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Autore: Lady Warrior    07/01/2014    1 recensioni
Questa storia si ispira liberamente alla canzone "E adesso che tocca a me" di Vasco Rossi.
Parla di una attrice di successo che ripensa a tutta la sua vita da quando era piccola mentre sta per ingerire tre piccole pasticche che le toglieranno la vita. dalla storia: "Ricordo ancora come fosse ieri cosa pensavo, da più giovane.
Mi illudevo che, comunque, la via per diventare attrice fosse semplice. Mi dicevo che sarebbero bastate la scuola, un po’ di impegno e una buona dose di talento, tutte cose che non mi mancavano. E forse all’inizio era così. "
Genere: Drammatico, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tre pillole. E poi la morte.
 
 
E adesso che sono arrivato fin qui grazie ai miei sogni
che cosa me ne faccio della realtà?
 
 
 
 
E adesso? Adesso, presumo, dovrei essere la donna più felice del mondo, perché ho realizzato i miei sogni. Ho faticato, ho pianto, mi sono disperata e ho al contrario sperato, mi sono impegnata, ho avuto difficoltà e soddisfazioni e ci sono finalmente riuscita.
Già.
Ricordo da piccola, quando dicevo: “Mamma, da grande voglio fare l’attrice”. Dapprima sognavo ogni notte e prima di addormentarmi di girare film, diventare famosa, firmare autografi, e immaginavo la gente che esultava nel vedermi. Poi, oltre alla notte, trascorrevo anche parte del giorno a sognare questo mio tanto desiderato futuro. Così nell’infanzia come nell’adolescenza.
Perché avevo questo forte sogno? Non so. Ma ero felice nell’immaginarlo. Forse perché nei miei sogni ero tutto il contrario della realtà: ero felice, amata da tutti, sorridente, bella e rispettata.
A quel tempo avevo pochi amici, e ancora meno persone mi rispettavano. Mio padre se n’era andato quando ero ancora piccola e mia madre ha dovuto crescermi da sola con mille difficoltà. A scuola mi denigravano con appellativi poco carini per questo fatto.
Non mi limitai a sognare, ma feci di tutto per realizzare la mia ambizione. Mi iscrissi alle più costose scuole di recitazione e lavoravo tantissimo per poter pagare le rette scolastiche. Andavo a letto tardi a causa del mio lavoro da cameriera, per colpa del quale subivo anche umiliazioni e scherni da parte degli uomini, e mi alzavo presto per andare a scuola.
Il mio scopo di vita, al tempo, era diventare attrice, anzi, una famosissima attrice di Hollywood. Vivevo solo per quello.
Ma adesso? Adesso sono una delle più famose e ricercate attrici di Hollywood, sono proprio quella che per anni ho sognato di essere. E dovrei essere felice. lo sono stata, ma poi … Poi mi sono resa conto che la mia vita non ha più uno scopo. Non ho più sogni, più mire per cui combattere. La mia vita mi sembra così vuota e insensata, come un bicchiere che prima era pieno d’acqua, e adesso è vuoto.
Che senso ha la mia vita?
Guardo queste tre pillole. Solo tre. E poi basta.
E mi chiedo: che senso ha la mia vita?
 
 
 
E adesso che non ho più le mie illusioni,
che cosa me ne frega della verità?
 
 
 
Ricordo ancora come fosse ieri cosa pensavo, da più giovane.
Mi illudevo che, comunque, la via per diventare attrice fosse semplice. Mi dicevo che sarebbero bastate la scuola, un po’ di impegno e una buona dose di talento, tutte cose che non mi mancavano. E forse all’inizio era così. Ma poi ho avuto le mie prime proposte: calendari nuda, ricatti a sfondo sessuale, del tipo : “ se Vuoi recitare come protagonista in questo film devi venire a letto con me”, e simili.
All’inizio rifiutai queste richieste, ma poi vidi che tutte coloro che le assecondavano, ottenevano parti migliori, nonostante non avessero talento e non si impegnassero abbastanza.
E mi illusi di nuovo.
Mi illusi che, una volta assecondata una sola richiesta, avrei potuto comunque ottenere ogni parte migliore.
Fu così che in una tempestosa sera di giugno accettai la richiesta di un famoso produttore, vendendo la mia verginità per una parte di un film.
La ottenni, certo, ma non la vissi come speravo. Non fu come avevo sempre sognato da piccola. Mi sentivo in colpa, e sporca, perché ciò che avevo fatto era contro la mia morale. Ma nonostante tutto continuavo a illudermi che non avrei avuto più bisogno di quelle richieste.
E ovviamente mi erravo.
Quei ricatti, quelle offerte, arrivarono a bizzeffe.
Fu così che mi ci abituai: iniziai a posare nuda, ad andare a letto con produttori e registi in cambio di un posto nel mondo dello spettacolo. Durante le trasmissioni mi veniva richiesto di essere felice e sorridente, di dire che il mio impegno era stato premiato, che ero felice della mia vita e altre menzogne. Fu lì che mi resi conto che il mondo dello spettacolo era una grande bugia, che tutto ciò che si vede alla televisione altro non è che un finto mondo dorato, che copre la tristezza e la malinconia di chi vi fa parte.
Ma era troppo tardi.
E ora lo so.
Che cosa me ne faccio ora delle mie illusioni? Avvicino di poco le tre pillole. Sono piccole, e fatali.
 
 
 
 
E adesso che ho capito come va il mondo
Che cosa me ne faccio della sincerità?
E adesso,
E adesso …
 
 
 
 
 
 
Come va il mondo? Chi è furbo e sfacciato riesce a vincere, gli altri no. Un’altra cosa che ho compreso è che l’amicizia è una cosa volubile. Quando hai successo tutte le persone sono disposte a conoscerti ed essere tue amiche, ma quando questo diminuisce e con esso anche i soldi i presunti amici se ne vanno. E anche l’amore è spesso così.
Spesso, durante la mia fanciullezza, immaginavo un amore eterno e vero con un ragazzo bellissimo. E mi dicevano che sarebbe stato possibile. Bugia. Ma adesso che me ne faccio della sincerità? Adesso che non ho nessuno, adesso cosa ci faccio con la sincerità che ho sempre voluto?
Ricordo il mio primo amore da attrice come fosse ieri.
Si chiamava Edgar ed era un attore abbastanza famoso, ma era bellissimo. Aveva due occhi azzurri e capelli neri come la notte.
Fu un colpo di fulmine.
Quando ci vedemmo al primo appuntamento mi disse subito che mi amava.
A metà della serata mi baciò appassionatamente.
Di sera facemmo l’amore in una camera d’hotel.
E io, stupida, pensai che potesse veramente durare quell’amore! Ma nemmeno un mese dopo mi lasciò per una ragazza che giudicava più bella di me.
Per lui non contava il mio carattere, non erano importanti le mie qualità, solo la bellezza esteriore. E tutti gli altri si sono comportati in modo simile.
Mi dicevano che nel mondo dello spettacolo sarei finalmente stata felice, che tutto lì è oro e bellezza, ma anche questo è una bugia. Ho sempre dovuto essere all’altezza degli altri, e ciò ha spesso compromesso il mio benessere psicofisico: spesso ho mangiato talmente poco da diventare anoressica, spesso ho bevuto troppo per dimenticare, spesso ho preso pillole antidepressive.
Troppo spesso.
E tutto per colpa delle bugie.
Ma adesso che me ne faccio della sincerità?
Le pillole sono a metà strada tra il tavolo e la mia bocca socchiusa.
 
 
 
 
E adesso che non ho più il mio motorino,
che cosa me ne faccio di una macchina?
 
 
 
Con tutti i soldi che ho guadagnato, ho potuto comperare una macchina bellissima, rossa fiammante.
Stupenda.
Una delle tante cose che desideravo da giovane.
E adesso che ce l’ho, mi manca tanto il mio motorino.
Era rosa, piccolo e un po’ malmesso, ma mi ha accompagnato in molti viaggi. Ricordo come se fosse ieri me, seduta su quel mezzo col casco bianco e le mani gelate, andare dal mio ragazzo a una velocità che allora mi pareva folle, ma che adesso capisco è nulla.
Ricordo quanto mi sentivo felice e indipendente con quel mio vecchio motorino, ma quanto in realtà desiderassi una macchina.
“Una macchina vera, rossa, grande” pensavo.
E non godevo dei momenti semplici trascorsi con quel motorino, delle risate fatte con le mie uniche due amiche durante le nostre gite …
Il mio bel motorino … Ricordo ancora quando, col mio ragazzino, ci salivamo in due col rischio di prendere una bella multa, ridendo e gioendo.
Quanto tempo …
E adesso, che cosa me ne faccio della macchina?
Ecco, le pillole sono vicine alle mie labbra, quasi posso sfiorarle.
 
 
 
 
Adesso che non c’è più topo Gigio
Che cosa me ne frega della Svizzera?
 
 
 
Ricordando la mia infanzia mi trovo a pensare quanto era bella. Anche se non avevo pochissimi amici, no n avevo comunque nessun pensiero.
Trascorrevo il mio tempo a giocare e a sognare il futuro.
Giocavo spesso con le barbie, e fingevo che esse fossero modelle o attrici, le facevo cantare, recitare, danzare, sfilare …
Quanto erano semplici, i pensieri, allora!
Quanto era più dolce la vita!
Quanto era più forte la speranza!
E adesso cosa me ne frega di tutti i soldi che ho? Di tutto il successo? Quanto vorrei ritornare piccola e abbandonarli tutti qua!
Ma non posso.
Ho fatto la mia scelta e ne ho pagato il prezzo. Solo che era troppo alto per me.
Il successo e il denaro a me hanno solo portato tristezza, disperazione, problemi e malinconia, e purtroppo non posso abbandonarli, perché anche qualora finiscano, niente potrà cancellare ciò che sono stata.
Le pasticche sono quasi fredde al tocco delle mie labbra.
Chissà se non ci sia una soluzione.
Chissà se faccio bene a ingerirle.
Chissà se la morte mi libererà da tutto questo.
Ecco, sono nella mia bocca, amare e dolci.
Avrò fatto bene?
Ma ormai è troppo tardi per i ripensamenti: le ho ingoiate e i sensi mi abbandonano lentamente. 
   
 
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