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Autore: Mudie    05/01/2014    4 recensioni
Tutti noi da piccoli, invogliati dai nostri amici, abbiamo dovuto partecipare a prove di paura.
Un ragazzo dovrà far lo stesso: un'ora nell'Antico Chateau, dimora di un Pokémon alquanto raro (da me umanizzato) e di nessun altro. Ce la farà a vincere contro la sfida che la piccola ragazzina Pokémon gli lancerà? Dubitate?
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Videogioco
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Angolo autrice
Dopo tanto tempo son tornata con una fic Dark, che bello! Mi è un po' mancato questo genere. Spero che vi piaccia e che mi lasciate un commento, anche minuscolo. 
Grazie a chi mi segue dando un giudizio ai miei scritti e grazie anche a tutti i lettori silenziosi. 

 

 

Corri via quando lei incrocerai,
corri via se i suoi occhi vedrai.

 
Era proibito. Agli altri non importava, ma a me sì.
La catapecchia oramai si reggeva a stento ed il viola scuro delle pareti si era trasformato in un grigio bruciato; la puzza di muffa, che cercava di essere coperta dal Profumino dei Vileplume selvatici, impregnava il loro naso. L’oscurità la pervadeva, nonostante fosse pieno giorno, e i Pokémon rimanevano a distanza da quel tetro luogo, perfino i tipi Spettro.
Si narrava di una giovane ragazza deceduta là dentro, ma le cause della morte si erano perdute nel tempo; questa ignoranza però venne colmata dalla fantasia degli uomini. La storia divenne leggenda e a questa vennero attribuiti dettagli raccapriccianti. Accoltellamenti, veleni, visioni, tutto è stato buono per aumentare il terrore dei paesani.
"Forza Josh, o hai paura?" incitò un ragazzino robusto per la sua età "non dirmi che vuoi rinunciare, fifone!"
Non avevo paura, o semplicemente non volevo ammetterlo. Lasciai che gli incitamenti mi soggiogassero definitivamente ed entrai nell’Antico Chateau, senza porre la minima resistenza.
In fondo al suo cuore però sapeva che quell’avventura non gli avrebbe riservato nulla di buono.

Gridar non potrai e nemmeno scappar,
quando le parlerai dovrai giocar.

 
 "C’è qualcuno?" chiesi quando varcai la soglia della casa stregata, ma il silenzio accolse la mia domanda.
Un’ora, si trattava di soli sessanta minuti e sarei entrato nella Banda di Evanopoli, finalmente sarei stato accettato. Solo per questo mi ero addentrato in quella orribile stamberga, un premio un po’ misero a detta di altri, ma per un ragazzo così cagionevole era il trofeo più ambito.
Mi guardai intorno, neanche qualche spiffero d’aria voleva rompere il vuoto che pervadeva la casa. I mobili erano coperti di polvere, l’acqua aveva intaccato il pavimento di legno e si erano create pozze salmastre qua e là vicino alle pareti. L’odore della muffa mi penetrava le narici, ma riuscivo ancora a sopportarlo; faceva un caldo torrido, per questo mi tolsi il maglione per legarmelo in vita.
"Beh, non mi pare tan-" uno scricchiolio improvviso dietro di me mi fece girare. Una ragazzina mi stava sorridendo, ma non sembrava cattiva, anzi, ispirava tenerezza. Tuttavia, mi presi comunque un bello spavento, tanto da farmi sobbalzare indietro.
"Banda di Evanopoli?" chiese dolcemente, sorridendo appena. Non aveva nulla di maligno, il suo viso era candido, i capelli blu fluenti sembravano una scarica di pura energia elettrica ed il vestito, corto fino alle ginocchia, era di un arancione più brillante di quello del sole. Gli occhi però sembravano vuoti, tristi, pieni di desolazione.
Annuii, un po’ intimorito da quella figura. Lei notò la mia tensione, per questo si avvicinò con estrema grazia e sorrise con premura "Non ti mangio mica, mi chiamo Rotom".

In ogni oggetto nascondersi saprà
e in pochi istanti il tempo scadrà.
 
Finimmo per parlare dei nostri interessi, era simpatica. Adoravo la sua compagnia e grazie a lei mi stavo abituando all'ambiete circostante, pure lei si trovava lì per una prova di coraggio, così disse. Aveva un viso tanto dolce, anche se non mi ero ancora abituato a quegli occhi tanto strani.
"Giochiamo?" domandò lei divertita "Nascondino, questo luogo è così magico e pieno di nascondigli, tanto è vuoto e nessuno ci verrà a disturbare! Se mi troverai, riceverai un premio; se però vincerò io, tu mi darai il premio che mi spetta. Hai dieci minuti di tempo per trovarmi, se non ci riuscirai vorrà dire che ho vinto io" indicò il mio orologio da polso. Ero incuriosito, sapevo già che premio avrei voluto: il suo numero di telefono.
"Che genere di premio?" chiesi tuttavia, per assicurarmi che questo fantomatico trofeo poteva essere qualsiasi cosa volessi, lei però era già corsa via.
Contai i soliti 20 secondi, mi alzai e mi misi a cercarla. Passò poco meno di una decina di minuti, ma di lei neanche traccia. Aprii ogni armadio, cassetto, mobile di qualsiasi stanza, era troppo brava. L’ansia quasi ebbe la meglio su di me, finalmente avevo trovato qualcuno e non volevo di nuovo stare di nuovo da solo in quel postaccio.
Ogni tanto mi capitava di sentire la sua risata alle mie spalle, ma sembrava che si stesse quasi distorcendo. Il caldo mi stava facendo impazzire e la notte stava calando. Era già notte? Era fisicamente impossibile. Che abbia preso un colpo di calore? No, improbabile. Cosa stava succedendo? I Pokémon Spettro si stavano burlando di me? No, no, no, nessun Pokémon abitava questa casa. Scricchiolii, li potevo sentir provenire da ogni angolo. Il mio respiro divenne affannato, anche se cercavo ancora di mantenere un certo controllo mentale.  
"Marco!" urlai verso la porta "Ci siete?". Niente, nessuna voce. "Rotom ho paura, io esco!".
Non sono solo, non parleranno perché la prova non consente aiuti. Esatto, deve essere per quello. Non mi importa di questa stupida sfida, non me ne frega di diventare un membro di quella cavolo di banda; cercai di aprire l’uscio ma, quando fu spalancato, un muro di mattoni bloccava la via. Niente scherzi, sia chiaro! Gli diedi calci e pungi dalla disperazione, ma l’unico risultato furono le mie nocche spellate.
Il mio cuore mi stava esplodendo nel petto e ogni mio pensiero si concentrava su tutti gli aspetti negativi di quel momento, facendosi beffa della mia paura. L’orologio si era bloccato.
“Rotom, è opera tua? Parla!”
Il buio rispose con una risata.
Sente il tuo cuore battere follemente,
un suono fastidioso per una non vivente.
 
Una campanella suonò, come a significare che il mio tempo era finito.
"19 luglio 1965, una ragazzina è stata ritrovata a terra in casa sua senza vita. Una scarica elettrica di elevato voltaggio l’aveva colpita" Rotom apparve dietro alle mie spalle, con un coltello in mano "Povera piccola Rotom, non trovi?"
Stuzzicava le proprie dita con la punta della lama, anche con elevata pressione, il sangue però non usciva. Sogghignava, mi squadrava dalla testa ai piedi. Deglutii, non aveva senso quello che stava dicendo, non poteva essere morta, gli avevo parlato neanche dieci minuti prima.
"Scioccato?" rise, la sua voce era diventata tremenda.
"Cosa centro io? Spiegamelo!" volevo scappare, volevo andarmene via, volevo gridare aiuto ma il terrore di quel momento mi bloccava. Le mie gambe non rispondevano, il terrore si era impossessato del mio corpo.
Scostò i capelli dall’orecchio, era putrefatto. Un conato di vomito mi salì su per l’esofago, non riuscii a trattenermi e rimisi il pranzo sul tappeto di fianco a me. Sudato e sporco, stringevo letteralmente l’anima fra i denti.
"Questo corpo si sta putrefacendo, me ne serve uno nuovo” sorrise e si avvicinò “non mi hai trovato entro il tempo limite, voglio il mio premio".
Cercai di scappare, lei però era troppo veloce e le mie gambe non rispondevano bene ai miei comandi. Non volevo morire, ci tenevo alla vita. Sadica, lo faceva apposta a starmi dietro, a farmi scappare con tanta facilità, a vedermi impazzire. Godeva assaporando la mia angoscia, voleva più lacrime, più grida perché tanto sapeva che nessuno mi sarebbe venuto a salvare. Voglio uscire, provai ad implorare al muro di togliersi ma nulla accadde. Mi accasciai per la stanchezza, non ce la facevo più. Mi girai di scatto e lei era lì, col coltello in alto, pronta per affondarlo nella mia carne.
"Game over" sussurrò. 
Rosso, vidi tutto rosso per qualche istante prima di chiudere per sempre gli occhi. Il sangue gocciolava e la camicia s’impregnò del liquido scarlatto.
Aiuto.

 
Corri via quando il premio sceglierà,
perché di vincere mai lei ti consentirà.
 
Guardava il cadavere del ragazzo con aria affascinata, non le capitava tutti i giorni che arrivasse qualcuno di così carino a farle visita. Peccato che abbia perso, si stava affezionando al suo viso.
L’emorragia dovuta alla lama non si era ancora fermata ed il sangue, caldo e denso, le bagnava i piedi.
Appoggiò le mani sul  petto senza vita e l’anima della ragazza s’infilò nel corpo.
"Josh" la porta si spalancò improvvisamente "congrat-" il ragazzo sbiancò alla vista dell’enorme macchia sulla camicia.
"La vernice rossa del tappeto bagnato al secondo piano mi ha sporcato, sto bene. Tranquilli" sorrise Rotom "andiamo via".
Chiuse dietro di se la porta, per sempre.
"Un maschio questa volta? Mh, vediamo se mi ci abituerò" sussurò lei, ghignando.
 

 
   
 
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