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Autore: shanna_b    28/05/2008    1 recensioni
La vita a volte prende pieghe non prevedibili... e se Jared, durante un concerto, si rompesse una gamba? Cosa succederebbe al suo ego, alla sua vita e alle sue vicende lavorative e personali?
In questa storia è contenuto anche il sequel della mia ff precedente "Shannonite acuta", in cui compaiono i personaggi di Shannon e Stella.
Soliti avvertimenti: non conosco i 30STM e questi "Leto" sono come me li immagino io (e qualche mia amica...), non scrivo a scopo di lucro e mi sono inventata TUTTO MA TUTTO MA TUTTO MA TUTTO...
La dedico a Tannaca e Folleria che mi fanno da Beta-Readers, amiche e psicologhe...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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MAYBE TONIGHT WE CAN FORGET ABOUT IT ALL

 

“Vuoi la vestaglia?” Le chiese innocentemente Jared, porgendogliela.

“No.” Kate guardò l’orologio alla parete. Erano le nove di sera. Prese il pacchettino dal tavolino e cominciò a scartarlo,  buttando la carta per terra, sapendo già cosa c’era dentro, visto che Jake le faceva lo stesso regalo ogni anno.

Liquore.

Utile per dimenticare i guai e le spine della vita.

Aprì la bottiglia e ne bevve un lungo sorso pensando che se Jared fisicamente non se ne andava via, almeno se ne sarebbe andato dai suoi pensieri, nel momento in cui lei sarebbe caduta in un bel letargo alcolico.

“Kate, che fai?” Jared lentamente cercava di tirarsi in piedi. “Non bere prima di cena.”

Kate non gli rispose nemmeno e si avviò verso la cucina con Jared che le arrancava dietro.

“Si può sapere perché ti comporti così?”

Kate spense il forno. “A casa mia mi comporto come cavolo voglio io.”

“Sei così acida con tutti i tuoi ospiti?”

“Non sei mio ospite, io non ti ho invitato e perciò, per la milionesima volta, ti chiedo di andartene.”

Kate prese un bicchiere da un pensile della cucina, ci mise dentro un’abbondante dose di liquore e si avviò verso la finestra, per guardare fuori.

Jared si appoggiò allo stipite della porta e si mise a fissarla, mentre Kate sorseggiava il suo liquore: era davvero una strana donna, quella. Non riusciva ad inquadrarla in nessuna categoria di donne che conoscesse, era così diversa da tutte. Con un fisico che avrebbe fatto invidia ad una modella e alle consuete barbie bionde che frequentava ogni tanto, ma con un carattere terribile. Poche volte l’aveva vista sorridere, e non a lui. Mai ridere apertamente con una risata liberatoria e franca. Sempre scontrosa, irritabile ed asociale. Con un bel muro innalzato tra lei ed il resto del mondo, alto e impenetrabile. C’era qualcuno che poteva abbatterla, una muraglia cinese di quelle dimensioni?

“Perché ti comporti così?”

Kate si girò a fissare Jared e si chiese per l’ennesima volta che cosa volesse da lei.

“Senti: se te lo dico te ne vai?”

“Ma io…”

“OK. Fai quello che vuoi. Non mi importa.” Kate sospirò, gli girò nuovamente le spalle e si mise a guardare oltre il vetro. “Io odio il Natale e in particolare odio questa notte. Venti anni fa giusti giusti. I miei genitori uscirono in auto per andare a fare gli auguri ad una nostra conoscente che abitava sì e no a due isolati da casa nostra. Io rimasi a casa da sola ad aspettarli per la cena, con la tavola apparecchiata, l’albero di natale acceso e i regali da scartare. Non tornarono mai più. La strada era scivolosa, aveva appena iniziato a nevicare e l’auto finì dentro un fosso. Si ruppero entrambi il collo, i vigili del fuoco ci misero quattro ore a tirarli fuori ma fu impossibile salvarli. Il tutto in mezzo ad alberi di natale illuminati, canzoni natalizie e stronzate assortite.”

Kate, piena di rabbia e dolore, guardava dalla finestra la neve che aveva iniziato a cadere, senza vederla, mentre Jared era senza parole.

Dopo un attimo continuò: “Non puoi pretendere che per me ci sia da festeggiare, la notte di Natale, di niente e con nessuno, nemmeno con te, Jared. C’è solo da ubriacarsi fino a svenire, per dimenticare, per rimuovere quelle immagini… il viso di mia madre insanguinato e mio padre che le teneva la mano mentre morivano.” Gli occhi di Kate si riempirono di lacrime, ma il suo viso rimase di marmo. “Spero sempre di non svegliarmi mai più, ogni Natale.”

Il dolore di Kate sembrava fossilizzato tanto era massiccio e Jared si chiese se esistesse un modo per smantellarlo. Probabilmente no. Kate continuò: “Non sono una buona compagnia, in una sera come questa. Accetto le tue scuse e se vuoi, proprio perché sei insistente, usciamo a cena una sera quando sei qui, più avanti, quando starai meglio, ma stasera no. Per nessun motivo.”

“Kate…” Jared le si avvicinò lentamente ed improvvisamente gli sembrava di avere il cuore pesante anche lui. “Mi dispiace tanto. Io…”

“Tu non c’entri. Non potevi saperlo.” Kate aveva ripreso la sua voce dura. Si allontanò da lui, dalla finestra, andò a versarsi dell’altro liquore, lo bevve di un sorso e poi si sdraiò sul divano, ad occhi chiusi. La testa aveva cominciato a girarle. Buon segno: non ci mancava molto a perdere conoscenza. Non c’erano più lacrime da versare, ma solo dolore allo stato puro, senza soluzione.

Jared non sapeva cosa fare: quando qualche volta, raramente in realtà, si sentiva davvero solo e abbandonato, aveva sempre suo fratello o sua madre con cui parlare, una famiglia sui generis, ma sulla quale poteva contare sempre, mentre Kate non aveva nessuno. Si era sentita sola per vent’anni e ora le era normale sentirsi abbandonata. Ormai era la sua situazione naturale.

L’uomo si passò una mano tra i capelli, si sentì imbarazzato. E poi lui che ci faceva lì? Voleva vendicarsi? Di cosa, poi? Che cazzo aveva creduto di fare? Entrare in casa e  nella vita di una persona che non conosceva come se nulla fosse? Che pretese! E ora doveva andarsene lasciandola lì, in quello stato? Guardò nuovamente Kate abbandonata sul divano, i capelli biondi, ancora un po’ bagnati, sparsi sul cuscino, gli occhi serrati,  le labbra socchiuse, il pigiama di flanella rosa senza forma, il respiro regolare.

Si sentì di dover fare qualcosa.

Si avvicinò per sedersi vicino a lei, per tentare di confortarla, ma, trascinando la gamba, inciampò sul tappeto e le finì addosso, facendola sobbalzare ed aprire gli occhi. Si ritrovò con il viso vicino al suo, con i loro corpi a contatto.

“Comincio ad odiarli, i tappeti di casa tua, perché sembra che si arrotolino apposta.” Le disse, timidamente, nel tentativo di fare una battuta.

Kate gli sorrise leggermente, stranamente rilassata, probabile effetto dell’alcool che già le circolava per le vene. “Giuro che non li ho ammaestrati, fanno tutto da soli.”

Rimasero a guardarsi un attimo.

Ad un tratto Kate si rese conto di non avere mai visto in vita sua un uomo più avvenente di Jared: quegli occhi straordinari, che sembravano cangianti, un momento blu come la notte ed un secondo dopo azzurri come il mare, un naso senza uguali, una bocca piena e perfettamente disegnata, un ovale del viso senza difetti. Senza pensare, gli toccò i capelli, spostandoglieli dalla fronte: erano sottili e morbidi come seta.

Poi gli passò la mano sul viso, accarezzandogli una gota, con una barba non rasata di un paio di giorni. Pensò un momento al suo corpo, che più volte aveva visto durante le visite. I pettorali perfetti, i muscoli disegnati, la pancia piatta, le braccia lunghe e forti, la pelle chiara.

Si accorse di desiderarlo. Forse per effetto dell’alcool, forse perché era naturale. Da quanto non andava con un uomo? Non se lo ricordava nemmeno più. Negli ultimi tempi era stato solo lavoro, lavoro, lavoro. Non aveva avuto tempo per nient’altro, men che meno per il sesso.

Ma pensare che il corpo di Jared era premuto contro il suo sul divano, le fece scorrere un brivido lungo la schiena. Sentiva, oppure le sembrava, attraverso il pigiama, ogni fibra di quel corpo contro il suo e, forse, un principio di desiderio anche da parte di Jared.

Poi fermò di colpo i suoi pensieri: che diavolo stava facendo? Chi era quell’uomo? Uno sconosciuto, per lei. Un emerito signor Nessuno. Un attore la cui vita doveva essere piena di donne a pagamento e di piste di coca. Che ci faceva lì? Cosa  voleva da lei? Pensò che si doveva spostare immediatamente, ma la testa le girava. Tentò di alzarsi ma Jared non si spostava e lei non aveva forza.

Riprese a fissarlo. Improvvisamente Jared alzò una mano e le spostò anche lui i capelli dalla fronte, guardandola intensamente; poi la bocca dell’uomo si posò sulla sua, dapprima dolcemente e poi insistentemente, alla ricerca di una risposta.

Kate, già dimentica dei dubbi di pochi secondi prima, si arrese subito, socchiuse le labbra e accettò la lingua di Jared che toccava la sua, poi le sue labbra morbide e calde che si muovevano sul suo viso e sul collo; le mani di Jared salirono sotto la maglia del pigiama a sfiorarle i seni e Kate sospirò contro il collo dell’uomo, ad occhi chiusi, persa nelle sensazioni provocate da quelle carezze.

Si accorse all’improvviso di essere folle di desiderio per quel corpo che aveva visto addormentato su un tavolo operatorio ed ora era vigoroso e forte contro il suo. Si lasciò trascinare dal divano sul pavimento, sopra il tappeto, senza opporre resistenza, aggrappandosi alle spalle dell’uomo e Jared non ci mise molto a toglierle i pantaloni del pigiama e a mettersi tra le sue gambe aperte. Kate gli sfilò subito la camicia dalla testa per accarezzare la sua pelle liscia, i muscoli, le spalle e gli piantò le unghie nella schiena, gemendo, quando lui la prese, dopo essersi abbassato i pantaloni.

Lasciò fare, completamente succube. Nel lavoro e nella sua vita conduceva sempre lei la danza, tutto doveva essere fatto come diceva lei, ma in quel momento le sue difese erano nulle e Jared era più forte che mai.

I movimenti dell’uomo si fecero sempre più veloci e  pressanti, le sensazioni sempre più intense e coinvolgenti. Ad un tratto, un colpo più forte di Jared la investì: un lampo di luce le sembrò attraversare il cervello e tutto il corpo; gridò di piacere e venne, seguita da Jared, dentro di lei.

   
 
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