Something to talk about.

Hai un sapore disgustoso in bocca, un misto di alcool e vomito che ti fa girare la testa ancora di più di quanto non lo stia già facendo di suo.

Ti fissi nello specchio per un lungo istante, e nel mentre i tuoi occhi gonfi e arrossati si posano sulla figura dietro di te che ti guarda con un’espressione indecifrabile dipinta sul volto.

Ti rimangono impressi le sopracciglia inarcate e i lineamenti contratti del suo viso, come se si stesse trattenendo dall’urlarti contro.

Una tempia comincia a pulsarti così forte che hai paura di morire lì, sul pavimento lucido e freddo della stanza di quell’albergo così familiare da farti venire la nausea al pensiero delle volte in cui ci sei entrata.

Senti le tue ginocchia cedere, e sbatti una gamba contro un’anta di un mobile aperto per caso, proprio dove le calze a rete sono strappate.

E non capisci come sia successo ma ora le sue mani sono sotto le tue ascelle e ti sostengono come una poppante.

E provi vergogna. E i tuoi pensieri volano su Nate, che è lontano, e non è con te in un momento del genere. E pensi che lo ami, forse, nonostante tutto. O forse no.

E pensi a tuo padre. Che è uno stronzo. Che non ha pensato a te, o a tua madre. Che è scappato via lasciandoti così. Con quella lettera che Dorata ti ha dato appena tornata a casa. Che non ti ha fatto avere di persona.

Ma in fondo cosa può contare ormai? Sei caduta talmente in basso, e stai così male, che probabilmente non ti ricordi neanche come si articola una frase.

Poi ti viene in mente che, molto probabilmente, domani a quest’ora tutta Manhattan e i tuoi amici dell’alta società saranno venuti a conoscenza da fonti anonime del fatto che il signor Waldorf è scappato con un uomo, abbandonando moglie e figlia.

Ma tu, Queen B., ne uscirai a testa alta, come hai sempre fatto e sempre farai. Ma ora, da umana che sei, ti abbandoni contro la sua spalla e ti concedi di bagnarli la camicia costosa, macchiandogliela di trucco. E ve ne sbattete entrambi.

“Sei messa male, Waldorf.” Mormora lui, con quel tono da dongiovanni che ti fa venire voglia di prenderlo a schiaffi.

Non rispondi, accoccolandoti di più contro il suo petto, come una bambina che non riesce a dormire dopo un incubo.

“Grazie, Chuck.” Riesci a dire, con un filo di voce, scostandoti per guardarlo negli occhi.

Quegli stessi occhi che poco fa ti hanno osservata e criticata come solo loro sanno fare, ti guardano in quel modo intenso. Con la punta delle dita gli tracci il contorno delle labbra e lo senti irrigidirsi sotto di te.

E poi, con forse troppa esitazione, gli sfiori la bocca con la tua. Sì, solo per un secondo. Tanto, sai perfettamente che il giorno seguente vi sarete dimenticati di tutto.

Quindi, che importanza ha?