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Autore: ChibiMisa    05/01/2014    2 recensioni
[L\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\'amico ritrovato]
L'amico ritrovato
KonradinxHans
Konradin, ragazzo ariano, cominciava a provare qualcosa per il suo migliore amico Hans, di origine ebraica. In qualche modo, la paura prendeva il sopravvento: lo avrebbe mai accettato?
La one-shot è stata ispirata dal libro "l'amico ritrovato" di Fred Uhlman.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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 Non vedeva più niente se non il buio della notte.
Disteso sul suo letto, il giovane conte Konradin von Hohenfels non trovava pace. Rimuginava tra se, sotto le coperte e la testa appoggiata sul cuscino, fissando il soffitto bianco con aria stanca e confusa.
 
I suoi genitori, per quanto gli volevano bene, continuavano a dirgli “è un ebreo! Non devi più frequentarlo!”. Sua madre era la persona che insisteva più fra tutte e sicuramente pensava sempre ad un modo per rovinare quel loro rapporto; il padre invece era indifferente: per lui non era importante se era ebreo o meno.. certo, di sicuro avrebbe apprezzato maggiormente una bella ragazza di famiglia benestante, ma se suo figlio poteva ricavare qualcosa da quell’amicizia, allora andava bene.
 
Konradin insisteva: ebreo o non ebreo, rimaneva sempre suo amico! Con o senza il loro permesso!
Peccato che più il tempo passava e più le loro occhiate gelide facevano pressione, come delle frecce appuntite che colpivano in pieno petto.
Sapere che i suoi non accettavano il suo più prezioso amico, lo rendevano triste, infelice, ma doveva andare avanti ed insistere col dire che non c’era niente di sbagliato.

 
La mattina dopo, come ogni volta, andò a scuola e salutò il suo caro amico, Hans Schwarz, che era pronto ad attenderlo seduto sul proprio banco.
Konradin lo guardò sorridente: era piuttosto piccolo –poteva facilmente guardarlo dall’alto in basso-, i capelli neri, con la riga a sinistra e gli occhi violacei. Era sempre ben vestito e pulito, anche se capitava di sporcassi durante le ore di noia, quando iniziava a giocare con matita ed inchiostro. Aveva un aspetto così mediterraneo, normale, ma allo stesso tempo lo trovava affascinante –in termine maschile, ovvio.-
 
Il biondo ariano si sedette accanto a lui ed entrambi seguirono –o tentarono di farlo- le varie lezioni che passavano.


 
Capitava che molte volte, durante la settimana, uno dei due invitava l’altro nella propria casa. Hans lo faceva più spesso, visto che Konradin poteva invitare l’altro solo se i suoi genitori erano assenti. Capitava pochissime volte in effetti, ma sperò più semplicemente che il suo amico avrebbe capito il problema che era nato a casa del biondo.
 
Ed infatti, come molto spesso succedeva, quella volta fu il giovane ragazzo ebreo a domandare all’altro se voleva/poteva andare a casa sua. Ovviamente, Konradin non negò l’offerta: adorava casa sua, l’atmosfera famigliare era decisamente migliore di quella che sentiva lui con i suoi genitori freddi ed a volte distaccati.
 
Entrati in casa, i due ragazzi vennero accolti calorosamente dalla madre di Hans che non si fece attendere molto nel preparare una veloce merenda per entrambi. Ormai Konradin era un amico di famiglia; veniva trattato come se fosse di straordinaria importanza in quella casa, a prescindere dal rango del suo nucleo familiare.
 
Dopo la merenda, i due amici correvano sempre al piano di sopra e parlarono in continuazione, quasi senza sosta, dei loro tesori: pietre, monete… qualsiasi cosa senza mai stancarsi.
Ad entrambi andava bene: erano felici insieme, nonostante la società poteva non acconsentire a quell’amicizia così sbagliata –specie se contavano il rango dell’ariano-.
 
Hans ricordava molto bene quando loro due divennero amici:
“Era una serata primaverile, fresca e mite. Vidi davanti a me Hohenfels, che sembrava indugiare ad aspettare qualcuno.  Rallentai l’andatura nel timore di oltrepassarlo, ma fui obbligato a proseguire. Quando l’ebbi quasi raggiunto, si girò e mi sorrise. Poi con una mossa stranamente goffa ed incerta, mi strinse la mano tremante.
Non ricordo granché di quello che Konradin disse quel giorno, o quello che dissi io a lui. So soltanto che passeggiamo avanti ed indietro per un’ ora, come due giovani innamorati, ancora trepidanti, ancora intimoriti l’uno dall’altro”

- Libro 1, cap. 5
 
Ed anche Konradin ricordava molto bene quel giorno, il 15 marzo.
Ricordava anche quell’ora a scuola di ginnastica, quando il professore soprannominato Max Muscolo aveva mandato il suo amico –che fino ad allora era un semplice conoscente- alla sbarra alta almeno due metri.
 
Hans aveva guardato lui e lui aveva guardato Hans.
 
Il biondo ricordò molto bene che quel giorno, in quel momento preciso, cercò di nascondere attentamente uno strano rossore sul suo volto e il suo cuore iniziò a palpitare velocemente. MAI aveva avuto così tanta paura come in quel momento.
Perché lui sapeva che HANS STAVA GUADANDO LUI, e nessun altro.
 
Già, ripensandoci, quei suoi strani comportamenti nei confronti dell’amico sembravano quasi come quelle sensazioni che aveva soltanto letto nei libri, oppure ne aveva solo sentito nominare da qualche sua parente mentre spettegolava riguardo giovani tedeschi che le facevano la corte.
Stava di fatto che tutto ciò che aveva sentito o letto riguardo l’amore o sentimenti simili non li aveva mai provati. Ricordava come nei libri sentiva una strana morsa al cuore, ma niente era come quella volta in cui i due si guardarono negli occhi durante l’ora di ginnastica, niente era come quando lui gli sorrise e gli strinse la mano in un modo un po’ goffo ed imbarazzato, per non dire anche teso ed emozionato.
 
Aveva paura a parlarne: sapeva che non sarebbe stato accettato in quella maniera. Sapeva che NESSUNO avrebbe acconsentito ad accettare una confessione come quella.
Si vergognava persino di andare in chiesa e chiedere spiegazione di quei strani sentimenti e di quei palpitii che sentiva nel cuore. La chiesa non avrebbe accettato, non avrebbe ascoltato e anche se lo avesse fatto, il parroco sarebbe venuto incontro ai genitori per avvertirli della “tragedia”.
 
Quella giornata passò così: scuola, casa dell’amico, casa sua e letto… più quegli strani tormenti che si faceva e che gli impedivano di dormire.
 
Per caso… era malato?

 
Erano passati alcuni giorni da quando la sua testa cominciò a “delirare” riguardo l’orientamento sessuale. Finalmente non c’era scuola; ciò gli avrebbe permesso di andare in biblioteca e fare delle ricerche che lo avrebbero spinto ad una conclusione.. forse.
 
Aveva scoperto che l’omosessualità non era discriminata nell’antica Grecia o nell’antica Roma; stessa cosa anche nell’antica Cina e Giappone.
Tutto “precipitò nel baratro” con l’arrivo del cristianesimo.
 
Poteva fare tantissimi esempi: Achille e Patroclo, Alessandro Magno ed il suo amico Efestione…
 
Doveva aver paura della società?
 
E poi.. perché era lì?
Solo quando chiuse il libro si accorse della sciocchezza che aveva fatto: lui non era malato, giusto?
Magari tutti quanti avranno avuto degli strani pensieri riguardo i propri amici –o almeno alcuni-.
C’erano compagni di classe che parlavano delle proprie cugine come se quest’ultime fossero delle donne dai facili costumi ed ogni volta parlavano di loro come delle ragazze “a cui dargli qualche bottarella”.
Se parlavano in quel modo addirittura delle cugine, chissà delle amiche cosa dicevano…?
 
Forse era meglio non pensarci troppo: alla fin fine lui era sempre interessato alle donne e quindi non poteva provare niente per il suo amico ebreo se non una solida amicizia, un legami indissolubile.


 
I giorni continuarono a passare inesorabilmente allo stesso modo e, purtroppo, il biondo non riusciva a non pensare a quel suo piccolo e fragile tormento.
Durante le ore di scuola, capitava di posare lo sguardo su di lui, osservando ancora una volta il suo volto visto di profilo: lo trovava carino, ma forse questo pensiero poteva dirlo chiunque.
Come una ragazza poteva fare i complimenti ad una sua amica, stessa cosa poteva fare Konradin con lui, giusto? Insomma… non c’era niente di male nel pensare questo su un amico! Ovviamente si vergognava a fargli i convenevoli per l’aspetto o no, dopotutto rimaneva sempre un maschio, dannazione!
 
BASTA! Doveva smettere di portare tutti quei pensieri sulla “cattiva rotta”. Non era omosessuale! Non era un malato! Cosa avrebbero pensato i suoi adorati genitori? Lo avrebbero ripudiato, forse?!
Solo il pensiero lo fece tremare dalla paura, stando ovviamente attento a non farsi vedere.
 
Era tutta una illusione che si era creato da solo! Senza alcun dubbio!
Però…
Non poteva non pensare che forse qualcosa provava. Cosa cavolo doveva fare?! Parlarne con Hans? Forse lui lo avrebbe ascoltato e magari avrebbe accettato questo grave errore nel giovane ariano. Avrebbe compreso e non si sarebbe allontanato da lui, come molti avrebbero di sicuro fatto.
 
Doveva trovare un modo per capire cosa voleva realmente.
 
Si ricordò poi di una cosa: i suoi il giorno seguente, non ci sarebbero stati.
E questa era una grande occasione, forse, per capire meglio cosa voleva Konradin.
«Hey Hans.» chiamò l’altro sussurrando, senza dover così disturbare la lezione; «ecco domani ... Vorresti venire a casa mia, domani?» domandò finalmente, con un po’ di insicurezza che tentava di coprire.
Hans rimase per un attimo il silenzio a pensare, ma era chiaro che avrebbe accettato con felicità. Non era mai successo che uno dei due negasse un invito da parte dell’altro.


 
Non sapeva cosa avrebbe fatto di preciso, ma era sicuro che avrebbe capito cosa voleva, cosa provava per Hans. Glielo avrebbe detto; gli avrebbe rivelato ciò che lo turbava così profondamente.
 
Passato un giorno, Konradin batté sulla porta di casa ed un maggiordomo gli venne ad aprire. Si passò subito dal grande salone alle scale, entrando alla fine nella grande camera del biondo.
 
Le prime ore passarono come sempre, tranquillamente; non voleva discutere subito riguardo quell’argomento che lo inquietava col suo migliore amico.
A volte lo guardava pensando di sbrigarsi e di togliersi da dosso quel peso, ma ecco che la codardia si faceva sempre più prevalere ed alla fine.. tacque.
 
«Konradin, tutto bene?» domandò Hans alzando lo sguardo dalle monete che avevano poggiato sul letto. Era da un bel po’ che notava il suo amico agitato per qualcosa; stava cominciando a sospettare che Konradin si era stancato di lui, come amico, e che quindi non sapeva più cosa fare per allontanarlo.
Aveva paura che alla fine pure lui era stato contagiato dagli altri, diventando freddo e razzista contro gli ebrei, ma che purtroppo non sapeva come fargli capire che voleva tagliare i contatti.
«Ehm.. beh… nein..» rispose il biondo ariano, tenendo il capo leggermente abbassato per l’imbarazzo del momento. Se non era per il suo amico che gli aveva fatto la domanda, forse sarebbe restato zitto per sempre. «C’è una cosa che mi sta tormentando da un bel po’ di tempo… e quindi… v-volevo chiederti un favore.»
Hans cominciava sempre più a pensare che in realtà l’altro voleva veramente non essere più suo amico, ma non appena vide l’altro avvicinarsi a lui con un leggero rossore sulle gote, poteva comprendere che ciò che pensava fino a qualche secondo fa era falso.
 
Konradin si avvicinò a lui lentamente col volto, rimanendo comunque seduto sul  letto come l’altro. Il suo sguardo si assottigliava sempre di più mentre si avvicinava ad Hans che, intanto, iniziò a tremolare leggermente per quello che il suo amico voleva sicuramente fare.
«K-Konradin.. N-no…» sussurrò il moro tremolante, allontanando di poco la testa, scansandosi dal viso dell’amico.
«Ti prego.. non scappare…» gli bisbigliò lentamente il biondo, pregandolo di non scappare da lui e di aiutarlo a capire. Non voleva che quella preziosa amicizia finisse così.
Hans non sapeva come rispondere: si morse semplicemente il labbro, guardando con tono confuso e spaventato l’amico che continuava ad avvicinarsi lentamente a lui.
«Si sta facendo tardi!! Devo ritornare a ca-» disse l’altro alzandosi di fretta dal letto con l’intenzione di uscire da lì, da quella casa; il biondo subito scattò, seguendolo di corsa.
«No!! Ti prego!!!» gli rispose sopra prendendolo per un braccio e dandogli una forte spinta, portandolo con le spalle sulla porta, bloccandolo. Non poteva sfuggire a lui, lo aveva intrappolato col corpo: le braccia di Konradin bloccavano le due uscite a destra ed a sinistra, mentre il suo intero corpo era posto di fronte  all’altro in modo da costringerlo a guardarlo, anche se Hans si limitava a stare con gli occhi forzatamente chiusi e la testa leggermente chinata, quasi nascosta dalle sue spalle.
 
Rimasero entrambi in silenzio: uno a guardare e l’altro a “nascondersi”, costringendo se stesso a non posare lo sguardo sul biondo che, almeno interiormente, era disperato ed impaurito; non voleva perderlo e quella fuga era una piccola testimonianza di ciò che temeva.
«N-non andare via..» sussurrò con una voce soffocata dal tremolare, balbettando come se stava quasi per piangere. Hans non riusciva a rispondere, rimanendo col volto leggermente abbassato. «Non voglio perderti, amico mio! » continuò ancora l’ariano « non volevo farti del male! Ti giuro che non accadrà nu-»
«Non dire più niente!!» gli rispose sopra Hans, facendolo zittire; «so bene che ci tieni a me, ma… non capisco. T-tu sei per caso un…???» non continuò, lasciando che l’altro capisse da solo quello che voleva dire, quasi come se quella parola era un tabù.
«Non lo so.» continuò l’altro «so solo che tu per me sei i-importante, più di quanto volessi dimostrare. Ogni momento, ogni secondo.. diventa importante. Non stare almeno un giorno con te, per me sarebbe come non respirare. Questo so! Ho molta paura di scoprire chi sono, cosa provo, cosa direbbero i miei genitori…» non trovava altre parole per sembrare convincente e calmare il suo amico, ancora scioccato per quello che Konradin voleva fare. Il moro cercò di ascoltarlo, non riuscendo a trovare una spiegazione oppure a dimenticare semplicemente; le intenzioni del biondo era fin troppo chiare: un bacio. Voleva un bacio e già questo suo pensiero gli era servito per allontanarsi da lui.
«Voglio ritornare a casa mia…» sussurrò Hans, non trovando risposte da dargli.
«Non te ne andare! Ti prego…» supplicò l’altro, che intanto spostò leggermente le braccia dell’ariano così da potersi muovere e magari uscire da quella stanza. I gesti erano lenti e per una volta, Konradin sembrava debole davanti all’altro, non riuscendo neppure a tenergli testa con la forza delle mani.


Le mani del biondo lentamente vennero abbassate ed il moro afferrò la maniglia della porta.
«Ci vediamo a scuola, Konradin» disse soltanto per poi dargli le spalle e camminare verso le scale.
Cosa voleva significare? Erano ancora amici? Il giovane ariano era turbato, spaventato e nervoso. Lo avrebbe rivisto a scuola, ma sarebbe ritornato tutto come prima?
 
Sicuramente no.

 
Erano passati due giorni da allora. Konradin, per la paura di far soffrire l’amico e far ricordare quel terribile incidente, decise di cambiare posto.
Lo stesso giorno, dopo quell’episodio, il biondo si mise seduto in un banco vuoto, anche se Hans era pronto ad accoglierlo vicino a lui come accadeva spesso. Ed anche il giorno seguente Konradin evitò di mettersi vicino al suo caro amico.
 
Peccato che più cercava di evitarlo e più moriva dalla voglia di averlo vicino a se, cominciando a provare una strana gelosia e protezione nei suoi confronti; chissà se ci teneva ancora ad averlo come amico? E quel posto vicino a lui sarebbe rimasto vuoto a lungo? Sperava di si.


Forse stava esagerando un po, ma ebbe la certezza di una cosa: era “malato”.
E se i suoi lo avessero scoperto beh.. di sicuro non lo avrebbero più considerato loro figlio, un Hohenfels.
Lui, che proveniva da una famiglia molto importante, era diventato omosessuale.
La madre sicuramente non avrebbe accettato; lo avrebbe ripudiato e forse anche allontanato dalla casa.
E chissà cosa avrebbe dovuto sopportare in futuro. Insulti, atti di bullismo, vergogna, disprezzo…


 
Era passato ancora un giorno e Konradin decise di non andare a scuola. A coprirlo, ci sarebbe stato il suo fedele maggiordomo, che gli era stato vicino sin dall’infanzia. Non gli raccontò ogni cosa; gli disse soltanto che non si sentiva tanto bene e che sarebbe andato da un medico da solo, così che i suoi genitori non avrebbero avuto ansie e distrazioni dal lavoro.
Ovviamente chiese al servitore di rimanere con la bocca cucita e di non far parola con NESSUNO.
Neppure Hans sapeva di quella sua decisione: vedeva il banco vuoto dove in quegli ultimi giorni il suo amico ariano si sedeva per evitare i suoi sguardi e poi guardava quella sedia accanto a lui, anch’essa vuota.


 
Konradin bussò alla porta della stanza dove il Dottore Schwarz, padre di Hans, era pronto ad attendere la prossima visita.
Vedendo entrare il caro amico di suo figlio, l’altro si alzò dalla sedia sorpreso, raggiungendolo vicino la porta.
«Signorino Konradin, come mai è qui?» gli domandò cercando di sembrare informale. Ricordava come i primi giorni che lo vedeva in casa, tentava di sembrare composto e molto formale nei suoi riguardi, ma più i tempi passavano e più cominciò a trattarlo come un normale amico di famiglia.
«Ehm.. beh volevo essere visitato da lei. So che è il miglior Dottore che si possa mai incontrare e volevo essere visitato. Forse sono malato.» rispose soltanto, senza alcuna intenzione di aggiungere altro.
«Dove si sente male?»
«Non lo so. Vorrei che mi visitasse su tutto!» era teso e forse lo si capiva abbastanza, sebbene tentava di sembrare determinato e sicuro di se. In realtà c’era il cuore che soffriva. Ogni volta che entrava in classe o guardava il suo caro amico… una grandissima fitta gli colpiva il cuore, facendolo piangere dentro.
 
Il Dottre Schwarz acconsentì di visitarlo, facendolo sdraiare sul lettino riservato agli ospiti. Konradin gli chiese anche di mantenere il silenzio riguardo quell’incontro, così da non far preoccupare i suoi genitori e non distraendoli dal lavoro –in pratica, la stessa cosa che disse al maggiordomo-.
 
«Posso farle una domanda, signorino?» domandò il Dottore mentre continuava a visitare il giovane ragazzo; «è da un po’ di tempo che Hans si comporta in modo strano. Sembra malinconico, ma non ne vuole parlare in casa. Per caso sai qualcosa?»
Konradin in un primo momento rimase in silenzio; sicuramente la ragione di quella depressione che stava affliggendo sia lui che l’amico era ovvia, ma non poteva di certo parlarne con suo padre.
«Mi spiace, non so niente» mentì spudoratamente rimanendo comunque con la stessa espressione fredda e vuota di prima.
 
Il Dottore annuì solamente sospirando, continuando la visita che durò molto più del previsto; il biondo voleva che lo visitasse in TUTTO. Ogni cosa era importante, voleva assicurarsi Konradin se stava bene o meno. E di sicuro gli avrebbe pagato un bel po’.


 
Avrebbe atteso un bel po’ di giorni, prima di sapere il risultato. Nel frattempo, avrebbe continuato la sua vita come se non fosse mai andato a farsi visitare da un medico.
 
Hans, come ogni giorno, attendeva l’arrivo dell’amico in classe, ansioso di vederlo e di sapere come mai qualche giorno prima non era andato a scuola.
«C-ciao Konradin!!» lo salutò di colpo vedendolo, per paura che l’altro avrebbe evitato il suo sguardo o sarebbe corso via pur di non rivolgergli la parola «l’altro giorno non eri venuto a scuola, come mai??» domandò con un leggero rossore sulle guance dovuto al nervosismo.
«Avevo da fare.» rispose solamente camminando di corsa verso il banco vuoto, pronto per sedersi e non parlare più con Hans; bastava poco per sentirsi nuovamente ferito al petto.
Era anche vero il fatto che l’altro gli aveva rivolto la parola, preoccupato per quell’assenza così insolita da parte dell’amico. Non poteva certo dirgli che era andato da suo padre, preferiva rimanere in silenzio.
 
Le giornate per i due ragazzi passarono così, ma più cercavano di allontanarsi e più volevano risentirsi vicini ed uniti come un tempo. Sapevano entrambi che non ce l’avrebbero fatta, che prima o poi sarebbero controllati. Si vedevano, stavano nella stessa classe… non potevano ignorarsi a lungo, non avrebbero resistito ancora a lungo.
 
Konradin era sicuro che non appena avrebbe saputo i risultati dal Dottore, sarebbe corso da Hans dicendogli le esatte parole: proprio così, mio caro amico, sono un malato!
Già immaginava la scena: lui, in lacrime, tremolante davanti al moro, con un pezzo di carta su cui c’era scritto il risultato della visita di qualche giorno fa. E dopo tutto ciò, vedeva il suo prezioso amico allontanarsi lentamente, disgustato e scioccato.
 
Gli vennero i brividi soltanto al pensiero di perderlo.

 
Era passata una settimana precisa ormai da quando era andato dal medico e Konradin cominciava ad avere ansia. Quanto ci metteva il Dottore a dargli i risultati?
Forse il Dottore aveva scoperto il suo difetto e decise di non dirgli niente così da non preoccuparlo, ma ormai lui lo sapeva! Era una malattia così grave che il Dottore provava pietà persino nel chiamarlo ed avvertirlo della situazione. Sicuramente lo stava facendo per il bene del ragazzo.
 
Ed invece, quello stesso giorno, il ragazzo ricevette una lettera.
 
Il maggiordomo gliela consegnò senza che i genitori lo notassero: non voleva far sapere niente a loro.
Dopo aver pranzato con aria tranquilla, anche se si vedeva molto bene che era abbastanza agitato per qualcosa, corse in camera e subito aprì la lettera tremando e sudando freddo.
 
Finalmente avrebbe avuto conferma dei suoi piagnistei!
Sarebbe ritornato solo! Ne era più che sicuro! Lo avrebbero abbandonato tutti!
 
Non riusciva a credere a ciò che era scritto lì.
 
Era sano.
Sul foglio c’era scritto che stava bene!! Che non aveva nessun sintomo!!!
Come diavolo era possibile?
Konradin non riusciva a crederci, forse il medico si era sbagliato a scrivere oppure a visitarlo!
Magari quella era solo una menzogna.
 
Senza neanche soffermarsi a pensare, iniziò a correre dicendo che aveva un importante faccenda da sbrigare. I suoi non fecero in tempo a chiedere altro che il loro figlio era già corso via a per di fiato.


 
Bussò fortemente alla casa degli Schwarz, attendendo che qualcuno gli venisse ad aprire.
Respirava con affanno dovuto al correre troppo e i suoi capelli erano leggermente spettinati per la causa nominata prima.
Ad aprirgli venne la madre di Hans, curiosa di vederlo lì.
«Ah! Ciao Konradin! Sei qui per vedere Hans? Sta proprio in camera sua!»
«In realtà sono qui anche per vedere suo marito, signora! È in casa?» domandò velocemente, come se aveva una grande fretta e che doveva parlargli con urgenza.
«Ehm… si certo…»
Konradin entrò subito dentro casa, lasciando la madre del suo amico leggermente turbata.
 
«Signor Schwarz ci dev’essere un errore!!» gridò il biondo ariano spalancando la porta della cucina, dove il signor Schwarz era intento a leggere il giornale con estrema tranquillità.
«C-come?» chiese non comprendendo ciò che voleva dire il giovane Hohenfels.
«I-io devo essere malato! Non posso essere sano!»
«… lei è perfettamente sano, signorino Hohenfels. Non ho fatto nessuno sbaglio. Forse era solo stressato o nervoso per qualcosa in quei giorni perché non ho notato nessuna malattia.»
 
Konradin era sempre più confuso: lui sapeva che essere omosessuali era una malattia! Insomma, non poteva non essere malato! Era sicuro al 100% che ormai era diventato una degenerazione della razza ariana.
«E’ sicuro che io sia sano??» domandò insistentemente.
«Beh.. se lei continua a domandarmi questa cosa, potrei dire che sta diventando pazzo» rispose con tono sarcastico il Dottore, almeno per non diventare nervoso con quel povero ragazzo dall’aria così impacciata.
 
Doveva essere così! Doveva avere fiducia nel Dottore!
Doveva pensarci su: prima del cristianesimo, come aveva letto tempo fa, l’omosessualità non era vista come una malattia! Molti uomini famosi della storia lo erano ed erano sani!
Che in realtà c’era qualcosa di sbagliato nella razza ariana? Che erano tutte fandonie quello che insinuavano? Anche se ciò che dicevano era la legge?!
 
Senza dire più nulla, corse nuovamente all’interno della casa, ma solo per andare dal suo amico Hans: finalmente era giunto il momento di parlarsi e chiarirsi.

 
Hans era in camera sua, a guardare fuori dalla finestra con aria pensierosa e preoccupata. In mano teneva un libro aperto a metà, intenzionato a leggere.. ma poi i suoi pensieri andarono oltre e la voglia passò all’instante.
Non sapeva che il suo amico era in casa sua, non sapeva della visita.. non sapeva niente.
 
Sentì dei passi avvicinarsi frettolosamente verso la sua stanza e di colpo la porta si aprì, trovandosi l’amico davanti alla soglia della camera.
«Ah! K-Konradin??!» urlò sobbalzando, preso quasi da un infarto al cuore per la rapidità che il giovane ci aveva messo per raggiungerlo; «c-che ci fai qui???!»
«Guarda!!» disse esprimendo sul volto un sorriso pieno di felicità e di sollievo. Chiuse innanzitutto la porta così che i suoi genitori non avessero sentito niente e poi si avvicinò a lui, mostrandogli il foglio.
Hans prese la lettera, riconoscendo la calligrafia di suo padre.
«Sono sano!! Non sono malato, sono sano!!» urlò gioioso Konradin.« Lo capisci, Hans?? Quello che provo per te non è una malattia!!»
Per quanto il biondo era allegro e sollevato, Hans non faceva altro che leggere quella lettera, confuso e disorientato.
Anche Konradin, vedendo che l’altro non aveva lasciato intravedere niente di positivo, poco a poco fece scomparire il suo ampio sorriso dalla bocca.
«Scusami, Hans… credevo che così facendo, magari saremo potuti ritornare amici.. come prima..» disse, mentre chinava leggermente il viso pieno di imbarazzo e di dispiacere.
Ma in fin dei conti non poteva costringere il suo amico a seguirlo, costringerlo a provare qualcosa che magari lui odiata e che il solo pensiero lo faceva vomitare.
 
«N-non ti disturberò più!» aggiunse, stringendosi le mani a pugno, per contenere il tremolio che non riusciva a fermare, teso come era.
Finalmente il moro, che prima era concentrato a tenere gli occhi sulla lettera, finalmente si voltò lentamente verso l’altro, a guardare sorpreso il suo amico che era rimasto in piedi «S-so bene che te non mi accetterai mai così.. però…

Io ti amo, Hans!!

E nessuno potrà impedirmi di far crescere questo sentimento!! Fa male, fa soffrire.. però è piacevole… non saprei come descriverlo, ma è una sensazione che vorrei riprovare milioni di volte..»


Aveva parlato fin troppo, doveva smettere. Sicuramente aveva detto cose insensate e se continuava a dire stupidaggini, avrebbe iniziato a piangere come un bambino.
Inutile dire che i cattivi pensieri ritornarono ad affluire nella sua mente, facendolo sempre più agitare interiormente.

«Konradin… smettila di piangere…» sussurrò Hans, facendo notare all’amico che quello che non voleva fare e che alla fine aveva fatto.
Stava piangendo; le lacrime erano così lente a scendere che neanche si era accorto che il viso veniva rigato.
«S-s-scusami…!!» riuscì solo a dire mentre si coprì gli occhi con le mani, tentando di asciugarseli.
«N-no.. non fa niente…»disse a sua volta l’altro, girando leggermente lo sguardo altrove. Fissava un punto fisso fuori dalla finestra della camera, senza sapere con precisione cosa fare o dire.
 
«Konradin,
C’è una cosa che mi sta tormentando da un bel po’ di tempo… e quindi volevo chiederti un favore.»
 
Il biondo alzò la testa sorpreso ricordando bene quelle parole. Vide il suo amico alzarsi dal letto e raggiungerlo, costringendolo ad indietreggiare fino ad arrivare con le spalle al muro. A differenza di come era Konradin quel giorno, Hans si stava dimostrando più sicuro di se.. anche se l’imbarazzo non mancava in entrambi.
«S-s-sei sicuro???» domandò il biondo leggermente confuso; l’altro in risposta annuì semplicemente, rimanendo in silenzio a guardare l’amico che cominciò a calmarsi per non sembrare teso anche per quello che stava per succedere.
 
Konradin abbassò leggermente gli occhi, avvicinando pian piano il proprio viso a quello di Hans, inclinando la testa di lato per rendere più facile il probabile bacio, ma dando il tempo all’amico di spostarsi se non lo voleva.
Hans non si mosse; rimase davanti a lui, guardandolo in volto per poi socchiudere anch’egli gli occhi.
Nessuno disse più nulla e il silenzio stava avendo la meglio su tutto.
Se solo avessero ascoltato meglio, c’erano i battiti dei loro cuori che risuonavano nella camera da letto.
 
 Konradin si avvicinò nuovamente a lui, sfiorando lentamente le labbra con le sue, come un piccolo bacio lento ed innocente. Poi ne arrivò un altro dello stesso ed identico valore ed intensità, aprendo finalmente gli occhi di poco.
Si guardarono e nuovamente li richiusero, arrivando ad un bacio più prolungato ed intenso.
Solo quello.. non fecero altro.
Niente collezione di monete o pietre, solo loro due con le braccia avvinghiate nei loro corpi, a stringersi e ha tenere le loro labbra unite, legate.
Hans si cinse con le braccia attorno al suo collo, mentre Konradin partì dalla vita, stringendolo come se ormai era diventato il suo tesoro più prezioso.
 
Non fecero altro se non quello di “manifestare” i loro sentimenti, senza alcuna intenzione di muoversi o di andare nel letto per rendere quei baci ancor più accesi ed energici.
Erano dolci; semplicemente questo. A volte sembravano quasi tremare o balbettare durante quei baci, come se tentassero di reprimere qualche piagnisteo di sollievo.
 
E mentre le loro labbra erano avvinghiate l’un l’altro, il tempo passava e il sole stava per andare via. Entrambi sapevano che si sarebbero rivisti a scuola il mattino dopo, ma il timore di non vedersi per svariate ore notturne resero l’addio molto difficile.


 
Più tardi, verso la notte, i due ragazzi subirono il contraccolpo: entrambi dormirono male, nelle proprie case, perché avevano paura del mattino.
Forse Hans si era pentito di quel bacio, pensava Konradin; forse Konradin avrebbe continuato a non rivolgergli più la parola, pensava Hans.
Forse avevano fatto male a scambiarsi quei sentimenti? Dovevano essere più riservati e prudenti?
 
Fortuna che tutte le loro paure erano infondate.
Appena Hans entrò in classe, vide Konradin pronto a salutarlo come se non era mai successo niente. Quest’ultimo si andò a mettere vicino al moro, che provò una strana sensazione di apprezzamento nel vederlo accanto a lui.
Il piacere di entrambi i ragazzi di vedersi era tanto palese e sincero che i loro timori svanirono in un lampo.

Senza farsi vedere da nessuno della classe, i due si presero per mano, dandosi delle dolci occhiate come se stessero guardando un dipinto di straordinaria bellezza.
Quegli sguardi avevano delle parole… delle parole così belle che avevano persino paura a sussurrarle.
 
Hans avvicinò il suo viso a quello di Konradin, bisbigliando al suo orecchio quelle parole segrete ed impronunciabili, in un mondo dove forse i loro affetti erano vietati:
 
ℐɕℎ ℒ℩ℯɓℯ ɗ℩ɕℎ


*.:。✿*゚゚・✿.。.:*
È la prima volta che scrivo una fanfiction su un libro.
Non posso certo dire di aver scritto tanto quanto immaginavo, comunque sia ci ho provato almeno.

Grazie di cuore a chi è arrivato fino alla fine della storia.
Arrivederci.
  
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