo rassegnarmi del fatto che non mi salverà nessuno. Devo farmene una ragione. Mi alzo e mi preparo in fretta, non ho nemmeno il tempo di fumare. Mamma mi porta alla fermata e aspetto l’autobus. Mentre aspetto accendo una sigaretta. L’avevo quasi finita quando mi sento chiamare da dietro. Mi giro ed era lui, Andrea. Quanto è bello. Ma non è che sto sognando di nuovo? Mi do un pizzicotto e no, non sto sognando. “Hai un accendino?” mi chiede. “Si, tieni” gli dico mentre prendo l’accendino da tasca. È perfetto anche quando si accende la sigaretta. “Grazie!” mi dice mentre mi tocca la spalla. Come se fossi un suo amico. Mi si è scaldato il cuore, per una semplice pacca sulla spalla. “Perché non vieni con noi? L’autobus è in ritardo, aspetta di là con noi” mi dice, con un sorriso sotto i baffi. “Okay, perché no” dico io, cercando di fare la voce sicura. Nonostante il mio tentativo essa si è rivelata comunque un po’ tremolante. Almeno ci ho provato, se non ci avessi nemmeno provato avrei fatto una figura orribile. Vado di là e mi appoggio al palo. Lui non si siede sulla panchina, ma aspetta vicino a me. Avevo il cuore che batteva fortissimo, me lo sentivo uscire fuori dal petto. “Buongiorno troietta!” mi dice quella stronza di Greta. “Oh ma che cazzo vuoi” dico io. In quel preciso momento arriva l’autobus e io faccio un’uscita drammatica, cercando di fare la forte e di trattenere le lacrime salgo sull’autobus e mi metto al mio solito posto. Non ho il libro, e l’iPod l’ho dimenticato a casa. Quindi, mi metto a guardare la pioggia che scende sul finestrino. Qualcuno si siede vicino a me. Guardo ed era lui. Sto sognando? Di nuovo? No, non è un sogno. “Ehi che ci fai qui? Nessuno vuole mai sedersi vicino a me” gli dico. “Beh io non sono nessuno, Viola, perché non mi dici perché ti trattano così?” ha detto Viola? Come fa a sapere il mio nome? In classe tutti mi chiamano per cognome, pensavo che nessuno in quella classe sapesse il mio nome, oltre i professori. “Non so, gli diverte vedermi così” gli dico. “Così come?” “Tris-.. dispiaciuta! Gli piace vedermi dispiaciuta, ma non mi importa cosa mi dicono loro” gli dico mentre sorrido. Stavo per dirgli triste. Cazzo no, non devo. “Lo so che stai male, che sei triste, non dispiaciuta, ah e non sfoggiare quel sorriso mozzafiato, perché io lo so che non sei felice” mi dice. Somiglia tanto al mio sogno. Tanto vale continuare la conversazione. “Come lo sai?” “Lo vedo dai tuoi occhi, il tuo sguardo è spento, non ci vedo nulla in quegli occhi, solo un grande vuoto incolmabile, o almeno quasi. So in che situazione ti trovi..” mi dice con le lacrime agli occhi. “Ehi tutto bene? Come fai a saperlo?” “Mia sorella si è suicidata tre anni fa per questo fatto, era vuota e sentiva che non aveva nulla da perdere. Le ho parlato così tante volte che tu nemmeno immagini, ma non sono riuscito a salvarla. Ora quando vedo qualcuno nella sua vecchia situazione, tipo te, non riesco a non aiutarlo. E so che tu lo meriti il mio aiuto. Ti salverò, se me lo lascerai fare. Ricordati che qualcuno riesce a salvarti solo se tu lo vuoi. Mia sorella non voleva essere salvata, voleva semplicemente mettere fine a tutto. E lo ha fatto. Sono sicuro che ora lassù sta meglio che qui dove ci troviamo noi. Perché alla fine il mondo è un inferno. Uno schifo, lo pensi anche tu?”. Non avevo parole. Non pensavo che fosse così, un ragazzo che sa come va il mondo. “Mi dispiace tanto, ma sono sicura che ora lei lassù sta meglio, ti guarda ogni giorno e ti vede come un eroe. Perché infondo, come hai già detto tu, se lei non voleva essere salvata non vuol dire che tu non ci abbia provato sino alla fine.” Gli dico. E boom, siamo già arrivati. Un’ora di autobus parlando con lui è passata in un secondo. “Viola siamo arrivati, scendi insieme a me e facciamo vedere a quelle facce di merda che non sei sola e che non sei più fragile” “ehi, è troppo presto per dirlo” “ma che dici?” “ci vorrà tempo per far sì che io non sia più fragile” “lo so, ma insieme ci riusciremo”. Mi guarda con quei suoi occhi grandi e azzurri come il cielo. Non riesco a fare ameno di sorridere. Un sorriso vero. Entriamo a scuola insieme, io imbarazzata al massimo e lui sicuro di sé. Amo questo fatto.
Entriamo in classe e la tipa che ho vicino non c’è. Quindi ero nel banco da sola, da chi copio?
“Buongiorno ragazzi!”. Ecco la professoressa, aspetto il compito su Dante. “Andrea vai al posto di Lucia”. Ho Andrea vicino? Cerco di contenermi e faccio un piccolo sorriso, quasi come una smorfia. “Che c’è non sei felice di avermi vicino?” mi chiede, scherzosamente e io rido. Si avvicina al mio orecchio e mi sussurra “è destino”. A quella frase mi vengono i brividi.
“Ragazzi a me, rimandiamo la verifica visto che siamo in 10, fate attività di gruppo per due ore, la terza ve la lascio libera e poi uscite, fate il riassunto di pagina 135-136-137-138, a lavoro!”
Figo, non facciamo nulla per tre ore. “Iniziamo questo riassunto, Viola cara?” mi chiede ridendo. “Si certo, subito!”. Non abbiamo fatto nulla per tutte e tre le ore. “Andiamo al mare adesso?” gli chiedo. Lui mi sorride e annuisce. 
  
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