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Autore: daeran    06/01/2014    1 recensioni
Una guerra senza pietà, antichi Artefatti magici e poteri oscuri che stanno per risvegliarsi.
Storia scritta per partecipare al contest "The darkest night - Fantasy Contest" indetto da La sposa di Ade.
Genere: Fantasy, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Lo Specchio dell'Anima.


 I rumori della battaglia percuotono le mura di pietra; urla strazianti, clangore di spade ed il crepitio delle fiamme che divampano lungo i corridoi, avvolgono i drappi, i quadri, la mobilia preziosa, divorano tutto ciò che incontrano, consumano i cadaveri dilaniati dei caduti.
 Non hanno più alcuno scampo, i nemici hanno abbattuto le mura, messo a ferro e fuoco la città e raggiunto con estrema facilità la cittadella.
 Combattono come demoni, non hanno alcuna pietà: uccidono, distruggono, ridono del terrore degli sconfitti.
 Una battaglia persa in partenza.
 Meedia non è la prima città a cadere e non sarà l'ultima.
 Non si fermeranno fino a quando non raggiungeranno Alesia: il cuore dell'impero ed allora sarà la fine di tutto. Otterranno il potere oscuro dei Druidi Antichi, nascosto nelle alti Torri del Vento ed apriranno i cancelli delle terre della Notte. L'orrore delle Tenebre si riverserà nuovamente sulle terre della Luce e nessuno potrà evitarlo.

 I pesanti battenti della sala del trono tremano, il fumo si insinua tra le fessure mentre i soldati scelti della Guardia indietreggiano, tentando di mantenere i ranghi.
 Devono difendere la famiglia reale. L'attacco è stato improvviso ed inaspettato, non hanno potuto far nulla per metterli in salvo.
 I nemici hanno attaccato durante la notte, andando contro ogni regola di cavalleria, hanno impedito a chiunque di fuggire e prima ancora dell'alba hanno raggiunto l'interno del palazzo.
 Meedia è un luogo di pace, nessun esperto di lotta, persino la guardia reale è più adatta alle parate che non alla guerra, nessuno si può difendere, sono destinati tutti alla morte.
 I legni tremano ancora, questa volta scricchiolano pericolosamente.
 Una ventina di donne, scampate al primo attacco si sono rifugiate nel centro della cittadella, sperando nella protezione della guardia reale. Non è servito, eccole ora, abbracciate l'una all'altra, piangono terrorizzate, nascoste dietro gli scranni sfarzosi.
 La Regina si stringe al suo Re che, nonostante tutto, rimane in piedi impassibile subito dietro i suoi uomini.
“Ti amo.”
 L'uomo sospira, la bacia sulla tempia.
“Mi dispiace.”
 Le porte cedono ed un'orda di ombre terrificanti si riversa nella sala del trono, le lame brillano rosse di sangue nei riflessi della tenue luce delle candele rifratta dal fumo.
 Poche urla accompagnano la strage, i soldati vengono falciati come grano.
 Prima ancora di poter sollevare la spada, il Re viene disarmato e la sua testa rotola sul pavimento di marmo nello stesso istante.
 Non lasceranno superstiti, questa è la conferma.
  La Regina cade in ginocchio accanto al corpo del marito, osserva dal basso i mostri che si avvicinano ghignanti.
 Uno di loro la guarda con maggiore intensità, si lecca le labbra con lascivia, sorride.
“Questa è mia.”
“Mai!”
 Prima ancora che l'uomo possa raggiungerla, la donna estrae un pugnale da sotto la veste e se lo conficca nel ventre. Non emette un suono, cade morta sul cadavere del suo Re.
 
 Tutto ciò che segue è confuso tra urla, fumo, risate.
 Le donne cercano una via di fuga, corrono terrorizzate di qua e di là nella sala, prima di finire inesorabilmente tra le braccia dei nemici che le prendono senza pietà, se le passano l'un l'altro finché le loro urla non si trasformano in semplici e deboli singhiozzi, coperti dai gemiti degli uomini che sfogano con violenza l'eccitazione accumulata nella sanguinosa battaglia.

 Meedia è caduta.

“Comandante, la città è nostra.”
“Era già nostra, nel momento in cui abbiamo deciso di attaccare, Karol.”
 La  voce del comandante pare ancora più cupa e cavernosa da dietro l'elmo di metallo ricoperto di sangue. Deve rendersene conto perché subito lo toglie, liberando un volto giovane ed affilato, i capelli scompigliati brillano argentei nella luce dell'alba. Per un momento rimane con il mento sollevato, gli occhi chiusi a godere della brezza mattutina che gli accarezza la pelle sudata.
“Naturalmente, Signore.” 
 L'uomo sorride all'accondiscendenza del sottoposto, apre gli occhi e lo osserva sussultare quando i due rubini incandescenti si posano su di lui.
 Non si sono ancora abituati al suo aspetto, non si abitueranno mai ma poco importa, incutere paura negli alleati è tanto necessario quanto incuterla nei nemici.
 Il terrore è parte integrante della sua esistenza, lo percepisce nell'aria ovunque cammini, nelle voci tremanti, nelle strette di mano sudaticce e nelle suppliche di chi ha la sfortuna di trovarselo come nemico.
 Il destino di un mezzo Demone nato nelle terre della Luce.
 Il sottoposto continua a parlare, descrive i particolari importanti della lotta, il numero degli uomini persi, la quantità degli ori e delle ricchezze accumulate.
 Non gli importa, non è per l'oro che combatte, non è per le ricchezze che segue ciecamente gli ordini.
“Lo avete trovato?” domanda, interrompendo il resoconto.
 Un sospiro incerto.
“Si, Comandante, era nascosto nella cripta del Tempio della Luce.”
 Gli occhi diventano fessure.
“Dove è ora?”
 Il soldato dondola, spostando il peso da un piede all'altro.
“E' successa una cosa, signore. Non siamo sicuri che...”
 Il mezzo demone si volta a fissarlo con sguardo interrogativo ma, prima che l'altro possa concludere, un drappello di uomini fa il suo ingresso nel cortile della cittadella. Trascinano una figura avvolta in un lungo mantello un tempo bianco candido, ora sporco di sangue e polvere.
“Che cosa...”
 Karol afferra il cappuccio bianco e scopre il volto pallido di una ragazza di quindici o sedici anni al massimo, i lunghi capelli neri le scivolano sulle spalle, scomposti.
“Vi avevo chiesto di portarmi uno specchio, non una donna, signori.” mormora il comandante, infastidito.
“Si, signore, è ciò che abbiamo trovato nei sotterranei del Tempio della Luce: uno specchio di cristallo nero, con la cornice d'oro ma...”
 L'ufficiale inspira profondamente, sente la rabbia crescere assieme alla sete di sangue che gli ricorda la sua natura.
“Ma?” mormora ma i suoi occhi e l'acciaio nella sua voce dicono altro.
 I soldati si guardano terrorizzati, qualcuno spinge la giovane che cade in ginocchio ai piedi del comandante, senza emettere un gemito.
 I suoi occhi riflettono la luce rosata dell'alba, nel nero brillante e lucido come pietra onice.
 Riflettono, riflettono come uno specchio nero nel quale il militare teme di essere risucchiato, prima di riuscire a fatica a ritrarsi per guardare altrove.
“Che diavolo...”
“La ragazza. Lo Specchio è scomparso ed abbiamo trovato lei. Deve essere una strega...” la voce del soldato è incerta, evita di osservare la giovane.
 Nessuno tra i presenti sembra avere il coraggio di fissarla, ora che ha il viso scoperto.  
“Non riesco a guardarla.” il sottoposto esprime a voce i pensieri del comandante.
“E' come se mi leggesse dentro, come se riflettesse le ombre più oscure della mia anima... “ si interrompe, pare imbarazzato.
“Lo specchio dell'Anima.” la voce del Mezzo Demone è poco più di un sussurro.
“Chi ha trovato lo Specchio?” domanda all'improvviso.
 Ha ricordato qualcosa: lezioni di stregoneria seguite tanti anni prima, quando era poco più di un bambino, quando per la prima volta ha sentito parlare dei manufatti dei Druidi.
“Leim... uno dei miei soldati semplici. Stavamo perlustrando i sotterranei del Tempio e lo Specchio era in un'abside laterale, era completamente nero, come se ingoiasse le luci delle nostre torce, non lo abbiamo quasi notato, fino a che Leim...”
“Non si è trovato davanti ad esso.” conclude per lui il comandante.
“Si... il suo riflesso è comparso all'improvviso e, con la stessa velocità, è scomparso; lo Specchio è tornato di pece, le torce si sono spente e, quando le abbiamo riaccese, la ragazza era davanti a noi.”
 Un sorriso.
 E' un sorriso quello che increspa le labbra del comandante.
“Il tuo uomo?”
 Karol è di nuovo teso.
“Leim... è impazzito, signore.”
“Impazzito?” il sorriso si allarga.
“Sì, ha cominciato ad urlare frasi insensate. Ci sono voluti quattro uomini per impedirgli di aggredire la ragazza.”
“Capisco...”
 Il comandante prende a camminare pensieroso, attorno alla giovane il cui volto rimane inespressivo, gli occhi inumani. Non emette un gemito, non trema di paura, nonostante la devastazione che la circonda.
“Portatelo qui.”
 Karol non comprende immediatamente.
“Leim? Signore, non è una buona idea. E' uscito di senno, dovremmo aspettare...”
“Portatelo qui.” scandisce freddamente.
 Karol non può fare altro che ordinare ai suoi uomini di obbedire, con un cenno del capo.
“Lo Specchio dell'Anima. E' davvero questo il suo potere, dunque.”
 Il comandante incantato parla tra sé e sé, osservando la giovane, pur facendo attenzione a non fissarla negli occhi i quali nonostante tutto, riescono a provocargli strani brividi lungo la schiena.
“Ecco spiegato perché un oggetto tanto importante era nascosto in una delle città meno protette del Regno: si protegge da solo. Non parla?” domanda ancora al sottoposto.
“Non ha emesso un suono da che è comparsa.”
“Capisco...” ripete.
“Voi sapete di cosa si tratta, Signore?”
“Cosa ti hanno rivelato di questa missione, Karol?” il comandante non lo guarda, continua ad esaminare la strana ragazza.
“Dobbiamo riconquistare gli oggetti sacri sottratti ai Druidi nell'ultima grande guerra, Signore.” la sua voce risuona incerta.
“E cosa sai di preciso su questi oggetti sacri?”
“Sono... Talismani.”
“Sono ben più che Talismani. Sono Artefatti Oscuri, Karol. Le persone che ci hanno mandati fin qui, sono convinte che, grazie a questi oggetti, riusciranno a riconquistare il potere.”
“Si, Signore.”
 Karol non sa cosa altro rispondere, non gli è mai capitato che un superiore gli chiedesse di pensare agli ordini ricevuti prima di eseguirli. Non si è mai domandato perché i grandi capi volessero determinate cose, il suo unico pensiero da quando è entrato nell'esercito è stato il miglioramento economico e sociale per la sua famiglia. Più il suo stato si espande, più il benessere aumenta.  Tutto il resto è inutile e ipocrita moralismo.
 Non esistono buoni o cattivi nella vita, solo la fortuna che ti permette di nascere dalla parte giusta della barricata.  
 Dopo le ultime Guerre dei Druidi, l'impero di Alaya, si è espanso sempre più, inglobando gli staterelli limitrofi, sfruttandone le risorse senza pietà, affamando coloro che, volenti o nolenti, si trovavano nella guerra sotto il dominio dei perdenti che a loro volta, appena raggiunta la forza necessaria si sono ribellati, distruggendo e saccheggiando chi si era trovato annesso all'impero vincitore.
 Nella vita esistono solo vincitori e vinti.
 Che importanza ha cosa vogliono fare con gli Artefatti dei Druidi? Se questo permetterà alla sua gente di riottenere il diritto di vivere bene, almeno per un po' di tempo, fino a quando arriverà nuovamente il momento di passare il turno.
“E invece no, Karol.” Il comandante lo prende ancora in contropiede.
 Lo ha avvicinato, pur non distogliendo l'attenzione dalla giovane silenziosa, ed ha abbassato il tono di voce.
“I Signori di Alaya credono di poter contenere il potere dei Druidi, incanalare il potere degli Artefatti, aprire le porte delle Terre delle Tenebre e controllare qualunque cosa ne dovesse uscire fuori ma non sarà così.”
 Uno strano sorriso gli increspa le labbra sottili.
“Non comprendono neppure il potere di ogni singolo Talismano. Questo, ad esempio, è lo Specchio dell'Anima.”
 Indica la ragazza e torna ad un tono di voce normale; il momento di intimità sembra essere stato spezzato dal sopraggiungere degli altri soldati che trascinano a forza un prigioniero.
 L'uomo si divincola come un pazzo e urla senza sosta contro i suoi ex compagni che non allentano la presa sulle sue braccia tese.
“Come ho detto, signore, Leim è impazzito. E' in questo stato dal momento in cui ha posato gli occhi sulla ragazza.”
 Il comandante non fiata, afferra la giovane per le spalle, la fa indietreggiare fino a portarla davanti al soldato e la volta di scatto a fronteggiarlo. L'intero picchetto sussulta per il movimento inatteso, mentre Leim con le braccia finalmente libere si affloscia in ginocchio, silenzioso e si stringe la testa tra le mani.
“Mi dispiace, ti prego, mi dispiace. Non volevo. Mi dispiace.”
 Ora piagnucola ininterrottamente, dondolando avanti e indietro con la fronte appoggiata al selciato insanguinato.
 Il mezzodemone si muove lentamente, osservando la scena pensieroso, la ragazza non si muove, non reagisce, si limita a rimanere immobile come una statua, inespressiva, priva di vita.
 Ora che gli dà le spalle, Karol si arrischia ad alzare lo sguardo su di lei ed ha ancora la stessa sensazione provata nella cripta. Non ne sente davvero la presenza.
 A parte l'orrore e la pesantezza che trasmettono i suoi occhi oscuri, è come se il resto della giovane non esistesse affatto è come se fosse un immagine priva di vita dipinta su un quadro.
 Un riflesso su un cristallo lucido.
“Lo Specchio dell'Anima.” bisbiglia, non riuscendo a trattenersi. In quel momento nota in un lampo il sorriso compiaciuto che gli rivolge il comandante, prima inginocchiarsi accanto a Leim e mormorargli qualcosa all'orecchio.
 Il soldato si alza di scatto e tenta di scappare ma il superiore lo agguanta e lo trascina indietro come una bambola di pezza. Lo trattiene brutalmente, stringendogli una mano sulla gola, le unghie più simili ad artigli affondano nella pelle pallida, facendo fuoriuscire rivoli di sangue vermiglio.
“Chi è?” gli soffia ancora nell'orecchio, costringendolo a guardare la ragazza.
“Mia sorella... non volevo, lo giuro io non volevo.” i singhiozzi disperati si spengono nel pianto silenzioso. Ha gli occhi spalancati e terrorizzati di una bestia braccata ma il comandante non gli dà tregua.
“Cosa le hai fatto?” le dita sulla gola si stringono.
“Io... lei... L'ho uccisa.” sbotta in un lamento isterico. “E' morta, non può essere lei, è un demone, è un mostro!”
 Si divincola, le sue braccia mulinano nell'aria mentre, con il volto piegato in una smorfia disumana, tenta di afferrarla. Il superiore non lo lascia e in pochi istanti l'uomo si affloscia ancora su se stesso, svuotato come un sacco di iuta.
“Non potevo lasciarla vivere... voleva raccontare, voleva distruggermi. Mi odiava. Perché mi odiava? Io la amavo. Io ti amo, Sarah, io ti amo...” allunga ancora una mano, questa volta col desiderio di sfiorare l'immagine della sorella che per la prima volta ha una reazione del tutto inaspettata.
 Con un movimento tanto veloce quanto invisibile afferra o meglio arpiona il polso di Leim e lo tira a sé. Il comandante lo lascia andare ritirandosi con un balzo ed alzando le proprie mani sporche di sangue con i palmi in avanti.
“E' tutto tuo.” sorride con la stessa luce diabolica che Karol riconosce ogni volta che lo osserva nel bel mezzo delle battaglie.
 Leim si divincola ma la stretta della giovane è implacabile; con la mano libera tenta di colpirla alla testa, al ventre, al braccio che lo trattiene ma è come prendere a pugni un muro, non le provoca neppure un tremito.
“Aiutatemi! Vi prego, aiutatemi.” 
 Le urla stridule spingono molti dei suoi compagni a muovere un passo verso di lui per aiutarlo, persino Karol avanza, finché la mano insanguinata del suo comandante non gli si posa sul petto.
“Fermi, nessuno si muova. Nessuno dovrà trovarsi davanti allo Specchio quando avrà finito con lui!” ordina ai sottoposti.
“Avrà finito cosa?” non riesce a trattenersi dal domandare un giovanissimo soldato. Poco più di un ragazzo i cui capelli color color paglia sono ora sporchi di fango sangue e sudore e scendono scompostamente sulla sua fronte pallida.
 Il comandante fissa su di lui i suoi occhi color rubino, il giovane sussulta, si rende conto di aver parlato troppo, quando, inaspettatamente, il comandante gli sorride.
 Un sorriso gelido con assolutamente nulla di umano che gli provoca un ulteriore brivido lungo la schiena.
“Come ti chiami, ragazzo?”
“S... Selim, Signore. Io non volevo...”
 Il mezzodemone è ora a pochi centimetri da lui, la bocca ancora piegata nel ghigno spaventoso.
“Quanti anni hai? Diciassette? Diciotto?”
 Selim annuisce.
“Cosa sai di stregoneria, Selim? Niente? “
 Scuote la testa, combattendo l'istinto di voltarsi e darsela a gambe.
 E' appena sopravvissuto ad un assedio, ha collaborato nella carneficina che ne è seguita ma il terrore che gli instilla il comandante è diverso, primordiale, istintivo.
“Non sai da cosa assorbe l'Energia la stregoneria degli Antichi Druidi.” 
 Non è più una domanda.
 Il ragazzo sta per scuotere nuovamente la testa ma il comandante gli passa un braccio attorno alle spalle e gli indica Leim che ancora si divincola.
“Guarda attentamente, Selim. Questa è la tua prima lezione di stregoneria.”
 Il soldato ormai non si divincola più, non geme neppure; i suoi occhi sono spalancati innaturalmente, fissano il viso della ragazza come se non potesse vedere altro.
 Il respiro è affannato, quando la mano esile ed ossuta gli afferra la gola.
 Rantola quando le dita affusolate si stringono.
 I commilitoni eseguono gli ordini, rimangono immobili a fissare esterrefatti la scena, quando all'improvviso la giovane dimostra una forza sovrumana, solleva sopra la propria testa il corpo del soldato, che pure è molto più alto di lei.
 L'uomo non oppone resistenza, i suoi piedi si sollevano da terra, ormai non respira più, il cuore gli martella nelle tempie in un ultimo tentativo del suo fisico di ribellarsi all'inevitabile mentre la mente è già persa, incatenata nel nero lucido che riflette il suo volto apparentemente più stupito che non spaventato.
 Non riesce a fare a meno di guardare il proprio riflesso, di perdersi nell'oscurità.
 All'improvviso in fondo a quella pece oscura che sono gli occhi della giovane, compare una scintilla, un lieve luccichio che si fa via via più intenso, si sente risucchiato, ogni suono scompare, ogni immagine ai margini del suo campo visivo diventa fioca, opaca, insignificante. Rimane solo la scintilla che ora è una luce intensa, lo circonda, lo riempie, lo brucia. 
 E' dolorosa, ora è dolorosa.
 Una voce.
 Una voce si fa strada nelle orecchie di Leim.
 Una voce orribile, una voce dolce, una voce familiare.
Basta, ti prego, basta.
 Ricorda quelle parole. Le ultime pronunciate da Sarah, l'ultima supplica di sua sorella.
 Ma la voce è diversa. Perché è diversa?
“Basta... uccidimi.”
 Capisce, quella voce esce come un rantolo dalla sua stessa bocca.
 La luce lo brucia, lo consuma, lo tortura.
Sei mio, di nessun altro.
“Sarah...”
 Uno schiocco secco e Leim cade al suolo senza vita, il collo spezzato di netto.
 I soldati non si muovono, troppo stupefatti per intervenire, guardano il compagno morto ma nessuno osa alzare lo sguardo sulla ragazza, nessuno eccetto il comandante che la avvicina in pochi attimi alle spalle, le lancia addosso un polveroso mantello di tela grezza afferrato da terra ed osserva l'immagine umana sotto di esso espandersi lateralmente e perdere profondità.
“Ma che diavolo...” 
 Selim non si è distratto, ha seguito i movimenti del comandante e sta ora fissando la figura nascosta sotto il mantello e che pochi istanti prima era stata una ragazza di pochi anni più giovane di lui.
“Lo Specchio.” Karol riconosce la sagoma dell'oggetto che aveva appena intravisto nella cripta del Tempio.
“Lo Specchio dell'Anima.” lo corregge il comandante. “La nostra giovane bellezza era solo un riflesso dell'oscurità dell'anima di Leim. Per questo non aveva voce e non sembrava essere davvero qui con noi; era qui solo per lui, evidentemente.” ridacchia e colpisce con un colpo di stivale il corpo esanime al suolo.
“Questo è il potere attivo dello Specchio dell'Anima. Riflette e mette a nudo i segreti di chi possiede un'anima macchiata dalla rabbia e dall'odio. Riporta a galla l'oscurità e la luce, provocando un'esplosione di emozioni contrastanti e le risucchia fino all'ultima goccia.”
“Ma... ha parlato.” mormora Selim. “Prima di ucciderlo, ha bisbigliato, l'ho sentita. Non ho capito cosa ha detto ma sono sicuro di averla sentita.”
 Il comandante sorride.
“Assorbendo le Anime ottengono la Voce. Questo rende gli Artefatti pericolosi e difficili da gestire. La Voce porta ad una coscienza. Ed è difficile controllare appieno qualcosa con una coscienza, per nostra fortuna il caro Leim non era una gran fonte dalla quale attingere Energia, si è consumato in fretta. Troppa follia e troppo poco odio.”
 Il sorriso si spegne in un sospiro silenzioso.
“Caricate lo Specchio sul carro. Non c'è bisogno che vi dica che non dovete scoprirlo.  Avete due giorni per sfogarvi come meglio credete, dopodiché partiremo per Pària. Sarà meno facile da conquistare ma più divertente.”

“Signore, cosa c'è a Pària?” domanda Selim, il comandante si volta e si allontana in silenzio.
“La Canzone dell'Odio.”  mormora tra sé e sé.
“Che cosa è?”
 Il ragazzo fa davvero tante domande.
“La tua seconda lezione di Stregoneria.” ridacchia il mezzodemone.

  
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