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Autore: Sam Lackheart    06/01/2014    0 recensioni
Quel giorno, Alfred aveva deciso di voler imparare a suonare la chitarra.
Arthur non sapeva bene perchè ma, osservando i suoi occhi azzurri nella loro migliore interpretazione di una supplica, non era riuscito a dire di no.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sing for me

"Quindi questo è un sol?" chiese speranzoso l' americano.
"Questo è un vecchio con l' artrosi che cerca di afferrare una mela" pensò sconsolato l' inglese, mentre scuoteva lievemente la testa.
"Guarda" disse poi, sistemandogli le dita nel giusto ordine "Questo è un sol" 
Quel giorno, Alfred aveva deciso di voler imparare a suonare la chitarra. 
Arthur non sapeva bene perchè ma, osservando i suoi occhi azzurri nella loro migliore interpretazione di una supplica, non era riuscito a dire di no. 
E poi segretamente amava insegnare, almeno fino a quel momento.
Oh, non che Alfred non sapesse suonare, intendiamoci, ma ... strimpellava, ecco, senza far caso a cose come accordi e corde. Era ingestibile, per un ligio alle regole come lui - e ancora più ingestibile era il risultato quasi sorprendente che l' americano riusciva ad ottenere. 
"Oh!" gli occhi dell' americano si illuminarono quando vide le sue dita riposizionate sullo strumento, ancora calde per il contatto con quelle dell' inglese.
"Prova adesso" lo incitò Arthur, riposizionandosi sulla poltrona davanti alla sua.
Il suono era perfetto. 
"Oh, so suonare la chitarra!" esclamò felice Alfred, continuando a far scorrere le dita sulle corde.
"Adesso non esageriamo ... E' come se dicessi di saper guidare un' auto se riesci ad inserire la chiave. Certo, sei così pigro che non mi stupirei se avessi già inventato una cosa del genere ..."
"Ti ho già detto che sei adorabile quando credi che ti ascolti?" 
"E io ti ho già spiegato che, scientificamente, per ascoltare c'è bisogno di un cervello che riceva il suono e quindi quest' attività ti è completamente preclusa per definizione?"
Alfred gli fece una smorfia divertita, ricominciando a strimpellare allegramente.
"La finisci?! Non è così che si suona"
"Ma così è più divertente!" protestò l' americano "possibile che tu non ti diverta mai?!"
"Io mi diverto molto più spesso di quanto tu non creda"
"Tipo quando? Durante quei noiosissimi meeting? Oh, fammi indovinare, durante le file alle poste!"
"Mi diverto quando sto con te, obeso idiota" pensò l' inglese, irritato dal fatto che non sarebbe mai riuscito a dirglielo.
"Oh, non dirmi che ti sei offeso!" si affettò a dire l' americano, scambiando per offeso il silenzio dell' inglese "Senti, io-"
"Non mi sento più offeso di ogni altro essere umano ad averti nella propria specie" disse tranquillo l' altro, con un' alzata di spalle. Entrambi sapevano che era il suo modo per dire "Non preoccuparti".
A volte Alfred avrebbe voluto che Arthur fosse più semplice. 
Ma se lo fosse stato - e badate bene che era un "fosse" bello grosso - probabilmente non ne sarebbe stato così irrimediabilmente attratto. Forse non era amore, era solo il bisogno di vedere appagato il suo ego mostruosamente ingigantito dalla possibilità di conquiste improbabili, come era l' inglese. 
E Arthur? Oh, Arthur l' avrebbe amato fino alla fine dei suoi giorni, con quell' ardore febbricitante di un vecchio e antiquato sogno che la nostra psiche non vuol far andare via, per paura di rimanere vuota.
L' inglese si posizionò meglio sulla poltrone verde chiaro, prima di iniziare a suonare una melodia che entrambi conoscevano a menadito. Non seppe mai spiegare il perchè, ma quella era l' unica canzone che gli venne in mente. 
"Yesterday, all my troubles seemed so far away ... Now I need a place to hide away, oh I believe, in yesterday"
Mentre il suono delle ultime note si infrangeva sui muri della stanza, i loro occhi si incontrarono per un istante. Quelli di Arthur esprimevano una malinconia indescrivibile, una nostalgia che gli procurava un flebile ma insistente senso di vuoto; quelli di Alfred sembravano esprimere lo stesso struggente sentimento. Non si sentirono mai così vicini.
"E' la mia preferita" ammise, quasi colpevole, l' americano.
Arthur lo sapeva bene, ma saperlo addolcì per un attimo il vuoto.
"Puoi suonarla di nuovo?" chiese timidamente Alfred, sdraiandosi sul divano, con un cuscino tra le braccia, in una posizione simile a quella che assumeva quando, da piccola colonia britannica, era costretto a passare le notti da solo,perchè Arthur era via. Solo che in quel momento lui era lì, letteralmente a portata di mano. 
L' inglese sorrise, lievemente imbarazzato, mentre riprendeva l' accordo giusto e si schiariva la voce. 
  
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