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Autore: FCq    07/01/2014    2 recensioni
Una mano bianca come il latte immerse le dita nella pozzanghera e recuperò l’oggetto, mentre una folata di vento allontanava definitivamente la foschia del pomeriggio... ≪Pensi di rivelarmi il tuo nome, prima o poi?≫, chiesi.
≪Anthony... Anthony Masen≫, rispose.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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SALVE: ) SPERO CHE LA MIA BREVE FOLLIA NATA DA UN POMERIGGIO DI NOIA VI PIACCIA. FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE: )

Happy end

Seattle, 6 Aprile 2066 ore 16:30

Il suono della pioggia battente cessò e il brusio delle voci che affollavano il grazioso supermarket della sessantaduesima Avenue Southwest di Seattle – “Da Joe” - giunse alla mia attenzione. Incrociai le dita sul grembo, liberando dal giogo la vera d’oro giallo al mio anulare sinistro, che avevo esasperato nei pochi minuti di fila alla cassa; temendo il momento in cui avrei lasciato il caldo e asciutto esercizio commerciale per raggiungere la mia casa nonostante il tempestivo acquazzone. Rivolsi uno sguardo alla porta a vetro scorrevole che in quel momento si apriva lasciando entrare un altro cliente, che aveva incavano il capo nella giacca a vento per proteggersi dalla pioggia, l’ennesimo che cercava rifugio “Da Joe”. Il vento smise di scuotere le chiome degli alberi sull’altro lato della strada e la nebbia iniziò a diradarsi. Tirato un sospiro di sollievo, riportai l’attenzione sulla giovane addetta alla cassa numero tre. Imbustava rapidamente e con efficienza i prodotti che scorrevano sul rullo trasportatore. Il pittoresco colore della sua divisa, giallo pastello, metteva in risalto l’incantevole pallore della sua pelle e la bizzarra tonalità dei suoi occhi: caramello fondente. La giovane sollevò lo sguardo, regalandomi un sorriso cordiale.

≪Cara≫, azzardai azzannando il labbro inferiore, ≪non vorrei sembrare inopportuna, ma non mi perdonerei di non essermene accertata: sei molto pallida, certa di stare bene?≫.

La risata argentea della ragazza mi lasciò interdetta.

≪Signora, venite da Joe una volta alla settimana e puntualmente mi ponete la stessa domanda≫, chiarì.

Abbassai il capo mortificata, arrossendo, e solo allora lessi il nome sul cartellino affisso alla sua divisa, Alice, ricordando. Qualche tempo addietro, naturalmente fatico a richiamare alla memoria il luogo e il giorno, mi diagnosticarono un disturbo legato all’alterazione delle funzioni cerebrali... non ricordo il suo nome, ma rammendo il suono odioso del termine tedesco.

≪Oh, Alice, tesero, mi dispiace≫, mi scusai, accarezzandole il volto familiare e confortante.

Alice lasciò che le sfiorassi una guancia, posando leggermente il capo sui polpastrelli ruvidi delle mie dita raggrinzite dall’età.

≪Non si preoccupi, Isabella; sono sottigliezze≫, disse Alice, spostando l’aria con un gesto della mano, enfatizzando il concetto.

≪Però di una cosa sono certa e la ricordo con chiarezza≫, sussurrai con fare cospiratorio, ≪conoscerti è ogni volta un piacere≫.

Alice mi sistemò le buste tra le mani, allacciando le braccia sottili dietro il mio collo.

≪A presto≫, sussurrò.

Le sfiorai l’avambraccio sinistro. ≪Alla prossima settimana≫.

Mi allontanai dal suo sguardo dolce e ipnotico, ma la sua voce mi richiamò. ≪Anche per me è stato un piacere conoscerla e lo sarà sempre≫.


 

L’asfalto bagnato era scivoloso, frugai nella borsa per accertarmi di non aver dimenticato nulla, un’abitudine che avevo assunto da poco, gesticolando come un vecchio giocoliere, poiché non avrei potuto poggiare in terra i sacchi della spesa. Le chiavi di casa mi sfuggirono di mano, annegando in una pozzanghera illuminata dall’insegna lampeggiante del supermarket. Mi chinai per raccoglierla, ma qualcuno mi anticipò.

Una mano bianca come il latte immerse le dita nella pozzanghera e recuperò l’oggetto, mentre una folata di vento allontanava definitivamente la foschia del pomeriggio. Riportai la schiena in posizione eretta, percorrendo con lo sguardo un corpo giovane e arrestando la mia corsa di fronte a un volto meravigliosamente familiare e al contempo angosciosamente estraneo. Le estremità delle sue labbra si sollevarono e i suoi occhi scuri come la notte, che avrebbero dovuto incutere timore e soggezione, mi sorrisero a loro volta. Il mio volto assunse la sua stessa espressione, occhi lucidi e labbra sorridenti, mentre afferravo il mazzo di chiavi che mi offriva con un braccio teso nella mia direzione.

≪La ringrazio≫, sussurrai.

Il giovane sorrise ancora e chinò leggermente il capo. ≪E’ stato un piacere≫.

Quelle parole riecheggiarono nella mia mente che scavò alla ricerca di un luogo e un tempo in cui collocarle, ma ottenne soltanto fumo e cenere.

≪Ci conosciamo?≫, chiesi ingenuamente, corrugando le sopracciglia, formando una ruga tra di esse che si andò a sommare alle altre sul mio volto.

Il giovane batté le palpebre, ostentando un’aria dubbiosa e in fine scuotendo il capo. ≪Non credo≫, replicò. Eppure percepì un cambiamento sottile nel suo tono sereno e nel suo volto imperturbabile.

≪Posso aiutarla?≫, chiese, indicando i sacchetti che avevo tra le mani.

In qualsiasi altro caso avrei risposto negativamente, ma qualcosa mi spinse a cercare la compagnia di quel giovane ancora per qualche istante.

≪A patto che possa portarne la metà≫, esordì, serrando la mano in un pugno e portandola tra i nostri corpi.

Il ragazzo sorrise, scuotendo la chioma leonina e ribatté: ≪Affare fatto≫, scontrando il suo pugno, duro e freddo come la roccia, contro la mia pelle.

Afferrai il braccio che mi porgeva cavallerescamente e per qualche minuto camminammo in silenzio.

≪Pensi di rivelarmi il tuo nome, prima o poi?≫, chiesi.

≪Anthony... Anthony Masen≫, rispose.

≪Isabella Marie Swan Garcia. Continuo a pensare di averti già visto da qualche parte, Anthony. Forse frequenti la West Seattle High School insieme a mio nipote?≫, tentò.

Il giovane mi rivolse uno strano sguardo, che faticai a decifrare. ≪Non sono di queste parti≫, concluse.

Ebbi l’impressione che volesse dirmi qualcosa d’importante e che avesse deciso diversamente .

≪Con il tuo intervento hai evitato qualcosa che odio profondamente, caro: l’acqua gelata≫.

Anthony mi guardò sollevando le sopracciglia e lo anticipai prima che mi ponesse l’ovvia domanda. ≪Se ti chiedi cosa mi abbia spinto a vivere a Seattle, la risposta è: non ne ho idea. So che lasciare questi luoghi non mi ha mai sfiorato la mente, ma potrei anche sbagliare - non credi? - la mia memoria è poco più che un colino≫, confessai arrossendo.

Edward rise calorosamente e la sua gioia mi contagiò. ≪Allora avevo ragione a pensare che si distrae facilmente≫ e giù altre risate.

≪Oh, andresti d’accordo con mio marito: pensa la stessa cosa dal primo giorno che ci siamo conosciuti e negli ultimi anni non fa che ripetermi: “Isabella, anche se un giorno dovessi soffrire del morbo di Parkinson, la tua sbadataggine potrà soltanto migliorare, spero”≫.


 

Le pareti in mattoni rossi della casa in cui avevo vissuto per cinquantatré anni mi sorrisero. Sfilai il braccio da quello di Anthony, afferrando le buste dalle sue mani e ringraziandolo per la sua cortesia e la piacevole compagnia, rientrando e incrociando lo sguardo azzurro e sollevato di mio marito.

Casa Garcia, ore 20:00

La stanchezza per la giornata appena trascorsa aumentò radicalmente il peso della posata tra le mie dita. Abbandonai la forchetta nel piatto ancora intatto e osservai mio marito, l’unico volto che non avevo mai dimenticato.

≪Sono stanca, vorrei andare a riposare≫.

Christian acuì lo sguardo, alzandosi per scostarmi la sedia e posarmi un bacio sulla fronte. Strinse le mie mani tra le sue, sfregandole nel tentativo di riscaldarle. ≪Buona notte, amore mio≫.

Il mio corpo affondò nel materasso, trovando ristoro nel calore delle lenzuola. Un soffio di vento mi sferzò il volto e sollevai le palpebre, incrociando uno sguardo caldo e dolce come il miele, agonizzante.

Anthony, pensai, ma le mie labbra pronunciarono un altro nome: ≪Edward≫.

Le sue mani strinsero le mie, posando un bacio sulle mie nocche e abbandonando il capo su di esse. I suoi singhiozzi mi perforarono l’anima e ricordai ciò che avevo seppellito sotto altre centinaia di ricordi. Un tempo conobbi un ragazzo di cui ero follemente innamorata, la sua vita era la mia e le sue gioie e i suoi dolori mi appartenevano. Scoprì che le gioie violente avevano fini violente e che ogni cosa aveva un prezzo, compreso il mio amore. Per anni avevo seppellito nell’onirico dei miei incubi la conoscenza di un mondo parallelo, cui il ragazzo apparteneva e che avevo sognato fino a dimenticare. Avevo sostituito il suo volto con quello di un altro uomo, l’unico che avessi amato dopo di lui e avevo vissuto i miei anni. L’unico motivo della sua presenza poteva essere soltanto uno. ≪Quanto mi rimane?≫, mormorai, non riconoscendo la mia voce.

Edward non rispose, ma i suoi singhiozzi cessarono e fissò lo sguardo nei miei occhi stanchi. Sollevai il braccio e sfiorai il suo volto con le dita, serrando le palpebre e ricordando i baci, le carezze e la felicità.

≪Sono stata molto fortunata, Edward: ho amato due uomini eccezionali≫.

≪Sarebbe potuta andare diversamente; avrei dovuto renderti immortale≫.

≪Non avverti il peso della vecchiaia sulle tue spalle, Edward e non parlo delle rughe che mi deturpano il volto – oh, la mia pelle non è più morbida come la seta e i miei capelli sono diventati grigi: non sono la ragazza che ricordi - parlo dei giorni, degli anni che ho vissuto e dei cambiamenti che ho affrontato. Oggi, dopo aver partorito due figli e conosciuto i volti dei miei nipoti posso affermare di aver vissuto una vita lunga e soddisfacente: umana. Ma ciò che avevamo andava oltre il “normale”. Era una realtà fantastica che mi avrebbe concesso la possibilità concreta di una vita parallela e altrettanto soddisfacente≫.

Edward mi sfiorò la guancia e percepì l’innaturale calore della sua pelle solitamente fredda. ≪Sei ancora bellissima≫, mormorò e chinò il capo in direzione del mio volto. Nel momento in cui il suo respiro gelido mi sfiorò le labbra sollevai debolmente il braccio destro e posai indice e medio sulla sua bocca, impedendo che si avvicinasse ulteriormente. Edward sollevò le palpebre e puntò gli occhi sofferenti sul mio volto, indietreggiando.

≪Non rimanere legato a un ricordo, caro. La donna che giace su questo letto non è la stessa che avrebbe potuto condividere l’eternità con te - quella ragazza è ancora nel bosco ad aspettarti. Siede sulla sedia a dondolo bianca nella sua stanza, osserva le stagioni susseguirsi, il tempo scorrere inarrestabile e attende che la vita, già sfuggitale di mano - gli lanciai uno sguardo eloquente - prosegui≫.

≪Ho lasciato andare l’unica persona che potesse rendermi felice≫

≪Il vantaggio di una vita lunga, Edward è l’infinito numero di possibilità che essa concede. Ma, quando incontrerai la donna della tua vita, evita di scegliere per lei, potresti indispettirla≫, sorrisi, lanciando un ultimo sguardo al suo volto e chiudendo gli occhi con un sorriso sulle labbra, specchio del suo.

≪Buona notte, Bella≫, sussurrò al mio orecchio.

≪Bella- mormorai – sì, è così che mi facevo chiamare≫, il suo profumo mi accompagnò dolcemente mentre esalavo l’ultimo respiro della mia breve vita umana.

  
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