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Autore: Ucha    05/01/2014    7 recensioni
[Frozen- Il Regno di Ghiaccio]
~Non si sarebbe mai aspettato, che “l’impossibile Elsa”, così chiamata dai suoi fratelli, fosse così simile a lui per certi aspetti. Si era sempre sentito solo in quei venticinque anni di una vita vuota e all’ombra, e l’unica persona capace di capirla in parte era stata Anna. Ma la solitudine della principessa decorata da ignoranza e ingenuità, quella di sua sorella era stata una gabbia… Come la sua? Sì, una prigione di ghiaccio.
[...]
Anche Elsa cominciava a cambiare il suo punto di vista verso quel principe. L’idea che si era fatta era questa: il principe Hans poteva essere definito a strati. Lo strato gentile e affascinante, quello crudele ed egoista e infine l’ultimo, quello più profondo, lo strato ormai incrinato e ferito.~
{Hans/Elsa(Helsa)}
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le prigioni danesi erano buie e fredde, ma lei il particolare clima non lo risentiva, lo dimostrava il fatto che nonostante fosse a Copenaghen, in pieno dicembre e con la neve che quasi le arrivava alle ginocchia, lei era sempre impeccabile in quel vestito quasi etereo, impalpabile, fatto di ghiaccio.
La Regina di Arandelle camminava con passo deciso e quella regalità che rendevano la sua figura slanciata ancora più deliziosa e affascinante. Era scortata da guardie, ma come arrivarono davanti all’ultima cella, la più buia, la più decadente, sorvegliata da un’altra coppia di secondini, lei congedò chiunque fosse là dentro.
Erano passati due anni dall’ultima volta, ma non era riuscita a toglierselo dalla testa. Aveva ancora impressi nella sua mente quegli occhi verdi carichi di rabbia e sofferenza, mentre lei lo faceva sbattere in prigione. Gli occhi di chi aveva sofferto. Di chi aveva cercato di farsi notare e farsi valere, per poi esser stato disarcionato dal cavallo della vittoria un istante prima che toccasse il traguardo.  Aveva visto nel suo volto la solitudine, la resa, aveva visto un sacco di cose.
Ma non si era mai decisa a darsi una mossa. Perché no? Perché della sorte di un traditore non si dovrebbe curare, una regina.
E invece era lì. Un po’ tremante e in ansia, mentre attendeva che tutte le guardie li lasciassero soli. L’uomo nella cella si voltò ed Elsa sobbalzò lievemente, nel vederlo in quello stato.
Una camicia rovinata, i pantaloni laceri e un paio di stivali erano i soli indumenti che possedeva, oltre ad una coperta che si teneva tremante sulle spalle. La barba rossastra era incolta intorno alle labbra livide e gli occhi,  quegli occhi, marchiati da profonde occhiaie.
Lui la guardò sorpreso, per poi sfoggiare un’espressione che rasentava l’umiliazione più totale, e girarsi amareggiato verso le parete, accucciato a terra.
-Oltre al danno la beffa, regina Elsa?- la sua voce era arrochita, dal tempo, dalla rabbia con la quale ha gridato a sé stesso dentro quel carcere marcio, dal freddo.
Elsa non poté che provare un’immensa pena.
-È passato un bel po’ di tempo… -  disse, dopo un po’ di esitazione. – Non è vero, principe Hans?-
Lui scosse la testa e si girò verso di lei, guardandola con uno sguardo carico di tristezza e rancore. Odio non ce n’era più. Perché odiarla d’altronde? Perché era solo stato un ostacolo per la sua ascesa al trono? Non ce n’era ragione. Elsa non aveva mai avuto idea di cosa il suo cuore emarginato lo avesse portato a fare, ma in quel momento provò rancore. Rancore perché lei era venuta lì, a distanza di tempo, a rinfacciargli il suo ergastolo. Le sbarre che li dividevano glielo facevano intuire ancora di più.
-Già. Quanto tempo? Ormai ho penso la cognizione del tempo dentro questa cella in cui tu mi hai sbattuto!- si era alzato in piedi e si era aggrappato al freddo gelido del metallo, puntando disperato gli occhi suoi verdi in quelli azzurri ghiaccio di lei.
E si sorprese, quando la vide indietreggiare abbassando lo sguardo.
Sai, Elsa era preferibile, come erede al trono, ma nessuno avrebbe avuto una speranza con lei.
Se l’era sempre immaginata glaciale e autoritaria, la regina Elsa. Vederla così, invece, così remissiva e delicata, gli scaturì un senso di tenerezza, che scacciò subito.
Lei recuperò prontamente la sua autorità e lo guardò con severità, prendendo un profondo respiro e raddrizzando la schiena.
Hans cacciò un risolino di resa e voltò nuovamente le spalle ad Elsa, seguito da un silenzio grave. Si aspettava una ramanzina da parte della giovane.
L’unico rumore era il ritmico gocciolio della neve sciolta (ciò era possibile, con tutto quel freddo?) e i respiri di entrambi.
Elsa osservava la sua corporatura tonica e delineata consumata dalla prigione. Si chiedeva se i suoi dodici fratelli, così premurosi e cordiali con lei, gli dessero il necessario per mantenersi. Ma solo riguardandolo, fra barba, capelli lunghi, occhiaie e vestiti miseri, si rese conto che non era così.
Quello era l’uomo che aveva tentato di ucciderla e prendere il suo regno. Eppure lei era lì, salda sulle due gambe, le mani in grembo, ad osservarlo. Nella sua figura indovinava una solitudine lacerante, racchiusa all’interno di un involucro del bravo principe. Come era stato per lei.
Dilatò le narici, al ricordo della sua infanzia e adolescenza fra i freddi muri della sua stanza.
-Perché? Perché arrivare a tutto questo?- chiese all’improvviso, senza alcuna anticipazione, rompendo il perfetto silenzio dei sotterranei. – Perché Anna?-
Hans spalancò gli occhi, inarcando le sopracciglia all’insù. Era pronto a incassare ogni tipo di rimprovero, offesa e quant’altro c’era da dirgli, ma quelle domande lo lasciarono spiazzato. Dalla voce controllata della donna proveniva dispiacere. Dispiacere? Sì, per lui e per sua sorella, che aveva coinvolto tempo addietro.
Si morse la labbra livide e guardò in basso, rievocando tutta la sua vita con fastidio e sensazione di emarginazione che… provava ancora. Dentro quella cella, quella gabbia, che si era costruito da solo. La guardò sentendosi condannato.
-Perché… Perché sono il tredicesimo di tredici fratelli.- ammise dopo un po’. Rimase di spalle alla regina, congelato sulla sua postazione. –Sapete cosa vuol dire? Essere l’ultimo della lista, l’ultimo dei giochi, quello a cui non spetterà niente di per certo, che è stato coperto da un manto invisibile diventando tale agli occhi di ben tre fratelli? “Senti qualcosa, Noah?” “No, solo un ronzio fastidioso.” “Hans? Chi è Hans?”. Tutto questo per due maledetti anni. Essere emarginati.-
E allora si voltò, girandosi verso Elsa, e nelle iridi la regina colse un’implicita richiesta di aiuto. Ma non aiuto materiale, era l’aiuto che una povera anima chiedeva al Paradiso.
-So cosa voglia dire. – rispose, per poi alzare una mano con il palmo elegantemente rivolto verso l’alto. Una scia lievissima di fiocchi di neve volteggiò in aria, prima di sparire in miliardi di particelle scomposte. –Questo mio potere mi ha tenuta lontana dal mondo per tredici lunghi anni. Non potevo uscire al sole, vedere la mia stessa città e non potevo vedere Anna. –
E Hans non ebbe il coraggio di rispondere, semplicemente andò a sedersi sulla scomoda panca di legno che costituiva la sua branda e poggiò i gomiti sulle cosce, curvando la schiena esausto.
Non si sarebbe mai aspettato, che “l’impossibile Elsa”, così chiamata dai suoi fratelli, fosse così simile a lui per certi aspetti. Si era sempre sentito solo in quei venticinque anni di una vita vuota e all’ombra, e l’unica persona capace di capirla in parte era stata Anna. Ma la solitudine della principessa decorata da ignoranza e ingenuità, quella di sua sorella era stata una gabbia… Come la sua? Sì, una prigione di ghiaccio.
Riportò la sua attenzione sulla figura composta della Regina e la scrutò intensamente. Sotto la sua postura rigida e l’aspetto impeccabile c’era una ragazza ferita, una ragazza che aveva bisogno di un supporto per il mondo esterno, qualcuno che la reggesse. E lui aveva bisogno di qualcuno a cui stringersi e sentirsi dire che non era solo. Sciocco che era stato, nel volerla uccidere, quel luglio di due anni prima!
Anche Elsa cominciava a cambiare il suo punto di vista verso quel principe. L’idea che si era fatta era questa: il principe Hans poteva essere definito a strati. Lo strato gentile e affascinante, quello crudele ed egoista e infine l’ultimo, quello più profondo, lo strato ormai incrinato e ferito.
-Altezza, questa prigione vi rovinerà l’acconciatura. Vi conviene andare.-
-Io…- sospirò, sapendo di non poter fare niente per lui. Quella era la legge e anche se lei era una regina, il suo dominio riguardava la Scandinavia e nient’altro. –Va bene. Ti… auguro una buona giornata.-
Era affranta, perché se era partita con l’intenzione di capire cosa  lo avesse spinto due anni prima ad un’azione così folle e malsana per usurpare il trono di Arandelle, la cosa che l’affliggeva di più in quel momento era capire che aveva condannato una persona come lei all’ergastolo.
Prima di uscire dalla porta si girò ancora un istante e osservò la gabbia buia del tredicesimo rampollo reale.
-Altezza!- la voce di Hans la fece trasalire. Lo vide affacciarsi alle sbarre e osservarla, con quello sguardo premuroso e gentile che le aveva rivolto quando ad essere stata imprigionata era stata lei.
E per la regina, fu impossibile non ricambiare quel sorriso.
-Sì, principe Hans?-
-Venite a farmi visita, ogni tanto.-
 
 
Angolo dell’autrice:
 
La mia prima fanfic su Elsa ed Hans, sono commossa.
Era da un po’ che volevo scrivere su questi due, perché io pensavo che nel film si sposassero e invece no, ma pazienza. Rimango una loro shipper convinta. Perché li amo tanto tanto e in questa one-shot ho voluto rappresentarli per come mi sono apparsi nel film: Elsa una creatura delicata e Hans ferito nel profondo. Sarò pazza io, ma vaaaaa bon! Spero di non essere entrata troppo nell’OOC. ;__;
Il titolo della fan fiction è “Tredici” perché, nel bel mezzo del racconto il numero tredici li accomuna. Hans è il tredicesimo ed Elsa ha dovuto passare tredici anni in solitudine. Perché? Perché la Disney ha dichiarato che Elsa ha ventuno anni durante Frozen e Anna diciotto, quindi significa che si tolgono tre anni. Quando Anna viene colpita dalla magia di Elsa, aveva cinque anni e quindi Elsa otto. E insomma, sì, ci siamo capiti ora basta altrimenti faccio la recensione del film.(?)
Spero vi piaccia!
Ucha
   
 
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