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Autore: LaMicheCoria    06/01/2014    3 recensioni
La mente, lo si sa, gioca dei brutti scherzi.
Dalla propria di mente, però, Anthony Edward Stark si aspettava qualcosina di meglio, un umorismo più sottile, un po’ più
british, quell’umorismo, insomma, da sorrisetto a fior di labbra e non da roboante risatona gastroenterica.
L’accorgersi del contrario è un brutto colpo, per il povero Tony, che si vede costretto ad elaborare il più in fretta possibile una punizione neuronale degna di questo nome. Sidecar? Sidecar.
È un uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Cause Nobody Wants To Be The Last One There :.'
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono
Ma sono di proprietà della Marvel ©

 

 

 

 

 

 

 

Someone Who Won’t Run Away

 

.

 

« It's me again. I need someone to be my friend.
Someone who won't run away. Maybe send me an angel!
 The nicest angel you have
»

 

.

 

 

La mente, lo si sa, gioca dei brutti scherzi.
Dalla propria di mente, però, Anthony Edward Stark si aspettava qualcosina di meglio, un umorismo più sottile, un po’ più british, quell’umorismo, insomma, da sorrisetto a fior di labbra e non da roboante risatona gastroenterica.
L’accorgersi del contrario è un brutto colpo, per il povero Tony, che si vede costretto ad elaborare il più in fretta possibile una punizione neuronale degna di questo nome. Sidecar? Sidecar.
È un uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo.
Un movimento impercettibile alla propria destra e sa che Mace Windu ha appena sfoggiato il migliore dei suoi sogghigni –Il dannato. Sa di avere il vantaggio, il coltello dalla parte del manico, e dannazione Stark, focalizza.
Il problema è che è difficile, terribilmente difficile, rimanere concentrati sul presente quando il cervello sbatacchia e tintinna calici di ricordi contro le tempie. Quando davanti agli occhi hai l’ufficio circolare di una delle sedi enne dello S.H.I.E.L.D., dove enne sta per Non ne idea ma so che sono tendenti all’infinito, e dietro le spalle un letto con le lenzuola a stelle e strisce, albi a fumetti ordinatamente disposti sugli scaffali, giocattolame vario a tema, una radio che a basso volume gracchia e ridacchia una vecchia sigla, un vecchio episodio, vecchie imprese smangiate dal tempo.
Può vedersi ancora, Tony, mentre si chiude la porta della cameretta alle spalle e il filo di luce dal corridoio s’assottiglia, s’assottigliano le voci dal piano sottostante, sbiadiscono le urla, giganteggiano ombre e solitudine.
Non gli è difficile ricordare come fossero, allora, i pomeriggi passati sotto l’avvoltolarsi delle tende, lamelle di sole a sdrucciolare lungo le pareti, le mani chiazzate d’olio secco, escoriate di bruciature e piccole ferite da taglio. Non che l’accucciarsi e gingillarsi con trabiccoli, pinze e fili elettrici fosse del tutto volontario, ma già da bambino capiva quanto fosse più produttivo starsene rintanato nel proprio regno, piuttosto di sprecare minuti preziosi accanto ad un padre che odiava vederlo gironzolare intorno o ad una madre cui si spezzava sempre il cuore con un crack invisibile degli occhi smerigliati di nero.
Forse, si diceva, avesse inventato qualcosa di altamente innovativo, Howard lo avrebbe considerato come pensava di meritarsi –Sebbene gli succedesse spesso di dubitarne, qualche volta, perché se fosse stato meritevole di considerazione, Howard avrebbe dovuto cominciare a comportarsi da padre un bel po’ di tempo prima, ma, ehi, così va la vita. E se suo padre avesse cominciato a considerarlo come si deve, allora Maria non avrebbe più avuto il cuore spezzato.
Tutto tornava, era un ragionamento semplice, logico. Chiunque ci sarebbe potuto arrivare.
Per fortuna, lui non era mai stato chiunque, nemmeno da moccioso, e ci era arrivato ben prima di altri, aveva avuto modo di mettersi al lavoro, di adoperarsi in tal senso, ogni scossa che prendeva un passetto in più verso l’obiettivo finale.
Però, volente o nolente, pragmatico e disincantato o meno che fosse, i momenti di sconforto arrivavano d’improvviso a ghermirlo da dietro gli angoli del corridoio, gli balzavano alla gola, lo sbattevano al muro, gli arrossavano gli occhi. E allora non c’era nulla di più curativo del proprio piccolo, infinitesimale rifugio anni Quaranta, la voce crocchiolante alla radio e le vignette colorate.
Tony ricorda ancora la consistenza ruvida del tappeto sotto le ginocchia, il materasso che affondava molle sotto i gomiti puntellati, i calli dei palmi e delle falangi stretti stretti tra loro.

Sono di nuovo io pigola per lui la preghiera di bambino, rivolto a tutti e a nessuno, a quel Dio in cui già aveva smesso di credere, a quell’entità trascendentale che era un po’ Gesù Cristo, un po’ Howard e un po’…Ho tanto bisogno di un amico. Di qualcuno che stia sempre con me. Potresti mandarmi…
«Così lei è il figlio di Howard?»
Appunto per Tony Stark: non rimanere imbambolato davanti al biondo soldatino, in futuro potrebbe dare adito a pessime voci di corridoio.
Dissimulando l’attimo di sorpresa, il magnate tende la mano a propria volta, deglutisce quando la stretta dell’altro -Forse non più abituato da parecchi anni ad un contatto fisico con esseri umani di sorta- gli fa scricchiolare in maniera inquietante le articolazioni delle dita.
«Piacere. Sono Steven. Steven Rogers.»

Come se non lo sapessi vorrebbe rispondergli Tony, o comunque mettere in mostra tutta la sagacia di cui è capace con qualcosa di estremamente arguto, tanto per fare una buona impressione e chiarire chi, fra i due, è il maschio alfa -Piuttosto fraintendibile, vero? Andrà meglio la prossima volta.
Ma ecco che il il malefico impiastro, il marmocchio petulante solleva la testa dalle mani giunte in preghiera, e allarga la bocca nel più stupido dei sorrisi, gli occhi spalancati, esaltati e increduli. Può quasi sentirlo -Può quasi sentirsi- mentre lo tira per la manica ed indica davanti a sé, senza fiato per lo stupore, per la sola idea di essere stato ascoltato, almeno una volta, almeno da qualcuno.
A Stark, dunque, non resta che annuire e dare voce alla voce, socchiudere gli occhi e tornare ad essere serio, almeno una volta, meno costruito, meno artificioso, un po’ più infantile.
Si permette solo un ghigno sghembo, perché, è risaputo, essere Tony Stark implica avere precisi doveri comportamentali nei confronti del popolino.
«Finalmente, eh.» e un po’ si loda e s’imbroda dell’espressione perplessa di Rogers, del suo quieto schiudersi di labbra e del guizzo che irrigidisce, guardingo, gli occhi azzurri «Ce ne hai messo di tempo, Capitano.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Potresti mandarmi un angelo.
L’angelo più carino che hai.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Finali

Ce la farà la nostra Nemeryal a sfuggire alle grinfie del blocco dello scrittore? MAH.
Il titolo, l’ispirazione e la citazione vengono da Lilo&Stitch. STITCH NO CATTIVO. STITCH COCCOLOSO.

   
 
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