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Autore: JudeGiuli    06/01/2014    4 recensioni
In questa One shot a parlare sarà Haruna che, dopo un grave avvenimento, deciderà di tornare in un posto a lei conosciuto e, nel farlo, parlerà indirettamente con un'altra persona. Spero vi piaccia.
"Mi ricordo di quando mi facevi ridere, mostrando quel lato infantile di te che non si poteva cancellare, quel lato che mostrava un’infanzia mai vissuta e un passato da dimenticare, quel lato nascosto da una maschera di cemento. " tratto dalla storia
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Celia/Haruna, Jude/Yuuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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There’s nothing without you
 
Mi guardo attorno spaesata, niente è come lo ricordavo.
Guardo le strade con rinnovata conoscenza, come se stessi rivivendo tutto d’accapo.
Sono stato a trovarti stamattina sai? C’era Fudou che piangeva accanto a me.
E tu eri là, probabilmente stavi sorridendo, quasi facendoti beffe del nostro dolore, oppure del tuo. Si poteva ancora sentire il tuo odore nell’aria e la tua calda e rassicurante voce risuonare in quel luogo che ormai, aveva abbandonato l’ultima traccia di sentimento.
Ora capisco come ti sentivi, capisco come ti sentivi quando andavamo a trovarli.
Che sciocca sono stata.
Sakuma me lo diceva, Sakuma me lo aveva sempre detto: lui non è forte come credi.
Da un certo punto di vista aveva ragione, dall’altro no.
Mi ricordo ancora la prima volta che ti persi: fu all’orfanotrofio, fu quella volta che tu inseguisti un auto senza speranza, fu quella volta che cambiò tutto per te.
Ma tu non ti arresi, no…tu non potevi vero? Non potevi vivere senza me.
Ripensandoci tutto ciò mi fa male, avevo l’opportunità di salvarti, non l’ho fatto.
Mi sono sempre fatta salvare da te, ma io ti ho lasciato andare.
Forse sbagliasti, quella volta che mi dicesti che io ero molto più forte di te; oppure avevi ragione, ma io non diedi peso alla verità che nascondeva quell’affermazione.
Ti ringraziai, come per sottolineare che mi avevi resa felice, e sorrisi; ma tu?
Sì, tu? Tu non eri contento. Tu sorridevi nascondendo quei occhi che in realtà erano tutto tranne che felici. Tu provavi dolore, un dolore che solo adesso sto imparando a conoscere.
Mi ricordo quando andasti a coronare il tuo sogno in Italia: ero entusiasta. Ti guardavo scendere in campo dalla Tv, sapendo che anche quella volta avresti dato il meglio di te e avresti vinto, avresti vinto anche…anche se la partita l’avessi persa. Io lo so, a te non importava di vincere o perdere, o perlomeno non più.
Mi ricordo di quando mi facevi ridere, mostrando quel lato infantile di te che non si poteva cancellare, quel lato che mostrava un’infanzia mai vissuta e un passato da dimenticare, quel lato nascosto da una maschera di cemento.
Ti dicevo che assomigliavi a un bambino e tu arrossivi e sbuffavi quando te lo dicevo.
Non te ne accorgevi, ma confermavi la mia affermazione; per questo ridevo.
Mi manchi, perché non torni? Te ne sei andato molte volte, ma poi sei tornato.
Perché adesso non torni più? Perché hai deciso di andartene per sempre?
Ti dovrei odiare per questo.
Fudou sta male ogni giorno di più, non ti importa di lui? Del vostro amore?
E Sakuma? Che ne sarà di lui? Eri come un fratello maggiore per lui.

E di me? E di me cosa ne sarà?
Mi avvicino a quel cancello che in passato odiai tanto, mentre adesso non fa altro che rievocare dolci, tristi, ma remoti ricordi che scavano come un coltello nella mia coscienza.
Una signora mi si avvicina. Non so se ti ricordi di lei, era quella dolce signora che badava a noi quando eravamo piccoli e stavamo all’orfanotrofio ed era l’unica di cui ti fidavi.
Degl’altri bhè…avevi sempre paura che mi portassero via da te.
“Desidera qualcosa signorina?” Mi chiede una volta avvicinatasi a me, davanti al cancello.
Non mi riconosce, ma in fondo me lo aspettavo, non ci vediamo da vent’anni.
Sorrido tristemente.
“Ma come, non mi riconosce?” dico emettendo una bassa e lieve risata.
La badante resta a squadrarmi per un po’ e poi apre la bocca con stupore.
“Ha…Haruna…”
Io sorrido alla sua risposta in un cenno di assenso.
Adesso sorrido come sorridevi tu, sorrido con la consapevolezza d’aver perso tutto e di non volere niente.
Mi fa entrare sorridendo come si sorride a chi ha rivisto una persona tanto amata dopo tanto tempo. Il suo sorriso, smagliante, gli irradia il volto e la fa sembrare bellissima.
Era così che mi vedevi tu?
Gli chiedo se ci può far vedere la nostra vecchia stanza e lei acconsente.
La rivedo, è come l’abbiamo lasciata. Adesso però, ci sono nuovi bambini ad abitarla: posso vedere una bambola di pezza a cui manca un braccio su un letto, una mazza da golf su un comodino, parecchi vestiti sparsi tra le lenzuola.
Ogni letto la sua figura, ogni oggetto posato tra le lenzuola di quei letti a castello fa capire un po’ di quei bambini che li abitano.
Mi avvicino al nostro: tu dormivi sopra, io sotto.
Io sapevo che soffrivi di vertigini, ai quei tempi non capivo perché non mi volessi fare stare sopra. Adesso ho capito.
Tu volevi proteggere me, non volevi che io cadessi, non t’importava se cadevi tu.
Salgo su quel letto, una forte nostalgia mi assale.
Stringo le lenzuola con possessività e una lacrima solitaria mi riga il volto per poi cadere sul cuscino.
Scendo di nuovo giù e rievoco le tue vecchie parole: “Un giorno, quando avremo realizzato i nostri sogni, torneremo qua e ti mostrerò una cosa” dissi tu, mettendo una lettera e un fiore sotto una tegola di legno del pavimento.
La alzai, e tra la polvere riconobbi lo stelo di un fiore senza petali e, sotto di questo, una busta per le lettere, sporca e macchiata dall’umidità delle fredde notti all’orfanotrofio, quando la pioggia cadeva e si insinuava tra le tegole facendo scricchiolare il pavimento.
Scusami se sto infrangendo la promessa, ma io non posso più aspettare, il mio tempo qua sta scadendo.
Perdonami, ma ho perso la forza.
Apro la busta delle lettere e prendo il foglio che è all’interno tremando. Prima di aprirlo aspiro il suo odore.
Odora di casa.
Odora di te.
Apro il foglio e leggo la tua calligrafia disordinata e tremolante, la calligrafia di un bambino che ha appena imparato a scrivere.
Con stupore leggo solo due parole.
Le mie lacrime iniziano a ricadere sul foglio copiosamente.
“Eien ni”
Per sempre.


 
 
Vorrei dirti “Ciao” e dirti che ci rivedremo presto, ma non posso ignorare quello che quel giorno feci per me, salvandomi la vita.

Sayounara onii-chan.
Addio fratellone.

La badante si avvicina a me sorridendomi.
“Ei dimmi un po’, che fine ha fatto Yuuto? Come sta?”
Increspo le labbra in un sorriso malinconico.
 “È morto”



 
 
Angolino di una novella scrittrice depressa (?)
Salve a tutti io sono…bhè come volete chiamarmi mi chiamate.
È la prima fiction che scrivo e…sì, è deprimente lo so.
Sono fatta così e dovete accettarmi(?)
Sono una povera malata mentale(?)
Bando alle ciance, spero che vi sia piaciuta e spero di ricevere dei vostri pareri ^^
Io adoro Kidou e non so perché mi sono auto mandata in depressione ç_ç ma…bhò non riesco a capirmi neanche io.
Fa schifo ma almeno ci ho provato (?)
Vabbè, io adesso vado a nascondermi per far prendere un infarto a mio fratello.
Vado! Pace ù.ù
Matane!

Giuli-chan
  
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