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Autore: Mellark_    05/01/2014    3 recensioni
(Klaine; 1.704 parole)
Dal testo:
"Quando arriva al Liceo W. McKinley di Lima, Kurt non è più sé stesso. Cerca di nascondere qualsiasi traccia di originalità dai suoi vestiti, dal suo modo di camminare o di parlare, e anche dal suo taglio di capelli.
Ha voti nella media, mette sempre i soliti jeans scuri con una felpa, ogni tanto cambia colore, ma è sempre la stessa felpa con il cappuccio e i laccetti bianchi."
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kurt è invisibile. E gli piace... o forse no.  
Kurt osserva, ma non partecipa. Kurt capisce le persone, ma non ci parla. Kurt comprende tutto, analizza, pensa, ma non lo dice mai a nessuno.
Kurt cerca di scomparire, di passare inosservato, perché, quando sei invisibile, nessuno ti può odiare e tu sei protetto. Nessuno ti guarda, nessuno ti nota, nessuno ti tratta male.
Eppure quando Kurt si spinge contro una parete per scomparire, si sente protetto. Quando si infila le cuffie nelle orecchie e abbassa la testa, si sente al sicuro. Perché Kurt è sbagliato.
Kurt è intelligente, creativo, simpatico, Kurt è unico e originale. La pensa diversamente.
 Non gli piace trattare male gli altri, è gentile, quindi è uno sfigato. Gli piace conoscere, sapere sempre cose nuove, è intelligente,  quindi  è uno sfigato e pure secchione. A Kurt non piacciono le feste, dove tutti si ubriacano e trovano qualcuno a caso da baciare, senza neanche conoscere il suo nome; a Kurt piace innamorarsi, conoscere le persone, quindi è uno sfigato, secchione e anche palloso. A Kurt piacciono i bei vestiti, quelli che si vedono nelle sfilate di moda, gli piace mettersi  completi eleganti, creare sempre nuove combinazioni, quindi è sfigato, secchione, palloso e pure effeminato.
Kurt è sbagliato perché a lui le ragazze non piacciono, e, alla vecchia scuola, lo sapevano tutti. Quindi Kurt Hummel è: sfigato, secchione, palloso, effeminato e pure finocchio.
Quando arriva al Liceo W. McKinley di Lima, Kurt non è più sé stesso.  Cerca di nascondere qualsiasi traccia di originalità dai suoi vestiti, dal suo modo di camminare o di parlare, e anche dal suo taglio di capelli.
 Ha voti nella media, mette sempre i soliti jeans scuri con una felpa, ogni tanto cambia colore, ma è sempre la stessa felpa con il cappuccio e i laccetti bianchi. Non partecipa, in classe non risponde alle domande anche se sa benissimo che la sua risposta è esatta; non prende parte alle assemblee, non espone mai le sue idee,  non partecipa ai musical che la scuola mette in scena. Kurt fa di tutto per essere invisibile, perché ha paura che se qualcuno lo notasse, tutti si accorgerebbero che è sbagliato.
Così, quando si guarda allo specchio, Kurt non riconosce più il ragazzo che vede. Non capisce più chi è, o chi vorrebbe essere. Fissa l’immagine di sé stesso, senza capire cosa è diventato. Perché Kurt è ancora intelligente, originale, creativo ed unico, ma fa di tutto perché nessuno lo capisca.
Si confonde con la massa, non fa nulla di diverso da quello che fanno gli altri, non è più speciale, non è più sé stesso. Così, quando guarda il suo volto riflesso, e vede i capelli castani leggermente disordinati, con quel taglio anonimo che portano centinaia di ragazzi, e sfiora la stoffa della sua felpa blu con i laccetti bianchi, non sa più chi è quel ragazzo che lo sta osservando.

Kurt ha promesso di non innamorarsi più. Perché, nonostante abbia solamente 17 anni, lui dell’amore ne ha abbastanza. Gliene hanno fatto avere abbastanza, gli hanno fatto rinunciare ad una delle cose più belle della vita. Perché è sbagliato, glielo ripetevano sempre. Kurt non deve mai dimenticare che è sbagliato.
Così, anche quando vede un ragazzo carino per strada, e questo gli rivolge un sorriso, o cerca di parlargli, Kurt si ripete che non è giusto, che se succede di nuovo non potrà sopportalo. Ogni volta che il suo sguardo incontra quello di un altro ragazzo, Kurt ricorda il metallo duro degli armadietti contro la schiena, i lividi provocati dai lucchetti, la sensazione del freddo dentro le ossa ogni volta che la sua pelle entrava in contatto col metallo. Ricorda le parole cariche d’odio che gli urlavano contro mentre lo strattonavano da una parte all’altra, e Kurt poteva solo stare zitto e aspettare che finisse, mentre cinque ragazzi lo facevano rimbalzare da una parte all’altra del loro stupido cerchio come una dannata palla. Così, quando qualcuno gli si avvicina, Kurt se ne va, ripetendosi che è sbagliato.
Cerca di guardare le ragazze nel modo in cui gli viene da guardare i ragazzi, perché, nell’altra scuola, gli dicevano che era così che doveva fare, ma non gli riesce, quindi si limita a non guardare nessuno, a tenere lo sguardo basso, perché così almeno può cercare di convincersi che non sta completamente mentendo  a sé stesso.

Quando suo padre gli chiede: “Kurt, tutto bene?” lui vorrebbe urlare di no, che nulla va bene, perché gli manca essere sé stesso. Gli manca mettere i suoi bei vestiti, gli manca cantare ed essere originale. Gli manca difendere le proprie idee ed esporsi per supportare le sue convinzioni, gli manca risponde alle domande in classe e, si, gli manca anche ricevere quei bei risultati nei compiti in classe che lo rendevano tanto fiero. Vuole tornare a vestirsi ed a camminare come diavolo gli pare, vuole essere di nuovo quello che si propone per dirigere le rappresentazioni teatrali della scuola, perché ama farlo.
E Kurt vuole tornare ad innamorarsi perché gli piace tanto sentire il cuore corrergli nel petto, e le gambe diventargli molli ed ama smorzare i sorrisi mordendosi le labbra quando vede quella persona.
Ma non lo farà. E quando suo padre gli chiede se va tutto bene, Kurt si tiene tutto dentro e risponde: “Certo, tutto bene” sforzandosi di sorridere almeno un po’.

Eppure quando vede gli occhi terrorizzati ed atterriti di quel ragazzo dai capelli scuri, che sta ancora scivolando lungo la superficie metallica dopo essere stato spinto contro gli armadietti, Kurt deve trattenersi dal corrergli incontro, perché comincia a non importagliene più della sua stupida bolla che lo rende invisibile.  
Sente che, tra le risate, i ragazzi che l’hanno spinto sibilano “Frocio” mentre lo superano e se ne vanno sghignazzando.
E Kurt vorrebbe andare da quel ragazzo e dirgli che sa cosa si prova, però sta lì, fermo nel suo angolo sicuro, ad osservarlo rialzarsi, spolverarsi i pantaloni rossi, raccogliere la tracolla, cancellare le lacrime con un gesto veloce della mano ed andarsene svelto. E si odia, perché sa che, a quegli occhi, ci penserà tutta la notte.
Quando lo rivede il giorno dopo, un'altra volta per terra, un’altra volta tremante, non può fare a meno di andare da lui. Gli si inginocchia affianco, e, quando quegli occhi così stupendi incontrano i suoi, sa di essere spacciato perché sente il cuore corrergli nel petto, e le gambe diventargli molli e Kurt ama sentirsi così.
“Tutto bene?” domanda. Il ragazzo annuisce, un po’ confuso, passandosi una mano sui i capelli, probabilmente ricci, a giudicare dalle punte, ma domati con troppo gel. Kurt si rialza e gli tende la mano, il ragazzo lo guarda per un momento prima di stringerla e rialzarsi.
“Grazie” mormora. “Sono Blaine” Quel nome così armonioso, quella voce così calda e dolce....per un momento Kurt si  dimentica di dover dire il proprio nome.
“Kurt” dice, in tutta fretta, facendo sorridere Blaine. Kurt pensa che ha proprio un bel sorriso. I suoi occhi si illuminano quando sorride. E Kurt sa per certo che è spacciato perché mentre il suo cuore corre e le sue gambe sono molli, deve mordersi le labbra per smorzare un sorriso.

Kurt non sa se è una cosa buona o no, ma lui e Blaine diventano amici. Ma probabilmente è una cosa molto più che buona, perché  Kurt comincia a rispondere in modo corretto a tutte le domande dei test, senza fingere di sbagliare per non sembrare un secchione, torna a partecipare alzando la mano per dire la sua durante le discussioni, e sopra i suoi jeans scuri indossa una delle sue belle giacche o un maglione colorato, o un gilet, o quello che gli pare, con una camicia che richiami il colore dei suoi occhi. Kurt non ha paura di essere gentile, né di dire che non gli piace andare alle feste; dopo un po’ butta quei jeans scuri ed eccessivamente larghi, sostituendoli con i suoi pantaloni forse un po’ troppo stretti, ma sono pur sempre suoi.  E torna a sorridere anche quando è per i corridoi, ad acconciarsi i capelli  ed a camminare come vuole. E può finalmente dire che a lui piace tanto innamorarsi, ma deve aggiungere che, quando la persona che ami ti ricambia, è ancora meglio. Quando lo dice, Blaine lo guarda e si lascia sfuggire una risata, come se fosse la cosa più adorabile del mondo, e Kurt arrossisce, perché ama quando Blaine ride in quel modo. 
Ricomincia ad essere di nuovo ad essere sé stesso, senza temere le spinte contro gli armadietti, o le prese in giro. Tanto se ne andrà da questa città, lui e Blaine se ne andranno.
E anche se lo sbattono contro gli armadietti non gli importa, perché Kurt si rialza ed affronta chiunque gli voglia di impedire di essere qualsiasi cosa voglia essere nella sua vita, perché è troppo giovane per arrendersi, troppo giovane e troppo speciale per condannarsi ad una vita da ‘invisibile’.  E poi ci sarà sempre Blaine ad aiutarlo, così, anche quando non avrà più la forza di tirarsi su, ci penserà Blaine, e Kurt farà lo stesso con lui.
E Kurt non si sente affatto sbagliato quando, l’ultimo giorno del suo ultimo anno di Liceo, cammina per i corridoi mano nella mano con il suo ragazzo. Non gli importa degli sguardi, o di quelli che gli bisbigliano alle spalle quando passa, tanto gli basta stringere un po’ di più la mano di Blaine e lui si gira e gli sorride, illuminando un po’ anche lui, con quel sorriso. Perché, quando le sue labbra toccano quelle di Blaine, Kurt non è sbagliato; quando il suo ragazzo gli dice che lo ama, lui può crederci; quando Blaine lo guarda con quei suoi occhi –che poi chissà di che colore sono, forse dorati, forse verdi, forse nocciola- , Kurt non se ne va.
Così, finalmente, quando si guarda allo specchio, ed osserva i capelli perfettamente pettinati e fissati con la lacca, e sfiora la stoffa del suo gilet, o del maglioncino, o di qualsiasi cosa si sia voluto mettere quel giorno, riconosce il ragazzo che lo sta osservando. Perché è lui, Kurt Hummel, originale, intelligente, creativo e speciale.
E Kurt, ora può dirlo, odia essere invisibile.

Si, forse è vero, se sei invisibile sei protetto da quello che ti può ferire, nessuno ti guarda, nessuno ti nota, nessuno ti tratta male; ma finisci anche per allontanare cosa potrebbe renderti veramente felice.  Perché, quando sei invisibile, nessuno ti può voler bene, e magari, vali la pena di essere notato.


Spazio autrice: 
Non ho la più pallida idea del perché io abbia scritto questa OS, ma mi è venuta e in un giorno l'ho buttata giù, tipo un mesetto fa, ora rileggendola e correggendola un po', ho pensato di pubblicarla.
E' un po' un esperimento, e non sono affatto sicura riguardo a questa storia,  quindi fatemi capire se è venuto qualcosa di decente o è proprio una cosa fallita.  
Bene, grazie per averlo letto e a presto! :) 
Bacioni! 


 
  
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