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Autore: ValHerm    27/05/2008    6 recensioni
Edward era sempre stato il più forte.
Sempre.
Eppure sarebbe venuto il giorno, nel quale qualcuno si sarebbe dimostrato più forte di lui.
[EdWin]
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io e te [Un legame indissolubile]

Io e te [Un legame indissolubile]

 

“Ricordo quel giorno come se fosse ieri.

Il mio coraggio, la mia forza, in quell’istante vennero meno.

E ci fu solo una persona, che riuscì a ridarmi speranza.

Che dimostrò una forza di gran lunga superiore alla mia. Un coraggio due volte più grande.

E un affetto così vasto da raggiungere il cielo.

C’eri tu, Win

 

 

L’odore dell’erba fresca. Le risate di alcuni bambini.

Il sole oscurato a tratti da alcune nuvole, che lo coprivano sempre più spesso.

E tu, con i tuoi occhi color miele.

 

Arrivi al traguardo. Un albero in cima alla collina su cui sei salito tante volte.

 

[Un simbolo della tua infanzia]

 

Tocchi il tronco lasciandoti scappare un respiro di sollievo.

Ti volti, e sventoli la mano con un enorme sorriso.

 

-Ho vinto io!- annunci orgoglioso.

 

Lei arriva correndo a più non posso, tocca il tronco e si lascia cadere sfinita sull’erba.

Respira a fatica, e quella scena quasi t’intenerisce.

 

D’altronde, eri sempre stato più forte di lei.

 

[Sempre]

 

Ti pieghi sulle ginocchia, allunghi una mano e con un dito le tocchi il nasino.

-Sei una lentona- la apostrofi con un sorrisetto.

 

Lei gonfia le guance a pallone, corrucciando il suo bel visetto tondo.

Con aria di sufficienza le porgi una mano per alzarsi, ma lei la guarda stizzita, e si alza da sola. Si pulisce un po’ il vestitino rosa e guarda verso l’orizzonte, aspettando l’arrivo di Al.

 

-Win- le dici mettendo le mani sui fianchi –tranquilla, arriverà-

-lo so- ti risponde lei –ma così ti posso ignorare-

-…stupida-

-scemo-

-violenta-

-maleducato-

-…maschiaccio!- dici trionfante, pentendoti subito dopo di quell’accusa.

Lei si volta di scatto, e ti trafigge con i suoi occhi zaffiro.

Mette piano la mano in una tasca e comincia a fuoriuscire il suo arnese preferito.

 

“La chiave inglese del terrore”, come l’avevi soprannominata.

 

Deglutisci e indietreggi, sempre di più.

 

-Chiedi scusa!-

-…mai!-.

 

E la corsa comincia.

 

Al arriva stremato al tronco dell’albero, cade a terra ma voi non gli badate.

Lui vi guarda e si ripara, sfuggendo per un pelo all’arnese volante di Winry.

 

Non siete più dei bambini piccoli, eppure, a otto anni, riuscite ancora a ridere e a sognare, ignari del male che vi avrebbe presto circondati. Ignari che il mondo, vi sarebbe crollato addosso nuovamente tra pochi istanti.

 

 

*

 

-Mamma!- urli aprendo la porta. Hai in mano una busta con dentro gli ingredienti per il pranzo. Non vedi l’ora che la tua mamma ti cucini qualcosa.

 

Ma lei non ti risponde. E il tuo urlo rimbomba vuoto nella casa, lasciandoti dentro una strana sensazione.

 

Al arranca dietro di te, come sempre.

 

Tu avanzi all’interno della casa, e ad un tratto, la vedi.

 

[Ed è come venire risucchiati in un vortice di dolore. In un buio senza luci]

 

-MAMMA!-.

 

È a terra, priva di sensi. Col volto pallido e gli occhi spenti.

 

*

 

Ti ritrovavi spesso a pregare, in quei giorni.

Non credevi in Dio, non l’avevi mai fatto.

 

Eppure ogni sera eri lì, premendo le mani l’una contro l’altra. Ma non per praticare l’alchimia. Solo per rivolgerti a qualcuno che avrebbe permesso alla mamma di restare.

E l’hai desiderato, l’hai desiderato con tutto il cuore.

 

[Ma i desideri non si avverano mai.]

 

E lo comprendesti quel giorno.

 

Quando zia Pinako uscì dalla stanza, con gli occhiali appannati, e lo sguardo basso.

 

Era sempre stata una donna forte, zia Pinako.

Eppure, quel giorno, l’hai vista crollare insieme a te.

 

Con la paura nel cuore, eri entrato in quella stanza.

 

[E lei non c’era più]

 

C’era solo un corpo privo di anima.

 

Perché tua madre se n’era andata.

 

E Dio non esisteva. Perché non le aveva permesso di restare.

 

[E corri. Corri via dal dolore. Ma lui ti raggiungerà]

 

Ti ritrovi sulla collina. La testa tra le ginocchia, chiuso a riccio nel tuo dolore.

 

[E c’è qualcuno che ancora è rimasto]

 

Ti si siede accanto, con un volto che non esprime nulla, tranne che disperazione.

 

I suoi capelli lunghi e dorati si confondono nel vento, alcuni si appiccicano al suo volto bagnato.

Gli occhi zaffiro sono lucidi, seppur spenti.

 

[Sai che è lei. Sai che sarebbe venuta]

 

-…cosa vuoi Win?-

 

-starti accanto-

 

-…sono inutile-

 

-non è vero-

 

-…vattene-

 

-non lo farò-.

 

Ti alzi, irato più che mai da quelle parole.

 

-SONO INUTILE! VA VIA! NESSUNO MI VUOLE BENE!-.

 

[Il tuo urlo si perde nel vento. Sembra ferirla. Ma non perché hai colpito lei. Perché hai colpito te]

 

-…è UNA BUGIA! IO TI VOGLIO BENE! E UN MONDO ANCHE!-

 

-NO! NON è VERO! SONO INUTILE E SE MORISSI IL MONDO NON SE NE ACCORGEREBBE!-

 

-SI INVECE!-

 

-SMETTILA! NESSUNO MI VUOLE BENE, NON SERVO A NIENTE!-.

 

Questa frase le fa male. Ma lei continua a combattere.

 

-SERVI A ME!-.

 

È la prima volta che urla così. La prima volta che la sua voce è così ferma, eppure così impregnata dal dolore.

 

-Ti prego- ti dice –ti prego, smettila. Io ti voglio bene. Io voglio starti accanto. Smettila di credere di essere inutile. Servi a me, ad Al. Perché senza di te… il mondo cadrebbe davvero a pezzi. Ed è successo fin troppe volte. Promettimi che non te ne andrai anche tu. Come è successo alla mamma, al papà… e adesso…-

 

-a mia madre…- sussurri con voce rotta.

 

Vi guardate, e lei ti abbraccia forte, trattenendosi a stento dal versare tutte le lacrime represse in quegli anni.

Tu non fai niente. Rimani così.

Poi affondi il viso nel suo vestito, e cominci a singhiozzare.

A riversare il tuo dolore.

 

Le afferri il vestito, e chiudi le tue mani a pugno.

 

-…Lei non doveva andarsene…- sussurri tra le lacrime.

-…lo so- ti risponde lei -…sono qui. E continuerò ad esserci. Potrò chiamare un luogo “casa” solo dove ci sarai tu. Perché tu sei la mia casa. Ed io sono la tua-.

 

E rimanete lì, in silenzio, rotto solo da qualche singhiozzo.

 

Quel giorno, fu lei ad essere più forte di te.

Fu lei l’unica a saperti tener testa, con la sua determinazione e il suo coraggio.

Fu lei a farti comprendere che avevi ancora una casa.

 

Perché lei era ancora lì.

 

[Ed aveva deciso di restare]

 

 

 

                                                                                                                                                                   Fine

 

Ed eccomi ritornata nella sezione di FMA, con un’altra one-shot EdWin, forse un po’ frettolosa, ambientata nell’infanzia.

Io adoro l’infanzia di quei due, ormai è testato XD

E, dopo la morte dei genitori di Win, ecco quella di Trisha.

Altro dolore, eppure altra occasione per dimostrare quanto forte sia il legame che unisce Win a Ed, e viceversa.

 

Grazie in anticipo a chi commenterà ^^

Kisses

 

 

ValHerm

  
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